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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-04-17 ad oggi 2010-08-04 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

7 maggio 2010 La cupola di Bp calata sul fondale (Reuters)

Una mega-operazione nelle acque del Golfo del Messico: è quanto ha provato a fare la British Petroleum (Bp), la multinazionale petrolifera britannica che ha calato in mare la cosiddetta cupola di contenimento, nella speranza di catturare, prima che arrivi in superficie, il greggio che sta inquinando una vastissima area tra Louisiana e Florida. Il petrolio sgorga incontrollato (5.000 barili al giorno) dal pozzo sottomarino danneggiato dall'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon.

2010-05-02 Usa, la marea nera si avvicina Obama in viaggio verso la Louisiana

Le autorità decidono lo stop alla pesca per dieci giorni

NEW YORK - Tutti attendono. Sia la marea nera 1 che si avvicina alle coste della Louisiana, sia il presidente Usa che sta volando verso la costa della Louisiana a rischio disastro ambientale. Dipenderà dal tempo, ma il programma per il presidente è di andare in elicottero da New Orleans a Venice, la località soprannominata 'fine del mondo' e l'avamposto della marea nera nel Delta del Mississippi. Obama avrà un briefing a porte chiuse sulla situazione della marea.

ST

DG

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Dalessandro Giacomo

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Nel frattempo la lotta contro la marea nera va avanti. Secondo il presidente di Bp America Lamar McKay, saranno necessari tra i 6 e gli otto giorni perchè sia attiva la "cupola di contenimento" che gli esperti della Bp hanno ideato e fabbricato con l'obiettivo di ingabbiare la fuoriuscita dal pozzo. Una cosa difficilissima: "E' come fare un'operazione a cuore aperto condotta a 1500 metri di profondità, al buio e con sottomarini telecomandati".

17 aprile 2010 La nube ferma il 70% dei voli. E il vulcano continua a eruttare

Enac, stop fino alle 8 di lunedì.

Nube in Italia, Enac estende lo stop ai voli fino alle 20. Nella foto passeggeri bloccati a terra all'aeroporto di Torino Caselle (Ansa)

La nube di cenere prodotta dal vulcano islandese Eyjafjallajokull è sull'Italia. L'Enac ha disposto l'interdizione al volo strumentale di tutto il Nord Italia fino ai 35 mila piedi (cioè 10.668 metri) fino alle 8 di lunedì. Il presidente Vito Riggio: "I passeggeri hanno diritto al rimborso del biglietto, ma non al risarcimento del danno". Caos negli aeroporti

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

4° Pensiero 2010-07-25

Chi l'ha detto che la BP è autorizzata a perforare pozzi petroliferi nel Mar Mediterraneo, addirittura a profondità superiore a quella del pozzo del Golfo del Messico, a 1700 m con pressioni superiori di almeno altri 30 atmosfere a quelle del Golfo.

I PaDRONI DEL Meditterraneo sono tutti i Paesi che vi si specchiano, e non soltanto la Libia, è né importa che stiano all'interno delle loro acque territoriali o meno, comunque a 570 km dalla Sicilia.

Un eventuale inquinamento come quello del Golfo del Messico provocherebbe una catatastrofe a tutto il Bacini del Meditterraneo.

Pertanto tutti i Paesi del Mare Nostrum si dichiarino contro.

Se non lo fanno i Governi, lo facciano le Popolazioni e chi ci vive, specialmente i pescatori, ai quali viene financo imposto il fermo della pesca per salvare i pesci e l'ecosistema del Mediterraneo.

Allora se non lo fanno i Governi siano i cittadini, i lavoratori, i pensionati, gli studenti a boicottare la BP non comprando i loro prodotti.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

 

3° Pensiero

Come si fa a pensare che le tubazioni per le trivellezioni, le valvole e quanto altro sistemato giù nel fondo marino possano durare in eterno, ma neanche 10 anni durano nelle condizioni di stress e corrosione a cui sono soggette, anche in presenza di pressioni di oltre 150 (ma anche oltre 200) atmosfere.

E' chiaro che nel tempo ci saranno perdite ed inquinamento.

Chi ci rimborserà poi quando i promotori, fra l'altro straricchi, faranno fallire le loro società, per riproporsi immacolati con altre diverse ma con la coscienza da demoni.

Perché a loro interessano solo i soldi, come ai mercanti di armi che portano le divisioni, lotte e guerre in tutto il mondo, vendendo strumenti di porte prima agli uni e poi ali altri.

Ed il mondo incurante sta a guardare.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

 

2° Pensiero

Il disastro ambientale che si sta perpetrando nelle acque del Golfo del Messico riguarda tutto il mondo e non solo il Governo degli USA.

E la responsabilità della Compagnia Petrolifera è criminale.

Ma come è possibile effettuare perforazioni a tale profondità, senza predisporre dispositivi di sicurezza che consentano il flusso del petrolio in presenza di una pressione esterna (meccanica generata da compressori dell'Uomo, ed in questo caso superiore alle 200 atmosfere) autorichiudendosi automaticamente anche grazie alla pressione interna del getto di petrolio) e ne impediscano la fuoriuscita nel momento di danneggiamento della Pipe-Line esterna.

Ora il problema è divenuto planetario, e non è più solo degli Americani.

Non so se e quando si riuscirà a porre rimedio con il tentativo della Campana metallica.

Alla profondità di circa 1500 metri la pressione del mare è superiore a 150 atmosfere, ed inoltre bisogna aggingere la pressione con cui fuoriesce il petrolio, per cui diventa molto laborioso centrare il bersaglio, e poi pompare dentro alla campana il cemento per tappare il pozzo.

Inoltre il fatto che si perforerà un altro pozzo a qualche km di distanza per ridurre la pressione dell getto servirà oppure c'è il rischio di altri punti deboli del sistema?

Forse se non si riuscirà diversamente sarà necessaria una grandissima carica di esplosivo, o addirittura di una piccola bomba atomica, per riuscire nell'intento.

Comunque è chiaro che le trivellavioni in mare non possono essere fatte a discrezione di singoli paesi, ma a questo punto vanno prese delle decisioni a livello di ONU, Nazioni Unite.

Ed in Italia è bene che si vietino.

Se si vuole trivellera, lo si faccia sulla terra ferma.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

 

1° Pensiero

E' bastata una eruzione del Vulcano per mandare in tilt la grandissima tecnologia deL 3° Millennio, quella Aeronautica.

E se ci fosse un terremoto in zone dove sono costruite centrali nucleari, quale potrebbe essere il risultato?

MA E' TANTO NECESSARIO PUNTARE SUL NUCLEARE, QUANDO C'E UN RISCHIO PER IL FUTURO DELL'UOMO ?

Per me non conviene assolutamente rischiare, meglio tenerci il mondo e salvare l'Umanità, anche perché di energia alternativa ce ne abbiamo tantissima e gratis, è quella che fa muovere la vita, e non costa nulla: Sole, Vento, Pioggia, Acqua, Mare, Onde, Vulcani, Soffioni, Fotosintesi, Alberi….

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

 

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-04-18 ad oggi 2010-08-04

AVVENIRE

per l'articolo completo vai al sito internet

http://www.avvenire.it

2010-08-04

4 luglio 2010

MAREA NERA

British petroleum annuncia:

"Tappata la falla"

British petroleum è finalmente riuscita a fermare la fuoriscita di petrolio nel Golfo del Messico. La compagnia petrolifera inglese ha infatti comunicato che la procedura denominata "static kill" ha ottenuto i "risultati desiderati" e che la situazione è ora sotto controllo.

La falla che ha causato il disastro ambientale nel nel Golfo del Messico è stata tappata con l'ineizione di cemento e fango che doveva spingere il petrolio nel bacino sottostante, un deposito situato 4mila metri sotto la superficie marina. Una operazione che non era mai avvenuta a tali profondità.

Settecentottanta milioni di litri di petrolio sono una quantità difficile da immaginare. Corrispondono a quasi 5 milioni di barili. Un mare. Ma sono esattamente queste le cifre che definiscono la marea nera del Golfo del Messico. Numeri inimmaginabili confermati ufficialmente sia dalle autorità americane che dalla BP.

L'unità di crisi della Casa Bianca e i tecnici della BP, insieme al team di scienziati ed ingegneri che da mesi lavorano sull'emergenza, ha reso noto ufficialmente il bilancio definitivo dell'emergenza ambientale più grave di sempre, almeno per quanto riguarda le fughe di petrolio.

Complessivamente è fuoriuscita nel Golfo del Messico una quantità pari a 53 mila barili di petrolio al giorno. Sgorgando dal fondo del mare ad una profondità di 1.500 metri, quella fuga di petrolio è continuata inesorabile dal 22 aprile (giorno in cui la piattaforma petrolifera "Deepwater Horizon" è affondata) fino al 15 luglio. Quel giorno i tecnici della BP sono riusciti, dopo tre tentativi falliti, a mettere un "tappo" così forte da riuscire a contenere il greggio. Un tappo alto 16 metri e pesante 80 tonnellate. Da allora il petrolio ha smesso di uscire. Ma per i precedenti 85 giorni aveva rovesciato in mare dai 50 ai 60 mila barili di petrolio al giorno. Che hanno avvelenato acque e terre, paludi e spiagge, animali e uomini, obbligando le autorità a vietare la pesca e le attività turisti.

Inizialmente BP parlò di perdite contenute tra i 1.000 e i 5.000 barili. Oggi, a tre mesi di distanza, ecco le cifre ufficiali. Sono dieci volte superiori. "Si tratta della più grave fuga di petrolio conosciuta dall'uomo - ha commentato Ian R. MacDonald, professore di Oceanografia presso la Florida State University -. Temo che nell'ecosistema continueremo a pagare le conseguenze di questo disastro per il resto della nostra vita".

Di quel petrolio sono stati recuperati circa 800mila barili, pari a 127 milioni di litri. Il resto o è stato disperso dall'impiego di oltre 7 milioni di litri di solventi, oppure è finito assorbito nell'ecosistema.

Con l'operazione 'Static Kill', BP e autorità Usa contano però di voltare definitivamente pagina, almeno per quanto riguarda il pozzo Macondo. I test di pressione condotti in giornata hanno dato esito positivo. Che consiste nella chiusura definitiva del pozzo cementandolo dall'interno: senza rimuovere il tappo, i tecnici calano fango e cemento da una delle imbarcazioni che si trovano in superficie.

 

 

 

 

2010-07-28

28 luglio 2010

TOKYO

Golfo, esplosione su una petroliera

"Nessun attacco, è stata un'onda"

Sarebbe stata un'onda anomala, provocata da una scossa di terremoto registrata a terra, a colpire la petroliera giapponese M. Star mentre navigava nello stretto di Hormuz, a largo delel coste dell'Oman. Lo riferiscono fonti delle autorità emiratine alla tv satellitare "al-Arabiya". Decade quindi l'ipotesi, formulata in un primo momento, relativa a un possibile attacco dei pirati somali che ha spinto la marina militare emiratina a scortare la nave fino al porto di al-Fujeira, dove giungerà tra circa un'ora. La petroliera era partita la scorsa notte da Abu Dhabi diretta in Giappone per trasportare un carico di

greggio.

In mattinata alcuni componenti d'equipaggio, nel resoconto della Mitsui Osk, avrebbero visto un "forte bagliore" all'orizzonte poco prima dell'esplosione, lasciando ipotizzare alla compagnia un possibile "attacco", anche in relazione al possibile ruolo delle attività di pirateria, il cui baricentro è però spostato più a sud, verso le coste somale.

Il supertanker M.Star, da 270.000 tonnellate (in base alle prime indicazioni), aveva appena fatto carico di greggio negli Emirati arabi uniti ed era diretto a Chiba, nel Golfo di Tokyo. "Le cause sono ancora tutte da chiarire", ha continuato Shimoda. L'esplosione è avvenuta alle 5,30 locali di questa matt

 

 

 

 

2010-07-27

27 lluglio 2010

LONDRA

Marea nera, cambio ai vertici

della Bp: lascia il direttore Hayward

Il Consiglio d'Amministrazione del colosso petrolifero britannico Bp ha approvato lunedì sera la nomina di Robert Dudley come amministratore delegato in sostituzione di Tony Hayward. Lo scrive il Wall Street Journal, citando fonti vicine al dossier. "Non appena la sua nomina sarà effettiva, Dudley dovrebbe chiamare il capo dello staff della Casa Bianca, Rahm Emanuel e il consulente del presidente Usa, Barack Obama, in materia di energia e clima, Carol Browner, per garantire all'amministrazione Usa che Bp non

abbandona il Golfo del Messico", scrive il quotidiano finanziario. "Insisterà nel dire che il Golfo del Messico rimane centrale nelle preoccupazioni della Bp", ora che diventa amministratore delegato.

La partenza di Tony Hayward e la nomina di Dudley saranno con ogni probabilità annunciate oggi, prima che la Bp pubblichi i suoi risultati trimestrali. Intanto dagli Stati Uniti arriva la notizia che l'influente

parlamentare democratico eletto alla Camera dei Rappresentanti, Ed Markey, ha chiesto alla Bp di non concedere il 'paracadute d'orò della buonuscita a Tony Hayard prima che siano pagati tutti i risarcimenti alle vittime della marea. Il Ceo in uscita potrebbe incassare fino a 18 milioni di dollari, 14 milioni di euro. Hayward tuttavia non reciderà completamente i legami con la Bp perchè sarà nominato direttore non esecutivo di TNK-BP Ltd, joint venture con la Russia.

LE PERDITE. l gigante petrolifero britannico ha anche annunciato che a causa del disastro della marea nera del Golfo del Messico le sue perdite per il secondo trimestre dell'anno sono state di 16,9 miliardi di dollari. La compagnia ha anche fatto sapere di aver messo a bilancio una previsione di spesa di 32,2 miliardi di dollari (tasse esclude) a fronte di un attivo di 30 miliardi di dollari nei prossimi 18 mesi

 

 

 

 

2010-07-13

13 luglio 2010

DISASTRO AMBIENTALE

Marea nera, il nuovo tappo

sembra funzionare

È stata completata l'applicazione del nuovo tappo sul pozzo petrolifero di Macondo, nel Golfo del Messico, responsabile della più grande catastrofe ambientale nella storia degli Stati Uniti. Lo ha annunciato la "British petreoleum" che ha avviato i test per controllarne l'efficacia che dureranno tra le sei e le 48 ore. Saranno chiuse le valvole del gigantesco coperchio per controllare la pressione interna del pozzo e verificare il flusso del petrolio.

Dalle prime immagini tv il nuovo tappo spesso cinque metri e del peso di 40 tonnellate posato dai robot sottomarini sembra aver fermato completamente la fuoriuscita di greggio e sarebbe la prima volta negli 84 giorni da cui è iniziata l'emergenza. Ma la Bp ha avvertito che si tratta di "un sistema che non è mai stato sperimentato a queste profondità", 1600 metri, "e in queste condizioni, e la cui efficienza e capacità di contenere petrolio e gas non può essere garantita".

Il comandante Guardia costiera Thad Allen ha parlato di "progressi significativi" ma ha sottolineato che sarà necessario attendere i test per sapere se l'operazione ha avuto successo. Sabato era stato rimosso un altro tappa che arginava solo in parte la fuoriuscita di greggio. La possibile svolta è arrivata poche ore l'annuncio di una nuova moratoria dell'Amministrazione Obama sulle trivellazioni sottomarine che stavolta dovrebbe essere a prova di ricorso legale.

SPESI FINORA 3,5 MILIARDI DI DOLLARI

Il colosso petrolifero britannico BP ha speso ad oggi 3,5 miliardi di dollari nel tentativo di contenere la marea nera provocata dall'esplosione di una sua piattaforma nel Golfo del Messico. Lo ha annunciato la stessa BP aggiungendo che le operazione in corso per installare un nuovo tappo di contenimento della perdita procedono come previsto.

Ma l'emergenza continua: 180mila barili di greggio che sgorgano irrefrenabili a un ritmo di 60 mila barili al giorno dal fondo del Golfo del Messico: se tutto andrà bene Bp riuscirà solo mercoledì a rendere operativo il nuovo tappo sul pozzo Macondo che da aprile inquina il mare e le coste dal Texas alla Florida.

"Siamo di fronte a piccoli passi indietro per arrivare a una situazione molto più sicura e abbiamo ogni ragione di credere che funzionerà", ha ammesso il consigliere presidenziale David Axelrod alle tv americane che facevano vedere i robot in azione a 1.600 metri di profondità e il petrolio che sgorga ormai a pieno volume dal pozzo sottomarino.

Nonostante questi piccoli passi indietro il presidente Barack Obama ha fiducia nel nuovo piano di Bp, ha detto Axelrod, dopo che nella notte gli ingegneri del gigante petrolifero hanno tolto dal pozzo il vecchio cappuccio in vista dell'installazione della nuova, più massiccia struttura di contenimento. La delicata operazione procede come previsto mentre una flottiglia di 48 navi sta scremando la superficie per raccogliere il petrolio "sparato" dal geyser temporaneamente privo di copertura. "Siamo soddisfatti dei progressi", ha detto oggi il vicepresidente di Bp Kent Wells.

Il nuovo impianto è composto da due strutture alte dieci metri e del peso di 80 tonnellate: quando sarà completamente operativo nei prossimi giorni dovrebbe riuscire a catturare praticamente tutto il greggio che fuoriesce dal pozzo, ha detto l'ex ammiraglio Thad Allen, che coordina le operazioni di contenimento per conto dell'amministrazione Obama.

Nel frattempo si attende l'entrata in funzione in serata di un nuovo sistema di raccolta collegata alla nave in superficie Helix Producer che era stato rinviato per il maltempo: dovrebbe servire a aspirare 20 mila barili al giorno. E in ogni caso Bp ha pronti piani di emergenza se la delicata procedura del nuovo tappo dovesse fallire, ha detto Wells.

Intanto per la multinazionale del greggio responsabile della marea le cose finanziariamente vanno male tanto che, secondo indiscrezioni della stampa britannica, sono stati aperti negoziati con la concorrente americana Apache Corporation la vendita di attività nel continente americano per un valore di 12 miliardi di dollari (9,5 miliardi di euro circa): fra queste i pozzi a Prudhoe Bay, in Alaska, il più grande campo petrolifero del Nord America, con una produzione di 390.000 barili di greggio al giorno.

 

 

 

 

2010-07-04

12 luglio 2010

DISASTRO AMBIENTALE

BP: spesi 3,5 miliardi di dollari

per fermare la marea nera

Il colosso petrolifero britannico BP ha speso ad oggi 3,5 miliardi di dollari nel tentativo di contenere la marea nera provocata dall'esplosione di una sua piattaforma nel Golfo del Messico. Lo ha annunciato la stessa BP aggiungendo che le operazione in corso per installare un nuovo tappo di contenimento della perdita procedono come previsto.

Ma l'emergenza continua: 180mila barili di greggio che sgorgano irrefrenabili a un ritmo di 60 mila barili al giorno dal fondo del Golfo del Messico: se tutto andrà bene Bp riuscirà solo mercoledì a rendere operativo il nuovo tappo sul pozzo Macondo che da aprile inquina il mare e le coste dal Texas alla Florida.

"Siamo di fronte a piccoli passi indietro per arrivare a una situazione molto più sicura e abbiamo ogni ragione di credere che funzionerà", ha ammesso il consigliere presidenziale David Axelrod alle tv americane che facevano vedere i robot in azione a 1.600 metri di profondità e il petrolio che sgorga ormai a pieno volume dal pozzo sottomarino.

Nonostante questi piccoli passi indietro il presidente Barack Obama ha fiducia nel nuovo piano di Bp, ha detto Axelrod, dopo che nella notte gli ingegneri del gigante petrolifero hanno tolto dal pozzo il vecchio cappuccio in vista dell'installazione della nuova, più massiccia struttura di contenimento. La delicata operazione procede come previsto mentre una flottiglia di 48 navi sta scremando la superficie per raccogliere il petrolio "sparato" dal geyser temporaneamente privo di copertura. "Siamo soddisfatti dei progressi", ha detto oggi il vicepresidente di Bp Kent Wells.

Il nuovo impianto è composto da due strutture alte dieci metri e del peso di 80 tonnellate: quando sarà completamente operativo nei prossimi giorni dovrebbe riuscire a catturare praticamente tutto il greggio che fuoriesce dal pozzo, ha detto l'ex ammiraglio Thad Allen, che coordina le operazioni di contenimento per conto dell'amministrazione Obama.

Nel frattempo si attende l'entrata in funzione in serata di un nuovo sistema di raccolta collegata alla nave in superficie Helix Producer che era stato rinviato per il maltempo: dovrebbe servire a aspirare 20 mila barili al giorno. E in ogni caso Bp ha pronti piani di emergenza se la delicata procedura del nuovo tappo dovesse fallire, ha detto Wells.

Intanto per la multinazionale del greggio responsabile della marea le cose finanziariamente vanno male tanto che, secondo indiscrezioni della stampa britannica, sono stati aperti negoziati con la concorrente americana Apache Corporation la vendita di attività nel continente americano per un valore di 12 miliardi di dollari (9,5 miliardi di euro circa): fra queste i pozzi a Prudhoe Bay, in Alaska, il più grande campo petrolifero del Nord America, con una produzione di 390.000 barili di greggio al giorno.

 

 

 

 

 

2010-06-22

23 Giugno 2010

STATI UNITI

Marea nera, salta il tappo

Muoiono due tecnici della BP

Due tecnici sono morti nel Golfo del Messico nel corso delle operazioni di contenimento della marea nera. Lo ha reso noto nel corso di una conferenza stampa l'ammiraglio della Guardia Costiera americana Thad Allen, spiegando che uno dei due operai è annegato, mentre l'altro ha perso la vita in un secondo incidente mentre era alla guida di una barca.

A seguito degli incidenti, la BP ha fermato il sistema di recupero del petrolio.La struttura di contenimento che veicolava oltre 16mila barili al giorno in una nave container è stata rimossa dopo che un robot l'ha urtata in profondità. Il sistema riprenderà a lavorare in serata.

Le due vittime di oggi si aggiungono alle 11 che hanno perso la vita in seguito all'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon, avvenuta lo scorso 20 aprile.

La BP ha anche annunciato che Robert Dudley, un americano, ha preso la direzione effettiva delle operazioni del gruppo petrolifero contro la marea nera nel golfo del Messico, che finora sono state pilotate dal Ceo della compagnia Tony Hayward, molto criticato dagli Usa per la gestione del disastro.

 

 

 

 

2010-06-16

16 giugno 2010

CONTRO LA MAREA

Obama in verde: cancellare

la macchia e meno petrolio

Siamo di fronte a "un disastro ambientale senza precedenti" e "continueremo a utilizzare tutte le risorse" a nostra disposizione. "È un attacco alle nostre coste e noi risponderemo". Ieri il presidente americano Barack Obama, dalla stazione navale di Pensacola, in Florida, ha fatto sapere che "l’Amministrazione farà il necessario e finché sarà necessario" perché le coste del Golfo, colpite dalla perdita di greggio, siano ripulite e "Bp paghi per il danno causato". "È una promessa", ha messo in chiaro il capo della Casa Bianca durante il suo quarto sopralluogo nella regione. Un impegno che, secondo anticipazioni, Obama intendeva sottolineare anche durante il discorso alla Nazione previsto dallo Studio Ovale per le 20, ora locale.

Dalla risposta all’emergenza e dai risultati delle operazioni di contenimento e di ripulitura del greggio dipende infatti il futuro politico dell’Amministrazione e di Obama, criticati dall’opposizione politica e dall’opinione pubblica. Secondo il 71% degli americani – intervistati nell’ultimo sondaggio di Gallup – il presidente non avrebbe avuto abbastanza polso nei confronti della Bp e la Casa Bianca, pertanto sta cercando di correre ai ripari.

Si farà in modo che il Golfo diventi "un luogo migliore di ciò che era prima dell’esplosione" intendeva quindi promettere Obama in diretta televisiva, sottolineando ancora una volta che la società petrolifera dovrà addossarsi i costi di ripulitura e il risarcimento di tutti i danni, sia ambientali che economici, andando poi a esaminare il modo per accelerare i pagamenti già dovuti ai piccoli imprenditori del Golfo.

In agenda, per il discorso "ufficiale" sul disastro ambientale, anche la strategia Usa per bloccare la diffusione della marea nera attraverso il pesante impiego di mezzi e di personale, la "riorganizzazione del ministero dell’Interno" e in particolare della divisione accusata di non aver esercitato sufficiente controllo sulle attività di trivellazione, e la nomina di uno "zar" incaricato di verificare i progressi nel recupero del greggio fuoriuscito.

Obama, come ha anticipato nel pomeriggio il portavoce Robert Gibbs, ha puntato decisamente il dito sul peggiore disastro ambientale nella storia americana per sottolineare la necessità di "diminuire la dipendenza Usa dal petrolio e da altri combustibili fossili" e aumentare gli investimenti per fonti di energia alternativa. l presidente ieri ha anche scelto il nuovo capo dell’agenzia Minerals Management Service che si occupa delle esplorazioni e dello sfruttamento del petrolio: è Michael Bromwich, un ex vice ministro della Giustizia ed ex ispettore generale del ministero della Giustizia.

Proprio poche ore prima del discorso del presidente, la questione energetica era stata utilizzata dal capo della Bp Usa per difendere davanti al Congresso l’operato della società petrolifera nel Golfo, tacciata anche dalla concorrenza di non mantenere gli standard di sicurezza adottati dal settore. Durante l’udienza della sottocommissione Energia e commercio della Camera, il presidente Bp, Lamar McKay, ha infatti sostenuto che la sicurezza economica americana "dipende significativamente dalla produzione di petrolio e gas", spiegando che ridurre le operazioni nel Golfo – come vorrebbe la Casa Bianca che ha imposto una moratoria di sei mesi sulle trivellazioni offshore – porterebbe solo a una maggiore dipendenza dal petrolio straniero.

Obama ha poi nominato anche uno zar della ricostruzione nel Golfo, l'ex governatore del Mississippi Ray Mabus che dovrà supervisionare il Golf Coast Restoration Plan, che dovrà essere finanziato appunto dalla Bp. Ma il presidente "non ha offerto nessun immediato conforto ad una nazione arrabbiata", si legge sull'Huffington Post, che fa una carrellata dei commenti dei media, e anche dei politici americani, che non sono rimasti soddisfatti delle parole del presidente

Loretta Bricchi Lee

 

 

 

16 giugno 2010

Gli effetti di un disastro

L’"onda nera" trascina l’America verso il futuro

Dopo quattro visite sui luoghi del disastro nel Golfo del Messico e dopo l’improvvido paragone tra la marea nera e lo choc dell’11 settembre che ne ha ulteriormente compromesso il livello dei consensi nei sondaggi, Barack Obama tutto poteva fare meno che perdere l’occasione di indicare agli Stati Uniti (soprattutto) e al mondo una strategia per il superamento della grande emergenza. Nella diretta televisiva alla nazione di ieri notte il presidente Usa ha così calato sul tavolo le carte che dovrebbero, nei suoi auspici, consentirgli di riguadagnare la fiducia degli americani, di tenere testa alle accuse più o meno velate dei grandi media, dal New York Times all’Economist passando per le principali reti televisive, e di porre le basi per una svolta in materia di politica energetica.

Gli Usa, se nessuno metterà i bastoni tra le ruote all’Amministrazione in carica, non dovranno più essere l’insaziabile idrovora che aspira petrolio dai pozzi di terraferma, da quelli marini e dagli strati di sabbia ricchi di bitume. Se alle lobby petrolifere, che spesso hanno condizionato le scelte della Casa Bianca, non riusciranno manovre diversive (ma forse persino loro si daranno una regolata dopo la stratosferica bolletta che la BP pagherà, e anche su questo Obama è stato perentorio), l’America cercherà di lasciarsi alle spalle un modello di sviluppo ancorato solo all’"oro nero". Terminato il tempo della benzina a un dollaro a gallone, dovrà finire quello degli immensi sprechi di energia a buon mercato.

Agli esordi del suo mandato, un taglio netto con la politica energetica dell’era Bush poteva configurarsi per il presidente democratico come una decisione prematura e per il Paese – ecologisti a parte – come una scelta traumatica, perché non temperata dalla gradualità. Così abbiamo visto la Casa Bianca dare via libera, tra le ire degli ambientalisti, ai progetti di nuove perforazioni anche in zone delicate per gli equilibri dell’ecosistema.

Poi, ad aprile, è venuto il disastro del pozzo BP nel Golfo del Messico, laggiù al largo delle coste del profondo Sud. A poco più di un anno dall’insediamento, Obama ha dovuto fare i conti, nell’ordine, con l’impossibilità del contenimento della fuoriuscita di greggio, con le conseguenze dell’onda nera sull’economia degli Stati rivieraschi e sull’ambiente, con l’arroganza di una multinazionale che ora minimizzava, ora rassicurava ma era impotente a tappare la falla, con l’indignazione dell’opinione pubblica, la disperazione delle popolazioni locali, le accuse di inerzia o di carenza di leadership che i media, anche i più vicini all’Amministrazione, non hanno lesinato.

Se rompere con la logica del "tutto petrolio" cara a Bush e al clan dei texani poteva apparire fino ad allora prematuro, il disastro della BP – non sembri argomentazione improntata a cinismo, a fronte di un evento di cui risentirà l’ecosistema planetario – ha finito con l’agevolare il superamento delle ultime remore, portando la Casa Bianca a maturare la volontà enunciata ieri notte di ridimensionare la dipendenza degli States dai combustibili fossili, petrolio in primis. In questo senso, un evento negativo e inatteso ha contribuito alla svolta: non solo il risanamento delle acque del Golfo diventa una priorità del governo federale, ma la politica energetica americana che si profila per il futuro sarà obbligatoriamente diversa. Meno oro nero e più fonti verdi rinnovabili. Del resto, la California sta già offrendo un valido esempio di riferimento.

Antonio Giorgi

 

 

 

2010-05-04

3 Maggio 2010

LA MAREA NERA

Obama in Louisiana:

Bp pagherà per questo disastro

La Bp è responsabile e pagherà per i danni provocati dalla marea nera nel Golfo del Messico, forse "una catastrofe ecologica senza precedenti", e le vittime verranno risarcite in maniera adeguata. Lo ha garantito il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, al termine di un suo viaggio lampo a Venice, nel sud della Lousiana, la principale città del Delta del Mississippi minacciato dal petrolio fuoriuscito dalla Deepwater Horizon.

Dopo avere partecipato ad una riunione alla sede locale della Guardia Costiera, sotto una pioggia battente Obama ha letto una breve dichiarazione, senza rispondere a domande. Confermando che la marea nera si trova a ormai 9 miglia dalla costa, il presidente ha tenuto ad insistere sulla qualità della risposta della Casa Bianca, immediata ed adeguata. "Sin dal primo giorno - ha detto - eravamo preparati al peggio e abbiamo reagito con decisione". Obama ha promesso che "ci saranno risarcimenti" dopo il disastro ma la sua visita lampo ha avuto come sfondo una serie di polemiche e la relativa indifferenza della popolazione locale. Il presidente ha anche puntato il dito contro la Bp che in precedenza, tuttavia, aveva in pratica ammesso la sua impotenza con Doug Suttle, il Chief Operating Officer, che ha detto al New York Times che il colosso petrolifero ha "usato praticamente tutti i mezzi" a sua disposizione e che "non ci sono molte altre risorse contro una perdita come questa".

Nonostante quanto detto oggi da Obama, l'Amministrazione Usa viene accusata anche questa volta di essersi mossa troppo in ritardo, sottovalutando l'entità del dramma, come era successo nel 2005 per l'uragano Katrina ai tempi di George W. Bush, e soprattutto di essersi fidata quasi ciecamente dei petrolieri. Intanto, il greggio continua a fuoruscire dal pozzo gestito dalla Bp ad una trentina di miglia dal Delta del Mississippi, ad una profondità di oltre 1.500 metri. La macchia nera si allarga e si sposta più a nord, minacciando oltre al fragile equilibrio delle paludi del Delta, anche le spiagge di Mississippi, Alabama e Florida, e nessuno sa esattamente cosa fare.

Azionare il dispositivo che dovrebbe chiudere la falla è come 'operare a cuore aperto a 1.500 metri di profondità con sottomarini telecomandatì, spiega il presidente di Bp America Lamar McKay McKay, ammettendo che l'esplosione sulla Deepwater Horizon è stata provocata da una 'attrezzatura che si è guastatà. Una cupola di contenimento della perdita è in via di completamento e potrà entrare in funzione entro otto giorni. Ai talk show domenicali, il ministro dell'interno Ken Salazar, responsabile anche per l'ambiente, ha detto che saranno necessari fino a tre mesi per scavare un nuovo pozzo di petrolio accanto a quello che non cessa di sgorgare, come un rubinetto aperto: è una delle soluzioni proposte dalla Bp per fermare il flusso di greggio. Ma su un punto Salazar non ha dubbi: la perdita è 'potenzialmente catastroficà e la priorità del governo federale nella battaglia contro la marea nera è di stare 'col fiato sul collò a Bp, la responsabile della maxi perdita, cui verrà poi chiesto di pagare il conto

verosimilmente di svariati miliardi di dollari tra danni economici ed ambientati ed indennizzi.

Nonostante la presenza del corteo presidenziale, Venice era tranquilla come i giorni precedenti. C'era soltanto più sicurezza, con maggiori controlli e la presenza di diverse auto della polizia nei pressi del quartier generale della Guardia Costiera, che si trova vicino ai cantieri della Halliburton. La scelta del luogo, almeno a prima vista, non è sembrata tra le più felici. La Halliburton, un colosso dell'energia, è

ritenuta una delle società responsabili della marea, visto che secondo alcuni esperti avrebbe cementato male il pozzo, provocando la perdita.

 

 

2010-05-02

30 APRILE 2010

DISASTRO ECOLOGICO

Stati Uniti, l'onda nera

ha raggiunto la Louisiana

Onda dopo onda la marea nera della Bp è arrivata a lambire le coste della Louisiana: i primi tentacoli di petrolio, le propaggini avanzate della gigantesca macchia di greggio fuoriuscita da un pozzo sottomarino del colosso britannico dell'energia, sono state avvistate al tramonto di ieri sulle coste del Delta del Mississippi in Louisiana.

La perdita dopo l'incidente della Deepwater Horizon si era rivelata ieri cinque volte più grave di quanto inizialmente previsto, con conseguenze che potrebbero eguagliare o superare quelle del disastro Exxon Valdez del 1989. Il presidente Barack Obama, costantemente informato, ha chiamato i governatori delle aree costiere a rischio: oltre alla Lousiana, il Texas, l'Alabama, il Mississippi, la Florida. I pescatori del Delta hanno passato ieri e stanotte a raccogliere gamberi prima che l'onda viscosa rosso-arancio del greggio li intrappolasse e li uccidesse tutti.

La marea nera potrebbe diventare il peggior disastro ambientale in decenni per gli Stati Uniti: a rischio sono centinaia di specie di pesci, uccelli e altre forme di vita di un ecosistema particolarmente fragile e già sottoposto a traumi al passaggio dell'uragano Katrina. A New Orleans, la città devastata dal ciclone del 2005, ieri l'aria era diventata pesante per i vapori acri del greggio: sono stati effettuati test per verificare le denunce dei residenti che hanno intasati i centralini comunali e della protezione civile.

Il ministro della Sicurezza Interna Janet Napolitano e la collega dell'Epa Lisa Jackson oggi raggiungono il ministro dell'Interno Ken Salazar che è già sul posto. Per la casa Bianca, commenta oggi il Washington Post, la marea nera presneta un problema non solo ambientale ma anche politico: il presidente solo qualche settimana fa aveva dato vita a un impopolare, tra gli ambientalisti, programma di trivellazioni offshore.

Le preoccupazioni dei verdi si sono i questi ultimi giorni rivelate fondate. Obama ha promesso ai governatori ogni risorsa disponibile, Bobby Jindal, della Louisiana, ha chiesto fondi per mobilitare 6.000 uomini della Guardia Nazionale. Tocca a Bp, le cui azioni hanno perso ieri l'8 per cento sui mercati, in prima battuta contenere il disastro, ma ora che la marea nera ha toccato terra, le risorse private non bastano.

 

 

 

 

2010-04-30

30 APRILE 2010

DISASTRO ECOLOGICO

Stati Uniti, l'onda nera

ha raggiunto la Louisiana

Onda dopo onda la marea nera della Bp è arrivata a lambire le coste della Louisiana: i primi tentacoli di petrolio, le propaggini avanzate della gigantesca macchia di greggio fuoriuscita da un pozzo sottomarino del colosso britannico dell'energia, sono state avvistate al tramonto di ieri sulle coste del Delta del Mississippi in Louisiana.

La perdita dopo l'incidente della Deepwater Horizon si era rivelata ieri cinque volte più grave di quanto inizialmente previsto, con conseguenze che potrebbero eguagliare o superare quelle del disastro Exxon Valdez del 1989. Il presidente Barack Obama, costantemente informato, ha chiamato i governatori delle aree costiere a rischio: oltre alla Lousiana, il Texas, l'Alabama, il Mississippi, la Florida. I pescatori del Delta hanno passato ieri e stanotte a raccogliere gamberi prima che l'onda viscosa rosso-arancio del greggio li intrappolasse e li uccidesse tutti.

La marea nera potrebbe diventare il peggior disastro ambientale in decenni per gli Stati Uniti: a rischio sono centinaia di specie di pesci, uccelli e altre forme di vita di un ecosistema particolarmente fragile e già sottoposto a traumi al passaggio dell'uragano Katrina. A New Orleans, la città devastata dal ciclone del 2005, ieri l'aria era diventata pesante per i vapori acri del greggio: sono stati effettuati test per verificare le denunce dei residenti che hanno intasati i centralini comunali e della protezione civile.

Il ministro della Sicurezza Interna Janet Napolitano e la collega dell'Epa Lisa Jackson oggi raggiungono il ministro dell'Interno Ken Salazar che è già sul posto. Per la casa Bianca, commenta oggi il Washington Post, la marea nera presneta un problema non solo ambientale ma anche politico: il presidente solo qualche settimana fa aveva dato vita a un impopolare, tra gli ambientalisti, programma di trivellazioni offshore.

Le preoccupazioni dei verdi si sono i questi ultimi giorni rivelate fondate. Obama ha promesso ai governatori ogni risorsa disponibile, Bobby Jindal, della Louisiana, ha chiesto fondi per mobilitare 6.000 uomini della Guardia Nazionale. Tocca a Bp, le cui azioni hanno perso ieri l'8 per cento sui mercati, in prima battuta contenere il disastro, ma ora che la marea nera ha toccato terra, le risorse private non bastano.

 

 

 

 

2010-04-17

17 Aprile 2010

MINACCIA SULL'EUROPA

La nube cancella 16mila voli

Nord Italia a terra fino a lunedì

Lo spazio aereo in tutti gli aeroporti del Nord Italia resterà chiuso sino alle 8 di lunedì mattina, dal termine che era già stato fatto slittare alle 20 di oggi, mentre la nube di cenere vulcanica che arriva dall'Islanda ha provocato lo stop a quasi tre voli su quattro in Europa, lasciando a terra migliaia di passeggeri in tutto il mondo.

L'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), nel suo nuovo comunicato, ha attribuito la sua decisione al fatto che non si è verificato alcun miglioramento nelle condizioni negative provocate dalla nube ma ha aggiunto che al momento "non è invece necessario procedere all'allargamento del blocco per ulteriori spazi aerei italiani", come invece paventato da una precedente nota.

Il caos nel trasporto aereo - il peggiore dagli attentati dell'11 settembre 2001 - proseguirà per almeno altre 24 ore, secondo quanto comunicato dall'agenzia del controllo aereo europeo Eurocontrol. L'agenzia ha aggiunto che gli aerei restano a terra nella maggior parte degli scali dell'Europa settentrionale e centrale, mentre si continua a volare in Spagna, nell'Italia centro-meridionale, in Bulgaria, Grecia e Turchia.

In tutto, ha detto Eurocontrol, ci dovrebbero essere oggi nello spazio aereo europeo solo 6.000 voli sui 22.000 che normalmente vengono effettuati. "Le previsioni suggeriscono che la nube di cenere vulcanica persisterà e che l'impatto proseguirà per almeno 24 ore", si legge in una nota di Eurocontrol.

Gravi disagi si registrano in praticamente tutti gli aeroporti italiani. Dai collegamenti dei tg si vedono persone in attesa negli aeroporti milanesi e in quelli di Torino e di Venezia, mentre una nota di Telenews segnala lunghe file davanti ai check-in anche negli aeroporti romani di Ciampino e Fiumicino dove, oltre a tutti collegamenti con il Nord Europa, sono stati cancellati i voli per Genova, Torino, Milano, Bergamo, Venezia, Bologna.

Dall'aeroporto di Fiumicino, nodo centrale italiano, sinora sono stati cancellati 125 voli, ma, precisa l'Enac, lo scalo romano resta aperto. Il sostanziale blocco del trasporto aereo, ha provocato fortissimi disagi anche a quello ferroviario, con le stazioni prese d'assalto dai passeggeri rimasti a terra negli aeroporti del nord e da quelli che nel nord del Paese si dovevano recare.

Particolarmente grave appare la situazione alla stazione centrale di Milano, città presa d'assalto anche da turisti esteri per il Salone del mobile. Immagini tv mostrano lunghissime code di passeggeri in attesa, con la maggior parte dei posti in treno andati ormai esauriti.

La nube, che fluttua nello strato più alto dell'atmosfera, potrebbe causare danni ai motori degli aerei e sta costando centinaia di milioni di dollari alle compagnie aeree. Con la nube che continua ad espandersi, oggi anche la Bielorussia ha annunciato la chiusura dello spazio aereo, mentre l'Ucraina ha chiuso l'aeroporto di Kiev insieme ad altre tre stazioni aeroportuali nazionali. In Gran Bretagna, dove il divieto al volo è stato esteso sino a domattina, il controllo aereo ha dichiarato oggi che "le attuali previsioni mostrano che la situazione è in peggioramento nel corso della giornata". Gli aeroporti restano chiusi in Gran Bretagna, Francia, Germania, Danimarca, Svezia e Olanda e resteranno a terra gli aerei anche in Ungheria e parte della Romania. A Singapore, uno dei principali snodi mondiali per il traffico aereo diretto in Europa, finora sono stati cancellati 22 voli, con i passeggeri che affollano l'aerostazione perché non ci sono più posti in albergo. L'autorità militare Usa ha dovuto cambiare i percorsi di molti voli, fra i quali quelli per l'evacuazione dei feriti in Afghanistan e Iraq, secondo quanto riferito da un portavoce del Pentagono.

Secondo l'associazione che raggruppa le compagnie aeree, la Iata, il caos per la nube sta costando alle compagnie più di 200 milioni di dollari al giorno. I vulcanologi sostengono che, se l'eruzione continuerà, la nube potrà causare problemi al traffico aereo per un periodo fino a sei mesi. Oltre ai problemi al traffico aereo, le autorità sanitarie mondiale hanno detto che la polvere vulcanica potrebbe causare danni alle persone con difficoltà respiratorie.

 

 

 

 

17 Aprile 2010

LA MAPPA

Il mondo fa i conti

con 600 vulcani in attività

Quale sarà il prossimo? E quando potrebbe accadere? Domande a cui nessuno può rispondere perché l’eruzione di un vulcano dipende da una serie di fattori collegati al movimento della crosta terrestre che "maturano" nel lungo periodo. Anche forti terremoti come quelli accaduti di recente ad Haiti e in Cile possono a loro volta innescare reazioni a catena con altri terremoti ed eruzioni che però potrebbero richiedere anni.

È per questa ragione che gli scienziati considerano "attivi" i vulcani che hanno eruttato almeno una volta negli ultimi 10mila anni: se ne contano circa 1.500, mentre sono circa 600 quelli che hanno eruttato negli ultimi seimila anni (il periodo comunemente conosciuto come storia).

In ogni istante dato, in genere, eruttano nel mondo tra i 10 e i 20 vulcani, più raramente si è arrivati a punte di 50 vulcani contemporaneamente. Ad esempio, l’ultimo bollettino settimanale dello Smithsonian Institute registrava tra il 7 e il 13 aprile eruzioni in corso in 18 vulcani, tra cui anche l’Etna. Proprio l’Etna è considerato il secondo vulcano più attivo al mondo, preceduto dal Kilauea (Hawaii) e seguito dal Piton de la Fournaise sull’isola di La Réunion.

Europa. In Europa i vulcani in attività sono concentrati tra Islanda, Italia e Grecia. L’Islanda in particolare è considerata il paradiso dei vulcanologi, essendo il suo territorio formatosi proprio su una serie di vulcani alla congiunzione tra le placche tettoniche americana ed euroasiatica. Su un territorio pari a quello dell’intera Italia settentrionale ci sono qualcosa come 31 vulcani in attività. In Italia, oltre all’Etna, sono sotto osservazione Vesuvio e Isole Eolie (Vulcano, Stromboli e Lipari), mentre la Grecia ne ha quattro.

Asia. Un caso tutto particolare è quello dell’Indonesia, dove c’è una concentrazione enorme di vulcani: dal 1900 ad oggi sono stati ben 63 ad eruttare. Il più famoso di tutti è comunque Tambora, la cui eruzione del 1815 fu una delle più devastanti della storia e fu ritenuta responsabile di conseguenze climatiche che portarono a definire il 1816 l’"anno senza estate". Nell’Oceano Pacifico ci sono altri importanti vulcani in Papua Nuova Guinea (7), Filippine (3), Vanuatu (3), Isole Tonga (1) e le Hawaii, dove oltre al già citato Kilauea c’è quello di Mauna Loa.

Kamchatka. La penisola della Kamchatka, nell’estremo oriente russo a poca distanza dal Giappone, è uno dei luoghi di massima attività vulcanica al mondo: lo Smithsonian Institute ne elenca ben 109 posizionati su una striscia lunga 700 chilometri: 30 di loro hanno registrato eruzioni in anni recenti. La Kamchatka è anche la regione con la più alta frequenza di grandi eruzioni esplosive.

Oceano Indiano. Qui troviamo il già citato Piton de la Fournaise, che dal 1640 ha fatto registrare oltre 150 eruzioni. Nella regione è sotto osservazione anche il Karthala, nelle Isole Comore.

Alaska.Anche in questa regione c’è un’importante concentrazione di vulcani, ma sono nove quelli maggiormente sotto osservazione. Nell’aprile 2009 c’è stata una forte eruzione del Redoubt (3108m slm), la cui esplosione ha sparato ceneri a oltre 20 chilometri di altezza.

America centrale.Qui i vulcani sono divisi tra quattro Paesi: il più ricco è senz’altro il Messico, che ne conta ben 14 con eruzioni recenti. Il più famoso è il Popocatepetl, il cui cratere è a oltre 5mila metri di quota e la cui frequenza di eruzioni è impressionante. Altri tre vulcani attivi si trovano in Guatemala, altri 5 in Costa Rica, dove l’Arenal sta eruttando in questi giorni. Ci sono poi i Caraibi, che ospitano molti crateri, ma il più importante è è il Soufriere Hills a Montserrat, la cui prima eruzione nella storia è iniziata nel 1995 ed è tuttora in corso.

America Meridionale.Le attività vulcaniche sono qui concentrate in Colombia ed Ecuador. Nel primo Paese ci sono 6 vulcani sotto osservazione: il Galeras ha avuto una forte eruzione nel gennaio di quest’anno che ha fatto seguito a quella del novembre scorso quando furono evacuati decine di villaggi nell’area circostante. Nel 2007 si è risvegliato anche il Nevado del Huila dopo 500 anni. In Ecuador ci sono invece tre importanti vulcani in attività, tra cui il Tungurahua, 5023 metri di altitudine, con l’ultima forte eruzione esplosiva registrata giusto un anno fa.

Riccardo Cascioli

 

 

 

 

 

17 Aprile 2010

La "lezione del vulcano islandese"

L'illusione tecnologica: imbrigliare la natura

Una nuvola di cenere e mezza Europa si blocca. Chiudere gli spazi aerei è stata senz’altro cosa saggia viste le possibili conseguenze per la sicurezza, eppure tra noi tutti prevalgono generalmente incredulità e sgomento per un fatto che appare incomprensibile: come mai le nostre tecnologie così sofisticate, le nostre potenti e ramificate infrastrutture si dimostrano così vulnerabili? Del resto, su scala ben più ridotta, è una questione che si ripropone spesso: lo scorso dicembre l’eccessivo freddo provocò il blocco di quattro treni nel tunnel della Manica; in marzo 50 navi restarono bloccate tra i ghiacci del Mar Baltico; e anche in Italia episodi di treni bloccati dal ghiaccio o dall’eccessivo calore non sono rari. Per non parlare dell’incidente accaduto la scorsa settimana al treno in Val Venosta o del ciclico riproporsi di terremoti e alluvioni che in pochi istanti spazzano via vite e strutture. In questi casi è poi diventata usuale la caccia al responsabile e all’incompetente di turno.

In realtà il problema non sta nella tecnologia e neanche, salvo alcuni casi, in chi la maneggia. Il problema sta piuttosto nella nostra concezione di natura che è andata sviluppandosi in coincidenza del grande progresso scientifico e tecnologico del ventesimo secolo. Siamo pervasi di uno strano senso di onnipotenza che ci dà l’illusione di poter governare la natura a nostro piacimento, fino a pensare di poter decidere il clima per decreto legge. Così ad esempio è diffusa l’idea che la natura sia sostanzialmente statica, che abbia un suo equilibrio normale. E solo fattori esterni, ad esempio l’intervento umano, possono provocare cambiamenti di questo equilibrio. L’equilibrio della natura viene così fatto coincidere con le medie e le probabilità, al punto che ogni discostamento dalla media genera allarme.

È un errore di prospettiva che costò caro anche ad Adolf Hitler – un altro che di onnipotenza se ne intendeva –, il quale attaccò la Russia perché i meteorologi del Terzo Reich, in base agli studi statistici del passato, gli avevano garantito che dopo due inverni freddi consecutivi sarebbe stato impossibile averne un terzo. E invece il 1941 fu l’anno più freddo del secolo e quell’inverno si rivelò particolarmente rigido oltre che in anticipo. Così la natura ricordò alla sua maniera che non è la probabilità a guidarla.

Allo stesso modo terremoti e vulcani accadono perché la natura è dinamica, e la crosta terrestre è da sempre in continuo movimento. Un evento come quello di questi giorni può essere allora "provvidenziale" perché ci ricorda che lo stesso sviluppo tecnologico ha la radice nel riconoscimento della superiore potenza della natura, le cui caratteristiche fondamentali sono l’unicità e la variabilità. Per questo nel corso dei millenni l’uomo, con la sua intelligenza, ha tentato di sviluppare dei sistemi di adattamento alle diverse condizioni climatiche e ambientali, a cominciare dal riparo: dalla grotta si è passati alla palafitta e via via lungo i millenni fino alle attuali abitazioni costruite con sistemi anti-sismici.

Le nostre sofisticate infrastrutture tecnologiche sono utilissime in questa opera di adattamento, ma guai a dimenticare il nostro limite. Chi pensa, o induce a pensare, di poter "normalizzare" la natura e, più in generale, di poter controllare la realtà, prepara solo tragedie: non possiamo imprigionare i fiumi, fermare le coste, costruire sui vulcani e lungo le rive, far crescere città prevedendo solo asfalto e cemento, stabilizzare il clima e il livello dei mari, impedire terremoti ed eruzioni vulcaniche. Accettare qualche giorno di disagio (e anche perdite economiche che vanno messe nel conto) per gli aerei costretti a terra è il primo passo per ritrovare la giusta prospettiva. Cioè, quella più aderente alla realtà.

Riccardo Cascioli

 

 

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.corriere.it

2010-08-04

GOLFO DEL MESSICO

Marea nera, la Bp annuncia:

"Siamo riusciti a tappare il pozzo"

L'operazione "static kill" ha raggiunto l’obiettivo perseguito. Cemento e fango per chiudere la falla

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Affonda in mare la piattaforma petrolifera esplosa due giorni fa (23 aprile 2010)

GOLFO DEL MESSICO

Marea nera, la Bp annuncia:

"Siamo riusciti a tappare il pozzo"

L'operazione "static kill" ha raggiunto l’obiettivo perseguito. Cemento e fango per chiudere la falla

NEW ORLEANS (Louisiana) - L’operazione "static kill", finalizzata a ’tappare’ il pozzo di petrolio che ha originato la marea nera nel Golfo del Messico, ha raggiunto "l’obiettivo perseguito". Lo ha annunciato la British Petroleum (Bp).

CEMENTO E FANGO - La falla petrolifera che ha causato il disastro ambientale nel nel Golfo del Messico è stata quindi tappata con l'ineizione di cemento e fango che doveva spingere il petrolio nel bacino sottostante, un deposito situato 4mila metri sotto la superficie marina. Una operazione che non era mai avvenuta a tali profondità. "Il pozzo viene sorvegliato, secondo la procedura, per assicurare che la pressione resti stabile", scrive la Bp, aggiungendo che "in base ai risultati di questo monitoraggio si capirà se saranno necessarie nuove iniezioni di fango o meno". Bp scrive anche che la collaborazione con l'ammiraglio Thad Allen, responsabile del coordinamento delle operazioni nel Golfo del Messico per il governo Usa, continuerà "per determinare la prossima tappa (di Static Kill), quando decideremo se iniettare del cemento nel pozzo attraverso la stessa condotta".

Redazione online

04 agosto 2010

 

 

 

LA SCHEDA

Marea nera: un'emergenza

lunga 106 giorni

Tutto ebbe inizio il 20 aprile scorso nel Golfo del Messico

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Affonda in mare la piattaforma petrolifera esplosa due giorni fa (23 aprile 2010)

LA SCHEDA

Marea nera: un'emergenza

lunga 106 giorni

Tutto ebbe inizio il 20 aprile scorso nel Golfo del Messico

WASHINGTON - L'operazione Static Kill, dopo 106 giorni, avrebbe messo fine all'emergenza nel Golfo del Messico, almeno per quanto riguarda i rischi di una nuova fuga di petrolio. Queste le date principali della vicenda.

20 APRILE 2010: Esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon, della società svizzera Transocean ma gestita dalla britannica BP. Undici i morti. La piattaforma è collocata a una settantina di chilometri dalle coste della Louisiana ed estrae petrolio dal pozzo Macondo, che si trova a 1.500 metri di profondità. Il pozzo raggiunge una profondità di 4 mila metri.

22 APRILE: Affonda la piattaforma, petrolio esce a fiotti.

29 APRILE: Il presidente Usa, Barack Obama, impegna "ogni singola risorsa disponibile", comprese le forze armate, per contenere la marea e dice che Bp è responsabile del disastro.

30 APRILE: L'ad di Bp, Tony Hauward, riconosce la "piena responsabilita" della società. Bp comunica che le perdite sono contenute tra i 1.000 e i 5.000 barili al giorno.

2 MAGGIO: Obama visita le zone colpite. Gli Usa vietano la pesca e la navigazione turistica in buona parte del Golfo.

7 MAGGIO: Fallisce primo tentativo di mettere il "tappo".

19 MAGGIO: Marea nera arriva sulle coste della Louisiana.

29 MAGGIO: Fallisce secondo tentativo di mettere il tappo.

1 GIUGNO: Il Dipartimento di Giustizia Usa apre un' inchiesta criminale sull'incidente.

10 GIUGNO: Il primo ministro britannico, David Cameron, per la prima volta dichiara che il governo è pronto ad aiutare Bp.

16 GIUGNO: Accordo tra Bp e Casa Bianca per l'istituzione di un fondo da 20 miliardi di dollari per pagare i danni.

17 GIUGNO: Hayward attaccato e criticato al Congresso Usa.

20 GIUGNO: Compaiono i primi documenti interni di Bp in cui si parla di perdite potenziali di 100 mila barili al giorno.

15 LUGLIO: Fermata per la prima volta la perdita. Sul pozzo viene messo un "tappo" di alcune tonnellate.

19 LUGLIO: Bp comunica perdite di 3,95 miliardi di dollari.

27 LUGLIO: Bp nomina l'americano Bob Dudley nuovo amministratore delegato, precisando che Hayward resta in carica fino all'1 ottobre.

2 AGOSTO: Bp e Usa comunicano ufficialmente che i barili di petrolio persi in mare sono stati quasi 5 milioni.

3 AGOSTO: Comincia operazione "static kill" per la chiusura definitiva del pozzo con iniezioni di fango. (fonte: Ansa)

 

04 agosto 2010

 

 

 

 

2010-07-28

Scarsa la fuoriuscita di greggio. nell'incidente ferito un marinaio

Esplosione su petroliera nel Golfo

"Nessun attacco, un'onda anomala"

La nave, giapponese, danneggiata da uno scoppio vicino allo stretto di Hormuz, nelle acque fra l'Oman e l'Iran

Scarsa la fuoriuscita di greggio. nell'incidente ferito un marinaio

Esplosione su petroliera nel Golfo

"Nessun attacco, un'onda anomala"

La nave, giapponese, danneggiata da uno scoppio vicino allo stretto di Hormuz, nelle acque fra l'Oman e l'Iran

Lo stretto di Hormuz visto dal setellite

Lo stretto di Hormuz visto dal setellite

TOKYO - Una petroliera giapponese è stata danneggiata da un'esplosione vicino allo stretto di Hormuz, nelle acque fra l'Oman e l'Iran. All'inizio si era addirittura temuto un attacco terroristico, dopo la testimonianza di un membro dell'equipaggio. Sarebbe però stata un'onda anomala a provocare l'esplosione a bordo e i conseguenti danni. La versione è stata accreditata da un funzionario dell'autorità portuale degli Emirati arabi uniti, che a sua volta ha citato le testimonianze di membri dell'equipaggio.

SCARSA FUORIUSCITA DI GREGGIO, UN FERITO - La nave presenta alcuni danni al ponte superiore ed è attraccata nel porto di Fujairah, negli Emirati, per dei controlli. Quindi dovrebbe riprendere il viaggio verso il Giappone. La società proprietaria, la Mitsui Osk, ha riferito al ministero dei Trasporti nipponico che l'episodio ha provocato un solo ferito, mentre dal cargo di grande stazza non c'è stata apprezzabile fuoriuscita di greggio (ne trasportava 270mila tonnellate). Lo Stretto di Hormuz collega il Golfo Persico - con i porti di ricchi Paesi petroliferi come Kuwait, Bahrain e Qatar - e l'Oceano Indiano ed è un canale altamente strategico per le forniture energetiche globali

28 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-27

PER IL MANAGER una buonuscita milionaria

Marea nera, cambio al vertice per la Bp

L'ad Hayward lascia dopo le accuse

Avrò un nuovo incarico in una joint-venture russa. Al suo posto l'americano Dudley.

PER IL MANAGER una buonuscita milionaria

Marea nera, cambio al vertice per la Bp

L'ad Hayward lascia dopo le accuse

Avrò un nuovo incarico in una joint-venture russa. Al suo posto l'americano Dudley.

MILANO - Cambio al vertice per il gruppo petrolifero Bp. La compagnia britannica ha confermato che l'amministratore delegato, Tony Hayward, lascerà il suo incarico a ottobre. La Bp ha aggiunto che il suo posto verrà preso dall'americano Bob Dudley, 54 anni.

MAREA NERA - Hayward, 53 anni, abbandona l'incarico in seguito alle durissime critiche sulla gestione del disastro della marea nera sprigionata nel Golfo del Messico a partire dal 20 aprile scorso, dopo l'esplosione di una piattaforma petrolifera. La Bp ha precisato che Dudley - che da giugno supervisiona le operazioni per contrastare le perdite di greggio - si stabilirà a Londra e passerà le sue attuali mansioni negli Stati Uniti a Lamar McKay, presidente di Bp America. Hayward rimarrà nel consiglio di amministrazione fino al 30 novembre e la compagnia intende assegnargli l'incarico di direttore non esecutivo di Tnk-Bp, la sua joint-venture russa.

BUONUSCITA - In un comunicato ufficiale, la Bp ha spiegato che la decisione sull’avvicendamento è stata presa a seguito di un "accordo consensuale". Hayward riceverà un anno di stipendio come buonuscita: non ci sono cifre ufficiali, ma si parla di una forbice tra uno e 10,8 milioni di sterline. Il gigante petrolifero britannico ha annunciato inoltre che a causa del disastro della marea nera le sue perdite per il secondo trimestre dell'anno sono state di 16,9 miliardi di dollari. La compagnia ha anche fatto sapere di aver messo a bilancio una previsione di spesa di 32,2 miliardi di dollari (tasse esclude) a fronte di un attivo di 30 miliardi di dollari nei prossimi 18 mesi.

Redazione online

27 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-26

l'allarme

Boschi: fermare subito il Civis

Minaccia la stabilità delle Due Torri

Il presidente dell'istituto di vulcanologia: "Il centro

di Bologna non è né sano né robusto, ma fragile"

Il Pdl porterà il caso sul tavolo di tre ministri

Le Due Torri

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-La soprintendente Grifoni: fermare il Civis? Meglio ridurre i bus in centro

Il Civis? Va fermato "assolutamente tutto": il filobus potrebbe mettere a rischio la stabilità degli edifici del centro, a partire dalle Due Torri. È l'allarme lanciato da Enzo Boschi, presidente dell'istituto di vulcanologia.

SUBSIDENZA - "Non voglio fare paura", premette Boschi, ma i dati - dice - parlano chiaro: il centro di Bologna, per effetto della subsidenza, si abbassa e risente delle scosse sismiche dell’Appennino (specie in zone alluvionali come sono alcune porzioni del sottosuolo nel cuore cittadino) e se a questo si aggiungerà il passaggio della filotramvia, "veicolo pesantissimo", con frequenze ravvicinate, questo non farà bene ai palazzi del centro "che non è sano nè robusto, ma fragile. La questione dei danni agli edifici è seria: è da prendere seriamente in considerazione".

DUE TORRI - Quanto alle Due Torri, Boschi non va molto per il sottile. Il loro crollo "è da mettere in conto", dice. "È una questione di prevenzione - spiega il vulcanologo- le Due torri possono crollare? Sì. Se le vogliamo conservare dobbiamo fare qualcosa. È la prevenzione, ma non fa notizia come un crollo". Nel caso delle Due torri, prevenzione significa non far passare il Civis ai loro piedi. È bene evitare "vibrazioni su edifici non particolarmente forti, come sono quelli del centro", insiste Boschi confidando nel commissario Anna Maria Cancellieri. "L’ho conosciuta a Catania, una delle zone più a rischio del mondo, e l’ho trovata molto attenta a questi problemi. Spero che trovi il coraggio di bloccare tutto immediatamente".

CIVIS - Boschi ricorda che dei problemi del passaggio in centro del tram lui parlava già nel 1985 in una campagna elettorale che lo vedeva al fianco di Beniamino Andreatta. Oggi invece ci sono studi e misure che attestano l’accelerarsi della subsidenza (che varia da zona a zona a Bologna) e sarebbe bene fare dei calcoli sull’impatto che la frequenza del Civis può avere su edifici antichi. Quello del tram, sottolinea ancora il vulcanologo, "è un progetto vecchio di 25 anni quando alcune cose non erano note". Ecco perché, secondo lui, "bisognerebbe assolutamente fermare tutto". Al fianco di Boschi, annuiscono l’ingegnere Giovanni Salizzoni e Claudio Bertolazzi. "Le vibrazioni degli autobus peggiorano ogni giorno la stabilità degli edifici e quindi ne andrebbe vietato il passaggio in centro, quindi anche del Civis: sono causa di degrado e distruzione. Meglio sostituirli con piccoli veicoli", spiega l’ex braccio destro di Giorgio Guazzaloca. Bertolazzi ricorda invece la possibile frequenza del Civis che oscilla fra i 90 e i 210 secondi causando "vibrazioni che peseranno sulle case".

IL PDL - L'allarme di Boschi viene lanciato durante una conferenza stampa del Pdl. E il deputato e coordinatore cittadino berlusconiano, Fabio Garagnani, assicura che da domani il "caso" Civis sarà sul tavolo di tre ministeri: dei Beni culturali, delle Infrastrutture e dell'Ambiente.

 

26 luglio 2010

 

 

 

 

 

Occupata la centrale idroelettrica di Aripuanà, nel Mato Grosso

Rivolta in Amazzonia: gli indios sequestrano cento operai

Gli indigeni chiedono un indennizzo per i danni e l'impatto sulla loro vita causati dalla deviazione dei fiumi

Occupata la centrale idroelettrica di Aripuanà, nel Mato Grosso

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Uso della dinamite nella zona della centrale idroelettrica di Aripuanà, in Mato Grosso

Uso della dinamite nella zona della centrale idroelettrica di Aripuanà, in Mato Grosso

SAN PAOLO - Si sono dipinti con i colori di guerra e l'hanno iniziata. Nell'Amazzonia brasiliana è scoppiata l'ennesima rivolta di indios che vogliono difendere il loro territorio. Centinaia di indigeni hanno occupato, armati di archi e mazze, la centrale idroelettrica di Aripuanà, nel Mato Grosso, e hanno preso in ostaggio oltre cento operai.

INDENNIZZO PER LA DEVIAZIONE DEI FIUMI - Gli indigeni, che appartengono a sei etnie locali, chiedono un indennizzo per i danni e l'impatto sulla loro vita causati dalla deviazione dei fiumi della regione per costruire la centrale di Dardanelos. Una delle principali recriminazioni degli indios è che il bacino formato dalla diga sommergerà un grande cimitero tradizionale. Secondo le testimonianze raccolte dalla tv brasiliana, circa 250 indios armati e dipinti con i colori di guerra sarebbero penetrati nel cantiere di Dardanelos, minacciando i dipendenti. Cinque dirigenti sono stati rilasciati, ma gli operai del cantiere sono stati tenuti in ostaggio in attesa che inizino le trattative con l'impresa responsabile per la costruzione, iniziata tre anni fa. Il Funai, l'ente statale incaricato della protezione degli indios, farà da intermediario tra i contendenti.

26 luglio 2010

 

2010-07-25

gli usa indagano su PRESUNTE PRESSIONI per la liberazione di Abdelbaset Al Megrahi

Bp, cinque perforazioni al largo della Libia

La società ha ottenuto i diritti di esplorazione nel golfo della Sirte nel 2007, per novecento milioni di dollari

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LONDRA - La British Petroleum sta preparando cinque perforazioni al largo delle coste libiche. La notizia, anticipata dal Financial Times, è stata confermata da un portavoce della società inglese, David Nicholas. In virtù di un accordo con Tripoli siglato nel 2007 (e sbloccato recentemente), Bp ha ottenuto i diritti di esplorazione dei possibili giacimenti nel golfo della Sirte (mappa) per 900 milioni di dollari. Le operazioni off-shore avverranno a una profondità di 1.700 metri, 200 in più rispetto a quella del giacimento Macondo nel golfo del Messico, che il 20 aprile ha dato origine alla marea nera. La notizia riguarda da vicino anche l'Italia dato che le ricerche saranno effettuate in pieno Mediterraneo, a poco più di 500 chilometri dalle coste siciliane.

TIMORI IN ITALIA - E anche se la Bp ha assicurato che farà tesoro della nefasta esperienza, c'è - tra gli ambientalisti e non solo - chi pensa al peggio. Come il presidente della commissione Ambiente del Senato Antonio D'Alì che, citato dal Ft, si dice "preoccupatissimo" per i piani della compagnia britannica. "Il problema - afferma il senatore siciliano - non è la Bp o la Libia. Il fatto è che il mare non ha confini e se capitano incidenti, che siano in acque nazionali o internazionali, gli effetti si fanno sentire in tutto il Mediterraneo. Considerato che stiamo parlando già di uno dei mari più inquinati dal petrolio di tutto il mondo, le conseguenze di un disastro potrebbero essere irreversibili". In effetti ogni anno il "Mare Nostrum" è attraversato da circa un milione di tonnellate di petrolio e, secondo alcune stime, centinaia di migliaia di tonnellate vengono involontariamente disperse da petroliere, raffinerie e oleodotti vari, con effetti devastanti su balene, delfini e tutta la fauna marina. La Bp ha messo le mani avanti dicendo che nella remota eventualità di un nuovo disastro ha in cantiere "dettagliati piani d'emergenza".

IL CASO AL MEGRAHI - Il portavoce della Bp ha detto che "le perforazioni inizieranno nelle prossime settimane". "Non le abbiamo ancora calendarizzate" ha aggiunto Nicholas, precisando che ogni perforazione necessita di "sei mesi o più". Il tutto avviene mentre la commissione Esteri del Senato americano si prepara a occuparsi (il prossimo 29 luglio) delle presunte pressioni che la Bp avrebbe esercitato sulle autorità britanniche per la liberazione di Abdelbaset Al Megrahi - il libico condannato per l'attentato di Lockerbie del 1988 (in cui morirono 259 persone) - in cambio del contratto di esplorazione. Al Meghrai, condannato all'ergastolo nel 2001, è stato effettivamente liberato dalla Scozia nel 2009 per ragioni di salute.

ACCORDO CON L'EGITTO - Il 19 luglio Bp ha siglato un accordo anche con l'Egitto, in particolare con la Egyptian General Petroleum Corp., per lo sviluppo di due giacimenti di gas off-shore. È il contratto più rilevante siglato dalla società dall'esplosione della Deepwater Horizon che ha causato il più grande disastro ecologico della storia americana. I due giacimenti produrranno 900 milioni di metri cubi di gas dal 2014.

Redazione online

24 luglio 2010

 

 

 

 

 

Ferie d’agosto Quando il turismo diventa gesto politico

Le vacanze "forzate" della famiglia Obama nel catrame del Golfo

Dopo le polemiche per la "fuga" nel Maine

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Dopo le polemiche per la "fuga" nel Maine

dal nostro corrispondente

NEW YORK — Quand’era presidente, Bill Clinton avrebbe preferito trascorrere le vacanze a Martha’s Vineyard, l’isola dell'intellighenzia snob e di sinistra. Ma il suo guru Dick Morris lo costrinse più di una volta a scegliere le Montagne Rocciose. "Gli americani erano stufi delle sue foto vacanziere tra yacht e feste esclusive dei ricchi e famosi — rievoca Morris —. Per risollevare i sondaggi, Bill mi ubbidì, pur odiando le Rocky Mountains".

La famiglia Obama nel Maine (Ap/Dharapak)

La famiglia Obama nel Maine (Ap/Dharapak)

Quindici anni dopo Barack Obama è costretto a fare lo stesso. La First Family ha cambiato i piani delle sue vacanze estive e nella settimana di ferragosto andrà sul Golfo del Messico devastato dalla marea nera. Nei giorni scorsi sia il presidente sia la First Lady avevano pubblicamente incoraggiato gli americani a trascorrere le ferie lungo la costa del Golfo del Messico per sostenere il turismo, in crisi a causa del petrolio. Così, quando lo scorso 16 luglio gli Obama hanno trascorso un lungo weekend tra le ombreggiate foreste del Maine, lontano anni luce dal catrame incandescente del Golfo, i repubblicani sono insorti. "Parlano bene e razzolano male", aveva tuonato il sito web dell'ultraconservatrice Michelle Malkin.

Il Republican National Committee (Rnc) aveva lanciato un sito web per denunciare tutti "i passi falsi" di un presidente accusato di "spassarsela mentre il Golfo brucia". In cima alla lista delle gaffe: aver continuato a giocare a golf e ad andare ai concerti anche nei momenti più critici dell’emergenza che ha messo in ginocchio l’economia di ben quattro stati. L’Rnc non ha resistito alla tentazione di pareggiare i conti. Quand’era presidente, George W. Bush era stato letteralmente massacrato dalla stampa liberal per la sua propensione alle ferie. "977 giorni in 8 anni", precisa Mark Knoller, corrispondente della Cbs. L’ex presidente passava così tanto tempo a Crawford che il suo ranch texano era stato ribattezzato "la Casa Bianca del West". Alcuni degli eventi più importanti della sua amministrazione l’hanno colto, sereno e abbronzato, tra mucche e cavalli: dalla condanna di Saddam Hussein all’assassinio di Benazir Bhutto. Per arginare l’ondata di critiche, il suo portavoce Ari Fleischer fece stampare delle t-shirt con la lista di tutti i viaggi di lavoro intrapresi da Bush a Crawford.

Ma l'uso strumentale della vacanza non è una novità. Ronald Reagan correva a cavallo ogni mattina durante le visite al suo ranch di Santa Barbara, passando i pomeriggi a tagliare legna. "Due attività studiate a tavolino per rafforzare la sua immagine pubblica di ruvido cowboy", teorizza Martha Joynt Kumar, docente di studi presidenziali alla Towson Universtity, "per un elettore della East Coast quella non assomigliava affatto ad una vacanza". Ma se il calcolo è identico, le strategie cambiano. Bush disse addio al golf nell’agosto 2003, dopo l’attentato contro il quartier generale Onu di Bagdad "perché — spiegò — giocare a golf durante una guerra manda il segnale sbagliato al Paese". Pur essendo anche lui un presidente di guerra, Obama non ha mai smesso di praticare sport.

Ad agosto gli Obama non rinunceranno a una vacanza vera e propria a Martha’s Vineyard, dove sono di casa da anni. Ma anche se si sforza di non apparire schiavo dei sondaggi, il presidente deve fare i conti con un tabù. "Nessun presidente americano può permettersi di varcare le frontiere per andare in vacanza all’estero come fanno molti leader europei", spiega Fleischer. "Sarebbe un passo falso che nessuno gli perdonerebbe ".

Alessandra Farkas

24 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

 

ma la Transocean: scelta intenzionale e conforme a consolidate pratiche marine

Marea nera, il dispositivo d'allarme disattivato mesi prima dell'esplosione

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Le accuse di un tecnico della Deepwater Horizon: "Non volevano che la gente fosse svegliata alle tre del mattino"

MILANO - Il dispositivo d'allarme installato sulla piattaforma Deepwater Horizon era stato disattivato alcuni mesi prima del 20 aprile, giorno dell'incidente che ha causato la marea nera nel Golfo del Messico. È la testimonianza resa dal capo dei tecnici della piattaforma durante un'audizione a New Orleans. Mike Williams, capo degli elettrotecnici impegnati sulla piattaforma, ha dichiarato che l'allarme era stato disattivato "alcuni mesi prima" per evitare che si mettesse a suonare in piena notte. Il segnale - ha spiegato - veniva comunque registrato su un computer, ma era stato disattivato il dispositivo che faceva scattare sulla piattaforma il segnale sonoro previsto. Erano stati gli stessi responsabili della Deepwater Horizon a chiedere che quella sirena venisse disattivata, ha dichiarato Williams, perché "non volevano che la gente fosse svegliata alle tre del mattino a causa di un falso allarme".

TRANSOCEAN - La disattivazione è stata "intenzionale e conforme a consolidate pratiche marine - ha poi spiegato in un comunicato la Transocean, società proprietaria della piattaforma -. Non è stata una svista o una questione di convenienza". La compagnia ha precisato che sulla piattaforma era un funzione un sistema "a zona" che permetteva di disattivare l'allarme centrale qualora ne fosse scattato uno localizzato. Accadeva, ha spiegato ancora Transocean, che gli allarmi localizzati si attivassero per "problemi minori o che non rappresentavano un'emergenza e continui falsi allarmi aumentano i rischi e diminuiscono la sicurezza della piattaforma".

BONNIE - Intanto il Centro Uragani di Miami, in Florida, ha declassato da tempesta a depressione tropicale la tempesta "Bonnie". I venti provocati dalla tempesta sono scesi a meno 64 km/h, soglia sotto la quale, nella classificazione dei meteorologi, si parla di depressione tropicale e non più di tempesta, per definizione accompagnata da venti più forti. Ma la Casa Bianca ha reso noto che il presidente Obama, nel briefing sull'emergenza marea nera con l'unità di crisi, ha invitato i responsabili dei soccorsi ad essere pronti per affrontare qualsiasi scenario.

Redazione online

24 luglio 2010

 

 

 

Marea nera: la cronistoria

20 aprile 2010: Esplode il pozzo di petrolio a 1.500 metri di profondità nel golfo del Messico che stava perforando la piattaforma Deepwater Horizon, di proprietà della Transocean e affittata alla Bp, a circa 80 km a sud-est di Venice (Louisiana). Muoiono undici operai e altri 17 rimangono feriti. Una prima stima parla di circa mille barili di petrolio al giorno che fuoriescono dal pozzo e vengono immessi in mare

22 aprile: La piattaforma in fiamme affonda

25 aprile: La Bp utilizza robot subacquei controllati a distanza per cercare di riparare il danno, ma il tentativo fallisce

28 aprile: Funzionari della Casa Bianca affermano che sono almeno 5 mila i barili di greggio rilasciati ogni giorno dal pozzo, pari a 800 mila litri. La Guardia costiera statunitense inizia a bruciare in modo controllato alcune chiazze di petrolio sulla superficie del mare. All'inizio di giugno gli incendi controllati saranno più di 120 e avranno eliminato oltre 67 mila barili di greggio

29 aprile: Il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, dichiara lo stato di emergenza

30 aprile: La Casa Bianca afferma che non saranno più concessi nuovi permessi di perforazione in mare finché non saranno completate le indagini sul disastro della Deepwater Horizon

2 maggio: Il presidente Barack Obama effettua una prima visita sulle coste della Louisiana minacciate dalla marea nera. Una zona del Golfo viene interdetta alla pesca, inizialmente per dieci giorni. La Bp inizia a perforare il primo dei due pozzi che serviranno a intercettare e fermare il flusso di petrolio che esce dal pozzo incontrollato. Si prevede che i lavori finiranno in agosto

3 maggio: La Bp si dichiara pronta a "pagare tutti i costi della bonifica"

6 maggio: Le prime chiazze di petrolio arrivano sulle coste delle isole Chandeleur, nella riserva naturale Breton

10 maggio: La Bp apre un sito web per raccogliere consigli e suggerimenti su come bloccare il pozzo

12 maggio: Obama propone una tassa di 1 centesimo di dollaro a barile a carico delle compagnie petrolifere per finanziare studi sulla sicurezza delle perforazioni in mare

14 maggio: La Bp inizia a inserire un tubo flessibile lungo un miglio nella tubazione che si è rotta in modo che una nave serbatoio possa aspirare il petrolio. Funziona, ma la raccolta non è superiore a 2mila barili al giorno

15 maggio: Studiosi rendono nota la scoperta di larghe chiazze sottomarine di petrolio, alcune delle quali si estendono per 16 km

19 maggio: Le prime chiazze di petrolio arrivano nelle paludi costiere della Louisiana

22 maggio: Obama insedia una commissione indipendente di indagine sul disastro della Deepwater Horizon

24 maggio: La Bp offre 500 milioni di dollari per studiare gli effetti della marea nera

26 maggio: La Bp dà il via all'operazione "Top kill" per tappare il pozzo tramite il pompaggio di fanghi pesanti per ridurre la pressione del petrolio in uscita e riuscire poi a chiuderlo con il cemento. Prova anche a introdurre materiali come palle di gomma e brandelli di pneumatici in modo da far aderire meglio il fango

27 maggio: La fuoriuscita di petrolio ha superato quella del 1989 della Exxon Valdez (262 mila barili di greggio): ora è "il peggior disastro ambientale della storia degli Stati Uniti". La perdita di petrolio viene ora stimata in 19 mila barili al giorno. Obama blocca tutte le perforazioni nel Golfo del Messico e annuncia una moratoria di sei mesi per le nuove perforazioni nel Golfo e nel Pacifico. Si dimette Elizabeth Birnbaum, la direttrice del Mineral Management Service, che raccoglie le imposte delle perforazioni in mare

28 maggio: Seconda visita di Obama sulle coste della Louisiana: "Non sarete lasciati soli". La Camera vota un provvedimento per portare da 8 a 32 centesimi di dollaro a barile una tassa per finanziare un fondo per i danni della marea nera

29 maggio: La Bp ammette che l'operazione "Top kill" è fallita

31 maggio: La Bp inizia l'operazione "Cut and cap": tagliare la valvola di sicurezza che non ha funzionato a bocca pozzo per coprirla con una valvola di contenimento chiamata Lower Marine Riser Package (Lmrp)

1° giugno: Il ministro della Giustizia, Eric Holder, afferma che il governo americano avvierà un'inchiesta civile e penale sull'incidente. La marea nera raggiunge le barriere di contenimento sulle coste del Mississippi e dell'Alabama e si avvicina a 16 km dalle coste della Florida occidentale

2 giugno: Il 37% delle coste Usa del golfo del Messico vengono interdette alla pesca per un totale di 228 mila kmq. Oltre 300 mila persone aderiscono a una campagna su Facebook di boicottaggio della Bp. L'Agenzia di protezione ambientale ha invitato a una tavola rotonda a Washington insieme a scienziati, ingegneri, oceanografi ed esperti anche il regista James Cameron

3 giugno: Obama visita per la terza volta la Louisiana: "Sono furioso. La risposta della Bp è stata inadeguata". La Casa Bianca ha fatto sapere che invierà alla Bp un conto da 69 milioni di dollari per i costi finora sostenuti nel tentativo di ripulire i danni causati dalla marea nera nel golfo del Messico. La Casa Bianca definisce "folle" l'idea di chiudere il pozzo con un'esplosione nucleare

4 giugno: Riesce l'operazione "Cut and cap": circa mille dei 19 mila barili al giorni che fuoriescono dal pozzo vengono aspirati. Il disastro è finora costato alla Bp 1 miliardo di dollari, ma secondo gli analisti la cifra finale potrà arrivare anche a 20 miliardi

6 giugno: La Bp stima che l'aspirazione di petrolio è aumentata ad almeno 10 mila barili al giorno e avvia una campagna stampa per le proprie scuse. Critiche di Obama, secondo il quale la Bp avrebbe fatto meglio a spendere i soldi per ripulire le coste invece di autopromuoversi. Il ministro britannico delle Attività produttive critica l'atteggiamento anti-britannico americano

7 giugno: Obama: "Risolveremo la crisi, ma l'impatto sarà di lunga durata"

8 giugno: La Cnn rende noto che la Bp sta assumendo 4.500 disoccupati in Alabama, Mississippi e Florida per ripulire le coste. Verranno pagati 18 dollari l'ora e i supervisori 32

10 giugno: Mentre il titolo Bp crolla alla Borsa di Londra, i costi dell'incidente vengono ora stimati in 1,43 miliardi di dollari. Il governo Usa intende intraprendere azioni legali per impedire la distribuzione dei dividente agli azionisti Bp

13 giugno: La Guardia costiera americana dà un ultimatum alla Bp: il colosso petrolifero ha due giorni di tempo per elaborare un programma più aggressivo di contenimento del greggio che fuoriesce dalla piattaforma

14 giugno: Obama: "La marea nera è l'11 settembre dell'ambiente"

15 giugno: Un fulmine colpisce uno dei battelli che partecipano alle operazioni di pompaggio nel golfo del Messico. Il dipartimento di Stato rende noto che sono 17 le nazioni che hanno offerto il proprio aiuto oltre a organizzazioni internazionali. Assente l'Italia. La Bp chiede aiuto a una società specializzata in filtraggio dell'acqua di mare contaminata di proprietà di Kevin Kostner e di suo fratello. La fuoriuscita di greggio è pari a 60 mila barili di petrolio al giorno

16 giugno: La Bp accetta di versare 20 miliardi di dollari nel fondo per i risarcimenti che sarà gestito da una commissione indipendente. Obama nomina l'ex governatore del Mississippi Ray Mabus a capo della commissione istituita per indagare sulle cause del disastro

21 giugno: Secondo alcune stime, potrebbero essere 100 mila i barili di petrolio che fuoriescono al giorno. Secondo la Bbc la Bp era a conoscenza da tempo delle falle nel sistema di sicurezza

23 giugno: pescatore in Alabama si suicida: "Disperato per la marea nera". Un incidente causato da un robot sottomarino ha indotto i tecnici a rimuovere il "coperchio" che cerca di contenere fuga di petrolio, fascendo aumentare per diverse ore la fuoriuscita del greggio

30 giugno: il primo uragano della stagione nel golfo del Messico rallenta le operazioni di soccorso

12 luglio: si apre una nuova falla mentre la Bp cambia il tappo

15 luglio: il nuovo tappo funziona, fermata per la prima volta la perdita di greggio. Obama: "Segnala positivo, ma è ancora in fase di sperimentazione"

17 luglio: il tappo regge, ma i test vengono prolungati

19 luglio: perdite di petrolio e metano dal fondo del mare intorno alla zona del tappo. Il capo delle operazioni nominato dalla Casa Bianca, Thad Allen, resta scettico: "Capire perché i valori di pressioni sono più bassi del previsto"

22 luglio: quattro delle maggiori società petrolifere del mondo si sono unite per creare un sistema per fermare le possibili fuoriuscite di petrolio nel Golfo del Messico

23 luglio: evacuazione di uomini e mezzi di soccorso per l'arrivo della tempesta tropicale Bonnie. Il giorno prima è stata riaperta alla pesca un terzo (68 mila kmq) dell'area interdetta

24 luglio: un tecnico della Deepwater Horizon dichiara che il dispositivo d'allarme sonoro era stato disattivato mesi prima dell'esplosione per "evitare che la gente venisse svegliata di notte"

 

 

 

 

Dopo Bahamas e Florida. colpirà le foci del Mississippi

Marea nera: in arrivo la tempesta Bonnie

Evacuate le navi e le 2 mila persone impiegate nella bonifica del greggio. Riaperta parzialmente la pesca

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Il percorso previsto di Bonnie (da Noaa)

Il percorso previsto di Bonnie (da Noaa)

MIAMI - È "solo" una tempesta tropicale e ha scarse (15%) probabilità di trasformarsi in uragano ma Bonnie già mette in ansia le popolazioni del Golfo del Messico interessate dalla marea nera. Si è formata nei pressi delle isole Bahamas e venerdì sera (sabato mattina in Italia) passerà sulla punta meridionale della Florida (Stato in cui il presidente Obama e famiglia passeranno il fine settimana), per poi riprendere forza sul Golfo e abbattersi domenica sera (lunedì mattina in Italia) su Louisiana e Mississippi. Lo ha annunciato il Centro nazionale degli uragani (Noaa) con sede a Miami riferendosi alla seconda tempesta individuata quest'anno nell'Atlantico, che ha già prodotto venti che soffiano alla velocità di 65 km all'ora.

EVACUAZIONE - Le autorità americane hanno deciso di far scattare l’evacuazione delle decine di navi e delle circa 2 mila persone impegnate nelle operazioni di bonifica del greggio fuoriuscito dal pozzo Deepwater Horizon della Bp. A causa del rischio rappresentato da Bonnie, navi e piattaforme si stanno preparando "a evacuare", ha indicato Thad Allen, responsabile della Casa Bianca per le operazioni nel Golfo. "La decisione riguarda anche la piattaforma di perforazione dei pozzi di derivazione che permetteranno di bloccare definitivamente la falla", ha precisato Allen. L’evacuazione "ritarderà gli sforzi in corso da giorni per bloccare il pozzo, ma la sicurezza delle persone è la nostra priorità", ha spiegato l’ammiraglio in pensione. Allen ha anche precisato che il tappo resterà al suo posto, mentre le navi si allontaneranno dalla zona del pozzo.

PESCA - Intanto il Noaa ha annunciato la riapertura alla pesca di un terzo della zona del Golfo del Messico chiusa per la marea nera, pari a oltre 68 mila chilometri quadrati.

Redazione online

23 luglio 2010

2010-07-22

[Esplora il significato del termine: E in Rete spuntano già le parodie: anche lo squalo del film al fianco delle navi Bp tarocca le foto della bonifica nel Golfo, i blogger se ne accorgono e la sbugiardano Ritoccate alcune immagini pubblicate sul sito della compagnia per illustrare le operazioni di bonifica * NOTIZIE CORRELATE * GUARDA: I ritocchi più grossolani * I colossi del petrolio si uniscono per aiutare Obama (22 luglio 2010) E in Rete spuntano già le parodie: anche lo squalo del film al fianco delle navi Bp tarocca le foto della bonifica nel Golfo, i blogger se ne accorgono e la sbugiardano Ritoccate alcune immagini pubblicate sul sito della compagnia per illustrare le operazioni di bonifica La foto "incriminata" La foto "incriminata" MILANO - La Bp ha promesso estrema trasparenza in questa fase in cui è al lavoro per cercare di contenere e bloccare la falla sviluppatasi dall’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon, che dallo scorso aprile sta riversando tonnellate di greggio nel Golfo del Messico. Tuttavia per due volte in una settimana è stata pizzicata dai blogger che hanno notato come alcune immagini pubblicate sul sito della compagnia per illustrare le operazioni di bonifica dell’area siano state palesemente taroccate. IL PRIMO "TAROCCAMENTO" - In una delle immagini si vede una sala di controllo delle operazioni che mostra alcuni monitor con immagini e grafici. Ma su tre dei dieci monitor inquadrati le immagini sono state aggiunte in un secondo tempo lavorando di Photoshop. I vertici della compagnia hanno spiegato che si è trattato di un intervento innocente, finalizzato semplicemente a riempire tre spazi che sarebbero stati vuoti, visto che in quel momento i tre monitor non erano in funzione. Insomma, solo una finalità estetica e nessun tentativo di mostrare una realtà diversa da quella che è. Ma pur sempre di "taroccamento" si tratta e questo si scontra con il proposito di assoluta chiarezza e lealtà sbandierato dai vertici della compagnia. L’ELICOTTERO PARCHEGGIATO - A maggior ragione non è piaciuto il secondo scivolone: una nuova immagine ritoccata scoperta da un giovane blogger. La vicenda la racconta il Washington Post che ha avuto conferma da un portavoce della compagnia che l’immagine è stata effettivamente alterata. Nell’immagine pubblicata sul sito di Bp, due piloti di un elicottero in volo osservano le navi impegnate nei lavori per contenere l’emergenza. Peccato però che si tratti di un fotomontaggio: l’elicottero era in realtà parcheggiato sul ponte di una nave e la foto scattata dall’interno dell’abitacolo è stata poi sovrapposta a quella di un’immagine aerea delle navi impegnate nella bonifica. Tuttavia il ritocco è stato eseguito male e troppi indizi hanno fatto emergere la bufala. INDIZI E PROVE - Sulla parte sinistra della foto, ad esempio, da dietro il vetro del cockpit si intravede la torre di controllo, cosa che sarebbe impossibile se l’elicottero fosse in volo in mezzo al mare (GUARDA). Inoltre si vedono alcuni degli indicatori del pannello degli strumenti che evidenziano l’apertura degli sportelli e l’inserimento del freno, tipica situazione da velivolo in piazzola. Il pilota, infine, regge una cartelletta e sembra impegnato nelle operazioni di check che vengono compiute prima di un decollo. Per non parlare di dettagli grafici, come la differenza di colore del mare o alcuni scontornamenti effettuati in maniera un po’ grossolana, che non sono passati inosservati. "NON SUCCEDERA’ PIU’" - Anche in questo caso la Bp è stata costretta al mea culpa. Scott Dean, il portavoce, ha fornito al Washington Post la foto originale, spiegando che l’immagine è stata alterata dal team di post-produzione fotografo per ragioni tecniche. "Non succederà più", ha assicurato Dean. Una delle parodie della foto taroccata da Bp: ci sono anche lo squalo e, non visibile in questo dettaglio, il Golden Gate Una delle parodie della foto taroccata da Bp: ci sono anche lo squalo e, non visibile in questo dettaglio, il Golden Gate LE PARODIE - Intanto, però, i blogger ci hanno preso gusto e in rete già sono spuntate diverse immagini parodia che partendo dall’"originale" ripropongono le situazioni più diverse: campi da calcio al posto del mare, autoritratti che spuntano da dietro i vetri, bambolotti al posto dei piloti. Molto divertente quella postata anche nello spazio commenti del Post da un lettore che si presenta con il nick Slave2anMG: dalla cabina di pilotaggio si intravedono, oltre alle navi in azione, anche il Golden Gate di San Francisco e lo squalo dell’omonimo film. Al. S. 22 luglio 2010] E in Rete spuntano già le parodie: anche lo squalo del film al fianco delle navi

Bp tarocca le foto della bonifica nel Golfo,

i blogger se ne accorgono e la sbugiardano

Ritoccate alcune immagini pubblicate sul sito della compagnia per illustrare le operazioni di bonifica

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NOTIZIE CORRELATE

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GUARDA: I ritocchi più grossolani

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I colossi del petrolio si uniscono per aiutare Obama (22 luglio 2010)

E in Rete spuntano già le parodie: anche lo squalo del film al fianco delle navi

Bp tarocca le foto della bonifica nel Golfo,

i blogger se ne accorgono e la sbugiardano

Ritoccate alcune immagini pubblicate sul sito della compagnia per illustrare le operazioni di bonifica

La foto "incriminata"

La foto "incriminata"

MILANO - La Bp ha promesso estrema trasparenza in questa fase in cui è al lavoro per cercare di contenere e bloccare la falla sviluppatasi dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon, che dallo scorso aprile sta riversando tonnellate di greggio nel Golfo del Messico. Tuttavia per due volte in una settimana è stata pizzicata dai blogger che hanno notato come alcune immagini pubblicate sul sito della compagnia per illustrare le operazioni di bonifica dell'area siano state palesemente taroccate.

IL PRIMO "TAROCCAMENTO" - In una delle immagini si vede una sala di controllo delle operazioni che mostra alcuni monitor con immagini e grafici. Ma su tre dei dieci monitor inquadrati le immagini sono state aggiunte in un secondo tempo lavorando di Photoshop. I vertici della compagnia hanno spiegato che si è trattato di un intervento innocente, finalizzato semplicemente a riempire tre spazi che sarebbero stati vuoti, visto che in quel momento i tre monitor non erano in funzione. Insomma, solo una finalità estetica e nessun tentativo di mostrare una realtà diversa da quella che è. Ma pur sempre di "taroccamento" si tratta e questo si scontra con il proposito di assoluta chiarezza e lealtà sbandierato dai vertici della compagnia.

L'ELICOTTERO PARCHEGGIATO - A maggior ragione non è piaciuto il secondo scivolone: una nuova immagine ritoccata scoperta da un giovane blogger. La vicenda la racconta il Washington Post che ha avuto conferma da un portavoce della compagnia che l'immagine è stata effettivamente alterata. Nell'immagine pubblicata sul sito di Bp, due piloti di un elicottero in volo osservano le navi impegnate nei lavori per contenere l'emergenza. Peccato però che si tratti di un fotomontaggio: l'elicottero era in realtà parcheggiato sul ponte di una nave e la foto scattata dall'interno dell'abitacolo è stata poi sovrapposta a quella di un'immagine aerea delle navi impegnate nella bonifica. Tuttavia il ritocco è stato eseguito male e troppi indizi hanno fatto emergere la bufala.

INDIZI E PROVE - Sulla parte sinistra della foto, ad esempio, da dietro il vetro del cockpit si intravede la torre di controllo, cosa che sarebbe impossibile se l'elicottero fosse in volo in mezzo al mare (GUARDA). Inoltre si vedono alcuni degli indicatori del pannello degli strumenti che evidenziano l'apertura degli sportelli e l'inserimento del freno, tipica situazione da velivolo in piazzola. Il pilota, infine, regge una cartelletta e sembra impegnato nelle operazioni di check che vengono compiute prima di un decollo. Per non parlare di dettagli grafici, come la differenza di colore del mare o alcuni scontornamenti effettuati in maniera un po' grossolana, che non sono passati inosservati.

"NON SUCCEDERA' PIU'" - Anche in questo caso la Bp è stata costretta al mea culpa. Scott Dean, il portavoce, ha fornito al Washington Post la foto originale, spiegando che l'immagine è stata alterata dal team di post-produzione fotografo per ragioni tecniche. "Non succederà più", ha assicurato Dean.

Una delle parodie della foto taroccata da Bp: ci sono anche lo squalo e, non visibile in questo dettaglio, il Golden Gate

Una delle parodie della foto taroccata da Bp: ci sono anche lo squalo e, non visibile in questo dettaglio, il Golden Gate

LE PARODIE - Intanto, però, i blogger ci hanno preso gusto e in rete già sono spuntate diverse immagini parodia che partendo dall'"originale" ripropongono le situazioni più diverse: campi da calcio al posto del mare, autoritratti che spuntano da dietro i vetri, bambolotti al posto dei piloti. Molto divertente quella postata anche nello spazio commenti del Post da un lettore che si presenta con il nick Slave2anMG: dalla cabina di pilotaggio si intravedono, oltre alle navi in azione, anche il Golden Gate di San Francisco e lo squalo dell'omonimo film.

Al. S.

22 luglio 2010

 

 

 

Un miliardo di investimento nella nuova joint venture no profit

Marea nera, i colossi del petrolio

si uniscono per aiutare Obama

Exxon, Chevron, Shell e Conoco Phillips lavoreranno insieme ad un sistema di raccolta del greggio

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Un miliardo di investimento nella nuova joint venture no profit

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Operazioni attorno al sito in cui si è verificata l'esplosione della Horizon (Ansa)

Operazioni attorno al sito in cui si è verificata l'esplosione della Horizon (Ansa)

WASHINGTON - Quattro delle maggiori società petrolifere del mondo si sono unite per creare un sistema per fermare le possibili fuoriuscite di petrolio nel Golfo del Messico. Si tratta, riporta il Wall Street Journal, di un modo per riconquistare la Casa Bianca dopo il disastro provocato dall’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon di Bp.

PRONTO INTERVENTO - Le società coinvolte sono Exxon Mobil, Chevron, Royal Dutch Shell e Conoco Phillips. La joint-venture ha l’obiettivo di progettare, costruire e gestire un sistema di pronto intervento che possa raccogliere e contenere fino a 100.000 barili di petrolio che sgorga a 3.000 metri di profondità. Il sistema è formato da diverse navi per la raccolta di petrolio e da un insieme di macchinari subacquei, ed è in sostanza simile a quello sviluppato da Bp nei tre mesi della crisi della marea nera.

JOINT VENTURE NO PROFIT - La Deepwater Horizon è esplosa lo scorso 20 aprile. Le società faranno un investimento iniziale di un miliardo di dollari nella joint-venture no profit, chiamata Marine Well Containment Company. Ma il conto complessivo, tenendo conto che il sistema dovrà essere sempre in allerta, sarà di miliardi di dollari nei prossimi anni. (Fonte: Apcom)

22 luglio 2010

 

 

 

 

Marea nera, perdite di petrolio e metano

dal tappo sul fondo del mare

La segnalazione del governo Usa:

nuovo braccio di ferro con la British petroleum

Marea nera, perdite di petrolio e metano

dal tappo sul fondo del mare

La segnalazione del governo Usa:

nuovo braccio di ferro con la British petroleum

MILANO - Il governo americano ha individuato nuove perdite di petrolio e metano nei pressi del pozzo Macondo, all'origine della "marea nera", e ha ordinato a Bp di fornire urgentemente un piano per la riapertura delle valvole nel caso in cui il fenomeno dovesse essere confermato. "Chiedo una procedura scritta per aprire la valvola il prima possibile nel caso in cui la perdita di idrocarburi debba essere confermata", ha scritto l'ex ammiraglio Thad Allen, coordinatore federale della risposta alla marea nera, al responsabile di Bp, Bob Dudley.

BRACCIO DI FERRO - La lettera è il primo segno tangibile di un braccio di ferro sotterraneo tra governo federale e Bp. Il colosso del greggio vorrebbe continuare a tenere chiuso il pozzo con il tappo installato tre giorni fa almeno fino all'attivazione di un pozzo alternativo che dovrebbe risolvere definitivamente la perdita della marea nera. Nella lettera a Bp Allen parla anche di "anomalie inspiegate alla bocca del pozzo". L'indicazione degli scienziati del governo complica i colloqui di domani a Washington tra il presidente Barack Obama e il premier britannico David Cameron, alla sua prima visita ufficiale nella capitale Usa da quando si è insediato a Downing Street. Il piano originario era che Bp continuasse a risucchiare il petrolio dal fondo del mare dopo il completamento dei test sulla struttura di contenimento per giudicare se era in grado di contenere la pressione del pozzo senza danni. Ma il Chief Operating Officer Doug Suttles aveva auspicato ieri di poter tenere il pozzo tappato: "Chiaramente non vogliamo rianimare il flusso se non è necessario".

PERPLESSITÀ - Già ieri Allen aveva espresso perplessità: "Bisogna capire bene il perché dei valori di pressione più bassi del previsto", aveva detto l'ex ammiraglio in una conferenza stampa suggerendo due ipotesi di lavoro: che il pozzo è in esaurimento come sostiene Bp, o che c'è una perdita ancora non individuata. Una tragedia nella tragedia che potrebbe portare a "danni irreparabili" se il petrolio dovesse cominciare a tracimare da "molti punti del fondo marino". Che Cameron arrivi da Obama senza che le tv inquadrino a doppio schermo il geyser di greggio assassino è cosa che per la verità farebbe piacere a tutti, britannici e americani, ma per il governo americano la difesa del'ecosistema ferito del Golfo del Messico passa davanti a tutto: "Siamo contenti che non ci sia più petrolio che fuoriesce nel Golfo del Messico - aveva detto Allen - ma tutte le decisioni delle prossime ore devono essere dettate dalla scienza".

Redazione online

19 luglio 2010(ultima modifica: 20 luglio 2010)

 

 

2010-07-19

Marea nera, perdite di petrolio e metano

dal tappo sul fondo del mare

La segnalazione del governo Usa:

nuovo braccio di ferro con la British petroleum

Marea nera, perdite di petrolio e metano

dal tappo sul fondo del mare

La segnalazione del governo Usa:

nuovo braccio di ferro con la British petroleum

MILANO - Il governo americano ha individuato nuove perdite di petrolio e metano nei pressi del pozzo Macondo, all'origine della "marea nera", e ha ordinato a Bp di fornire urgentemente un piano per la riapertura delle valvole nel caso in cui il fenomeno dovesse essere confermato. "Chiedo una procedura scritta per aprire la valvola il prima possibile nel caso in cui la perdita di idrocarburi debba essere confermata", ha scritto l'ex ammiraglio Thad Allen, coordinatore federale della risposta alla marea nera, al responsabile di Bp, Bob Dudley.

BRACCIO DI FERRO - La lettera è il primo segno tangibile di un braccio di ferro sotterraneo tra governo federale e Bp. Il colosso del greggio vorrebbe continuare a tenere chiuso il pozzo con il tappo installato tre giorni fa almeno fino all'attivazione di un pozzo alternativo che dovrebbe risolvere definitivamente la perdita della marea nera. Nella lettera a Bp Allen parla anche di "anomalie inspiegate alla bocca del pozzo". L'indicazione degli scienziati del governo complica i colloqui di domani a Washington tra il presidente Barack Obama e il premier britannico David Cameron, alla sua prima visita ufficiale nella capitale Usa da quando si è insediato a Downing Street. Il piano originario era che Bp continuasse a risucchiare il petrolio dal fondo del mare dopo il completamento dei test sulla struttura di contenimento per giudicare se era in grado di contenere la pressione del pozzo senza danni. Ma il Chief Operating Officer Doug Suttles aveva auspicato ieri di poter tenere il pozzo tappato: "Chiaramente non vogliamo rianimare il flusso se non è necessario".

PERPLESSITÀ - Già ieri Allen aveva espresso perplessità: "Bisogna capire bene il perché dei valori di pressione più bassi del previsto", aveva detto l'ex ammiraglio in una conferenza stampa suggerendo due ipotesi di lavoro: che il pozzo è in esaurimento come sostiene Bp, o che c'è una perdita ancora non individuata. Una tragedia nella tragedia che potrebbe portare a "danni irreparabili" se il petrolio dovesse cominciare a tracimare da "molti punti del fondo marino". Che Cameron arrivi da Obama senza che le tv inquadrino a doppio schermo il geyser di greggio assassino è cosa che per la verità farebbe piacere a tutti, britannici e americani, ma per il governo americano la difesa del'ecosistema ferito del Golfo del Messico passa davanti a tutto: "Siamo contenti che non ci sia più petrolio che fuoriesce nel Golfo del Messico - aveva detto Allen - ma tutte le decisioni delle prossime ore devono essere dettate dalla scienza".

Redazione online

19 luglio 2010

 

 

 

 

Possibile una fuoriuscita di petrolio sul fondo del mare ai lati del pozzo

Marea nera, il tappo regge

Ma rimane "in prova"

La Bp decide di continuare il test. La pressione è minore del previsto: forse solo una perdita di forza

Possibile una fuoriuscita di petrolio sul fondo del mare ai lati del pozzo

Marea nera, il tappo regge

Ma rimane "in prova"

La Bp decide di continuare il test. La pressione è minore del previsto: forse solo una perdita di forza

Il tappo posizionato sul pozzo (Ap)

Il tappo posizionato sul pozzo (Ap)

NEW ORLEANS - Sono scadute le 48 ore del test che i tecnici della Bp avevano annunciato per osservare la tenuta del tappo che finalmente giovedì sera erano riusciti a mettere sul pozzo a 1.500 metri di profondità nel Golfo del Messico e interrompere la fuoriscita di petrolio iniziata lo scorso 20 aprile. L'unica notizia che è trapelata è che il test proseguirà oltre il tempo previsto. "Procederemo per altre 24 ore con testi ogni sei ore e quando ci saranno novità le comunicheremo", ha spiegato il portavoce del colosso petrolifero Mark Salt.

PRESSIONE - Il vice presidente della Bp, Kent Wells, in precedenza av eva detto che la pressione all’interno del pozzo era inferiore alle aspettative. Una notizia che non è rassicurante in quanto fa temere che la pressione all'interno del giacimento abbia trovato nuovi sfoghi facendo uscire greggio direttamente da fessure sul fondo del mare. "Più il test sarà lungo, più sarà affidabile", aveva dichiarato Wells. La decisione finale, ha fatto sapere il vice direttore della Bp, sarà presa da Thad Allen, plenipotenziario nominato da Obama per l'emergenza marea nera. Wells aveva però detto che i sensori non hanno dato evidenze di uscite di petrolio sul fondo del mare ai lati del pozzo.

DATI - Dopo 41 ore dalla chiusura del pozzo, la pressione all'interno delle valvole di tenuta aveva raggiunto le 6.745 libbre per pollice quadro (ossia 474 kg al centimetro quadro) e continuava ad aumentare di 0,14 kg/cmq all'ora (2 libbre per pollice quadro), contro un aumento di 0,14-0,70 kg/cmq registrato venerdì. Si è comunque ben lontani dal limite di 7.500 libbre al pollice quadro (527 kg/cmq) che i tecnici considerano di sicurezza per essere certi che non ci siano fughe dal fondo marino. Secondo Allen c'è un'altra possibile spiegazione per la pressione inferiore alla aspettative: il giacimento potrebbe aver perso pressione dopo tre mesi di fuoriuscita incontrollato di petrolio.

Redazione online

17 luglio 2010(ultima modifica: 18 luglio 2010)

 

 

 

 

La ha confermato il vice presidente della Bp

Golfo del Messico: il tappo funziona, fermata la fuoriuscita di petrolio

Il tappo da 75 tonnellate messo a punto ha bloccato la fuga di greggio e ha resistito alle prove di pressione

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Marea nera: la cronistoria

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Il tappo da 75 tonnellate messo a punto ha bloccato la fuga di greggio e ha resistito alle prove di pressione

NEW ORLEANS - Per la prima volta dall'incidente del 20 aprile, non esce più petrolio dal pozzo a 1.500 metri di profondità nel Golfo del Messico entrato in eruzione. Lo ha reso noto Kent Wells, vice presidente della Bp. Il tappo da 75 tonnellate messo a punto ha bloccato la fuga di greggio (sono poco meno di 700 milioni i litri sfuggiti) e ha resistito alle prove di pressione predisposte dai tecnici. Una prova che per ora non è definitiva: bisogna attendere almeno 48 ore per verificare che la pressione all'interno del pozzo aumenti, dimostrando così che non ci sono altre falle e vie di fuga per il greggio.

ORE DECISIVE - La pressione all'interno del pozzo è un indice importante ma rimane anche il rischio principale. Il rischio maggiore è infatti dato dalla spinta del gas naturale e del greggio contenuti nel giacimento - situato a oltre 1.500 metri di profondità - che possono provocare una falla nella cupola oppure, eventualità potenzialmente più grave, di farsi strada verso la superficie del fondale creando nuove aperture. Se nelle prossime ore i tecnici non si registreranno anomalie le valvole dovrebbero venire riaperte in modo da permettere di recuperare il greggio in superficie, oltre che a diminuire la pressione sul sistema.

OBAMA: " SEGNALE POSITIVO" - Barack Obama ha definito "un segnale positivo" l’annuncio della multinazionale britannica, ma ha ricordato che è ancora una "fase di sperimentazione". "Siamo incoraggiati da questi primi risultati del test, ma non è ancora finita", ha aggiunto l'ammiraglio Thad Allen, responsabile per la Casa Bianca per l'emergenza marea nera. Allen ha precisato che, se non ci saranno controindicazioni, "dovrebbe essere possibile prelevare petrolio con continuità fino a 80 mila barili al giorno". Il governo federale statunitense ha tuttavia avvertito la Bp che tutto il greggio recuperato dal pozzo sottomarino è da considerarsi regolarmente sottoposto al pagamento delle royalties e ha richiesto un rapporto sulle quantità estratte; ugualmente valide sono le imposte del 18,75% sulla quantità di gas e greggio ottenute dal giacimento e che la Bp ha in parte iniziato a mettere sul mercato.

BORSA OK - Le azione della Bp hanno chiuso giovedì in rialzo del 7,6% a New York dopo l'annuncio della società di aver fermato il flusso di petrolio.

Redazione Online

15 luglio 2010(ultima modifica: 17 luglio 2010)

2010-07-16

La ha confermato il vice presidente della Bp

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Il tappo da 75 tonnellate messo a punto ha bloccato la fuga di greggio e ha resistito alle prove di pressione

NEW ORLEANS - Per la prima volta dall'incidente del 20 aprile, non esce più petrolio dal pozzo a 1.500 metri di profondità nel Golfo del Messico entrato in eruzione. Lo ha reso noto Kent Wells, vice presidente della Bp. Il tappo da 75 tonnellate messo a punto ha bloccato la fuga di greggio (sono poco meno di 700 milioni i litri sfuggiti) e ha resistito alle prove di pressione predisposte dai tecnici. Una prova che per ora non è definitiva: bisogna attendere almeno 48 ore per verificare che la pressione all'interno del pozzo aumenti, dimostrando così che non ci sono altre falle e vie di fuga per il greggio.

ORE DECISIVE - La pressione all'interno del pozzo è un indice importante ma rimane anche il rischio principale. Il rischio maggiore è infatti dato dalla spinta del gas naturale e del greggio contenuti nel giacimento - situato a oltre 1.500 metri di profondità - che possono provocare una falla nella cupola oppure, eventualità potenzialmente più grave, di farsi strada verso la superficie del fondale creando nuove aperture. Se nelle prossime ore i tecnici non si registreranno anomalie le valvole dovrebbero venire riaperte in modo da permettere di recuperare il greggio in superficie, oltre che a diminuire la pressione sul sistema.

OBAMA: " SEGNALE POSITIVO" - Barack Obama ha definito "un segnale positivo" l’annuncio della multinazionale britannica, ma ha ricordato che è ancora una "fase di sperimentazione". "Siamo incoraggiati da questi primi risultati del test, ma non è ancora finita", ha aggiunto l'ammiraglio Thad Allen, responsabile per la Casa Bianca per l'emergenza marea nera. Allen ha precisato che, se non ci saranno controindicazioni, "dovrebbe essere possibile prelevare petrolio con continuità fino a 80 mila barili al giorno". Il governo federale statunitense ha tuttavia avvertito la Bp che tutto il greggio recuperato dal pozzo sottomarino è da considerarsi regolarmente sottoposto al pagamento delle royalties e ha richiesto un rapporto sulle quantità estratte; ugualmente valide sono le imposte del 18,75% sulla quantità di gas e greggio ottenute dal giacimento e che la Bp ha in parte iniziato a mettere sul mercato.

BORSA OK - Le azione della Bp hanno chiuso giovedì in rialzo del 7,6% a New York dopo l'annuncio della società di aver fermato il flusso di petrolio.

Redazione Online

15 luglio 2010(ultima modifica: 16 luglio 2010)

 

 

 

Marea nera: la cronistoria

20 aprile 2010: Esplode il pozzo di petrolio a 1.500 metri di profondità nel golfo del Messico che stava perforando la piattaforma Deepwater Horizon, di proprietà della Transocean e affittata alla Bp, a circa 80 km a sud-est di Venice (Louisiana). Muoiono undici operai e altri 17 rimangono feriti. Una prima stima parla di circa mille barili di petrolio al giorno che fuoriescono dal pozzo e vengono immessi in mare

22 aprile: La piattaforma in fiamme affonda

25 aprile: La Bp utilizza robot subacquei controllati a distanza per cercare di riparare il danno, ma il tentativo fallisce

28 aprile: Funzionari della Casa Bianca affermano che sono almeno 5 mila i barili di greggio rilasciati ogni giorno dal pozzo, pari a 800 mila litri. La Guardia costiera statunitense inizia a bruciare in modo controllato alcune chiazze di petrolio sulla superficie del mare. All'inizio di giugno gli incendi controllati saranno più di 120 e avranno eliminato oltre 67 mila barili di greggio

29 aprile: Il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, dichiara lo stato di emergenza

30 aprile: La Casa Bianca afferma che non saranno più concessi nuovi permessi di perforazione in mare finché non saranno completate le indagini sul disastro della Deepwater Horizon

2 maggio: Il presidente Barack Obama effettua una prima visita sulle coste della Louisiana minacciate dalla marea nera. Una zona del Golfo viene interdetta alla pesca, inizialmente per dieci giorni. La Bp inizia a perforare il primo dei due pozzi che serviranno a intercettare e fermare il flusso di petrolio che esce dal pozzo incontrollato. Si prevede che i lavori finiranno in agosto

3 maggio: La Bp si dichiara pronta a "pagare tutti i costi della bonifica"

6 maggio: Le prime chiazze di petrolio arrivano sulle coste delle isole Chandeleur, nella riserva naturale Breton

10 maggio: La Bp apre un sito web per raccogliere consigli e suggerimenti su come bloccare il pozzo

12 maggio: Obama propone una tassa di 1 centesimo di dollaro a barile a carico delle compagnie petrolifere per finanziare studi sulla sicurezza delle perforazioni in mare

14 maggio: La Bp inizia a inserire un tubo flessibile lungo un miglio nella tubazione che si è rotta in modo che una nave serbatoio possa aspirare il petrolio. Funziona, ma la raccolta non è superiore a 2mila barili al giorno

15 maggio: Studiosi rendono nota la scoperta di larghe chiazze sottomarine di petrolio, alcune delle quali si estendono per 16 km

19 maggio: Le prime chiazze di petrolio arrivano nelle paludi costiere della Louisiana

22 maggio: Obama insedia una commissione indipendente di indagine sul disastro della Deepwater Horizon

24 maggio: La Bp offre 500 milioni di dollari per studiare gli effetti della marea nera

26 maggio: La Bp dà il via all'operazione "Top kill" per tappare il pozzo tramite il pompaggio di fanghi pesanti per ridurre la pressione del petrolio in uscita e riuscire poi a chiuderlo con il cemento. Prova anche a introdurre materiali come palle di gomma e brandelli di pneumatici in modo da far aderire meglio il fango

27 maggio: La fuoriuscita di petrolio ha superato quella del 1989 della Exxon Valdez (262 mila barili di greggio): ora è "il peggior disastro ambientale della storia degli Stati Uniti". La perdita di petrolio viene ora stimata in 19 mila barili al giorno. Obama blocca tutte le perforazioni nel Golfo del Messico e annuncia una moratoria di sei mesi per le nuove perforazioni nel Golfo e nel Pacifico. Si dimette Elizabeth Birnbaum, la direttrice del Mineral Management Service, che raccoglie le imposte delle perforazioni in mare

28 maggio: Seconda visita di Obama sulle coste della Louisiana: "Non sarete lasciati soli". La Camera vota un provvedimento per portare da 8 a 32 centesimi di dollaro a barile una tassa per finanziare un fondo per i danni della marea nera

29 maggio: La Bp ammette che l'operazione "Top kill" è fallita

31 maggio: La Bp inizia l'operazione "Cut and cap": tagliare la valvola di sicurezza che non ha funzionato a bocca pozzo per coprirla con una valvola di contenimento chiamata Lower Marine Riser Package (Lmrp)

1° giugno: Il ministro della Giustizia, Eric Holder, afferma che il governo americano avvierà un'inchiesta civile e penale sull'incidente. La marea nera raggiunge le barriere di contenimento sulle coste del Mississippi e dell'Alabama e si avvicina a 16 km dalle coste della Florida occidentale

2 giugno: Il 37% delle coste Usa del golfo del Messico vengono interdette alla pesca per un totale di 228 mila kmq. Oltre 300 mila persone aderiscono a una campagna su Facebook di boicottaggio della Bp. L'Agenzia di protezione ambientale ha invitato a una tavola rotonda a Washington insieme a scienziati, ingegneri, oceanografi ed esperti anche il regista James Cameron

3 giugno: Obama visita per la terza volta la Louisiana: "Sono furioso. La risposta della Bp è stata inadeguata". La Casa Bianca ha fatto sapere che invierà alla Bp un conto da 69 milioni di dollari per i costi finora sostenuti nel tentativo di ripulire i danni causati dalla marea nera nel golfo del Messico. La Casa Bianca definisce "folle" l'idea di chiudere il pozzo con un'esplosione nucleare

4 giugno: Riesce l'operazione "Cut and cap": circa mille dei 19 mila barili al giorni che fuoriescono dal pozzo vengono aspirati. Il disastro è finora costato alla Bp 1 miliardo di dollari, ma secondo gli analisti la cifra finale potrà arrivare anche a 20 miliardi

6 giugno: La Bp stima che l'aspirazione di petrolio è aumentata ad almeno 10 mila barili al giorno e avvia una campagna stampa per le proprie scuse. Critiche di Obama, secondo il quale la Bp avrebbe fatto meglio a spendere i soldi per ripulire le coste invece di autopromuoversi. Il ministro britannico delle Attività produttive critica l'atteggiamento anti-britannico americano

7 giugno: Obama: "Risolveremo la crisi, ma l'impatto sarà di lunga durata"

8 giugno: La Cnn rende noto che la Bp sta assumendo 4.500 disoccupati in Alabama, Mississippi e Florida per ripulire le coste. Verranno pagati 18 dollari l'ora e i supervisori 32

10 giugno: Mentre il titolo Bp crolla alla Borsa di Londra, i costi dell'incidente vengono ora stimati in 1,43 miliardi di dollari. Il governo Usa intende intraprendere azioni legali per impedire la distribuzione dei dividente agli azionisti Bp

13 giugno: La Guardia costiera americana dà un ultimatum alla Bp: il colosso petrolifero ha due giorni di tempo per elaborare un programma più aggressivo di contenimento del greggio che fuoriesce dalla piattaforma

14 giugno: Obama: "La marea nera è l'11 settembre dell'ambiente"

15 giugno: Un fulmine colpisce uno dei battelli che partecipano alle operazioni di pompaggio nel golfo del Messico. Il dipartimento di Stato rende noto che sono 17 le nazioni che hanno offerto il proprio aiuto oltre a organizzazioni internazionali. Assente l'Italia. La Bp chiede aiuto a una società specializzata in filtraggio dell'acqua di mare contaminata di proprietà di Kevin Kostner e di suo fratello. La fuoriuscita di greggio è pari a 60 mila barili di petrolio al giorno

16 giugno: La Bp accetta di versare 20 miliardi di dollari nel fondo per i risarcimenti che sarà gestito da una commissione indipendente. Obama nomina l'ex governatore del Mississippi Ray Mabus a capo della commissione istituita per indagare sulle cause del disastro

21 giugno: Secondo alcune stime, potrebbero essere 100 mila i barili di petrolio che fuoriescono al giorno. Secondo la Bbc la Bp era a conoscenza da tempo delle falle nel sistema di sicurezza

23 giugno: pescatore in Alabama si suicida: "Disperato per la marea nera". Un incidente causato da un robot sottomarino ha indotto i tecnici a rimuovere il "coperchio" che cerca di contenere fuga di petrolio, fascendo aumentare per diverse ore la fuoriuscita del greggio

30 giugno: il primo uragano della stagione nel golfo del Messico rallenta le operazioni di soccorso

12 luglio: si apre una nuova falla mentre la Bp cambia il tappo

15 luglio: il nuovo tappo funziona, fermata per la prima volta la perdita di greggio. Obama: "Segnala positivo, ma è ancora in fase di sperimentazione"

 

 

 

 

NAPOLI il reportage di gennaro manzo

Inceneritore&verdure: quelle scarole all'ombra delle bocche fumarie

Sembra la campagna cinese, invece è Acerra

NAPOLI - Braccianti in un campo: chini sulla terra, a raccogliere scarole e finocchi. Sullo sfondo le bocche fumarie, altissime, di un impianto industriale.

Inceneritore&ortaggi: le foto

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Sembra l'immagine di un reportage dal Guandong, regione della Cina in cui convivono spalla a spalla contadini maoisti e fornaci turboindustriali. Ma quale Dragone: siamo ad Acerra, nel Napoletano. Negli scatti del reporter Gennaro Manzo, il contrasto - almeno visivo - c'è tutto: le attività del termovalorizzatore dei rifiuti campani, protette da militari come a Guantanamo, "convivono" con le coltivazioni di verdura, poi distribuita in tutta la regione e oltre. Per carità, si tratterà pure di verdure e ortaggi sicurissimi e squisiti; del resto, a più riprese i tecnici, col premier Berlusconi in testa, hanno sempre rassicurato la popolazione acerrana e napoletana sulle basse emissioni di polveri sottili e altri agenti inquinanti (asserzioni però spesso confutate in questi anni da una serie di indagini, mai ufficiali). Però, detto questo, la visione delle immagini di Gennaro Manzo provocano, comunque, un piccolo brivido.

Redazione online

16 luglio 2010

 

 

 

2010-07-15

La ha confermato il vice presidente della Bp

Golfo del Messico: il tappo funziona, fermata la fuoriuscita di petrolio

Il tappo da 75 tonnellate messo a punto ha bloccato la fuga di greggio e ha resistito alle prove di pressione

La ha confermato il vice presidente della Bp

Golfo del Messico: il tappo funziona, fermata la fuoriuscita di petrolio

Il tappo da 75 tonnellate messo a punto ha bloccato la fuga di greggio e ha resistito alle prove di pressione

Il tappo da 75 tonnellate per bloccare la fuoriscita di petrolio (Ap)

Il tappo da 75 tonnellate per bloccare la fuoriscita di petrolio (Ap)

NEW ORLEANS - Per la prima volta dall'incidente del 20 aprile, non esce più petrolio dal pozzo a 1.500 metri di profondità nel Golfo del Messico entrato in eruzione. Lo ha reso noto Kent Wells, vice presidente della Bp. Il tappo da 75 tonnellate messo a punto ha bloccato la fuga di greggio e ha resistito alle prove di pressione predisposte dai tecnici.

 

15 luglio 2010

 

 

 

 

 

 

Cresce il numero degli animali a rischio. Allarme dei biologi Usa per la fauna marina

Marea nera, nuova fuga

La Bp rinvia il nuovo test

La copertura avrebbe dovuto fermare il flusso del greggio

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Una delle navi impegnate nella bonifica brucia il gas sviluppato dal greggio pompato dal fondo (Ap)

Una delle navi impegnate nella bonifica brucia il gas sviluppato dal greggio pompato dal fondo (Ap)

NEW ORLEANS - Una fuga di petrolio da un condotto ha costretto la Bp a rinviare il cruciale test sul nuovo tappo che dovrebbe bloccare la marea nera nel golfo del Messico. Lo ha annunciato la stessa compagnia.

48 ORE DI TEST - Per testare il nuovo tappo, la Bp aveva chiuso i tubi che dalle navi di appoggio aspirano il greggio, in modo che l’intero gettito finisse nel nuovo tappo. I robot sottomarini hanno chiuso lentamente le tre valvole. Una volta superata la fuga, del nuovo test si occuperà l’ammiraglio Thad Allen, che supervisionerà l’intervento. Il test sarebbe dovuto durare 48 ore per verificare se il nuovo tappo sarà in grado di contenere l’intera perdita del pozzo, che dal 20 aprile versa in mare tra i 35.000 e i 60.000 barili di greggio al giorno.

I NUMERI DELLA CATASTROFE - Intanto, i biologi statunitensi lanciano l’allarme: i danni provocati dalla marea nera sono stati sottostimati dal governo. Almeno 300-400 pellicani e centinaia di altri uccelli marini che avevano fatto delle coste della Louisiana il loro habitat sono ora ricoperti di petrolio; decine quelli a esserlo "dalla testa alla coda". Oltre 3.000 uccelli, lungo le coste del Golfo, sono morti o hanno subito gravi danni dalla fuoriuscita del greggio.

Redazione online

15 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-07-13

I tecnici: tra una settimana si saprà se funziona Marea nera: si apre una nuova falla , mentre la Bp cambia il tappo L’azienda mette in vendita le sue attività negli Usa Golfo del Messico I tecnici: tra una settimana si saprà se funziona Marea nera: si apre una nuova falla , mentre la Bp cambia il tappo L’azienda mette in vendita le sue attività negli Usa WASHINGTON (USA) — Nella battaglia senza fine nel Golfo del Messico, la Bp ha lanciato una nuova operazione di controllo. Ma non è detto che funzioni: "Lo sapremo tra 4 o 7 giorni", è la previsione incerta dei tecnici, che tuttavia si sono detti "ottimisti". Un tentativo che ha comunque un prezzo: dal pozzo danneggiato uscirà l’equivalente di 60 mila barili al giorno. Con l’aiuto dei robot sottomarini, le squadre della compagnia inglese hanno rimosso il vecchio tappo ed hanno iniziato l’applicazione di un secondo apparato. Una manovra che dovrebbe permettere l’aspirazione di 80 mila barili quotidiani (13 milioni di litri) contro i 25 mila del dispositivo fin qui usato. Calcoli fatti sulla carta e al computer. Tutto è in discussione. Infatti, l’ultimo "assalto" avviene sempre a profondità proibitive — circa 1.500 metri — e gli imprevisti sono in agguato. Tanto è vero che la società ha fatto sapere di avere un terzo "tappo" pronto. Quelli della Bp pregano e sperano, così come gli abitanti di Louisiana, Mississippi, Alabama, Texas e Florida, questi ultimi due Stati colpiti in modo devastante dagli effetti della marea nera. Su tutti c’è la disperazione dei pescatori, la cui attività è stata compromessa e temono di non avere più un futuro. Anche le compensazioni in denaro sono lunghe da ricevere. La nuova "cappa" — sempre che funzioni — resta una soluzione intermedia. I tecnici ritengono che la fuga di greggio sarà domata completamente solo in agosto, quando saranno pronti i due pozzi di emergenza. Intanto in superficie è cresciuto il numero delle navi "pulitrici", la difesa di prima linea in questa crisi. Nella zona dove sorgeva la piattaforma sono arrivate altre due unità che si sono schierate al fianco delle 46 già presenti. E potrebbe essere imminente l’impiego di una gigantesca petroliera modificata per "decontanimare" l’acqua. Prima di farla intervenire sono necessari alcuni test. L’armada è poi completata da decine di altre navi che operano vicino alla costa nella faticosa missione di contenere l’inquinamento. Solo nella giornata di sabato, le "pulitrici" hanno raccolto 25 mila barili di acqua e greggio. Un lavoro legato alle condizioni del mare e atmosferiche. Se il tempo regge — fanno sapere dalla Guardia costiera — è possibile limitare i danni. L’intervento della Bp è sorvegliato da vicino dall’ammiraglio Thad Wallen. Doveva andare in pensione e, invece, gli è toccata questa grana. È lui a coordinare l’intervento federale e a riferire alla Casa Bianca. Il consigliere del presidente Obama, David Axelrod, si è mostrato fiducioso: "Siamo di fronte a piccoli passi indietro per arrivare ad una soluzione molto più sicura e crediamo che funzionerà". Del resto non hanno molte alternative. E, comunque, il governo mantiene la pressione sulla compagnia britannica. Il segretario alla Giustizia, Eric Holder, ha precisato che l’inchiesta giudiziaria continua. Sotto l’occhio delle autorità e chiamata a fronteggiare le migliaia richieste di danni, la Bp sta trattando la cessione delle sue attività negli Stati Uniti. Prezzo stimato: 9,5 miliardi di euro. Nel pacchetto — secondo il Sunday Times — rientrano anche i pozzi di Prudhoe Bay, in Alaska, in grado di produrre 390 mila barili al giorno. Guido Olimpio 12 luglio 2010(ultima modifica: 13 luglio 2010)] Golfo del Messico I tecnici: tra una settimana si saprà se funziona

Marea nera: si apre una nuova falla , mentre la Bp cambia il tappo

L'azienda mette in vendita le sue attività negli Usa

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WASHINGTON (USA) — Nella battaglia senza fine nel Golfo del Messico, la Bp ha lanciato una nuova operazione di controllo. Ma non è detto che funzioni: "Lo sapremo tra 4 o 7 giorni", è la previsione incerta dei tecnici, che tuttavia si sono detti "ottimisti". Un tentativo che ha comunque un prezzo: dal pozzo danneggiato uscirà l'equivalente di 60 mila barili al giorno. Con l'aiuto dei robot sottomarini, le squadre della compagnia inglese hanno rimosso il vecchio tappo ed hanno iniziato l'applicazione di un secondo apparato. Una manovra che dovrebbe permettere l'aspirazione di 80 mila barili quotidiani (13 milioni di litri) contro i 25 mila del dispositivo fin qui usato.

Calcoli fatti sulla carta e al computer. Tutto è in discussione. Infatti, l'ultimo "assalto" avviene sempre a profondità proibitive — circa 1.500 metri — e gli imprevisti sono in agguato. Tanto è vero che la società ha fatto sapere di avere un terzo "tappo" pronto. Quelli della Bp pregano e sperano, così come gli abitanti di Louisiana, Mississippi, Alabama, Texas e Florida, questi ultimi due Stati colpiti in modo devastante dagli effetti della marea nera. Su tutti c'è la disperazione dei pescatori, la cui attività è stata compromessa e temono di non avere più un futuro. Anche le compensazioni in denaro sono lunghe da ricevere. La nuova "cappa" — sempre che funzioni — resta una soluzione intermedia. I tecnici ritengono che la fuga di greggio sarà domata completamente solo in agosto, quando saranno pronti i due pozzi di emergenza. Intanto in superficie è cresciuto il numero delle navi "pulitrici", la difesa di prima linea in questa crisi. Nella zona dove sorgeva la piattaforma sono arrivate altre due unità che si sono schierate al fianco delle 46 già presenti. E potrebbe essere imminente l'impiego di una gigantesca petroliera modificata per "decontanimare" l'acqua. Prima di farla intervenire sono necessari alcuni test. L'armada è poi completata da decine di altre navi che operano vicino alla costa nella faticosa missione di contenere l'inquinamento. Solo nella giornata di sabato, le "pulitrici" hanno raccolto 25 mila barili di acqua e greggio. Un lavoro legato alle condizioni del mare e atmosferiche. Se il tempo regge — fanno sapere dalla Guardia costiera — è possibile limitare i danni. L'intervento della Bp è sorvegliato da vicino dall'ammiraglio Thad Wallen. Doveva andare in pensione e, invece, gli è toccata questa grana. È lui a coordinare l'intervento federale e a riferire alla Casa Bianca. Il consigliere del presidente Obama, David Axelrod, si è mostrato fiducioso: "Siamo di fronte a piccoli passi indietro per arrivare ad una soluzione molto più sicura e crediamo che funzionerà". Del resto non hanno molte alternative. E, comunque, il governo mantiene la pressione sulla compagnia britannica. Il segretario alla Giustizia, Eric Holder, ha precisato che l'inchiesta giudiziaria continua. Sotto l'occhio delle autorità e chiamata a fronteggiare le migliaia richieste di danni, la Bp sta trattando la cessione delle sue attività negli Stati Uniti. Prezzo stimato: 9,5 miliardi di euro. Nel pacchetto — secondo il Sunday Times — rientrano anche i pozzi di Prudhoe Bay, in Alaska, in grado di produrre 390 mila barili al giorno.

Guido Olimpio

12 luglio 2010(ultima modifica: 13 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-04

Golfo del Messico I tecnici: tra una settimana si saprà se funziona

Marea nera: si apre una nuova falla , mentre la Bp cambia il tappo

L'azienda mette in vendita le sue attività negli Usa

Golfo del Messico I tecnici: tra una settimana si saprà se funziona

Marea nera: si apre una nuova falla , mentre la Bp cambia il tappo

L'azienda mette in vendita le sue attività negli Usa

(Ap)

(Ap)

WASHINGTON (USA) — Nella battaglia senza fine nel Golfo del Messico, la Bp ha lanciato una nuova operazione di controllo. Ma non è detto che funzioni: "Lo sapremo tra 4 o 7 giorni", è la previsione incerta dei tecnici, che tuttavia si sono detti "ottimisti". Un tentativo che ha comunque un prezzo: dal pozzo danneggiato uscirà l'equivalente di 60 mila barili al giorno. Con l'aiuto dei robot sottomarini, le squadre della compagnia inglese hanno rimosso il vecchio tappo ed hanno iniziato l'applicazione di un secondo apparato. Una manovra che dovrebbe permettere l'aspirazione di 80 mila barili quotidiani (13 milioni di litri) contro i 25 mila del dispositivo fin qui usato.

Calcoli fatti sulla carta e al computer. Tutto è in discussione. Infatti, l'ultimo "assalto" avviene sempre a profondità proibitive — circa 1.500 metri — e gli imprevisti sono in agguato. Tanto è vero che la società ha fatto sapere di avere un terzo "tappo" pronto. Quelli della Bp pregano e sperano, così come gli abitanti di Louisiana, Mississippi, Alabama, Texas e Florida, questi ultimi due Stati colpiti in modo devastante dagli effetti della marea nera. Su tutti c'è la disperazione dei pescatori, la cui attività è stata compromessa e temono di non avere più un futuro. Anche le compensazioni in denaro sono lunghe da ricevere. La nuova "cappa" — sempre che funzioni — resta una soluzione intermedia. I tecnici ritengono che la fuga di greggio sarà domata completamente solo in agosto, quando saranno pronti i due pozzi di emergenza. Intanto in superficie è cresciuto il numero delle navi "pulitrici", la difesa di prima linea in questa crisi. Nella zona dove sorgeva la piattaforma sono arrivate altre due unità che si sono schierate al fianco delle 46 già presenti. E potrebbe essere imminente l'impiego di una gigantesca petroliera modificata per "decontanimare" l'acqua. Prima di farla intervenire sono necessari alcuni test. L'armada è poi completata da decine di altre navi che operano vicino alla costa nella faticosa missione di contenere l'inquinamento. Solo nella giornata di sabato, le "pulitrici" hanno raccolto 25 mila barili di acqua e greggio. Un lavoro legato alle condizioni del mare e atmosferiche. Se il tempo regge — fanno sapere dalla Guardia costiera — è possibile limitare i danni. L'intervento della Bp è sorvegliato da vicino dall'ammiraglio Thad Wallen. Doveva andare in pensione e, invece, gli è toccata questa grana. È lui a coordinare l'intervento federale e a riferire alla Casa Bianca. Il consigliere del presidente Obama, David Axelrod, si è mostrato fiducioso: "Siamo di fronte a piccoli passi indietro per arrivare ad una soluzione molto più sicura e crediamo che funzionerà". Del resto non hanno molte alternative. E, comunque, il governo mantiene la pressione sulla compagnia britannica. Il segretario alla Giustizia, Eric Holder, ha precisato che l'inchiesta giudiziaria continua. Sotto l'occhio delle autorità e chiamata a fronteggiare le migliaia richieste di danni, la Bp sta trattando la cessione delle sue attività negli Stati Uniti. Prezzo stimato: 9,5 miliardi di euro. Nel pacchetto — secondo il Sunday Times — rientrano anche i pozzi di Prudhoe Bay, in Alaska, in grado di produrre 390 mila barili al giorno.

Guido Olimpio

12 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-07-04

LA MAREA NERA

Video denuncia sul web: "Ecco come Bp

nasconde il petrolio con la sabbia"

Un reporter freelance lancia il sospetto che la compagnia ripulisca le spiagge soltanto in apparenza

LA MAREA NERA

Video denuncia sul web: "Ecco come Bp

nasconde il petrolio con la sabbia"

Un reporter freelance lancia il sospetto che la compagnia ripulisca le spiagge soltanto in apparenza

MILANO - Mentre l'uragano Alex rallenta le operazioni di pulizia e contenimento nel Golfo del Messico, e mancano ancora diverse settimane ad una soluzione definitiva che fermi la fuoriuscita di petrolio dal pozzo subacqueo della Bp, sta facendo discutere un video pubblicato su Internet di un reporter freelance: le immagini documentano come la compagnia britannica e i suoi appaltatori stiano semplicemente coprendo con altra sabbia le spiagge della Louisiana contaminate dal greggio. Nascondendo di fatto il disastro.

PULIZIA DELLE SPIAGGE - È un sospetto terribile quello evidenziato in un filmato che sta facendo il giro della Rete: ancora nel giugno scorso la Bp aveva presentato una spiaggia ripulita dal petrolio sulla Grand Isle, nello stato della Louisiana, come primo successo riconoscibile nella lotta contro il disastro ambientale. Ma la piccola isola lunga e stretta che si affaccia sul Golfo del Messico di fronte al luogo della catastrofe, dimostrerebbe il contrario. Si moltiplicano, infatti, i dubbi degli organi d'informazione statunitensi sui lavori degli addetti alla pulizia delle spiagge in queste zone più colpite dal petrolio; zone protette dagli uomini della security Bp alle quali in gran parte è vietato l'accesso a giornalisti e ad occhi indiscreti.

OPERAZIONE DI FACCIATA - La compagnia petrolifera Bp deve insomma fare i conti con nuove, sgradevoli, accuse: se il maltempo associato ad Alex minaccia di spingere una quantità maggiore di acqua inquinata dal petrolio verso le coste Usa, i successi nei lavori di pulizia delle spiagge fino a qui presentati potrebbero rivelarsi come semplice opera di cosmesi. Molti media americani hanno già espresso il sospetto che i tratti di spiaggia deturpate dalla marea nera non vengano ripuliti dalle palle di catrame, ma più semplicemente ricoperti con altra sabbia, bianca e pulita. Il blog Huffington Post riferisce di uno strato di sabbia, sotto al quale ci sarebbe petrolio e grumi di catrame. A rivelare la possibile scomoda verità è stato il giornalista freelance, C. S. Muncy, che documenta sul posto il lavoro delle squadre di addetti in stivali e camici bianchi che rastrellano la spiaggia. Di Muncy sono anche le immagini e le foto che accusano la Bp e i suoi, a quanto pare, discutibili interventi.

ACCESSO VIETATO - Muncy riferisce di lavori frenetici per liberare il petrolio e le centinaia di grumi di catrame dalla spiaggia sulla Grand Isle. Il giorno successivo effettivamente spariscono gran parte delle tracce dell'inquinamento, nel contempo però il reporter si meraviglia della consistenza della sabbia: "Sembra come se qui siano stati fatti dei lavori di movimento terra". Il portale NewOrleans.com ricorda inoltre come a questo proposito sia molto difficile constatare effettivamente cosa accade durante il lavoro di pulizia; tutto viene coordinato e deciso dalla Bp, che vieta anche ai giornalisti l'accesso alle zone colpite. E documentare la catastrofe sulla spiaggia diventerà ancora più difficile in futuro, dopo una recente ordinanza della Guardia costiera americana che vieta a reporter e fotografi di avvicinarsi a più di 20 metri dalla zona contaminata. A questo punto il video di Muncy dovrebbe anche essere l'ultimo di questo tipo, scrive NewOrleans.com, che fa riferimento a potenziali multe per i trasgressori, multe che arrivano fino a 40.000 dollari.

Elmar Burchia

03 luglio 2010(ultima modifica: 04 luglio 2010)

 

 

 

 

La marea nera potrebbe

inquinare anche il Dna

Al via controlli sui residenti nel Golfo del Messico. Scarsi i dati raccolti nelle emergenze precedenti

Tossicologia

La marea nera potrebbe

inquinare anche il Dna

Al via controlli sui residenti nel Golfo del Messico. Scarsi i dati raccolti nelle emergenze precedenti

MILANO - Peggio di così. Se la marea nera sembra inarrestabile, l'arrivo dell'uragano Alex rischia di trasformarla in un'invasione di catrame. Ma se la preoccupazione maggiore è ancora quella di fermare questo flusso mefitico (la fuoriuscita di greggio dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico va avanti da 74 giorni), le autorità sanitarie cominciano a preoccuparsi anche delle possibili conseguenze per la salute delle popolazioni che vivono sulla costa e di quella dei lavoratori (e dei volontari) addetti alla pulizia delle spiagge e al salvataggio degli animali. Il primo passo, assolutamente urgente, è la raccolta di campioni biologici (di sangue, urina, latte materno, ma anche sangue del cordone ombelicale per i neonati) su cui eseguire analisi. È questa l'indicazione degli esperti che si sono riuniti a New Orleans, in Louisiana, una settimana fa, per iniziativa del Dipartimento americano di salute pubblica. Un monitoraggio ben coordinato fra gli Stati che si affacciano sul golfo "annerito", Louisiana, Alabama, Florida, Mississippi e Texas (cosa non facile perché i sistemi di rilevamento sono differenti) e ripetuto periodicamente per verificare se le alterazioni a carico dell'organismo si siano risolte nel tempo. Ma di quali alterazioni si tratta? Oltre agli effetti irritanti per la gola, la pelle e gli occhi delle frazioni volatili del petrolio, benzene, toluene e etilbenzene (ma possono comparire anche nausea e mal di testa), fastidiosi, ma transitori, si temono conseguenze più subdole e meno controllabili, legate agli Ipa, gli idrocarburi policiclici aromatici, sostanze di sono noti la tossicità, e, soprattutto, gli effetti cancerogeni. Per tentare una previsione su una catastrofe senza precedenti per l'enorme contaminazione delle acque che sta comportando, bisogna rifarsi ai pochi studi disponibili sulle emergenze (tante) del passato. Sono 400 gli incidenti con grosse perdite di greggio in mare dal 1960 ad oggi, ma solo per sette di queste "sciagure" ecologiche esistono ricerche sulle conseguenze per la salute della popolazione. L'evento più, e meglio, monitorato è il naufragio al largo della costa della Galizia, nord-ovest della Spagna, della petroliera Prestige: la nave colò a picco disperdendo in mare 12 mila tonnellate di petrolio (nei giorni successivi le navi giunte in soccorso ne risucchiarono circa 5 mila).

"IL RISCHIO ESISTE" -Bianca Laffon, esperta in tossicologia genetica dell'università di La Coruña, ha prelevato campioni sangue ai volontari che nei primissimi giorni dal disastro si adoperarono per salvare gli uccelli invischiati nel catrame, e successivamente agli addetti alla pulizia delle spiagge e degli scogli ricoperti di petrolio che lavorarono lì per mesi. In effetti, furono riscontrate alterazioni del Dna, che persistevano ai controlli successivi in chi era stato a lungo a contatto con la massa catramosa, ma che sembrano essersi risolti negli ultimi esami un anno fa. Commenta Riccardo Crebelli, direttore del reparto di tossicologia genetica dell'istituto superiore di Sanità: "Il rischio di conseguenze del genere esiste perché questi idrocarburi riescono ad indurre alterazioni del Dna; è un fatto ben documentato da test sui linfociti. Più difficile è capire fino a che punto il danno è riparabile, anche se gli studi che abbiamo a disposizione finora ci inducono ad essere moderatamente ottimisti. Ricordo il disastro della Braer che scaricò 80 mila tonnellate di petrolio a sud delle isole Shetland, evento complicato da venti fortissimi che portarono a riva grandi quantità di catrame. L'università di Brighton, nel Sussex, fece poi indagini sul Dna dei linfociti della popolazione scoprendo che non c'erano segni di alterazioni cromosomiche". Ottimismo confermato dalla normalizzazione delle alterazioni genetiche nelle ostriche attaccate al relitto della Haven, calata sui fondali tra Genova e Savona nel 1991, monitorate periodicamente fino all'anno scorso da Claudia Bolognesi, biologa dell'Istituto tumori di Genova. "Non si riscontrano anomalie più importanti di quanto si rileva in questo mare per l'inquinamento — ci dice — tanto che quest'anno non ripeteremo l'esame". Pace alle ostriche.

Franca Porciani

fporciani@corriere.it

04 luglio 2010

 

 

 

Alex viaggia la costa al confine tra Texas e messico

Il primo uragano della stagione

vicino alla zona della marea nera

Le onde hanno già rallentato i lavori delle navi impegnate nel lavoro di "scrematura" del greggio

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NEW YORK - Da tempesta tropicale Alex è diventato il primo uragano della stagione atlantica 2010. Lo ha confermato a Miami il centro federale uragani degli Stati Uniti. La tempesta, che ha al suo interno venti da 120 chilometri all'ora, dovrebbe toccare terra al confine tra Texas e Messico mercoledì sera. Passerà non lontano dalla "marea nera" ma dovrebbe risparmiare la zona delle piattaforme petrolifere.

LE ONDE RALLENTANO I LAVORI CONTRO LA MAREA NERA - Pur non facendo rotta direttamente verso la zona della marea nera, Alex ha complicato già gli sforzi di contenimento del petrolio nel Golfo del Messico. La tempesta ha creato onde di 4 metri costringendo le navi che "scremano" il greggio dalla superficie a trovare rifugio nei porti. Il presidente Barak Obama oggi ha dichiarato lo stato di emergenza federale in Texas in vista dell'arrivo di Alex: la dichiarazione permette di mobilitare risorse federali in aggiunta a quelle statali e municipali e incarica la Protezione civile federale americana (Fema) di coordinare il lavoro di assistenza.

 

30 giugno 2010(ultima modifica: 01 luglio 2010)

2010-07-01

LIMITE ALLARGATO A 12 MIGLIA DALLE AREE PROTETTE

Italia, trivellazioni vietate

entro cinque miglia dalla costa

Il ministro Prestigiacomo: rafforzare le difese ambientali dopo quanto accaduto nel golfo del Messico

LIMITE ALLARGATO A 12 MIGLIA DALLE AREE PROTETTE

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La perdita del greggio nel golfo del Messico (Infophoto)

La perdita del greggio nel golfo del Messico (Infophoto)

MILANO - Trivellazioni nei mari italiani vietate in una fascia di 5 miglia per tutte le coste nazionali. Off limits allargato a 12 miglia attorno al perimetro delle aree marine protette dove il divieto è totale. Lo ha annunciato il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo a margine dell'apertura del Forum delle economie maggiori in corso a Roma. Le norme sono state approvate nell'ambito dello schema di decreto di riforma del codice ambientale per rafforzare le difese ambientali dopo quanto accaduto nel golfo del Messico. Il provvedimento adottato dal Consiglio dei ministri si applica anche ai procedimenti autorizzativi in corso.

GREENPEACE - Greenpeace afferma che le nuove norme "rappresentano sicuramente restrizioni importanti", ma sottolinea che non si applicano alle autorizzazioni già concesse. "Oltre alle 66 concessioni di estrazione petrolifera con pozzi già attivi, sono in vigore ben 24 permessi di esplorazione offshore, soprattutto nel medio e basso Adriatico (Abruzzo, Marche, Puglia) e nel Canale di Sicilia - spiega Giorgia Monti, responsabile della campagna "Mare" -. Purtroppo non possiamo ancora dormire sonni tranquilli. Non abbiamo ancora saputo, infatti, quali tecnologie avanzate siano davvero obbligatorie nelle trivellazioni in Italia per ridurre eventuali rischi d’incidenti. Non ci risulta, per esempio, che sia obbligatorio il comando da remoto per la chiusura delle valvole in caso di incidente, che esiste in Norvegia e Brasile. Limiti di cinque o dodici miglia non ci salveranno certo dalle maree nere".

Redazione online

30 giugno 2010

 

 

 

 

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NEW YORK - Da tempesta tropicale Alex è diventato il primo uragano della stagione atlantica 2010. Lo ha confermato a Miami il centro federale uragani degli Stati Uniti. La tempesta, che ha al suo interno venti da 120 chilometri all'ora, dovrebbe toccare terra al confine tra Texas e Messico mercoledì sera. Passerà non lontano dalla "marea nera" ma dovrebbe risparmiare la zona delle piattaforme petrolifere.

LE ONDE RALLENTANO I LAVORI CONTRO LA MAREA NERA - Pur non facendo rotta direttamente verso la zona della marea nera, Alex ha complicato già gli sforzi di contenimento del petrolio nel Golfo del Messico. La tempesta ha creato onde di 4 metri costringendo le navi che "scremano" il greggio dalla superficie a trovare rifugio nei porti. Il presidente Barak Obama oggi ha dichiarato lo stato di emergenza federale in Texas in vista dell'arrivo di Alex: la dichiarazione permette di mobilitare risorse federali in aggiunta a quelle statali e municipali e incarica la Protezione civile federale americana (Fema) di coordinare il lavoro di assistenza.

 

30 giugno 2010

 

 

 

NUOVI GUAI PER LA BP NEL GOLFO DEL MESSICO

Alabama, pescatore si uccide

"Disperato per la marea nera"

Morto il capitano di una barca assoldato per contenere greggio. Tolto e poi rimesso il "tappo" sulla falla

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No alla moratoria sulle trivellazioni. La corte federale boccia Obama

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Morto il capitano di una barca assoldato per contenere greggio. Tolto e poi rimesso il "tappo" sulla falla

(Ap)

(Ap)

MILANO - Una tragedia nella tragedia. Nel giorno in cui un incidente causato da un robot sottomarino ha indotto i tecnici al lavoro nel pozzo della Bp nel Golfo del Messico a rimuovere il "coperchio" che cerca di contenere fuga di petrolio, fascendo aumentare per diverse ore la fuoriuscita del greggio, fino a che il "tappo" non è stato rimesso a posto, un pescatore assoldato dal colosso petrolifero inglese nelle operazioni di contenimento del greggio nel Golfo del Messico si è tolto la vita. "Era disperato per la crisi del petrolio", ha detto il medico legale della contea di Baldwin in Alabama. William Allen Kruse aveva 55 anni e della sua morte ha parlato in mattinata l'ammiraglio della Guardia Costiera Thad Allen. L'uomo viveva a Foley e si era recato al lavoro come tutte le mattine. Si è sparato con una pistola Glock. Secondo Stan Vinson, il coroner, non era malato, né soffriva di problemi mentali. "Ma non è sorprendente che la marea nera avesse preso un posto importante nella sua testa come per molti altri pescatori della zona che a causa della perita di greggio hanno perso il lavoro", ha aggiunto il medico legale: "Le acque del Golfo sono chiuse alla pesca. Non c'è più lavoro per tanta gente come loro".

L'INCIDENTE - Il suicidio rende drammatica una situazione già difficile, aggravata in giornata dall'incidente che ha costretto i tecnici Bp a rimuovere il tappo che conteneva la falla nel pozzo del Golfo del Messico. Senza "coperchio", il flusso di petrolio che fuoriesce dal pozzo della Bp è di nuovo aumentato in maniera significativa, anche se parte del greggio continua ad essere bruciato in superficie. La struttura di contenimento che veicolava oltre 16.000 barili al giorno in una nave container è stata rimossa dopo che un robot l'ha urtata in profondità facendo entrare gas nel sistema che trasporta acqua calda per evitare la formazione di cristalli di ghiaccio sulla calotta.

Soltanto dopo diverse ore il "tappo" è stato rimesso a posto con successo.

BRIEFING - Intanto un briefing con la stampa l'ammiraglio Allen aveva anche annunciato la morte di due responsabili delle operazioni di pulizia delle coste, in eventi non legati al disinquinamento del Golfo. Una delle persone sarebbe annegata in una piscina, la seconda, è William Allen Kruse, il pescatore 55enne suicida.

NUOVO CAPO BP AMERICA ASSUME L'INCARICO - In questo scenario ha cominciato la sua prima giornata di lavoro il nuovo responsabile di Bp America, Bob Dudley. La Bp ha infatti optato per un cambio della guardia nel Golfo del Messico: dopo le figuracce rimediate dall'ex direttore esecutivo, Tony Hayward, la responsabilità delle operazioni in America e Asia è stata affidata a Robert "Bob" Dudley, 55 anni, cresciuto in Mississippi. Che fin dal primo giorno ha dovuto affrontare problemi non da poco.

Redazione online

23 giugno 2010(ultima modifica: 24 giugno 2010)

 

2010-06-23

NUOVI GUAI PER LA BP NEL GOLFO DEL MESSICO

Marea nera, nuova fuoriuscita di greggio

Incidente causato da un robot sottomarino con fuga di gas. Tolto il tappo sulla falla nel pozzo

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No alla moratoria sulle trivellazioni. La corte federale boccia Obama

NUOVI GUAI PER LA BP NEL GOLFO DEL MESSICO

Marea nera, nuova fuoriuscita di greggio

Incidente causato da un robot sottomarino con fuga di gas. Tolto il tappo sulla falla nel pozzo

(Ap)

(Ap)

NEW YORK - Nuovi guai per la Bp. A causa di un incidente, il tappo che conteneva la falla nel pozzo del Golfo del Messico è stato temporaneamente rimosso e dovrebbe essere riposizionato in serata. Lo ha annunciato a Washington Thad Allen, l'ammiraglio della Guardia Costiera responsabile delle operazioni di contenimento del greggio. Senza tappo, il flusso di petrolio che fuoriesce dal pozzo della Bp è di nuovo aumentato in maniera significativa, anche se parte del greggio continua ad essere bruciato in superficie.

L'INCIDENTE - La struttura di contenimento che veicolava oltre 16.000 barili al giorno in una nave container è stata rimossa dopo che un robot l'ha urtata in profondità facendo entrare gas nel sistema che trasporta acqua calda per evitare la formazione di cristalli di ghiaccio sulla calotta.

DUE MORTI - In un briefing con la stampa l'ammiraglio Allen ha anche annunciato la morte di due responsabili delle operazioni di pulizia delle coste, in eventi non legati al disinquinamento del Golfo. Una delle persone sarebbe annegata in una piscina, la seconda, il capitano di una barca, sarebbe stato ucciso con un colpo di arma da fuoco.

Redazione online

23 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-22

Marea nera

No alla moratoria sulle trivellazioni

Su ricorso di 32 compagnie petrolifere la corte federale boccia Obama. La Casa Bianca annuncia ricorso.

Gli americani si fidano più del presidente che di Bp

Marea nera

No alla moratoria sulle trivellazioni

Su ricorso di 32 compagnie petrolifere la corte federale boccia Obama. La Casa Bianca annuncia ricorso.

Gli americani si fidano più del presidente che di Bp

MILANO - Il giudice federale Martin Feldman ha accolto il ricorso presentato da 32 compagnie petrolifere contro la moratoria di 6 mesi imposta da Barack Obama alle trivellazioni nel Golfo del Messico dopo l'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon. Si tratta di un brutto colpo per la Casa Bianca, che sperava che il divieto avrebbe permesso di verificare se le altre piattaforme operano seguendo le regole di sicurezza, e che ha annunciato che farà ricorso contro la decisione. Il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, nell'annunciare la decisione di fare ricorso, ha detto che "il presidente è fermamente convinto che continuare a trivellare a queste profondità senza sapere quello che è successo non ha senso". Replicando al giudice, che ha affermato che è sbagliato ritenere che per l'incidente di una piattaforma siano tutte pericolose, Gibbs ha aggiunto che la ripresa delle attivitá di trivellazione "mette potenzialmente a rischio la sicurezza delle piattaforme e dell'ambiente del Golfo". Un rischio che, secondo Gibbs l'America "in questo momento" non può permettersi. Nella sentenza il giudice federale Fieldman ha, però, spiegato che il Dipartimento del Territorio non era riuscito a dare motivazioni adeguate per la moratoria. La causa era stata intentata da Hornbeck Offshore Services ‹HOS.N›, compagnia con base in Luisiana, alla quale poi si sono unite più di 10 società che operano nel settore delle trivellazioni offshore. Il giudice federale della Louisiana ha accolto la richiesta delle compagnie, che avevano chiesto un provvedimento che impedisse alla moratoria di entrare in vigore.

10 MILIONI DI BARILI AL GIORNO - Intanto nel Golfo del Messico l'industria petrolifera non ha abbandonato le trivellazioni. Negli altri Paesi, riporta il Washington Post, nonostante la fuoriuscita che da due mesi contamina le acque del Golfo, non si è mai smesso di trivellare in profondità. È nella natura del settore: il petrolio va estratto ovunque si trovi. Nei prossimi cinque anni la produzione globale da trivellazioni in acque profonde dovrebbe aumentare di due terzi, a 10 milioni di barili al giorno, secondo le previsioni di Cambridge Energy Research Associates. È l’equivalante del greggio prodotto dall’Arabia Saudita, il maggior esportatore mondiale di petrolio. Negli Stati Uniti, il miglioramento delle tecnologie per l’estrazione di greggio in acque profonde rappresenta circa il 70% della crescita degli ultimi anni, secondo le stime dello Us Geological Survey. Secondo gli analisti quindi le trivellazioni in acque profonde nel Golfo del Messico continueranno. "Abbiamo esaurito qualsiasi altra cosa e non abbiamo accesso a riserve in nessun altro posto", ha detto Fadel Gheit, analista petrolifero di Oppenheimer,. "Perché pensate che le società trivellino così in profondità? Preferirebbero farlo sul territorio. Ma a quel livello non ci sono risorse disponibili, ad eccezione dell’Iraq, dove però si può essere rapiti e decapitati. Si tratta sempre di rischi e di remunerazioni".

POLITICA ENERGETICA - Intanto un sondaggio di New York Times/Cbs rileva che il disastro ecologico del Golfo del Messico ha aumentato l’inquietudine per le politiche energetiche. Il pubblico ora ritiene in larga maggioranza che serva più regolamentazione sulle trivellazioni off-shore per salvaguardare l’ambiente. L’approvazione dell’operato di Bp nella regione è molto bassa. Con una proporzione di 2 a 1 gli intervistati hanno più fiducia nel governo che nelle possibilità e capacità che il colosso petrolifero britannico riesca a contenere i danni della fuoriuscita di petrolio.

Redazione Online

22 giugno 2010

 

 

Peggiora la stima delle perdite di petrolio in mare: 100mila barili al giorno

Marea nera, la Bp ha speso due miliardi

L'accusa: "Falle di sicurezza erano note"

Ipotesi: niente dividendo fino al 2012. Un operaio alla Bbc: "Sistema difettoso è stato chiuso, ma non riparato"

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Ipotesi: niente dividendo fino al 2012. Un operaio alla Bbc: "Sistema difettoso è stato chiuso, ma non riparato"

Port Sulpher, Louisiana (Epa)

Port Sulpher, Louisiana (Epa)

WASHINGTON - Per arginare la marea nera nel golfo del Messico, la Bp ha finora speso due miliardi di dollari. La stima è della compagnia petrolifera britannica, riportata da Bloomberg.

DIVIDENDO - Le prospettive finanziarie per il colosso inglese sono tutt'altro che rosee. La banca svizzera Ubs ha sospeso le stime sul dividendo fino alla fine del 2012 perché non si può prevedere alcuna crescita in questo intervallo di tempo. La società ha detto di aver pagato 105 milioni di dollari di danni a quanti sono stati colpiti dal disastro e la settimana scorsa, dopo un incontro con il presidente Obama, ha depositato 20 miliardi di dollari in un fondo per i risarcimenti.

CENTOMILA BARILI - Peggiora il calcolo delle perdite di petrolio in mare: si tratterebbe di 100mila barili di petrolio al giorno, qualcosa come 15,9 milioni di litri, secondo un documento interno della società reso noto da un deputato americano. Finora il governo Usa aveva parlato di 60mila barili al giorno (9,5 milioni di litri). Un portavoce di Bp, Toby Odone, ha detto però che la stima si applicherebbe solo se un pezzo fondamentale dell'attrezzatura venisse rimosso: "Siccome non ci sono progetti di rimuoverlo, la stima è irrilevante".

"BP SAPEVA DELLE FALLE" - Nuove accuse alle Bp arrivano da un operaio che lavorava nella piattaforma Deepwater Horizon, sopravissuto all'incidente del 20 aprile. La società, ha rivelato alla Bbc, sapeva che c'erano falle nel sistema di sicurezza settimane prima dell'esplosione. Tyrone Benton spiega che la falla non fu riparata, che il sistema di sicurezza difettoso fu semplicemente chiuso e che si fece affidamento su un secondo sistema. Benton aggiunge che la responsabilità della manutenzione di quell'attrezzatura era della compagnia proprietaria della piattaforma, la Transocean, che prima dell'incidente ha affermato di aver testato con successo il sistema. Si tratta, spiega la Bbc, del "blowout preventer" (Bop), in grado di tagliare e bloccare il flusso di petrolio dalla condotta principale. Il "cervello" del Bop, secondo la Bbc, sono delle unità di controllo (control pods) che rilevano l'eventuale presenza di irregolarità.

INTERRUZIONE - "Abbiamo notato - racconta Benton - una perdita sull'unità di controllo e abbiamo informato gli uomini della compagnia". Questi ultimi "stanno in una sala di controllo, da dove potevano accendere o spegnere quell'unità di controllo e accenderne un'altra, così da non dover interrompere la produzione". L'operaio ha detto che il suo superiore ha informato via e-mail sia la Bp che la Transocean delle falle. Ma riparare l'unità di controllo (invece di attivarne un'altra) avrebbe significato un'interruzione temporanea dell'attività di trivellazione sulla piattaforma, che costava alla Bp 500mila dollari (circa 400mila euro) al giorno: dunque non è stato fatto nulla. Un comportamento "inaccettabile" secondo un esperto interpellato dalla Bbc, il professor Tad Patzek dell'università del Texas: "Se c'è un indizio che il Bop non sta funzionando a dovere, lo si dovrebbe riparare a qualunque costo".

Redazione online

21 giugno 2010

 

 

2010-06-17

l'ex governatore del Mississippi Ray Mabus indagherà sulle cause del disastro

Bp versa 20 miliardi per risarcimenti

Obama: "Non sono il tetto massimo"

La società ha accettato di versare la somma chiesta dalla Casa Bianca. La gestione dei soldi sarà indipendente

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La società ha accettato di versare la somma chiesta dalla Casa Bianca. La gestione dei soldi sarà indipendente

Obama con i vertici Bp alla Casa Bianca (Reuters)

Obama con i vertici Bp alla Casa Bianca (Reuters)

WASHINGTON - Venti miliardi di dollari. A tanto ammonta la cifra che la Bp ha accettato di versare nel fondo per i risarcimenti della marea nera nel golfo del Messico. È quanto avevano chiesto i democratici del Senato e la società ha accettato. Lo hanno riferito il presidente Carl Henric Svanberg e l'amministratore delegato Tony Hayward durante un incontro con il presidente Obama alla Casa Bianca. Il fondo sarà amministrato da una commissione indipendente: secondo il Wall Street Journal potrebbe essere capeggiata da Kenneth Feinberg, finora incaricato di regolare stipendi e bonus dei manager di Wall Street salvati dal governo.

OBAMA - "È importante notare che questa somma non è un tetto" ha detto il presidente americano Barack Obama riferendosi ai 20 miliardi del fondo. L'incontro con Bp che doveva durante un paio d'ore si è chiuso dopo quattro ore. Il presidente ha detto che "Bp è una società forte e vitale e sarà in grado di sostenere le sue responsabilita". Obama ha riferito di aver parlato ai vertici di Bp delle sofferenze della gente del Golfo: "Hanno bisogno di aiuto adesso".

CAMERON - Il premier inglese David Cameron ha ribadito che la Bp deve avere certezze sulle sue potenziali responsabilità, ovvero le compensazioni e i danni che dovrà pagare. "È importante che l'azienda paghi richieste ragionevoli di compensazione e ha bisogno di un livello di certezza delle sue responsabilità - ha detto alla Bbc -. Questa è la preoccupazione della Bp, che non ci siano richieste che siano solo molto alla lontana legate alla fuga di petrolio".

ENERGIE PULITE - La tragedia della marea nera mostra al mondo che "è arrivato il momento di passare alle energie pulite". In precedenza, nel suo discorso solenne allo Studio Ovale, trasmesso in tv nel prime time, il presidente degli Stati Uniti si è rivolto agli americani, apostrofando quanto accaduto nel golfo del Messico come "la peggiore catastrofe ecologica" della storia del Paese.

LA NOMINA - Il presidente ha parlato per 18 minuti, con toni battaglieri. E ha annunciato di aver nominato l'ex governatore del Mississippi, Ray Mabus, a capo della commissione istituita per indagare sulle cause del disastro. Poco prima del discorso, scienziati federali hanno reso noto che le stime del geyser di greggio che fuoriesce dai fondali del golfo del Messico sono assai più alte di quanto annunciato solo la scorsa settimana: fino a 60 mila barili di greggio al giorno, pari a una Exxon-Valdez ogni quattro-sei giorni, abbastanza per riempire 22 volte ogni giorno lo Studio Ovale, ha calcolato un blog americano.

"EPIDEMIA" - "La tragedia che ha toccato le nostre coste è un richiamo doloroso e forte per farci capire che è giunto il tempo di adottare le energie pulite per il futuro e di lanciare una missione nazionale che liberi le potenzialità dell’innovazione americana prendendo in mano il nostro destino - ha detto Obama -. La grande lezione della marea nera è che le perforazioni petrolifere ormai comportano rischi enormi, quale che sia la regolamentazione. Noi americani consumiamo il 20% del petrolio mondiale ma possediamo appena il 2% delle riserve mondiali". E questo spiega perché le compagnie petrolifere sono spinte a cercare il petrolio anche a 1.500 metri di profondità sotto il mare. Obama ha poi paragonato la marea nera che deturpa il golfo del Messico a un'"epidemia" che gli Stati Uniti saranno costretti a combattere per mesi, forse anni. Il presidente ha comunque assicurato che gli Stati Uniti "combatteranno l’inquinamento con tutti i mezzi possibili e fin quando sarà necessario" e ha detto che la sua amministrazione "farà pagare alla Bp tutti i danni che questa azienda ha provocato".

Redazione online

16 giugno 2010(ultima modifica: 17 giugno 2010)

 

 

 

 

 

diciassette Paesi hanno offerto il proprio aiuto, non c'è l'italia

Marea nera, pompaggio interrotto

La Bp perde fino a 60mila barili al giorno

Fulmine su una nave: operazioni sospese per 5 ore.

Il presidente nomina un nuovo responsabile

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Il presidente nomina un nuovo responsabile

Due navi al lavoro nel golfo del Messico (Ap)

Due navi al lavoro nel golfo del Messico (Ap)

WASHINGTON - Mentre la marea nera nel golfo del Messico non si ferma, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama annuncia nella notte tra martedì e mercoledì, nel suo primo messaggio tv alla nazione diffuso durante il prime time, la nomina di un nuovo responsabile delle operazioni anti-greggio.

BATTAGLIA SENZA FINE - Quella contro la marea nera, del resto, sembra una battaglia senza fine: un incendio provocato da un fulmine su uno dei battelli che partecipano alle operazioni di pompaggio (il "Discover Enterprise") ha nuovamente obbligato la Bp a interrompere le operazioni, riprese poi dopo cinque ore di stop. L'incendio potrebbe provocare ritardi nell'avvio di un secondo sistema di contenimento con cui Bp dovrebbe poter aumentare le sue capacità di risucchio del greggio. Intanto esperti del governo federale comunicano altri numeri del disastro senza fine: la perdita di Bp è di un massimo di 35-60 mila barili di greggio al giorno (Bp ne cattura circa 15 mila).

OBAMA: "LO RESPINGEREMO" - Il disastro nel golfo del Messico è un pensiero ormai quotidiano per il presidente Obama, che sta perdendo rapidamente quota nei sondaggi di popolarità perché accusato di aver reagito troppo debolmente alla crisi ambientale. "È un assalto alle nostre coste e lo respingeremo con ogni risorsa che abbiamo a disposizione - ha detto ai militari della base aeronavale di Pensacola, in Florida, poco prima di ripartire per Washington da dove parlerà al Paese -. Faremo tutto il necessario, per tutto il tempo che serve". Obama ha visitato le spiagge turistiche della penisola. "Con il tempo di arrivare alla prossima stagione - ha affermato - non c'è alcun motivo di pensare che questa spiaggia dietro di noi non sarà bella come sempre, e Pensacola e le comunità costiere di tutta la Florida non ritornino fiorenti come sono sempre state".

OFFERTE DI AIUTO - Sono diciassette i Paesi che hanno offerto il proprio contributo agli Stati Uniti. Lo ha annunciato il dipartimento di Stato Usa, che ha reso noto l’elenco dei Paesi contributori: Corea del Sud, Croazia, Francia, Germania, Irlanda, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Romania, Russia, Svezia, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Vietnam Spagna, Canada e Messico. Assente, almeno per il momento, l’Italia. Oltre all’impegno dei singoli Stati, hanno offerto un contributo anche l’Agenzia europea per la sicurezza marittima, il Centro di informazione e monitoraggio della Commissione europea, l’Organizzazione marittima internazionale, l’Unità per l’ambiente dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari e il Programma per l’ambiente dell’Onu.

KEVIN COSTNER - Dopo aver rifiutato l'aiuto del regista James Cameron, la Bp fa appello a Kevin Costner. Gli esperti della compagnia petrolifera hanno riconosciuto che i macchinari dell'attore sono i più efficaci a ripulire l'acqua nera di petrolio e hanno piazzato un primo ordinativo per l'acquisto di 32 "centrifughe del mare". Si chiamano Ocean Therapy Solutions e l'attore ha impiegato circa 15 anni e 20 milioni di dollari per farle mettere a punto. Hanno la capacità di aspirare l'acqua, centrifugarla, e separare al 99% le sostanze inquinanti, senza produrre ulteriore inquinamento. Il protagonista di Waterworld, che ha un fratello scienziato specializzato in questo genere di tecnologie, finanziò a suo tempo il progetto che, 15 anni fa, sembrava avveniristico, ma che oggi pare essere il sistema più all'avanguardia per affrontare la marea nera. Le macchine hanno la capacità di separare il petrolio dall'acqua e possono filtrare fino a 750 litri di acqua al minuto. Intanto sulla società è arrivata la scure dell'agenzia Fitch, che ha abbassato il rating a lungo termine da AA a BBB, mentre quello a breve termine scende a F3 da F1. Pesano, in particolare, le richieste danni avanzate dal governo Usa e dalle autorità federali statunitensi.

Redazione online

15 giugno 2010(ultima modifica: 16 giugno 2010)

2010-06-16

nel pomeriggio Il presidente incontra i vertici della Bp. Ieri

Obama: "Ora energia pulita"

Nominato lo "zar del Golfo"

È il segretario alla Marina Ray Mabus, che dovrà bonificare la zona inquinata. Discorso solenne in tv

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È il segretario alla Marina Ray Mabus, che dovrà bonificare la zona inquinata. Discorso solenne in tv

(Ansa)

(Ansa)

WASHINGTON - La "tragedia" della marea nera mostra al mondo che "è arrivato il momento di passare alle energie pulite". Nel suo discorso solenne allo Studio Ovale, trasmesso in tv nel prime time, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si è rivolto così agli americani, apostrofando quanto accaduto nel Golfo del messico come "la peggiore catastrofe ecologica" della storia del Paese.

LA NOMINA - Il presidente ha parlato per 18 minuti dall'Oval Office, con toni battaglieri. Poco prima del discorso, scienziati federali hanno reso noto che le stime del geyser di greggio che fuoriesce dai fondali del Golfo del Messico sono assai più alte di quanto annunciato solo la scorsa settimana: fino a 60 mila barili di greggio al giorno, pari a una Exxon-Valdez ogni quattro-sei giorni, abbastanza per riempire 22 volte ogni giorno lo Studio Ovale, ha calcolato un blog americano. Obama ha annunciato di aver nominato il segretario alla Marina Ray Mabus "zar del Golfo": avrà l'incarico di riportare la regione del Golfo del Messico alla sua particolare bellezza e ricchezza.

"EPIDEMIA" - "La tragedia che ha toccato le nostre coste è un richiamo doloroso e forte per farci capire che è giunto il tempo di adottare le energie pulite per il futuro" e "di lanciare una missione nazionale che liberi le potenzialità dell’innovazione americana prendendo in mano il nostro destino". "La grande lezione della marea nera", ha aggiunto l'inquilino della Casa Bianca, è che le perforazioni petrolifere ormai comportano rischi enormi, quale che sia la regolamentazione. "Noi americani - ha ricordato il presidente - consumiamo il 20% del petrolio mondiale ma possediamo appena il 2% delle riserve mondiali". E questo spiega perché le compagnie petrolifere sono spinte a cercare il petrolio anche a 1500 metri di profondità sotto il mare. Obama ha poi paragonato la marea nera che deturpa il Golfo del Messico a una "epidemia" che gli Stati Uniti saranno costretti a combattere per mesi e forse per anni. Il presidente americano ha comunque assicurato che gli Stati Uniti "combatteranno l’inquinamento con tutti i mezzi possibili e fin quando sarà necessario" e ha detto che la sua amministrazione "farà pagare alla Bp tutti i danni che questa azienda ha provocato". Barack Obama incontrerà nel pomeriggio alla Casa Bianca il presidente Carl-Henric Svanberg. Obama ha poi confermato che imporrà alla società petrolifera britannica di costituire un fondo di garanzia per i risarcimenti alle vittime della marea nera di 20 miliardi di dollari su un conto bloccato. Una richiesta alla quale i vertici Bp non hanno ancora dato l’ok.

Redazione online

16 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-15

diciassette Paesi hanno offerto il proprio aiuto, non c'è l'italia

Marea nera, pompaggio interrotto

Obama pronto a intervenire

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Obama pronto a intervenire

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Il presidente nominerà un nuovo responsabile

Due navi al lavoro nel golfo del Messico (Ap)

Due navi al lavoro nel golfo del Messico (Ap)

WASHINGTON - Mentre la marea nera nel golfo del Messico non si ferma, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama annuncerà nella notte tra martedì e mercoledì, nel suo primo messaggio tv alla nazione diffuso durante il prime time, la nomina di un nuovo responsabile delle operazioni anti-greggio. L'indiscrezione è stata diffusa dall'Associated Press, anche se per il nome del nuovo "ras" anti inquinamento non è stato svelato. Quella contro la marea nera, del resto, sembra una battaglia senza fine: un incendio provocato da un fulmine su uno dei battelli che partecipano alle operazioni di pompaggio (il "Discover Enterprise") ha nuovamente obbligato la Bp a interrompere le operazioni, riprese poi dopo cinque pre di stop. L'incendio potrebbe provocare ritardi nell'avvio di un secondo sistema di contenimento con cui Bp dovrebbe poter aumentare le sue capacità di risucchio del greggio.

OBAMA: "LO RESPINGEREMO" - Il disastro nel golfo del Messico è un pensiero ormai quotidiano per il presidente Obama, che sta perdendo rapidamente quota nei sondaggi di popolarità perché accusato di aver reagito troppo debolmente alla crisi ambientale. "È un assalto alle nostre coste e lo respingeremo con ogni risorsa che abbiamo a disposizione - ha detto ai militari della base aeronavale di Pensacola, in Florida, poco prima di ripartire per Washington da dove parlerà al Paese -. Faremo tutto il necessario, per tutto il tempo che serve". Obama ha visitato le spiagge turistiche della penisola. "Con il tempo di arrivare alla prossima stagione - ha affermato - non c'è alcun motivo di pensare che questa spiaggia dietro di noi non sarà bella come sempre, e Pensacola e le comunità costiere di tutta la Florida non ritornino fiorenti come sono sempre state".

OFFERTE DI AIUTO - Sono diciassette i Paesi che hanno offerto il proprio contributo agli Stati Uniti. Lo ha annunciato il dipartimento di Stato Usa, che ha reso noto l’elenco dei Paesi contributori: Corea del Sud, Croazia, Francia, Germania, Irlanda, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Romania, Russia, Svezia, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Vietnam Spagna, Canada e Messico. Assente, almeno per il momento, l’Italia. Oltre all’impegno dei singoli Stati, hanno offerto un contributo anche l’Agenzia europea per la sicurezza marittima, il Centro di informazione e monitoraggio della Commissione europea, l’Organizzazione marittima internazionale, l’Unità per l’ambiente dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari e il Programma per l’ambiente dell’Onu.

KEVIN COSTNER - Dopo aver rifiutato l'aiuto del regista James Cameron, la Bp fa appello a Kevin Costner. Gli esperti della compagnia petrolifera hanno riconosciuto che i macchinari dell'attore sono i più efficaci a ripulire l'acqua nera di petrolio e hanno piazzato un primo ordinativo per l'acquisto di 32 "centrifughe del mare". Si chiamano Ocean Therapy Solutions e l'attore ha impiegato circa 15 anni e 20 milioni di dollari per farle mettere a punto. Hanno la capacità di aspirare l'acqua, centrifugarla, e separare al 99% le sostanze inquinanti, senza produrre ulteriore inquinamento. Il protagonista di Waterworld, che ha un fratello scienziato specializzato in questo genere di tecnologie, finanziò a suo tempo il progetto che, 15 anni fa, sembrava avveniristico, ma che oggi pare essere il sistema più all'avanguardia per affrontare la marea nera. Le macchine hanno la capacità di separare il petrolio dall'acqua e possono filtrare fino a 750 litri di acqua al minuto. Intanto sulla società è arrivata la scure dell'agenzia Fitch, che ha abbassato il rating a lungo termine da AA a BBB, mentre quello a breve termine scende a F3 da F1. Pesano, in particolare, le richieste danni avanzate dal governo Usa e dalle autorità federali statunitensi.

Redazione online

15 giugno 2010

 

 

 

"È una affermazione fuori luogo" del presidente Usa

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Scoppia la polemica con la protesta dei parenti

delle vittime degli attentati del 2001

WASHINGTON - Barack Obama definisce il disastro della marea nera "l'11 settembre dell'ambiente" e scoppia la polemica con la protesta dei parenti delle vittime degli attentati del 2001. Tutto è cominciato con una intervista rilasciata venerdì dal presidente americano al giornale Politico e pubblicata domenica. "Così come la nostra visione della politica estera si è rivelata vulnerabile ed è cambiata profondamente dopo l'11 settembre, penso che questo disastro cambierà il modo in cui penseremo all'ambiente e all'energia per molti anni a venire", ha detto Obama.

LA REPLICA - "È una affermazione fuori luogo", ha replicato il vice capo dei pompieri Jim Riches, che perse un figlio nell'attacco alle Torri gemelle. "Quelli furono attacchi terroristici, non qualcosa causato da persone che cercano di fare soldi", ha aggiunto in una intervista al New York Daily News. Per Jack Lynch, padre di un pompiere morto durante gli attacchi, "paragonare un incidente ambientale, se così lo vogliamo chiamare, a un attacco terroristico premeditato è ridicolo. I politici non hanno il senso della realtà". Tra i parenti delle vittime comunque ci sono anche pareri discordanti. Lo stesso quotidiano ha citato Sally Regenhard, un figlio morto negli attentati, secondo la quale "proprio come l'11 settembre, non c'erano piani per prevenire l'emergenza. Sono fallimenti del sistema di governo. Io non mi sento offesa dal commento". (Fonte Agi)

 

14 giugno 2010(ultima modifica: 15 giugno 2010)

 

 

 

"È una affermazione fuori luogo" del presidente Usa

Il paragone di Obama: "La marea nera

è l'11 settembre dell'ambiente"

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delle vittime degli attentati del 2001

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WASHINGTON - Barack Obama definisce il disastro della marea nera "l'11 settembre dell'ambiente" e scoppia la polemica con la protesta dei parenti delle vittime degli attentati del 2001. Tutto è cominciato con una intervista rilasciata venerdì dal presidente americano al giornale Politico e pubblicata domenica. "Così come la nostra visione della politica estera si è rivelata vulnerabile ed è cambiata profondamente dopo l'11 settembre, penso che questo disastro cambierà il modo in cui penseremo all'ambiente e all'energia per molti anni a venire", ha detto Obama.

LA REPLICA - "È una affermazione fuori luogo", ha replicato il vice capo dei pompieri Jim Riches, che perse un figlio nell'attacco alle Torri gemelle. "Quelli furono attacchi terroristici, non qualcosa causato da persone che cercano di fare soldi", ha aggiunto in una intervista al New York Daily News. Per Jack Lynch, padre di un pompiere morto durante gli attacchi, "paragonare un incidente ambientale, se così lo vogliamo chiamare, a un attacco terroristico premeditato è ridicolo. I politici non hanno il senso della realtà". Tra i parenti delle vittime comunque ci sono anche pareri discordanti. Lo stesso quotidiano ha citato Sally Regenhard, un figlio morto negli attentati, secondo la quale "proprio come l'11 settembre, non c'erano piani per prevenire l'emergenza. Sono fallimenti del sistema di governo. Io non mi sento offesa dal commento". (Fonte Agi)

 

14 giugno 2010(ultima modifica: 15 giugno 2010)

 

 

 

OBAMA A CAMERON: "nessun ATTACCO A LONDRA, ma azienda ricchi rispetti suoi impegni"

Marea nera, ultimatum alla Bp

"Avete 48 ore per fermare il greggio"

Guardia Costiera Usa: programma di contenimento più aggressivo. Fuoriuscita media di 40mila barili al giorno

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(Ap)

(Ap)

NEW YORK -Ancora pressioni da una parte, segnali distensivi dall'altra. La marea nera nel Golfo del Messico rischia di offuscare l'asse Washington-Londra, ma sono evidenti gli sforzi fatti da entrambe le parti per allentare la tensione.

LA LETTERA- Dalla Guardia Costiera americana è arrivato un ultimatum alla Bp: il colosso petrolifero britannico ha 48 ore per mettere a punto un programma più aggressivo per contenere il greggio che fuoriesce nel Golfo del Messico, secondo quanto indicato in una lettera dall'ammiraglio James Watson. Nella missiva inviata in risposta al capo delle operazioni della Bp, Doug Suttles, il numero uno della Guardia Costiera scrive che "la Bp deve identificare nelle prossime 48 ore un sistema addizionale di contenimento della perdita, che possa essere operativa in tempi rapidi per evitare il flusso continuo di petrolio" dal pozzo del Golfo. Watson si dice "preoccupato dal fatto che i piani attuali non garantiscono la mobilitazione massima di risorse per raccogliere le quantità riviste di petrolio in base alla nuove stime degli esperti", che parlano di una media di 40mila barili al giorno. L'ammiraglio si dice anche preoccupato dalla mancanza di un piano di backup in caso di guasto o di problemi non previsti.

TELEFONATA OBAMA-CAMERON - Nel frattempo, dopo le pesanti critiche rivolte dall’amministrazione americana a Bp, il conseguente crollo in Borsa e le precisazioni di David Cameron a difesa dell’azienda e sul "valore economico" della compagnia anche per gli Stati Uniti, il presidente americano Barack Obama e il primo ministro britannico hanno discusso al telefono delle conseguenze della catastrofe ambientale provocata dalla fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma. Secondo quanto ha riportato l’ufficio di Cameron, il premier britannico, che il 20 luglio sarà a Washington, ha espresso al presidente americano la sua tristezza per il disastro, mentre Obama ha riconosciuto che la Bp è una multinazionale, e che la sua frustrazione per quanto accaduto non rappresenta un attacco alla Gran Bretagna. Ma una "compagnia ricca" come la britannica Bb deve rispondere ai propri obblighi. Questo il messaggio rivolto da Obama a Cameron, secondo fonti ufficiali citate dalla Reuters. Obama avrebbe ribadito che gli Stati Uniti insisteranno perché Bp paghi tutte le spese di disinquinamento, oltre a coprire "le decine di migliaia" di richieste di risarcimento economico.

Redazione online

12 giugno 2010

 

 

l'amministrazione usa: iniziative per impedire la distribuzione dei dividendi

La marea nera affonda Bp: il titolo crolla

Cameron: "Avrà sostegno dal governo"

Precipitano le azioni della compagnia dopo i dati sui primi costi del disastro. Unione petrolifera: "Ci sono stati errori"

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Il ceo di Bp Tony Hayward (Reuters)

Il ceo di Bp Tony Hayward (Reuters)

MILANO - È ormai chiaro che la marea nera, oltre a generare una catastrofe ambientale, sta per fare una vittima eccellente, la stessa British Petroleum. Il titolo del colosso petrolifero britannico è crollato alla Borsa di Londra, toccando quota -15% nei primi scambi dopo la diffusione delle stime sui costi del disastro. In mattinata il titolo è riuscito a recuperare, fino ad arrivare al -3%. Il valore della compagnia si è ad ogni modo ridotto di oltre il 40%. Gli investitori temono che il gruppo sia costretto a sospendere il pagamento dei dividendi agli azionisti. Già mercoledì, a Wall Street, il titolo Bp aveva segnato un calo del 16,14%, scendendo ai minimi degli ultimi 14 anni.

"SOSTEGNO ALLA BP" - Un'inaspettata mano tesa alla Bp arriva da Londra. Il primo ministro David Cameron ha detto che il governo è "pronto a dare un sostegno" per le operazioni di pulizia ma che la compagnia deve fare "il possibile" per risolvere la situazione. "Comprendo completamente la frustrazione del governo americano: la cosa più importante da fare ora è cercare di mitigare gli effetti e risolvere il problema - ha detto Cameron, in visita in Afghanistan -. Questa è una catastrofe ambientale e Bp deve fare tutto il possibile per risolvere la situazione. Il governo britannico è pronto a dare il suo aiuto". Cameron ha poi confermato che parlerà con il presidente Obama della questione: "Ho una serie di meeting, appuntamenti telefonici e altri contatti, fra breve, con il presidente: sono sicuro che quando accaduto nel golfo del Messico verrà affrontato nelle nostre discussioni".

I NUMERI DEL DISASTRO - Il costo del disastro è stimato attualmente in 1,43 miliardi di dollari (pari a 1,19 miliardi di euro), incluse le spese di pulizia e di arginamento della marea, la perforazione di pozzi di soccorso, gli aiuti versati agli Stati rivieraschi, i danni già risarciti. La somma include una prima tranche di 60 milioni di dollari che servirà a finanziare la costruzione di una serie di isole artificiali al largo della Louisiana per proteggere l'ecosistema. La Bp si è impegnata a versare in totale 360 milioni di dollari per la ricostruzione di queste isole. L'Agenzia internazionale dell'energia, secondo quanto riferisce l'agenzia Bloomberg, ha stimato che la perdita di greggio dalla piattaforma potrebbe causare un taglio della produzione del golfo del Messico di circa 300mila barili al giorno nei prossimi cinque anni.

DIVIDENDI A RISCHIO - Presto il Consiglio di amministrazione della Bp potrebbe essere chiamato a fronteggiare un nuovo problema. L'amministrazione Obama infatti ha annunciato che intraprenderà delle "iniziative" per impedire la distribuzione di dividendi agli azionisti. Lo ha riferito il sottosegretario alla Giustizia Thomas Perrelli nel corso di un'audizione al Congresso. Il ministro all'Interno Ken Salazar ha aggiunto che alla Bp sarà chiesto di indennizzare le altre compagnie petrolifere se dovranno licenziare lavoratori a causa di un'eventuale moratoria di sei mesi per le trivellazioni nei fondali marini. Giovedì il presidente Barack Obama riceve alla Casa Bianca le famiglie delle undici vittime della piattaforma Deepwater Horizon, esplosa il 20 aprile al largo di Venice, in Louisiana. "Il presidente ha mandato una lettera a ciascuna famiglia per estendere l'invito ed esprimere la sua più sincera partecipazione per la perdita dei loro cari" spiega una nota. Il 17 giugno l'amministratore delegato di Bp Tony Hayward andrà a Washington per un'audizione al Congresso: probabilmente sarà anche convocato dal presidente Obama.

"ERRORI E SOTTOVALUTAZIONI" - Secondo il presidente dell'Unione petrolifera Pasquale De Vita, "nel golfo del Messico ci sono stati senza dubbio errori e sottovalutazioni sul fronte della sicurezza, cosa di cui i responsabili saranno chiamati a rispondere". Per quanto riguarda l'Italia, De Vita esclude che "per la caratteristiche dell'attività di esplorazione e produzione nel nostro Paese possano sussistere le condizioni operative che hanno causato l'incidente" e assicurando che in Italia "gli standard di sicurezza sono ai più elevati livelli mondiali".

"BP HA PAGATO MOLTO" - In difesa della Bp interviene invece Boris Johnson, sindaco di Londra e peso massimo del partito Conservatore, secondo cui la società ha già pagato un prezzo "molto, molto alto" per quanto accaduto nel Golfo del Messico e l'intero incidente inizia a compromettere seriamente l'immagine della Gran Bretagna negli Stati Uniti. Il sindaco, ai microfoni della Bbc, ha espresso "preoccupazione per la retorica anti-britannica che pare permeare in questi giorni gli Usa" e ha aggiunto che "quando una grande compagnia britannica inizia ad essere costantemente presa d'assalto a livello internazionale la faccenda inizia ad assumere i contorni del problema nazionale. Vorrei vedere ragionare le persone coinvolte con mente fredda e più calma su come si debba risolvere questo problema piuttosto che accusare e insultare senza sosta" ha concluso Johnson.

Redazione online

10 giugno 2010(ultima modifica: 11 giugno 2010)

 

 

 

Polemiche Londra-Washington: "Obama non parlerebbe così se fosse una compagnia Usa"

Marea nera, dimezzata la fuoriuscita

Londra: "Basta retorica anti-britannica"

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Al lavoro per salvare un pellicano contaminato dal petrolio in Louisiana (Ap)

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MILANO - Bp pagherà tutti "i danni e le perdite" causate dalla marea nera "per tutto il tempo necessario". Così il vice presidente del gigante petrolifero britannico, Darryl Willis, ha indirettamente replicato a Barack Obama che venerdì aveva accusato la società di concentrarsi sui ricchi dividendi riservando "pochi spiccioli" a quanti sono stati investiti dalla falla di greggio. La stessa compagnia fa inoltre sapere, per bocca del proprio amministratore delegato Tony Hayward, intervistato dalla Bbc, che l’imbuto posizionato sopra alla falla riesce a recuperare circa 10mila barili di petrolio al giorno, quindi, secondo le stime della Bp, circa la metà del greggio che fuoriesce dal pozzo della piattaforma Deepwater Horizon e che sta progressivamente inquinando il Golfo del Messico e le coste degli stati meridionali degli Usa. Per Hayward il recupero del petrolio va dunque meglio del previsto. "Al momento - ha precisato - è difficile quantificare, ma ci attendiamo che si arrivi a recuperare la maggior parte del petrolio". Nell'intervista il leader del gruppo petrolifero afferma che la Bp fermerà la perdita e ripulirà tutto ripristinando le condizioni ambientali precedenti.

I CONTI DELLA BP - La Bp ha inoltre avviato una campagna per fare pubblicamente le proprie scuse per aver causato la peggiore catastrofe ambientale nella storia degli Stati Uniti. Nei promo - diffusi via radio, tv, internet e stampa - lo stesso Hayward ribadisce che la compagnia "farà qualsiasi cosa affinché nulla del genere accada mai più". L'iniziativa è stata criticata in primis dal presidente americano Barack Obama, secondo il quale quel denaro sarebbe stato speso meglio per ripulire le coste o per risarcire i pescatori del Golfo o tutti coloro che hanno perso il lavoro a causa della macchia di petrolio. Il portavoce della Bp ha replicato che "non un solo cent" è stato dirottato a favore della pubblicità da quelli destinati alla lotta contro la marea nera, ma non ha precisato quanto è costata la campagna pubblicitaria. Bp ha già pagato 46 milioni di dollari alle vittime della marea nera e ritiene che nel mese di giungo verserà altrettanto.

TENSIONI CON LONDRA - L'attivismo di Obama e di molti commentatori statunitensi provoca però malumori dall'altra parte dell'Atlantico. In Gran Bretagna c'è insofferenza per quella che viene definita "retorica anti-britannica" e viene criticata duramente la disinvoltura con cui l'incidente viene attribuito alla "British Pretroleum". E' quell'insistenza sull'aggettivo "british" a non piacere. Anche un membro autorevole del nuovo governo di centrodestra, il ministro delle Attività produttive Vince Cable, ha preso posizione facendo notare come la compagnia abbia da tempo cambiato nome, diventando semplicemente "Bp", e come la natura multinazionale della stessa non la qualifichi come azienda britannica. Nelle parole pronunciate in America, invece, molti esponenti politici britannici vedono un risentimento anti-inglese che non intendono lasciar cadere. Lo stesso Cable ha spiegato sabato al Daily Mail che probabilmente non ci sarebbe stata altrettanta durezza nelle parole di Obama se ad essere coinvolta fosse stata una multinazionale a stelle e strisce, come ad esempio la Exxon, che deteneva il triste primato dell'incidente più grave in campo petrolifero (quello della Valdez) prima del 20 aprile, giorno del crack alla Horizon.

Redazione online

06 giugno 2010(ultima modifica: 07 giugno 2010)

 

 

 

 

CASA BIANCA / "Ma il disastro avrà un impatto sostanziale sull'economia"

Marea nera, "Risolveremo la crisi"

Obama al termine di un incontro con i ministri:

"L'onda di petrolio sarà contenuta"

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Operazioni di raccolta del greggio disperso in superficioe (Reuters)

Operazioni di raccolta del greggio disperso in superficioe (Reuters)

MILANO - "Risolveremo questa crisi": lo ha detto il presidente Barack Obama oggi alla Casa Bianca dicendosi sicuro che "la marea nera sarà contenuta". Ma l'impatto della marea nera sulle acque del Golfo del Messico e sull'economia, ha aggiunto, sarà "sostanziale" e di lunga durata.

NUOVO OTTIMISMO - Ora che la calotta installata da Bp sulla falla sta iniziando a catturare il petrolio, Obama sfodera con sicurezza l’ottimismo che lo ha sempre caratterizzato e che, di fronte a quella che viene definita la sua "Katrina" (l'uragano che ha devastato New Orleans e gran parte delle stesse aree del sud degli Usa oggi interessate dalla contaminazione da greggio e su cui iniziò ad incespicare l'amministrazione Bush) sembrava latitante. Anzi, questo disastro, "ci darà l’opportunità per migliorare la qualità della vita nel Golfo", ha detto ai giornalisti dopo un incontro con membri del governo e autorità federali impegnate nel contenimento della macchia di petrolio.

IL CONTO DEI DANNI - Tuttavia, l’ottimismo di Obama non manca di solido realismo: l’impatto della marea nera sull’economia del Golfo sarà "sostanziale", non nasconde. Il presidente ha poi invitato i pescatori e tutti coloro che sono stati messi economicamente in ginocchio dalla catastrofe a documentare tutti i danni subiti affinché Bp possa pagare. Obama ha infatti ribadito ancora una volta che la compagnia sarà l’unica e sola responsabile di tutte le spese causate dalla marea nera nel Golfo. Ha poi aggiunto che la soluzione non si avrà finché non saranno completati i pozzi di ’soccorso’ che Bp sta scavando e che si prevede saranno terminati in agosto. Il presidente ha anche invitato Bp a fare in modo che tutti i dispositivi e tecniche utilizzate per risolvere la situazione possano funcionare anche in caso di uragano. "Stiamo utilizzando tutti i mezzi - ha detto inoltre - per essere sicuri che l’impatto sulle spiagge sia minimo".

Redazione online

07 giugno 2010

 

 

 

La società dovrà pagare 69 milioni di dollari. Gates: "Non abbiamo bacchette magiche"

Marea nera, posizionato il "tappo"

Iniziata l'aspirazione del petrolio

Obama per la terza volta in Louisiana dall'inizio dell'emergenza. Presentato un conto salato alla Bp

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MILANO - I tecnici della Bp hanno cominciato ad aspirare e convogliare in superficie il greggio in uscita dal pozzo danneggiato, su cui è stata calata una piccola cupola di contenimento. L'operazione, secondo quanto dichiarato dall'ammiraglio della Guardia Costiera, Thad Allen, coordinatore degli sforzi governativi, sta avvenendo a una velocità di circa mille barili al giorno, un ritmo comunque basso rispetto a quello di fuoriuscita del greggio, pari secondo le ultime stime a circa 19mila barili al giorno. Per conoscere l'esito dell'operazione, riferisce la Bp, sarà necessario attendere le prossime 48 ore. Qualche speranza che questo incubo possa volgere al termine proviene dai primi risultati positivi dell’operazione "Cut and cup": la "gran parte" del petrolio che fuoriesce dal pozzo sembra infatti che riesce ad essere catturata dall’imbuto che gli ingegneri hanno calato a 1600 metri di profondità.

OBAMA CRITICA BP E INVITA ALLA PRUDENZA - Durante la sua terza visita in Louisiana, la seconda questa settimana, Barack Obama, ha voluto sottolineare l’impegno del governo di fronte alla catastrofe causata 46 giorni fa dall’esplosione della piattaforma petrolifera della Bp, il presidente ha posticipato, per la seconda volta, il viaggio in Indonesia e Australia che avrebbe dovuto effettuare dal 13 al 18 giugno. Il presidente Usa ha poi criticato Bp per non aver ancora revocato i piani di pagare i dividendi agli azionisti. "Bp non dovrebbe contare gli spiccioli", quando si tratta di risarcire i residenti del Golfo danneggiati dalla marea nera e poi spendere miliardi in dividendi ai suoi azionisti, ha detto Obama in Louisiana per la terza volta dall'inizio della crisi. Il presidente Usa ha anche invitato alla prudenza sull'esito positivo delle operazioni di raccolta del greggio: "È troppo presto per essere ottimisti", anche se per ora il tappo messo da Bp sul pozzo all'origine della marea nera "sembra tenere".

Il tappo di contenimento e le pompe per l'aspirazione del greggio posizionati sulla falla (Reuters9

Il tappo di contenimento e le pompe per l'aspirazione del greggio posizionati sulla falla (Reuters9

LA CASA BIANCA PRESENTA IL CONTO - Obama sta pagando cara la catastrofe ambientale. Accusato di una risposta tardiva e di scarsa iniziativa di fronte all’incidente, ieri sera il presidente ha voluto dimostrare tutta la sua partecipazione al dramma che stanno vivendo gli americani del Golfo esprimendo per la prima volta un sentimento forte come la rabbia. In un’intervista alla Cnn Obama si è detto furioso: "Sono infuriato per questa situazione perché è un esempio delle persone che non pensano alle conseguenze delle loro azioni. Tutto ciò mette in pericolo un intero modo di vita e tutta una regione, probabilmente per diversi anni". Ieri l’amministrazione Obama ha presentato alla Bp un conto da 69 milioni di dollari (circa 56,7 milioni di euro), pari alle spese finora intraprese dallo Stato per lottare contro la marea nera. La Casa Bianca ha specificato che si tratta solo di un primo conto.

LA BP IN GINOCCHIO - Il disastro è finora costato a Bp oltre un miliardo di dollari e secondo gli analisti di Wall Street il prezzo finale potrebbe essere fino a 20 volte tanto, se si considerano anche i costi per ripulire la costa dal petrolio nei prossimi anni. Una cifra immensa ma non tanto da mettere in ginocchio Bp, un gigante che l’anno scorso ha prodotto utili per 16 miliardi di dollari. A preoccupare di più Bp in queste ore sembra essere il suo amministratore delegato Tony Hayward che fin dall’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon, il 20 aprile, ha collezionato una gaffe dietro l’altra parlando ai media: dalla frase "Rivoglio la mia vita", detta di fronte a gente che sta perdendo la propria a "Non avevamo gli strumenti che si dovrebbero avere nella propria cassetta degli attrezzi".

L'INVOLONTARIA IRONIA DI LAURA - A favore di Obama ha parlato Laura Bush, moglie dell'ex presidente. Ma il suo intervento rischia piuttosto di danneggiare ulteriormente l'immagine dell'attuale capo dello Stato. "Per fermare la marea nera il presidente sta facendo assolutamente tutto il possibile - ha infatti detto l'ex first lady -. Proprio come fece mio marito all'epoca dell'uragano Katrina". Parole che suonano beffarde visto che a Bush viene ancora oggi imputata la scarsa capacità di reazione di fronte alla catastrofe che sconvolse New Orleans e una vasta area di questa stessa parte del Paese. "Tutti sanno che quanto sta accadendo - ha detto Laura Bush alla Abc - non è responsabilità di una persona. Il presidente non può da solo risolvere tutti i problemi".

GATES E LA "BACCHETTA MAGICA" - E un'altra battuta rischia di passare alla storia tra le tante parole dette in questa vicenda. E' quella del segretario alla Difesa, Robert Gates, che dopo numerosi appelli per un intervento dell’esercito ha risposto negativamente sottolineando che i militari non hanno nessuna expertise particolare nel settore: "L’esercito - ha sottolineato da Singapore, dove si trova in missione - ha fornito degli equipaggiamenti e ha aiutato in diversi modi ma non ha la bacchetta magica contro questa catastrofe ecologica".

Redazione online

04 giugno 2010(ultima modifica: 05 giugno 2010)

 

 

 

Marea nera: la cronistoria

20 aprile 2010: Esplode il pozzo di petrolio a 1.500 metri di profondità nel Golfo del Messico che stava perforando la piattaforma Deepwater Horizon, di proprietà della Transocean e affittata alla Bp, a circa 80 km a sud-est di Venice (Louisiana). Muoiono undici operai e altri 17 rimangono feriti. Una prima stima parla di circa mille barili di petrolio al giorno che fuoriescono dal pozzo e vengono immessi in mare

22 aprile: La piattaforma in fiamme affonda

25 aprile: La Bp utilizza robot subacquei controllati a distanza per cercare di riparare il danno, ma il tentativo fallisce

28 aprile: Funzionari della Casa Bianca affermano che sono almeno 5 mila i barili di greggio rilasciati ogni giorno dal pozzo, pari a 800 mila litri. La Guardia costiera statunitense inizia a bruciare in modo controllato alcune chiazze di petrolio sulla superficie del mare. All'inzio di giugno gli incendi controllati saranno più di 120 e avranno eliminato oltre 67 mila barili di greggio

29 aprile: Il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, dichiara lo stato di emergenza

30 aprile: La Casa Bianca afferma che non saranno più concessi nuovi permessi di perforazione in mare finché non saranno completate le indagini sul disastro della Deepwater Horizon

2 maggio: Il presidente Barack Obama effettua una prima visita sulle coste della Louisiana minacciate dalla marea nera. Una zona del Golfo viene interdetta alla pesca, inizialmente per dieci giorni. La Bp inizia a perforare il primo dei due pozzi che serviranno a intercettare e fermare il flusso di petrolio che esce dal pozzo incontrollato. Si prevede che i lavori finiranno in agosto

3 maggio: La Bp si dichiara pronta a "pagare tutti i costi della bonifica"

6 maggio: Le prime chiazze di petrolio arrivano sulle coste delle isole Chandeleur, nella riserva naturale Breton

10 maggio: La Bp apre un sito web per raccogliere consigli e suggerimenti su come bloccare il pozzo

12 maggio: Obama propone una tassa di 1 centesimo di dollaro a barile a carico delle compagnie petrolifere per finanziare studi sulla sicurezza delle perforazioni in mare

14 maggio: La Bp inizia a inserire un tubo flessibile lungo un miglio nella tubazione che si è rotta in modo che una nave serbatoio possa aspirare il petrolio. Funziona, ma la raccolta non è superiore a 2 mila barili al giorno

15 maggio: Studiosi rendono nota la scoperta di larghe chiazze sottomarine di petrolio, alcune delle quali si estendono per 16 km

19 maggio: Le prime chiazze di petrolio arrivano nelle paludi costiere della Louisiana

22 maggio: Obama insedia una commissione indipendente di indagine sul disastro della Deepwater Horizon

24 maggio: La Bp offre 500 milioni di dollari per studiare gli effetti della marea nera

26 maggio: La Bp dà il via all'operazione "top kill" per tappare il pozzo tramite il pompaggio di fanghi pesanti per ridurre la pressione del petrolio in uscita e riuscire poi a chiuderlo con il cemento. Prova anche a introdurre materiali come palle di gomma e brandelli di pneumatici in modo da far aderire meglio il fango

27 maggio: La fuoriuscita di petrolio ha superato quella del 1989 della Exxon Valdez (262 mila barili di greggio): ora è "il peggior disastro ambientale della storia degli Stati Uniti". La perdita di petrolio viene ora stimata in 19 mila barili al giorno. Obama blocca tutte le perforazioni nel Golfo del Messico e annuncia una moratoria di sei mesi per le nuove perforazioni nel Golfo e nel Pacifico. Si dimette Elizabeth Birnbaum, la direttrice del Mineral Management Service, che raccoglie le imposte delle perforazioni in mare

28 maggio: Seconda visita di Obama sulle coste della Louisiana: "Non sarete lasciati soli". La Camera vota un provvedimento per portare da 8 a 32 centesimi di dollaro a barile una tassa per finanziare un fondo per i danni della marea nera

29 maggio: La Bp ammette che l'operazione top kill è fallita

31 maggio: La Bp inizia l'operazione cut and cap: tagliare la valvola di sicurezza che non ha funzionato a bocca pozzo per coprirla con una valvola di contenimento chiamata Lower Marine Riser Package (Lmrp)

1° giugno: Il ministro della Giustizia, Eric Holder, afferma che il governo americano avvierà un'inchiesta civile e penale sull'incidente. La marea nera raggiunge le barriere di contenimento sulle coste del Mississippi e dell'Alabama e si avvicina a 16 km dalle coste della Florida occidentale

2 giugno: Il 37% delle coste Usa del Golfo del Messico vengono interdette alla pesca per un totale di 228 mila kmq. Oltre 300 mila persone aderiscono a una campagna su Facebook di boicottaggio della Bp. L'Agenzia di protezione ambientale ha invitato a una tavola rotonda a Washington insieme a scienziati, ingegneri, oceanografi ed esperti anche il regista James Cameron

3 giugno: Obama visita per la terza volta la Louisiana: "Sono furioso. La risposta della Bp è stata inadeguata". La Casa Bianca ha fatto sapere che invierà alla Bp un conto da 69 milioni di dollari per i costi finora sostenuti nel tentativo di ripulire i danni causati dalla marea nera nel Golfo del Messico. La Casa Bianca definisce "folle" l'idea di chiudere il pozzo con un'esplosione nucleare

4 giugno: Riesce l'operazione cut and cap: circa mille dei 19 mila barili al giorni che fuoriescono dal pozzo vengono aspirati. Il disastro è finora costato alla Bp 1 miliardo di dollari, ma secondo gli analisti la cifra finale potrà arrivare anche a 20 miliardi

6 giugno: La Bp stima che l'aspirazione di petrolio è aumentata ad almeno 10 mila barili al giorno e avvia una campagna stampa per le proprie scuse. Critiche di Obama, secondo il quale la Bp avrebbe fatto meglio a spendere i soldi per ripulire le coste invece di autopromuoversi. Il ministro britannico delle Attività produttive critica l'atteggiamento anti-britannico americano

7 giugno: Obama: "Risolveremo la crisi, ma l'impatto sarà di lunga durata"

8 giugno: La Cnn rende noto che la Bp sta assumendo 4.500 disoccupati in Alabama, Mississippi e Florida per ripulire le coste. Verranno pagati 18 dollari l'ora e i supervisori 32

10 giugno: Mentre il titolo Bp crolla alla Borsa di Londra, i costi dell'incidente vengono ora stimati in 1,43 miliardi di dollari. Il governo Usa intende intraprendere azioni legali per impedire la distribuzione dei dividente agli azionisti Bp

13 giugno: La Guardia Costiera americana dà un ultimatum alla Bp: il colosso petrolifero ha due giorni di tempo per elaborare un programma più aggressivo di contenimento del greggio che fuoriesce dalla piattaforma

14 giugno: Obama: "La marea nera è l'11 settembre dell'ambiente"

15 giugno: Un fulmine colpisce uno dei battelli che partecipano alle operazioni di pompaggio nel golfo del Messico. Il dipartimento di Stato rende noto che sono 17 le nazioni che hanno offerto il proprio aiuto oltre a organizzazioni internazionali. Assente l'Italia. La Bp chiede aiuto a una società specializzata in filtraggio dell'acqua di mare contaminata di proprietà di Kevin Kostner e di suo fratello.

 

 

I tecnici del colosso sono riusciti a tagliare una tubatura del pozzo

Marea nera, Obama: "Sono furioso"

E presenta il primo conto alla Bp

La Casa Bianca invierà una prima "fattura" da 69 milioni alla Bp. Il presidente torna in Louisiana

I tecnici del colosso sono riusciti a tagliare una tubatura del pozzo

Marea nera, Obama: "Sono furioso"

E presenta il primo conto alla Bp

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MILANO - Per la seconda volta in una settimana vista la gravità della situazione, il presidente Usa Barack Obama tornerà venerdì in Louisiana, per seguire in prima persona le operazioni di contenimento della marea nera nel Golfo del Messico. Malgrado la Bp abbia raggiunto un importante traguardo, tagliando una tubatura del pozzo petrolifero esploso nel Golfo del Messico, il leader americano, che ha rinviato il viaggio in Australia e Indonesia, si è detto "furioso" per la situazione. "Sono furioso" ha detto Obama intervistato da Larry King, perché "qualcuno non ha pensato alle conseguenze delle sue azioni". Il presidente americano ha anche aggiunto che la risposta di Bp agli avvenimenti è stata inadeguata. Non solo. La Casa Bianca ha fatto sapere tra le altre cose che invierà alla British Petroleum un conto da 69 milioni di dollari per i costi finora sostenuti nel tentativo di ripulire i danni causati dalla marea nera nel Golfo del Messico. Il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha detto che si tratta solo del primo conto che sarà inviato alla compagnia petrolifera britannica responsabile del disastro ecologico, il peggiore nella Storia degli Stati Uniti.

RIUSCITO IL TAGLIO DEL TUBO - Mentre la Casa Bianca presenta il conto, la Bp spera di vedere entro 24 ore gli effetti positivi dell’operazione "cut and cap": i tecnici del colosso petrolifero sono riusciti in giornata a recidere con una cesoia telecomandata il braccio flessibile del pozzo, sul quale verrà posizionato nelle prossime ore un tappo - che non sarà a tenuta stagna - per frenare il flusso e recuperare gran parte del greggio portandolo in superficie con un lungo tubo. In una conferenza stampa da Houston, in Texas, il numero uno della Bp ha detto che il tappo verrà installato nelle prossime 24-48 ore ma che già nelle prossime 12-24 ore si capirà se funziona come si deve. Se tutto andrà come previsto, il pozzo sarà però sigillato soltanto alla fine del mese, il che significa che la marea nera continuerà a peggiorare ancora per diverse settimane. A metà agosto, infine, dovrebbero essere pronti i due pozzi alternativi che permetteranno con una sorta di bypass di neutralizzare quello attuale.

"NO A OPZIONE NUCLEARE" - Nel frattempo, l'Amministrazione Obama si è detta contraria all'ipotesi di usare una carica nucleare (o qualsiasi esplosivo) per chiudere il pozzo della Bp che vomita petrolio da 45 giorni. Dell' ipotesi, definita "totalmente folle" da fonti dell'Amministrazione, aveva parlato con ampio rilievo il New York Times.

Redazione online

03 giugno 2010(ultima modifica: 04 giugno 2010)© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

2010-06-03

MAREA NERA, Bp impegna 360 milioni di $ per isole artificiali. Fitch taglia il rating

Il regista di Avatar l'ultima carta

Ma Bp rifiuta. Cameron: "Imbecilli"

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James Cameron

James Cameron

MILANO - La chiazza nera continua ad avvicinarsi alle spiagge della Florida nord occidentale. Continuano le difficoltà sul fronte delle operazioni sottomarine, che hanno di nuovo subito un improvviso stop (quando la sega a filo di diamante utilizzata per tagliare la tubazione danneggiata è rimasta bloccata). L'America in costante ricerca di soluzioni ha riunito, in una tavola rotonda a Washington scienziati, ingegneri, oceanografi ed esperti. Tra questi il regista James Cameron (Titanic e The Abyss). Interpellato, dall'Agenzia di protezione ambientale, in quanto esperto di tecnologie sottomarine. Ironia tra i media Usa. Che non ha considerato che Cameron è un appassionato della materia al punto da avere una flotta di mini-sommergibili, piattaforme da esplorazione e robot marini valutati 400 milioni di dollari che nei giorni scorsi aveva messo a disposizione della Bp.

CAMMINARE SULLE ACQUE - "Per fortuna che c'è Cameron che viene in aiuto della presidenza Obama", il commento di Maureen Dowd, editorialista del New York Times, che ha ironizzando sul destino del "candidato che camminava sulle acque" e che adesso è "travolto da una crisi sott'acqua". Anche Bp non ha preso seriamente il regista ipertecnologico di Avatar. E ha rifiutato la sua offerta di aiuto. "In queste ultime settimane ho visto, come tutti noi, con crescente orrore e angoscia, quel che sta accadendo nel Golfo e ho pensato che questi imbecilli non sanno quello che fanno", ha detto il regista. Chi, o che, intendesse per "imbecillli" non l'ha chiarito. Ha però raccontato che l'offerta di aiuto alla Bp e al governo Usa è stata "gentilmente" liquidata dal colosso energetico britannico. "Conosco gente davvero, davvero in gamba che lavora a profondità decisamente superiori a quella in cui si trova il pozzo (un chilometro e mezzo circa sotto il livello del mare)". Certo, lui stesso riconosce che i suoi contatti nel settore non riguardano tecnici di perforazione petrolifera. "Ma -ha detto - molti sono abituati a lavorare con veicoli subacquei e sistemi elettronici di fibra ottica".

BOICOTTAGGIO -Intanto sale la protesta contro Bp in tutto il mondo. E su Facebook già 300mila persone hanno aderito alla campagna di boicottaggio. "Boicotta le stazioni Bp finchè non saranno vuote. Per sempre": è l'urlo di guerra della campagna che per essere precisa e incisiva segala i marchi che stanno sotto il cappello BP: Castrol, Arco, Aral, am/pm, Amoco e Wild Bean Cafe.

UNA BARRIERA DI ISOLE - La compagnia petrolifera britannica ha intanto annunciato che finanzierà la costruzione di sei barriere artificiali al largo delle coste della Louisiana per proteggere le "wetland", zone lacustri ad alto livello di biodiversità, dall'avanzare della marea nera. Il progetto, ideato dal governo della Louisiana e approvato dopo iniziali riserve dal governo federale, prevede la realizzazione di una barriera di collegamento di circa 80 chilometri tra gli isolotti naturali che fronteggiano le coste dello stato. "Il governo federale e lo stato della Louisiana hanno ritenuto che la realizzazione di isolotti di protezione costituisca una risposta alla minaccia del petrolio, e noi lavoreremo insieme a loro su questo progetto", ha dichiarato l'amministratore delegato della Bp Tony Hayward, spiegando che il progetto costerà circa 360 milioni di dollari, pari a oltre 290 milioni di euro. La BP ha stimato i costi finora sostenuti per arginare il disastro provocato nel Golfo del Messico a circa 990 milioni di dollari, circa 806 milioni di Euro.

TROPPO RISCHIO - Ma la "buona volontà" di Bp non basta ad arrestare la sfiducia delle agenzie di rating Moody's e Fitch che hanno declassato il rating di Bp a causa dell'incidente alla piattaforma nel Golfo. Il rating sul rischio default a lungo termine passa da AA+ad A. Lo stesso per il"senior unsecured": entrambi finiscono sotto la lente del Rating Watch Negative. Incide sulla decisione "l'opinione che i rischi continuino a crescere" sull'onda delle conseguenze dell'incidente.

Redazione Online

03 giugno 2010

 

 

EMERGENZA AMBIENTALE

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PITTSBURGH - L'inarrestabile marea nera nel Golfo del Messico offre l'occasione al presidente Barack Obama per rilanciare il suo piano energetico che, come annunciato nei mesi precedenti, prevede l'apertura di nuove centrali nucleari, l'incremento dell'estrazione di gas naturale ma anche forti investimenti per le energie rinnovabili. "Ciò significa porre un termine agli sgravi fiscali destinati alle compagnie petrolifere in modo da poter fare investimenti prioritari nella ricerca e lo sviluppo per l'energia pulita", ha spiegato Obama. Già lo scorso anno la lobby del carbone aveva frenato le aspirazioni ambientaliste del presidente americano: la Camera aveva approvato una legge che introduce un sistema di cap and trade, diritti a emettere CO2, di fatto una tassa sull’inquinamento, ma Obama aveva dovuto fare ampie concessioni ai parlamentari (molti dei quali democratici) degli Stati con miniere di carbone e il provvedimento si era arenato al Senato.

BOICOTTAGGIO - Intanto sale la protesta contro Bp in tutto il mondo. E su Facebook già 300mila persone hanno aderito alla campagna di boicottaggio. "Boicotta le stazioni Bp finchè non saranno vuote. Per sempre": è l'urlo di guerra della campagna che per essere precisa e incisiva segala i marchi che stanno sotto il cappello BP: Castrol, Arco, Aral, am/pm, Amoco e Wild Bean Cafe.

CARBONE - Ora il presidente ci riprova e cerca l'appoggio del Senato: "I voti possono non essere disponibili ora, ma intendo trovarli nei prossimi mesi", ha annunciato Obama in un discorso alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, città della Pennsylvania, cuore carbonifero degli Usa, e anticipato con una nota della Casa Bianca. "Lavorerò per un futuro con energia pulita e mi adopererò con chiunque sia d'accordo, non importa di quale partito".

MAREA NERA - La marea nera del Golfo del Messico può essere il risultato di un errore umano o di scorciatoie da parte delle aziende petrolifere, ha detto Obama. Dopo il fallimento dell'operazione "top kill", ci sono nuovi problemi nei tentativi della Bp di arginare la fuoriuscita di petrolio. Si è infatti incastrata una delle seghe utilizzate per tagliare il braccio flessibile del pozzo nell'operazione chiamata "cut and tape". Lo ha annunciato il responsabile per le operazioni di contenimento, Thad Allen, che ha indicato che adesso la priorità è liberare la sega e portare a termine il secondo taglio del braccio entro la giornata. Se l’operazione andrà a buon fine, verrà poi installato un tappo sulla valvola del pozzo per catturare e aspirare il greggio che fuoriesce. Il primo taglio, effettuato nella notte, era andato a buon termine, ma l’operazione è molto rischiosa e per ora, scrive la Abc, ha già provocato un aumento del 20% del greggio disperso in acqua. Allen ha poi confermato che la chiazza di petrolio ha già toccato parte dello Stato del Mississippi. Una chiazza è ormai a circa 15 chilometri dalle coste della Florida e potrebbe toccare le spiagge di Pensacola entro il fine settimana. Il greggio è già arrivato sulle isole-barriera al largo di Alabama e Mississippi e ha già imbrattato quasi 200 chilometri di coste in Louisiana.

CAMERON - L'Agenzia di protezione ambientale ha invitato a una tavola rotonda a Washington insieme a scienziati, ingegneri, oceanografi ed esperti anche James Cameron, regista canadese di Titanic e The Abyss. La presenza del regista, interpellato in quanto esperto di tecnologie sottomarine, ha provocato l'ironia negli organi d'informazione americani. "Per fortuna che c'è Cameron che viene in aiuto della presidenza Obama", ha commentato l'editorialista del New York Times, Maureen Dowd, ironizzando sul destino del "candidato che camminava sulle acque" e che adesso è "travolto da una crisi sott'acqua". Ironia forse fuori luogo, in quanto Cameron è un appassionato della materia al punto da avere una flotta di mini-sommergibili, piattaforme da esplorazione e robot marini valutati 400 milioni di dollari che nei giorni scorsi ha messo a disposizione della Bp. Ma la Bp ha rifiutato la sua offerta di aiuto. "In queste ultime settimane ho visto, come tutti noi, con crescente orrore e angoscia, quel che sta accadendo nel Golfo e ho pensato che questi imbecilli non sanno quello che fanno", ha detto il regista che non ha chiarito cosa volesse intenedere con il termine "imbecillli". Cameron ha raccontato che l'offerta di dare aiuto alla Bp e al governo Usa è stata "gentilmente" liquidata dal colosso energetico britannico. "Conosco gente davvero, davvero in gamba che lavora a profondità decisamente superiori a quella in cui si trova il pozzo (un chilometro e mezzo circa sotto il livello del mare); e pur riconoscendo che i suoi contatti nel settore non riguardano tecnici di perforazione petrolifera, ha detto che molti sono abituati a lavorare con veicoli subacquei e sistemi elettronici di fibra ottica.

ASSICURAZIONI - Brutte notizie per la Bp anche dal mondo assicurativo. Quasi la metà dei soci di Lloyd's e molti assicuratori internazionali hanno chiesto a un giudice americano d'invalidare la richiesta di rimborso (700 milioni di dollari) per l'assicurazione stipulata da Transocean, la proprietaria della piattaforma Deepwater Horizon affondata nel Golfo del Messico. Secondo gli assicuratori il contratto d'affitto della piattaforma mostra chiaramente come la polizza copra soltanto eventuali danni alla struttura stessa e non la fuoriuscita del greggio. "Le responsabilità contestate a Bp - si legge nel documento visto dal Times - dipendono dalla perdita del pozzo, che è posizionato ben al di sotto della superficie: tali responsabilità non sono comprese nella polizza".

Redazione online

02 giugno 2010(ultima modifica: 03 giugno 2010

 

 

 

Se saranno accertate violazioni della legge

Marea nera: Obama, "Porteremo

i responsabili in tribunale"

Crolla il titolo Bp alla Borsa di Londra: -15%, già spesi 990 milioni di dollari per arginare il disastro

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Obama perplesso sulle coste della Louisiana (Reuters)

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WASHINGTON - Se saranno accertate violazioni della legge, "porteremo in tribunale i responsabili" del disastro ambientale del Golfo del Messico. Lo ha assicurato il presidente Usa, Barack Obama dopo aver incontrato i responsabili della commissione sulla marea nera. Il capo della Casa Bianca ha inoltre affermato che "faremo in modo che la Bp mantenga le sue promesse, e che debba rispondere di quanto accaduto". Il presidente ha annunciato nuove regole per società petrolifere, l'impegno a proseguire negli sforzi finora compiuti fino a cambiare le leggi che regolano le perforazioni. La commissione ha infatti sei mesi di tempo per stilare un rapporto con le nuove linee guida per la prevenzione di fuoriuscite di petrolio in caso di incidenti nelle trivellazioni off-shore. Le autorità federali, intanto, hanno esteso il divieto di pesca ad altre aree adiacenti le coste dell'Alabama e del Mississippi, portando così al 26% la quota di superficie del Golfo interessata dal divieto.

BP: AZIONI -15% - Alla Borsa di Londra le azioni della Bp sono crollate martedì del 15%, anche perché sembra molto probabile che, dopo l'ennesimo fallimento del tentativo di chiusura del pozzo a 1.500 metri sotto il mare, l'azienda petrolifera dovrà pagare una somma astronomica in danni e per le spese di pulizia (in tutto forse 10 miliardi di dollari, oltre 8 miliardi di euro) e potrebbe addirittura essere esclusa dal mercato statunitense. Intanto la Bp ha aggiornato i conti delle spese finora sostenute per arginare il disastro: 990 milioni di dollari.

01 giugno 2010

 

 

 

 

 

si tenterà di aspirare il greggio. New York Times: Bp conosceva i rischi

Marea nera, fallisce operazione "Top kill"

La Bp ha fatto sapere che l'ultima manovra per fermare la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico è fallita

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MILANO - La marea nera che sta devastando il Golfo del Messico da cinque settimane è "forse la peggiore catastrofe ecologica che gli Stati Uniti abbiano mai affrontato". Lo ha detto Carol Browner, consigliere del presidente Obama per le questioni ambientali, intervistata dalla Nbc nel giorno in cui il tentativo denominato "top kill" per fermare la fuoriuscita di petrolio non ha funzionato ed è stato accantonato. La Bp ha quindi annunciato che tenterà un'altra opzione, chiamata "lower marine riser package" (Lmrp) per la quale occorreranno diversi giorni.

NUOVA OPZIONE - Il capo delle operazioni di Bp, Doug Suttles, ha reso noto che Top Kill è stato abbandonato dopo aver pompato da mercoledì 35 mila barili di fanghi nel pozzo danneggiato. Bp intende ora tagliare il tubo danneggiato all'altezza della supervalvola e di incappucciarla, poi collegare questo cappuccio a un nuovo tubo e attraverso questo tubo aspirare il grosso del petrolio e del gas fino alla nave di appoggio in superficie. Manovra però mai tentata a 1.500 metri di profondità. Infatti il presidente Obama si è già detto molto dubbioso sulla riuscita anche di questo tentativo. "Siamo molto delusi da questo annuncio", ha detto la contrammiraglio della Guardia Costiera Mary Landry in una conferenza stampa a Robert, in Louisiana. La Landry ha detto che il governo federale ha dato a Bp luce verde per il nuovo tentativo.

NEW YORK TIMES: BP SAPEVA DEI RISCHI - Il New York Times (Nyt) riporta però altri particolari inquietanti sull'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon, che fanno sempre più ipotizzare lo scenario di "tragedia annunciata". Già molto tempo prima dell’esplosione, la Bp era a conoscenza di seri problemi e temeva fortemente per la sicurezza della piattaforma, riferisce oggi il Nyt citando documenti riservati del guppo petrolifero britannico. I problemi riguardavano in particolare il rivestimento del pozzo e il dispositivo messo a punto contro le esplosioni. Già un anno fa, gli ingegneri di Bp avevano manifestato perplessità sul rivestimento. In marzo c'erano state "difficoltà nell’attività di controllo del pozzo". Nonostante il rivestimento non rispondesse ad alcuni standard di sicurezza, rivela il quotidiano, Bp autorizzò l'utilizzo. Le carte fornite da Bp al Nyt la scorsa settimana avevano rivelato che i dirigenti del gruppo sapevano che il rivestimento utilizzato era l'opzione più rischiosa tra due.

Redazione online

30 maggio 2010(ultima modifica: 31 maggio 2010)

2010-05-30

si tenterà di aspirare il greggio. New York Times: Bp conosceva i rischi

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MILANO - La marea nera che sta devastando il Golfo del Messico da cinque settimane è "forse la peggiore catastrofe ecologica che gli Stati Uniti abbiano mai affrontato". Lo ha detto Carol Browner, consigliere del presidente Obama per le questioni ambientali, intervistata dalla Nbc nel giorno in cui il tentativo denominato "top kill" per fermare la fuoriuscita di petrolio non ha funzionato ed è stato accantonato. La Bp ha quindi annunciato che tenterà un'altra opzione, chiamata "lower marine riser package" (Lmrp) per la quale occorreranno diversi giorni.

NUOVA OPZIONE - Il capo delle operazioni di Bp, Doug Suttles, ha reso noto che Top Kill è stato abbandonato dopo aver pompato da mercoledì 35 mila barili di fanghi nel pozzo danneggiato. Bp intende ora tagliare il tubo danneggiato all'altezza della supervalvola e di incappucciarla, poi collegare questo cappuccio a un nuovo tubo e attraverso questo tubo aspirare il grosso del petrolio e del gas fino alla nave di appoggio in superficie. Manovra però mai tentata a 1.500 metri di profondità. Infatti il presidente Obama si è già detto molto dubbioso sulla riuscita anche di questo tentativo. "Siamo molto delusi da questo annuncio", ha detto la contrammiraglio della Guardia Costiera Mary Landry in una conferenza stampa a Robert, in Louisiana. La Landry ha detto che il governo federale ha dato a Bp luce verde per il nuovo tentativo.

NEW YORK TIMES: BP SAPEVA DEI RISCHI - Il New York Times (Nyt) riporta però altri particolari inquietanti sull'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon, che fanno sempre più ipotizzare lo scenario di "tragedia annunciata". Già molto tempo prima dell’esplosione, la Bp era a conoscenza di seri problemi e temeva fortemente per la sicurezza della piattaforma, riferisce oggi il Nyt citando documenti riservati del guppo petrolifero britannico. I problemi riguardavano in particolare il rivestimento del pozzo e il dispositivo messo a punto contro le esplosioni. Già un anno fa, gli ingegneri di Bp avevano manifestato perplessità sul rivestimento. In marzo c'erano state "difficoltà nell’attività di controllo del pozzo". Nonostante il rivestimento non rispondesse ad alcuni standard di sicurezza, rivela il quotidiano, Bp autorizzò l'utilizzo. Le carte fornite da Bp al Nyt la scorsa settimana avevano rivelato che i dirigenti del gruppo sapevano che il rivestimento utilizzato era l'opzione più rischiosa tra due.

Redazione online

30 maggio 2010

 

 

 

 

 

ora si tenterà di aspirare il greggio

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NUOVA OPZIONE - Il Chief Operating Officer di Bp Doug Suttles ha annunciato che Top Kill è stata abbandonata dopo aver pompato da mercoledì 35 mila barili di fanghi nel pozzo danneggiato. Bp è passata adesso a tentare un altro metodo che consiste nel resecare il tubo danneggiato all'altezza della supervalvola e di incappucciarla, poi collegare questo cappuccio a un nuovo tubo e attraverso questo tubo aspirare il grosso del petrolio e del gas fino alla nave di appoggio in superficie. "Siamo molto delusi da questo annuncio", ha detto la contrammiraglio della Guardia Costiera Mary Landry in una conferenza stampa a Robert in Louisiana. La Landry ha detto che il governo federale ha dato a Bp luce verde per il nuovo tentativo.

Redazione online

30 maggio 2010

 

 

 

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Una fase dell'operazione 'Top Kill'

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MILANO - "Sono il presidente, la responsabilità ultima di questa crisi è la mia". E alle popolazioni delle zone costiere interessate dalla deriva della marea nera fuoriuscita nel Golfo del Messico: "Non verrete abbandonati". Così il presidente Usa Barack Obama si è rivolto alle popolazioni colpite dalla'emergenza ecologica seguita all'incidente alla Deepwater Horizon durante una visita alle zone più direttamente coinvolte dal disastro. Il capo della Casa Bianca ha promesso aiuti concreti per fare fronte alle conseguenze dello sversamento di greggio. "Mi prendo l'ultima responsabilità di questa crisi - ha sottolineato - sono il presidente e il compito spetta a me". Obama ha usato per questa ultima frase un'espressione gia utilizzata da altri presidenti Usa come Truman: "Buck stops with me".

ORE DECISIVE - Nel frattempo appare sempre più chiaro che le prossime 12-18 ore saranno cruciali nel tentativo di fermare definitivamente la perdita. Lo ha affermato l'ammiraglio della Guardia Costiera Thad Allen, coordinatore delle operazioni di contenimento della marea nera. Il capo della Bp, Tony Hayward, ha preso invece più tempo: 48 ore. Al momento la fuoriuscita di greggio sembra bloccata, ma "è troppo presto per cantare vittoria" e i tecnici hanno ripreso a pompare fango e cemento nel pozzo. Hayward ha detto che l'operazione Top Kill per chiudere il pozzo petrolifero "sta andando abbastanza bene".

TASSA QUADRUPLICATA - Nel frattempo la Camera dei Rappresentanti Usa ha votato un provvedimento per quadruplicare le tasse su ogni singolo barile di greggio (da 8 a 32 centesimi) con cui finanziare un fondo speciale per ripagare i danni della marea nera nel Golfo del Messico. L'obiettivo è raccogliere circa 12 miliardi di dollari in 10 anni.

LA DISPUTA SUI "BARILI" - Il riversamento di greggio in mare dal 20 aprile scorso, anche in base alla migliore delle stime, è ormai complessivamente di 68 milioni di litri, una quantità superiore a quella della Exxon Valdez in Alaska, considerata finora la peggiore catastrofe ambientale negli Stati Uniti (allora furono 42 milioni di litri di greggio a riversarsi in mare). Contrariamente a quanto annunciato dalla Bp, che ha sempre parlato di una perdita di 5 mila barili al giorno di greggio dalla falla sul fondo del Golfo del Messico, secondo le stime preliminari del governo Usa sono usciti invece 12-19 mila barili al giorno. È quanto ha determinato il Servizio geologico americano (Usgs).

BP RESPONSABILE - Obama ha anche detto che il colosso petrolifero British Petroleum "è responsabile di questo orribile disastro" e che dovrà ripagare "fino all'ultimo centesimo per i danni causati". Il presidente ha rifiutato le accuse rivolte alla sua amministrazione di aver lasciato il controllo delle operazioni di emergenza nelle mani di Bp, dicendo che ogni mossa della società viene approvata dalla Casa Bianca in anticipo. "Bp opera sotto la nostra direzione", ha detto. "Ogni azione o decisione chiave che prendono deve essere prima approvata da noi". La Bp ha speso finora 930 milioni di dollari per attenuare la catastrofe.

Ttuttavia una squadra di magistrati e investigatori federali guidata dal Dipartimento della Giustizia Usa sta lavorando per una possibile incriminazione penale della British Petroleum . Secondo il quotidiano statunitense "Los Angeles Times", in effetti, gli inquirenti nelle ultime tre settimane hanno raccolto "con discrezione" prove in Louisiana per capire se la Bp abbia violato normative federali sulla sicurezza e fuorviato il governo di Washington sostenendo di essere in grado di porre fine rapidamente all'incidente ambientale.

Redazione online

 

28 maggio 2010(ultima modifica: 29 maggio 2010)

 

 

 

 

 

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Una fase dell'operazione 'Top kill' (Ansa)

Una fase dell'operazione "Top kill" (Ansa)

WASHINGTON - La British Petroleum ha dovuto fermare temporaneamente l'operazione "Top Kill" per problemi tecnici. I suoi ingegneri hanno constatato che troppo fango pompato nel pozzo fuoriusciva all'esterno con una eccessiva perdita di petrolio. L'intervento dovrebbe riprendere entro la mezzanotte. Secondo quanto riferisce il New York Times, i tecnici della Bp restano comunque cautamente "ottimisti". Poche ore prima era stato lo stesso Barack Obama ad avvertire che l'operazione avviata per chiudere la falla petrolifera nel Golfo del Messico "non ha garanzie di successo". Una doccia fredda arrivata a 24 ore dall'avvio del maxi intervento per cercare di bloccare la fuoriuscita di petrolio che ormai continua dal 21 aprile al largo della Louisiana. Si tratta di una operazione molto vasta - ha spiegato il presidente Usa in una conferenza stampa nella East Room della Casa Bianca - in cui "gli errori sono possibili: speriamo il meglio ma siamo pronti al peggio". Quindi ha ribadito che la British Petroleum "è responsabile di questo orribile disastro e deve pagare fino all'ultimo centesimo per i danni che ha provocato". Cade intanto anche la prima testa: è stata licenziata - per decisione dello stesso presidente - Elizabeth Birnbaum, responsabile dell'Us Minerals Management Service (Mms), l'agenzia che dà il via libera alle trivellazioni petrolifere e che avrebbe ignorato a più riprese gli avvertimenti sui rischi ambientali lanciati dai consulenti scientifici del governo.

"PETROLIO FERMATO" - Ben diverso, qualche ora prima, era stato l'umore dell'ammiraglio della Guardia costiera Thad Allen, coordinatore dell'intervento di contenimento della chiazza: interpellato dal Los Angeles Times aveva spiegato che i tecnici sono riusciti a iniettare sufficiente liquido ad alta viscosità per bloccare la perdita di greggio e gas. La fuoriuscita di petrolio si sarebbe fermata, anche se l'ammiraglio ha sottolineato che è comunque "presto per cantare vittoria". Più prudente si era dimostrata la Bp, secondo cui non bisognava trarre conclusioni affrettate. "È un braccio di ferro difficile come ci aspettavamo - ha detto il direttore generale Robert Dudley -. Ne sapremo di più nelle prossime 24-48 ore". Poco dopo, un tecnico al centro di comando di Houston ha riferito che gli ingegneri stanno rivedendo i piani.

Petrolio nel Golfo del Messico (Ap)

Petrolio nel Golfo del Messico (Ap)

43 MILIONI DI LITRI - Intanto si comincia a fare i conti dei danni. Secondo le stime preliminari del governo Usa sono usciti dalla falla tra i 12 e i 19mila barili al giorno (corrispondenti a 2-3 milioni di litri), per un totale al 17 maggio di 270mila barili di petrolio, pari a quasi 43 milioni di litri. La Bp ha sempre dichiarato che la perdita era di 5mila barili al giorno. Un disastro che dunque supera quello della Exxon Valdez nel 1989 in Alaska: allora la perdita totale fu di 40,9 milioni di litri.

RISCHIO SECONDA FALLA - L'operazione "Top kill" prevede che il fango sia spinto a elevata pressione sulla testa del pozzo, al di sotto della falla e del blowout preventer (un dispositivo che avrebbe dovuto prevenire la fuoriuscita di greggio in caso di incidente), a un ritmo di 65 barili al minuto. La pressione del greggio in uscita dovrebbe inizialmente spingere il fango verso l'alto e costringerlo a uscire dalla falla insieme al petrolio, ma con l'aumentare del flusso il fango dovrebbe essere in grado di bloccare la fuoriuscita, permettendo così la successiva chiusura della falla con il cemento. Il rischio principale dell'operazione è che la parti più deboli del già danneggiato blowout preventer possano cedere a causa delle elevate pressioni e generare una seconda falla.

MALORE - Intanto nel Golfo del Messico i pescherecci che partecipano alla operazioni di bonifica sono stati richiamati in porto per motivi precauzionali dopo che quattro marinai hanno manifestato problemi di salute. Questi, imbarcati su tre dei 125 pescherecci che compongono la flotta di soccorso, hanno sofferto di nausee, vertigini, mal di testa e dolori al petto. La macchia di greggio ha inquinato un tratto di 160 chilometri di costa e l'area in cui è vietata la pesca è stata estesa a oltre 20mila chilometri quadrati.

MORATORIA - Barack Obama ha annunciato il prolungamento di altri sei mesi della moratoria sulle trivellazioni off-shore. In attesa di conoscere le conclusioni dell'inchiesta della commissione incaricata, il presidente ha sospeso i permessi e annunciato un inasprimento degli standard di sicurezza. Sono state cancellate nuove concessioni in programma nel Golfo del Messico e al largo della Virginia, mentre un rapporto stilato dal ministro dell'interno Ken Salazar prevede il blocco delle concessioni anche nell'Artico fino al 2011 per permettere nuovi studi sulle tecnologie e le misure di sicurezza delle esplorazioni.

ACCUSE - Intanto il New York Times lancia nuove accuse alla Bp. La compagnia petrolifera avrebbe risparmiato su materiali di rivestimento del pozzo sottomarino scegliendo, tra due opzioni, quella più economica ma anche più rischiosa. Le rivelazioni arrivano da un documento ricevuto da un investigatore del Congresso Usa. Gli operai che si trovavano sulla piattaforma Deepwater Horizon hanno riferito che prima dello scoppio c'erano state fuoriuscite di gas attraverso il cemento. E proprio il gas potrebbe aver causato l'esplosione costata la vita a undici operai e l'affondamento della piattaforma stessa. L'opzione scelta dalla Bp sarà uno degli argomenti (insieme ai mancati test per controllare la tenuta del cemento) al centro delle audizioni alla commissione del Congresso, dove sono stati convocati i vertici della società.

RUSSIA - Il presidente russo Dmitry Medvedev ha espresso preoccupazione sulla stessa sopravvivenza della British Petroleum, che estrae in Russia una quarto della sua produzione. "Nessuno può sapere cosa accadrà nel Golfo del Messico. Ma non ci sono neanche certezze a cosa potrà accadere alla società" ha dichiarato durante un incontro con degli ecologisti, sottolineando che "la natura della responsabilità è tale che può distruggere chiunque".

Redazione online

27 maggio 2010(ultima modifica: 28 maggio 2010)

 

 

 

Obama infuriato. chiuso per un'altra falla un oleodotto in Alaska

Marea nera, la Bp avvia l'operazione

"Top kill" per tappare la falla

Liquido denso e cemento nel pozzo. Ma se il tentativo fallisse, il disastro potrebbe peggiorare

Obama infuriato. chiuso per un'altra falla un oleodotto in Alaska

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"Top kill" per tappare la falla

Liquido denso e cemento nel pozzo. Ma se il tentativo fallisse, il disastro potrebbe peggiorare

I tentativi per tappare la fuoriuscita di petrolio sul fondo del Golfo del Messico (Ap)

I tentativi per tappare la fuoriuscita di petrolio sul fondo del Golfo del Messico (Ap)

MILANO - Via libera dalla Guardia costiera americana alla British Petroleum per avviare il cosiddetto 'top kill' (l'immissione di liquido denso e di cemento) per bloccare la fuoriuscita di greggio dal pozzo petrolifero danneggiato nel Golfo del Messico. Il contrammiraglio Mary Landry, comandante di tutte le operazioni nel Golfo del Messico, ha dato "l'autorizzazione finale necessaria per iniziare la procedura". Il segretario all'Interno Ken Salazar ha annunciato che le operazioni sono iniziate: non è chiaro quanto dureranno, se diverse ore o più giorni. Secondo gli esperti della Bp, il tentativo ha il 60-70% di speranze di farcela. In caso contrario, se la valvola fosse danneggiata (un fatto che non si può escludere vista la pressione), la marea nera potrebbe essere peggiore di prima. Lo stesso presidente americano, Barack Obama, ha affermato che non ci sono garanzie che il tentativo funzioni.

MAREA NERA - La situazione continua insomma a impensierire la Casa Bianca. Tanto che lo stesso Obama si sarebbe espresso in privato con un duro "tappate quel maledetto buco". Il leader Usa venerdì effettuerà la sua seconda visita in Louisiana per valutare nuovamente i danni del disastro.

PIATTAFORMA - Nel frattempo la Bp ha fatto trapelare alla commissione di indagine del Congresso americano la notizia che, a partire da 51 minuti prima dell'incidente che ha provocato anche undici morti, c'erano state tre segnalazioni di allarme. I tre segnali riguardavano una pressione abnorme (98 kg per centimetro quadro) a fondo pozzo. Ma anche nelle ore precedenti all'esplosione si erano verificati alcuni problemi (perdite di liquido) in una valvola che doveva impedire l'eruzione del greggio fuori dal pozzo.

TRIVELLAZIONI - Secondo alcuni documenti di cui è venuto in possesso il Washington Post, l'agenzia federale che regola e controlla le trivellazioni off-shore negli Stati Uniti ignorò a più riprese gli avvertimenti sui rischi ambientali nel Golfo del Messico lanciati dai consulenti scientifici del governo Usa. Funzionari del Minerals Management Service (Mms) avrebbero aggirato alcune procedure e falsificato documentazioni pur di rispettare le scadenze federali per la concessione delle licenze e riscuotere gli incentivi, sia sotto l'amministrazione Bush che quella Obama. Furono allentati i criteri per la concessione delle licenze previsti dalla legislazione americana a tutela dell'ambiente marino. Per le trivellazioni nel Golfo del Messico e in Alaska, l'Mms chiese di non essere troppo scrupolosi nelle ispezioni per non far slittare il via libera e a nulla valsero le obiezioni sollevate da altre agenzie federali.

ALASKA - Ma per la British Petroleum i guai non finiscono qui. Dopo l'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon e la conseguente marea nera di petrolio nel Golfo del Messico, un oleodotto in Alaska è stato chiuso in seguito a una perdita di greggio dovuta ad alcuni inconvenienti tecnici. La decisione è stata presa dopo che migliaia di barili di petrolio si sono riversati in un contenitore di emergenza durante un test dei comandi anti-incendio alla stazione di pompaggio numero 9, situata a circa 160 chilometri a sud di Fairbanks.

Redazione online

26 maggio 2010

 

 

 

 

Palin: "In 20 anni ha dato 3,5 milioni ai candidati democratici"

Bp offre 500 milioni di dollari

per studiare effetti della marea nera

La Casa Bianca sotto attacco dei repubblicani per la lentezza delle pressioni sulla compagnia petrolifera

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MILANO - Sotto la minaccia di essere estromessa delle trivellazioni petrolifere negli Stati Uniti, la Bp si è impegnata a versare 500 milioni di dollari (405 milioni di euro) in un fondo decennale per gli studi sulle conseguenze ambientali della marea nera nel Golfo del Messico provocata dal disastro della piattaforma Deepwater Horizon. Lo ha annunciato in una nota l'amministratore delegato della compagnia britannica, Tony Hayward. "Ci siamo impegnati a far qualsiasi cosa per ridurre l'impatto di questo tragico incidente sulla gente e sulla costa del Golfo", ha dichiarato. "Dobbiamo compiere ogni sforzo per capire questo impatto. Questo sarà punto di partenza di un processo di recupero e del miglioramento della nostra capacità di risposta in futuro".

CASA BIANCA SOTTO ATTACCO - "La Casa Bianca è frustrata e arrabbiata per il fatto che la Bp non sia stata capace di fermare questa perdita di petrolio e di bloccare l'inquinamento. Stiamo in questa situazione da 33 giorni", aveva detto il segretario all'Interno Usa, Ken Salazar. "Se appureremo che non sta agendo come dovrebbe, la cacceremo". Al ministro aveva replicato David Axelrod, consigliere di Barack Obama: "Otterremo una risposta dalla Bp. Sarebbe folle non sfruttare la loro esperienza e le loro installazioni". Anche il governatore della Louisiana aveva denunciato la reazione troppo lenta di Bp attaccando però allo stesso tempo anche il governo di Obama. "Le misure per proteggere le nostre coste ancora non ci sono", ha dichiarato il governatore Bobby Jundal, "Il petrolio resta là in attesa di essere pulito e ogni giorno che passa le paludi muoiono un po' di più". La leader dell'ala dura repubblicana ed ex candidata alla vicepresidenza Sarah Palin, in un'intervista a Fox News ha detto che la Bp ha versato oltre 3,5 milioni di dollari ai candidati democratici negli ultimi 20 anni.

NEW YORK TIMES - Anche il New York Times attacca Obama. Secondo il quotidiano da quando il presidente ha imposto una moratoria su nuovi progetti di perforazione offshore sono state autorizzate almeno sette nuove perforazioni petrolifere e concesse cinque deroghe ambientali. Dal Dipartimento all'Interno è arrivata la giustificazione: la moratoria riguarda solo i permessi di perforazione di nuovi pozzi ma non quelli su perforazioni già esistenti.

Redazione online

24 maggio 2010

 

gli Usa quadruplicano la tassa sul barile

Obama in mezzo al catrame:

"Mia la responsabilità"

Il presidente dalla Louisiana: "Non vi lasceremo soli". E lavora per incriminare penalmente la Bp

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Una fase dell'operazione 'Top Kill'

Una fase dell'operazione "Top Kill"

MILANO - "Sono il presidente, la responsabilità ultima di questa crisi è la mia". E alle popolazioni delle zone costiere interessate dalla deriva della marea nera fuoriuscita nel Golfo del Messico: "Non verrete abbandonati". Così il presidente Usa Barack Obama si è rivolto alle popolazioni colpite dalla'emergenza ecologica seguita all'incidente alla Deepwater Horizon durante una visita alle zone più direttamente coinvolte dal disastro. Il capo della Casa Bianca ha promesso aiuti concreti per fare fronte alle conseguenze dello sversamento di greggio. "Mi prendo l'ultima responsabilità di questa crisi - ha sottolineato - sono il presidente e il compito spetta a me". Obama ha usato per questa ultima frase un'espressione gia utilizzata da altri presidenti Usa come Truman: "Buck stops with me".

ORE DECISIVE - Nel frattempo appare sempre più chiaro che le prossime 12-18 ore saranno cruciali nel tentativo di fermare definitivamente la perdita. Lo ha affermato l'ammiraglio della Guardia Costiera Thad Allen, coordinatore delle operazioni di contenimento della marea nera. Il capo della Bp, Tony Hayward, ha preso invece più tempo: 48 ore. Al momento la fuoriuscita di greggio sembra bloccata, ma "è troppo presto per cantare vittoria" e i tecnici hanno ripreso a pompare fango e cemento nel pozzo. Hayward ha detto che l'operazione Top Kill per chiudere il pozzo petrolifero "sta andando abbastanza bene".

TASSA QUADRUPLICATA - Nel frattempo la Camera dei Rappresentanti Usa ha votato un provvedimento per quadruplicare le tasse su ogni singolo barile di greggio (da 8 a 32 centesimi) con cui finanziare un fondo speciale per ripagare i danni della marea nera nel Golfo del Messico. L'obiettivo è raccogliere circa 12 miliardi di dollari in 10 anni.

LA DISPUTA SUI "BARILI" - Il riversamento di greggio in mare dal 20 aprile scorso, anche in base alla migliore delle stime, è ormai complessivamente di 68 milioni di litri, una quantità superiore a quella della Exxon Valdez in Alaska, considerata finora la peggiore catastrofe ambientale negli Stati Uniti (allora furono 42 milioni di litri di greggio a riversarsi in mare). Contrariamente a quanto annunciato dalla Bp, che ha sempre parlato di una perdita di 5 mila barili al giorno di greggio dalla falla sul fondo del Golfo del Messico, secondo le stime preliminari del governo Usa sono usciti invece 12-19 mila barili al giorno. È quanto ha determinato il Servizio geologico americano (Usgs).

BP RESPONSABILE - Obama ha anche detto che il colosso petrolifero British Petroleum "è responsabile di questo orribile disastro" e che dovrà ripagare "fino all'ultimo centesimo per i danni causati". Il presidente ha rifiutato le accuse rivolte alla sua amministrazione di aver lasciato il controllo delle operazioni di emergenza nelle mani di Bp, dicendo che ogni mossa della società viene approvata dalla Casa Bianca in anticipo. "Bp opera sotto la nostra direzione", ha detto. "Ogni azione o decisione chiave che prendono deve essere prima approvata da noi". La Bp ha speso finora 930 milioni di dollari per attenuare la catastrofe.

Ttuttavia una squadra di magistrati e investigatori federali guidata dal Dipartimento della Giustizia Usa sta lavorando per una possibile incriminazione penale della British Petroleum . Secondo il quotidiano statunitense "Los Angeles Times", in effetti, gli inquirenti nelle ultime tre settimane hanno raccolto "con discrezione" prove in Louisiana per capire se la Bp abbia violato normative federali sulla sicurezza e fuorviato il governo di Washington sostenendo di essere in grado di porre fine rapidamente all'incidente ambientale.

Redazione online

 

28 maggio 2010(ultima modifica: 29 maggio 2010)

 

 

Monta la rabbia contro la Bp. sI MUOVE ANCHE Erin Brockovich: "Ribellatevi"

Onda nera, stretta di Obama

sulle nuove trivellazioni

"Saranno permesse solo con la garanzia che non provochino disastri ambientali"

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MILANO - Stretta di Barack Obama sulle nuove per la ricerca di petrolio in mare. Nel suo discorso settimanale per radio e internet, il presidente americano ha annunciato che le nuove trivellazioni in futuro dovranno essere permesse solo se sarà garantito che non potranno provocare disastri ambientali. La presa di posizione dell'inquilino della Casa Bianca dà la misura della rabbia che negli ultimi giorni sta montando sempre di più contro la Bp. I tentativi del colosso petrolifero di contenere la perdita di petrolio che dal 20 aprile scorso si riversa dalla piattaforma nel Golfo del Messico continuano ma sono in molti tra gli abitanti della costa e tra i leader politici a Washington a puntare il dito contro la multinazionale britannica. Con giorni di ritardo sulle previsioni iniziali, il colosso petrolifero proverà, non prima di martedì prossimo, a bloccare la fuoriuscita di greggio, tentando di ostruire con un tappo di cemento ad alta pressione il pozzo che vomita il petrolio in mare. Nel discorso del sabato, l'inquilino della Casa Bianca ha anche ufficializzato la nascita di una commissione d'inchiesta per indagare nei dettagli il dramma, mentre secondo alcune fonti l'Agenzia per l'ambiente sta pensando di mettere al bando la Bp, escludendola da tutti i contratti governativi.

CHIAZZE SUI TERRENI PALUDOSI - Chiazze di petrolio color ruggine stanno iniziando intanto a depositarsi sui terreni paludosi del delta del Mississippi, con conseguenze per la fauna marina e non. "È un disastro. Dormivano tutti e ora d'improvviso eccolo qua", commenta Roger Halphen - insegnante di scuola della Louisiana meridionale che ha lavorato sia nell'industria petrolifera che come pescatore - riferendosi al petrolio che sta raggiungendo la costa.

La pulizia delle spiagge della Louisiana dopo l'arrivo della marea nera (Reuters)

La pulizia delle spiagge della Louisiana dopo l'arrivo della marea nera (Reuters)

ROSSO IN BORSA - La cattiva reputazione di Bp si rispecchia nel prezzo delle sue azioni, che venerdì hanno perso più del 4% a Londra. I politici americani e gli scienziati hanno accusato la compagnia di aver cercato di nascondere quella che molti ritengono sia la peggior fuoriuscita di petrolio mai avvenuta negli Usa, più grave anche di quella generata dall'incidente dell'Exxon Valdez in Alaska nel 1989. Per la costa del Golfo, potrebbe diventare una catastrofe ambientale ed economica.

COMMISSIONE D'INCHIESTA - A presiedere la commissione d'inchiesta voluta da Obama saranno un ex governatore della Florida, l'ex senatore Bob Graham, e l'ex numero uno dell'Environmental Protection Agency (Epa, l'equivalente del nostro ministero dell'ambiente), William Reilly. Secondo alcune fonti, una delle ipotesi che l'Epa sta addirittura studiando è di mettere al bando la Bp escludendola da tutti i contratti governativi, il che potrebbe significare, in sostanza, l'allontanamento definitivo della compagnia britannica da tutti i giacimenti petroliferi federali Usa. La British Petroleum ha pagato negli anni scorsi decine di milioni di dollari di danni per non avere rispettato le regole e le misure di sicurezza, promettendo ogni volta di modificare il proprio atteggiamento. In una conferenza stampa, ad Houston, in Texas, la Bp ha ammesso venerdì che la quantità di greggio recuperato ogni giorno nel Golfo del Messico è passata da 5.000 a 2.200 barili al giorno circa. Come ha indicato il portavoce della Bp John Curry, "il flusso di greggio si modifica, non è costante". Infine, come ha scritto il New York Times, crescono i timori di conflitto di interessi nella gestione della vicenda, dato che alcuni dei laboratori che fanno le analisi delle acque inquinate sono legati alle compagnie petrolifere (tra cui la stessa Bp), come lo sono i centri che recuperano e trattano gli uccelli colpiti dalla marea nera.

SI MUOVE ERIN BROCKOVICH - Non poteva sottrarsi intanto a questa nuova crociata ambientalista Erin Brockovich, nota avvocatessa ambientalista e anticorporate americana, che si scaglia contro la British Petroleum (Bp), responsabile del più grave disastro ambientale della storia degli Stati Uniti. "Ribellatevi a Bp e ditegli: "Sapete cosa, non abbiamo intenzione di prenderci ancora la vostra merda"", ha detto la Brockovich ad una platea di più di 300 residenti di Pensacola, Florida, accorsi per farsi caricare dalla paladina e poi partire all’attacco con richieste di risarcimenti milionari per la marea nera che ha contaminato le loro coste nel Golfo del Messico. "Se ve ne rimanete in silenzio e non fate niente, ne approfitteranno. È quello che stanno già facendo. Ve lo ripeto, non permetteteglielo", ha esclamato ancora la 49enne, che negli anni '90 divenne un'eroina negli Stati Uniti dopo che la sua battaglia vinta contro la contaminazione delle acque in un paesino della California divenne la storia di un film con Julia Roberts protagonista.

Redazione online

22 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

il NYTimes: "Il greggio in superficie è solo una minima parte"

La Bp: "Il siringone funziona bene

Bloccheremo la falla entro 10 giorni"

La compagnia: "Stiamo pompando parte del flusso

che fuoriesce dal pozzo. Ma agiamo con prudenza"

il NYTimes: "Il greggio in superficie è solo una minima parte"

La Bp: "Il siringone funziona bene

Bloccheremo la falla entro 10 giorni"

La compagnia: "Stiamo pompando parte del flusso

che fuoriesce dal pozzo. Ma agiamo con prudenza"

MILANO - Mentre i lunghi tentacoli di greggio color ruggine tingono di morte il Golfo del Messico, dove gran parte della 'macchia nera' sarebbe concentrata nei fondali, affiorano le prime speranze. Grazie al "siringone" introdotto nel braccio flessibile del pozzo della British Petroleum, gli ingegneri al lavoro per arginare quella che rischia di trasformarsi nella più grande marea nera della storia sono riusciti a pompare in superficie quantità di greggio e di gas naturale. Fonti della compagnia riferiscono infatti che al secondo tentativo il sistema del cosiddetto tubo-siringa inserito ad oltre 1.500 metri di profondità sta "funzionando estremamente bene". La Bp ha annunciato che "oltre a pompare in superficie il greggio", tenterà di "iniettare fanghi pesanti nella falla per bloccarla permanentemente entro 7-10 giorni". In questo momento, ha aggiunto un portavoce, la siringa sta pompando "parte" del flusso che fuoriesce dal pozzo e il dispositivo sta "funzionando come previsto". La Bp sta agendo però con grande prudenza, per evitare, come è successo nella notte tra sabato e domenica, che la siringa si stacchi dal tubo flessibile del pozzo. Per ottenere risultati significativi occorreranno giorni, forse oltre una settimana. "Continueremo ad aumentare le quantità " di petrolio estratto, ha precisato il vicepresidente, e "ci vorrà un certo tempo".

SUL FONDO - Alcuni ricercatori, citati dal New York Times, riferiscono però che il greggio in superficie sulle acque del Golfo del Messico è solo una minima parte di quello che si cela nelle acque profonde e che resta occultato alla vista. Gli studiosi hanno trovato diversi 'pennacchi' di petrolio fuoriusciti dalla falla aperta a 1.525 metri dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon il 20 aprile scorso. In un caso è stata individuata una chiazza lunga 16 chilometri e larga 5 e spessa 100 metri. "C'è una allarmante quantità di petrolio sul fondo a paragone di quello che vediamo in superficie", ha spiegato Samantha Joye, dell'università della Georgia.

L'IRA DI OBAMA - Il presidente Usa, Barack Obama, era stato durissimo nei giorni scorsi con le compagnie petrolifere coinvolte nella massiccia perdita di greggio nel Golfo del Messico per lo "spettacolo ridicolo" nel rimpallarsi la responsabilità dell'incidente. Nei commenti dopo una riunione del gabinetto per discutere gli sforzi per bloccare la perdita e limitarne l'impatto sulle comunità della costa del Golfo, Obama ha detto di essere arrabbiato e frustrato per la perdita, che minaccia di essere un disastro ecologico ed economico.

 

16 maggio 2010(ultima modifica: 18 maggio 2010)

 

 

2010-05-14

tHE GUARDIAN: UN TEAM DI RICERCATORI HA STUDIATO LE IMMAGINI DEL VIDEO SOTTOMARINO

"Golfo, la perdita di greggio è 12 volte superiore a quella rilevata finora"

In mare 70mila barili e non 5 mila: ogni quattro giorni un danno come quello della Exxon Valdez

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"Golfo, la perdita di greggio è 12 volte superiore a quella rilevata finora"

In mare 70mila barili e non 5 mila: ogni quattro giorni un danno come quello della Exxon Valdez

MILANO - Molto peggio di quanto si pensava: la fuoriuscita di greggio nel Golfo del Messico dal pozzo sottomarino della Bp potrebbe essere 12 volte superiore a quella finora stimata: se così fosse si passerebbe dal disastro, ormai noto, all'apocalisse. La nuova notizia è riportata dal quotidiano inglese The Guardian che ha raccolto le valutazioni di un team di ricercatori e scienziati americani, coordinati dal prof. Steve Weely della Purdue University. Hanno esaminato il primo video della fuga di petrolio, le cui immagini sono state diffuse soltanto giovedì. Bp ha spiegato di aver pubblicato le immagini in ritardo, perché prima di lunedì non aveva ricevuto nessuna richiesta in merito ma emittenti e giornali americani, tra cui ABC News, hanno ribattuto che nelle settimane scorse hanno cercato con insistenza di ottenere un filmato che documentasse il disastro in profondità. "Nel video si vedono molti vortici che si formano alla fine del condotto, e ho usato un programma informatico per tracciarli e misurare la velocità con cui esce il petrolio - ha spiegato Steve Werely, uno dei ricercatori al Guardian - da qui è molto semplice calcolare qual è il flusso, che risulta molto più alto di quello indicato ufficialmente".

OGNI QUATTRO GIORNI UN DISASTRO COME QUELLO DELLA EXXON VALDEZ - Dallo studio sulle immagini svolto dal team di Steve Weely si giunge alla conclusione che il limite massimo potrebbe essere di 70mila barili giornalieri, contro i 5mila stimati dalla Bp: equivalenti a un disastro come quello causato dal naufragio della Exxon Valdez ogni quattro giorni. La Bp dal canto suo non ha cambiato e ha ribattuto che le sue stime si basano sulle immagini satellitari e sull’osservazione dell’acqua, ritenendo impossibile effettuare una stima affidabile in base alle immagini sottomarine.

ANCHE IL NYTIMES CONTESTA LE STIME UFFICIALI - Che la perdita di greggio possa essere molto maggiore di quanto stimato dal Noaa (l'organismo federale americano che si occupa della tutela ambientale delle acque e delle coste marine), forse 4-5 volte di più, lo afferma anche il New York Times, che ha riferito il parere di diversi esperti. La cifra fornita dal governo americano è stata ottenuta con un metodo chiamato "Bonn Convention" basato sui colori dell'acqua, che sono usati per stimare lo spessore della macchia di petrolio: "Ma questo protocollo è specificatamente non raccomandato per le macchie molto grandi - afferma al quotidiano Alun Lewis, un esperto britannico, inoltre una sua applicazione corretta dovrebbe dare un intervallo di quantità". La stima iniziale fornita dalla Bp era di 1000 barili al giorno, alzata dal Noaa a 5000 solo una settimana dopo la tragedia. I dirigenti dell'azienda britannica hanno sempre affermato che una stima è impossibile. Secondo il quotidiano però, due ricercatori del Massachussets, esperti nelle misure del flusso dei geyser sottomarini, erano stati invitati dalla Bp per provare i loro strumenti sulla falla, ma sono stati all'improvviso rimandati a casa. "Il governo ha la responsabilità di chiedere i numeri esatti - afferma Ian McDonald, oceanografo della Florida State university - ho fatto una stima sulle immagini satellitari, e il risultato è 4-5 volte maggiore di quanto detto finora". Intanto il Noaa ha reso noto un primo bilancio dei mezzi messi in campo per bloccare la falla. Secondo il sito dell'agenzia sono al lavoro 13 mila persone, che hanno disposto a difesa delle coste oltre 600 chilometri di barriere di contenimento e assorbenti, e sono stati spruzzati 712 mila litri di sostanze disperdenti.

LA BP MINIMIZZA: "PERDITA CONTENUTA" - La fuga di greggio dal pozzo sottomarino del Golfo del Messico è relativamente contenuta: lo ha affermato Tony Hayward, Ceo della Bp, le cui dichiarazioni sono state riportate sempre dal Guardian. "Il Golfo del Messico è un oceano assai vasto, il volume del greggio e dei materiali diluenti che vi stiamo riversando è minuscolo in rapporto al volume totale", ha spiegato, dicendosi certo della possibilità di fermare la fuga ma senza dare una data. Secondo quanto riporta il Daily Telegraph Hayward si è detto inoltre sicuro che la trivellazione offshore negli Stati Uniti continuerà dato che si tratta di "un terzo della produzione di petrolio e gas naturale americana".

 

14 maggio 2010

 

 

 

 

 

2010-05-13

LE IMMAGINI PUBBLICATE IN RETE

L'onda nera, ecco la falla sottomarina

Il video del eco-disastro con la fuoriuscita del petrolio dall'impianto della Bp crollato nel Golfo del Messico

LE IMMAGINI PUBBLICATE IN RETE

L'onda nera, ecco la falla sottomarina

Il video del eco-disastro con la fuoriuscita del petrolio dall'impianto della Bp crollato nel Golfo del Messico

MILANO - Ventitrè giorni dopo il disastro della Deepwater Horizon, l'impianto offshore andato a fuoco e crollato nel Golfo del Messico il 20 aprile scorso, la BP ha pubblicato ora il primo filmato (una trentina di secondi in tutto) della gigantesca falla sottomarina. Nel video si vede il petrolio, evidenziato dal pennacchio nero, mescolarsi con il gas naturale e sgorgare come il vapore di un geiser dalla piattaforma danneggiata a 1500 metri di profondità nel mare del golfo del Messico. Immagini che la British Petroleum ha rilasciato dopo le forti pressioni arrivate nelle ultime ore dai media e dalla Casa Bianca. La BP, la multinazionale britannica responsabile del pozzo, ha spiegato che il petrolio e il gas nel video fuoriescono dalla "più grande delle due perdite della Deepwater Horizon", a 5.000 piedi sotto la superficie del mare.

BP ha inoltre spiegato di aver pubblicato il video solamente ora, perchè prima di lunedì non ha ricevuto nessuna richiesta in merito. Tuttavia, numerose emittenti e giornali americani, ribattono che nelle settimane scorse hanno cercato con insistenza di ottenere un filmato che documentasse il disastro in profondità, riferisce ABC News. Intanto Deepwater Horizon, continua a sversare nel mare tonnellate di greggio al giorno. Almeno quindici milioni di litri di petrolio sono fuoriusciti nel Golfo dal giorno dell'esplosione fino ad oggi, riferisce l'Associated Press. Perché nessuno sa come chiudere il rubinetto di greggio. I tentativi per fermare la marea nera sono finora tutti falliti. I tecnici sperano di poter iniziare a ridurre lo spaventoso flusso di greggio entro questa settimana, grazie ad una mini-cupola in acciaio - soprannominata "top hat" - che è stata calata martedì negli abissi del Golfo del Messico per tappare il pozzo.

Elmar Burchia

13 maggio 2010

 

 

la proposta del presidente Usa: si raccoglierebbero 118 milioni di dollari

Obama: un cent a barile di greggio

per finanziare la sicurezza

Si tratta di una tassa supplementare a carico delle compagnie per intervenire in caso di danni all'ambiente

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(Ap)

(Ap)

NEW YORK - Una tassa supplementare di un centesimo di dollaro a barile a carico delle compagnie petrolifere per finanziare la sicurezza: lo ha proposto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. I fondi supplementari raccolti con la nuova tassa, stimati in 118 milioni di dollari l'anno, andranno in un fondo destinato a un programma di risposta ai rischi di marea nera. L'Amministrazione Obama suggerisce inoltre di alzare a 1,5 miliardi di dollari il tetto per gli indennizzi.

 

NUOVA CUPOLA SUL FONDO - Nel frattempo una mini-cupola mobilitata per tentare di incappucciare il pozzo di petrolio che sta continuando ad inquinare il Golfo del Messico ha raggiunto i fondali ma non è stata ancora posizionata in attesa degli ultimi controlli. Lo ha annunciato la Bp, la multinazionale britannica responsabile del pozzo, precisando che la cupola, del peso di circa due tonnellate, ha toccato i fondali ad una profondità di circa 1.500 metri. Una prima cupola più grande e pesante installata nei giorni scorsi è risultata inutilizzabile a causa del ghiaccio che si è formato in cima al dispositivo. Per evitare disagi analoghi gli ingegneri della Bp stanno pensando di lavorare con acqua calda e metanolo. I robot che stanno manovrando la mini cupola dovrebbero essere in grado di posizionarla entro domani.

 

12 maggio 2010(ultima modifica: 13 maggio 2010)

2010-05-12

Un quotidiano russo cita cinque episodi in cui la Russia ha usato questo sistema

"Per fermare il petrolio serve l'atomica"

Nel 1966 fu fatta esplodere una carica una volta e mezza quella di Hiroshima, a sei km di profondità

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Foto satellitare del petrolio vicino alla costa (Ap)

Foto satellitare del petrolio vicino alla costa (Ap)

ROMA - Per fermare il petrolio in mare aperto serve la bomba atomica. E' un suggerimento, che tra l'altro si basa su precedenti esperienze, contenuto in un articolo del quotidiano russo Komsomoloskaya Pravda. "Come in Armageddon". Un consiglio estremo per fermare la perdita di petrolio nel golfo del Messico.

LA RUSSIA: "NOI L'ABBIAMO FATTO" - Secondo il quotidiano Komsomoloskaya Pravda, ai tempi dell'Unione Sovietica, problemi simili sono stati risolti con esplosioni nucleari controllate. "In passato questo metodo è stato usato almeno cinque volte - scrive il quotidiano - la prima per spegnere i pozzi a gas di Urt Bulak, il 30 settembre 1966. La carica usata fu da 30 chilotoni, una volta e mezza quella di Hiroshima, ma fatta esplodere a 6 chilometri di profondità".

La marea nera arriva in Louisiana La marea nera arriva in Louisiana La marea nera arriva in Louisiana La marea nera arriva in Louisiana La marea nera arriva in Louisiana La marea nera arriva in Louisiana La marea nera arriva in Louisiana La marea nera arriva in Louisiana

LE ROCCE CHIUDONO LA FALLA - Secondo il quotidiano l'esplosione sotterranea farebbe in modo da spingere le rocce facendo loro chiudere la falla. Degli altri tentativi effettuati nell'ex Urss, continua l'articolo, solo uno non ha funzionato, nel 1972, mentre gli altri hanno raggiunto l'obiettivo anche con testate di 60 chilotoni. "Il metodo non è stato testato sott'acqua - insiste il quotidiano - ma secondo alcuni calcoli di esperti in Russia le probabilità di fallimento sono solo del 20%. Basterebbe scavare un pozzo vicino alla perdita, e far detonare la bomba. La Russia ha una grande tradizione nelle esplosioni sotterranee controllate - conclude l'articolo - che potrebbe essere messa a disposizione degli Usa"

12 maggio 2010

 

 

 

 

 

2010-05-11

Vertice alla casa bianca con obama. Finora spesi 350 milioni di dollari

Lousiana: nessuno sa come fermare

il greggio. La Bp chiede aiuto sul Web

Aperto un sito per raccogliere le possibili soluzioni: "Magari spunta una buona idea"

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Operai al lavoro sulla cupola che è poi stata calata sul fondo del mare

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NEW YORK - Il petrolio esce al ritmo di 750mila litri al giorno dal fondo del mare e ha raggiunto le coste dell’Alabama. In Lousiana, dopo il fallito tentativo di bloccare con una cupola la fuoriuscita dal fondo del mare, insieme all'allarme per il disastro ambientale cresce una convinzione drammatica: nessuno sa più cosa fare. La verità è che, dopo oltre due settimane di tentativi, la soluzione è ancora di là da venire: la Bp si è rivolta al pubblico e ha aperto un sito per raccogliere consigli e suggerimenti (deepwaterhorizonresponse.com), in cui le "idee" arrivano direttamente al tavolo dei "cervelloni" del gigante petrolifero: "Esperti da tutto il mondo che stanno collaborando", ha detto il portavoce, Bryan Ferguson, al centro emergenza allestito a Robert, in Louisiana. La Bp ha allestito anche un "numero verde". "Sono sicuro che ci sono un sacco di buone idee e molte altre idee che potrebbe essere non altrettanto praticabili". "Non so se funzionerà ma tutti vogliono fare qualcosa e la gente merita uno sforzo". Ma se il piano funzionasse per raccogliere il greggio fuoriuscito, come fare per chiudere la falla? Su questo il portavoce dello sceriffo della contea di Walton non si sbilancia: "Magari spunta qualcuno in Louisiana con un'idea...".

SECONDO TENTATIVO CON UNA CUPOLA. ALLO STUDIO ALTRE SOLUZIONI - A conferma che le si tentano tutte, la Bp ha reso noto che ci sarà un secondo tentativo, probabilmente con una cupola più piccola, per frenare la falla di petrolio. L’annuncio è dei tecnici, dopo aver fallito il posizionamento della speciale cupola di cemento sul fondale dell’oceano, per contenere la fuga di greggio nel Golfo del Messico. La compagnia petrolifera prenderà in considerazione anche altre opzioni, per bloccare la quotidiana fuoriuscita di greggio. Una delle ipotesi allo studio è quella dell’uso di un "tappo" di gomma e di altri materiali per cercare di chiudere la falla. La polizia della Florida ha invece suggerito di mettere balle di fieno in acqua. Un piano audace in tre fasi: chiatte galleggianti al largo dei 50 chilometri di coste incontaminate, riempite con giganteschi rotoli di fieno e dotate di compressori per "sparare" nelle acque oleose il fieno. "Il fieno si aggreghera insieme al greggio e renderà più agevole rimuovere i detriti dall'acque", ha spiegato il portavoce dello sceriffo, Mike Gurspan. Un'altra ipotesi per arginare la marea nera è quella di tappare le falle del pozzo con un cumulo di rifiuti. A riferirlo è il comandante della Guardia Costiera Thad Allen che, riporta la Cnn, ha rivelato il nuovo piano attualmente in corso d'analisi da parte dei tecnici della compagnia britannica. Il sistema, spiega Allen, consisterebbe nell'invio di "una massa di detriti, prevalentemente pneumatici tritati, palline da golf e altri rifiuti simili che, inviati ad elevate pressioni verso l'elemento danneggiato potrebbero fermare la perdita". La Bp ha intanto reso noto che continua l'uso di solventi chimici in profondità nei pressi della perdita per tentare di eliminare almeno l'alta concentrazione di greggio.

BP: FINORA SPESI 350 MILIONI di DOLLARI - Bp ha reso noto che la "marea nera" provocata dall'esplosione di una piattaforma situata nel Golfo del Messico gli è già costata 350 milioni di dollari. Il gruppo petrolifero ha elencato in una nota tutti gli sforzi finora compiuti per contenere e contrastare la fuoriuscita di greggio dalla piattaforma danneggiata Deepwater Horizon. La holding britannica appena la scorsa settimana aveva valutato i danni della catastrofe in 6 milioni di dollari.

VERTICE CON OBAMA - In giornata, in programma un vertice alla Casa Bianca con il presidente Obama per fare il punto della situazione.

10 maggio 2010

 

 

 

 

 

L'eruzione di greggio in un pozzo italiano

Emergenza finita per il crollo dell o scavo

Nel 1994 un incidente nella zona di estrazione di Trecate, nel Novarese: per 2 giorni flusso senza controllo

il precedente

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Nel 1994 un incidente nella zona di estrazione di Trecate, nel Novarese: per 2 giorni flusso senza controllo

MILANO - Che cosa c’entra la marea nera che sta devastando la Louisiana con quei pozzi petroliferi che si intravedono dall’autostrada Milano-Torino, a un passo da Trecate e Romentino, e a 40 chilometri dal capoluogo lombardo? A prima vista nulla. Eppure, sedici anni fa, proprio un pozzo di petrolio a quattrocento metri dall’autostrada fu protagonista di un’eruzione, ovvero di un "blow-out" come quello sulla piattaforma Bp al largo nel Golfo del Messico. L’ultimo in ordine cronologico mai avvenuto in un pozzo petrolifero non solo italiano, ma dell’intera Europa occidentale. I numeri, i danni, e la portata dell’accaduto non sono, ovviamente, paragonabili al disastro americano. Anche perché nel giro di pochi giorni la struttura geologica del pozzo italiano (il Trecate 24) collassò, chiudendo il "buco" e fermando la colonna di petrolio e condensati alta qualche decina di metri e che saliva in cielo grazie a una pressione dal sottosuolo di circa 500 atmosfere. Il solito "stellone" italico? Forse, ma non solo, se si dà retta ai tecnici dell’Agip di allora.

Pozzo Agip a Trecate (Fotogramma)

Pozzo Agip a Trecate (Fotogramma)

LA DINAMICA - Tutto iniziò la mattina del 28 febbraio del 1994, quando il capo perforatore e l’assistente di perforazione si accorsero che qualcosa non andava rispetto alla consueta routine. Si era verificato un inconveniente non insolito quando si scava un pozzo così profondo - si era a 4.800 metri nel sottosuolo - ovvero il distacco di una parte della batteria di aste che lo compongono. Oltre 200 tubi, avvitati l’uno all’altro e lunghi ognuno 27 metri. Bisognava ora estrarli uno ad uno. Arrivati alla 179ma lunghezza - si legge nella relazione sull’accaduto - il capo perforatore si accorse che il pozzo stava "scaricando" e iniziò a pompare fango in contropressione. I fanghi di perforazione - argille e additivi, in genere sostanze ad alta densità - servono proprio a controbilanciare le pressioni interne nel "buco" che si sta perforando. Bisogna forse solo immaginare la tensione e la difficoltà del momento, con pochi attimi per prendere le decisioni giuste, preoccupati di non subire danni, e soprattutto di garantire la sicurezza propria e degli altri uomini al lavoro. La pressione aveva spinto in alto di tre metri tutta la batteria di tubi. E dopo aver messo in azione senza successo due sistemi di prevenzione, ci fu poco altro da fare. L’asta di perforazione fu piegata a "esse", la pressione la squarciò e il gas e il petrolio eruppero con violenza, a 140 gradi di calore. Erano le 16 e 15 e l’impianto venne evacuato, grazie al cielo senza che nessuno si facesse neppure un graffio. Nel frattempo nei paesi vicini si sentiva un frastuono assordante, come di un aereo in decollo. Pioveva, e per le 36 ore successive solo il vento che tirava dalla parte opposta risparmiò l’autostrada mentre invece spingeva le goccioline di petrolio sulle risaie e nei pressi dei paesi di Trecate e Romentino. .

VALVOLE DI SFOGO - Arrivarono subito gli esperti dell’Agip, furono messi sul chi va là i texani, quelli della società dello "spegnitore" di pozzi Paul Neal Adair, detto "Red". In breve tempo si prese la decisione di incendiare il Trecate 24, una mossa consolidata in casi del genere, proprio per evitare di cospargere di petrolio le aree circostanti (e il paese di Trecate). Ma non fu necessario, perché la struttura del pozzo "collassò" autonomamente e chiuse ogni via d’uscita. Solo fortuna? Forse andò così anche perché l’Agip aveva deciso in contemporanea di aprire a manetta la produzione degli altri pozzi del giacimento di Villafortuna, una decina di impianti che funzionarono da "valvola di sfogo". Rimasero i danni, più o meno 25 chilometri quadrati irrorati, anche se solo 13 ettari dei 2.500 totali richiesero un trattamento più intensivo. Nell’area furono dispersi 12.600 metri cubi di petrolio, un milione di metri cubi di gas e mille metri cubi di acqua "sporca". Il paesaggio "era desolante" come ammise la stessa Eni, anche se la perdita fu tutto sommato un’inezia rispetto agli ottanta milioni di litri preventivabili per la Louisiana. A Trecate si utilizzò una tecnica all’avanguardia, una bio-bonifica, la degradazione degli idrocarburi con la flora batterica naturalmente presente nel suolo. Nel Golfo del Messico sarà molto, ma molto più difficile. Stefano Agnoli

Stefano Agnoli

12 maggio 2010

 

 

 

 

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10 maggio 2010

 

2010-05-05

Sul fondo del Golfo del Messico. Intanto il petrolio è arrivato alle isole Chandeleur

Marea nera: chiusa una delle tre falle

Guardia costiera Usa: il flusso di greggio diminuisce di poco, ma saranno più facili le operazioni di contenimento

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Le navi appoggio per le operazioni di contenimento delle falle (Ap)

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MILANO - Mentre secondo un esperto statunitense dell'Università di Miami la marea nera ha raggiunto il paradiso naturale delle Isole Chandeleur, l'ultima barriera prima della costa della Louisiana, è stata chiusa una delle tre falle - la più piccola - sul fondo del Golfo del Messico a circa 1.500 metri di profondit, dalle quali da venti giorni escono almeno 5 mila barili di petrolio al giorno. Lo ha annunciato la Bp, proprietaria del pozzo. Un portavoce della Guardia Costiera statunitense ha aggiunto che questo non cambia la quantità del flusso di petrolio immesso in mare, ma semplificherà le operazioni di contenimento.

ROBOT - "Robot teleguidati hanno tagliato una sezione del tubo, usato per portare il petrolio dal pozzo alla piattaforma, tappandolo con una valvola", è stato reso noto in un comunicato. "Mentre questo ha bloccato una delle tre falle, il petrolio continua a riversarsi nel Golfo del Messico a una velocità di circa 5 mila barili al giorno".

Redazione online

05 maggio 2010

 

 

 

 

 

Il disastro ambientale

Marea nera, Bp tenta di chiudere una falla

"Pagheremo tutti i costi della bonifica"

La compagnia petrolifera cerca di "limitare i danni".

E assicura l'intenzione di accollarsi tutti gli oneri

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I tentativi di fermare la marea nera

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WASHINGTON - La compagnia petrolifera British Petroleum (Bp) tenterà oggi di tappare con una valvola una delle tre falle che si sono aperte sul fondo del Golfo del Messico, dove l'affondamento di una piattaforma petrolifera sta causando un versamento che rischia di essere la più grave catastrofe ecologica della storia. Il colosso petrolifero si è inoltre ufficialmente impegnato a pagare "tutti i costi necessari e adeguati per la ripulitura" della marea nera e a risarcire "tutte le domande di indennizzo legittime e oggettivamente verificabili per le perdite e i danni legati" al disastro. "La massima priorità ora è di fermare la fuoriuscita e limitarne i danni - afferma l'amministratore delegato di Bp, Tony Hayward. - Ribadisco il mio impegno con la Casa Bianca nel garantire che Bp farà tutto ciò che è possibile per fermare la perdita, ripulire le acque e proteggere le coste del Golfo".

LA VISITA DI OBAMA - Il colosso petrolifero britannico, proprietario della piattaforma Deepwater Horizon, aveva già espresso lo stesso concetto nei giorni scorsi tramite un portavoce, secondo il quale "il conto (del disastro) sarà nostro". Due giorni fa la Bp, di fronte alle enormi difficoltà tecniche a chiudere le falle a 1.500 metri di profondità, che si stima riversino in mare 5.000 barili di greggio al giorno ma che potrebbero arrivare fino a 100.000, aveva confessato la propria impotenza e chiesto l'aiuto delle compagnie rivali. Domenica era stato lo stesso presidente americano, Barack Obama, in visita a Venice, a ribadire che "Bp è responsabile e pagherà per la perdita".

LA VALVOLA - A proposito degli interventi di contenimento, per prima cosa sarà installata una valvola che chiuda una delle tre falle. La fuoriuscita maggiore viene dalla sommità del tubo spezzato che collegava il pozzo con la piattaforma. Entro sei giorni, la Bp conta di calare sopra la perdita una cupola di cemento con un una tubazione in cima e pompare in superficie il greggio che esce. La terza falla si trova alla base del tubo, vicino alla bocca del pozzo. La compagnia pensa di calare un'altra cupola di contenimento sopra questa perdita, dai due ai quattro giorni dopo aver calato la prima. Sul fondale alla bocca del pozzo si trova una gran quantità di impianti (valvole, leve, serbatoi, tubazioni) che avrebbero dovuto bloccare il flusso in caso di incidente e che non hanno funzionato. Per eliminare definitivamente la fuoriuscita, la Bp ha progettato di tagliare il tubo spezzato alla base e piazzare una valvola sopra il foro. La manovra dovrebbe essere eseguita da robot collegati con le navi appoggio in superficie ed è estremamente rischiosa. La pressione con la quale il petrolio esce è molto forte: tagliando il tubo, il flusso di greggio potrebbe aumentare di molto. A breve sul pozzo sarà installato un misuratore di pressione che dirà se l'operazione è possibile. La Bp conta anche di scavare nuovi pozzi sul fondale per iniettare liquido pesante nella cavità del giacimento per bloccare la fuoriuscita. L'operazione richiederà comunque mesi.

Redazione online

03 maggio 2010(ultima modifica: 04 maggio 2010)

 

 

 

2010-05-02

Il ministro Salazar e il capo della Bp: "Valvola difettosa, nessun errore umano"

Marea nera, anche il governo Usa conferma: "Tre mesi per tappare falle"

Tra 6-8 giorni una "cupola" per bloccare la fuoriuscita di greggio sotto il mare. Intanto arriva Obama

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MILANO - Il governo Usa ha confermato quanto i tecnici avevano già fatto trapelare: occorreranno tre mesi per tappare le tre falle sottomarine dalle quali fuoriscono 5 mila barili di petrolio al giorno (pari a 800 mila litri). "Il nostro lavoro è tenere il fiato sul collo a Bp perché tenga fede alle sue responsabilità che ha, sia per legge che contrattualmente. Devono fermare la perdita", ha detto il ministro dell'Interno americano Ken Salazar. "È una società da molti miliardi di dollari e il governo degli Stati Uniti non risparmierà sforzi per far sì che ogni risorsa sia messa a frutto". Secondo il ministro "non c'è dubbio" che la valvola che avrebbe dovuto prevenire perdite di petrolio fosse difettosa. Per bloccare la fuoriuscita di greggio si sta pensando di scavare un secondo pozzo che intercetti il flusso del primo, ma ci vorranno tre mesi. Intanto il presidente americano Barack Obama si è recato personalmente a Venice per constatare gli effetti dello sversamento di greggio. E in una breve conferenza stampa ha detto che questo "è il peggior disastro ambientale di sempre".

BP SI GIUSTIFICA - Il presidente di Bp America, Lamar McKay, in un'intervista alla Abc, ha affermato che è tutta colpa di in un "pezzo dell'equipaggiamento difettoso", allontanando quindi le ipotesi di un errore umano. McKay ha detto che nel giro di 6-8 giorni le falle dovrebbero essere coperte da una "cupola" e non ha confemato che la stima di 5 mila barili al giorno di perdite sia corretta. La cupola sulle tre falle impedirà al greggio di disperdersi in acqua e aspirerà il petrolio portandolo in superficie.

Marea nera, le specie più a rischio Marea nera, le specie più a rischio Marea nera, le specie più a rischio Marea nera, le specie più a rischio Marea nera, le specie più a rischio Marea nera, le specie più a rischio Marea nera, le specie più a rischio Marea nera, le specie più a rischio

IL PUNTO DELLA SITUAZIONE - La marea nera rischia di aggravarsi ulteriormente a causa delle avverse condizioni meteorologiche. Uno schieramento impressionante di uomini e mezzi è stato dispiegato nella zona. Il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, ha detto di essere stato informato dai responsabili federali che il grosso della macchia di petrolio non raggiungerà le coste che domenica pomeriggio, ora americana. "La macchia di petrolio minaccia non solo le paludi e la pesca, ma anche il nostro stesso modo di vita", ha affermato il governatore. Diverse operazioni sono in corso simultaneamente per cercare di difendere le coste del Golfo del Messico, tanto da parte dei militari e della Guardia costiera che da parte della Bp. Diverse squadre continuano a spargere da navi e aerei prodotti chimici biodegradanti, mentre si prosegue nell’operazione di installazione di oltre 84 chilometri di barriere galleggianti. Nel frattempo sono stati pompati più di 3,8 milioni di litri di petrolio mischiato ad acqua. Quattro robot sottomarini stanno cercando di chiudere la valvola di sicurezza difettosa del pozzo. Obama ha nominato l’ammiraglio Thad Allen, che ha già operato sul campo dopo l'uragano Katrina, alla guida dell'emergenza. L'Institute for Marine Mammal Studies di Gulfport (Mississippi) si sta preparando per soccorrere gli animali colpiti dalla marea nera.

Redazione online

02 maggio 2010

 

 

 

"La Bp è responsabile di quanto successo, sarà lei a pagare"

Obama: "Un disastro senza precedenti"

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VENICE (Louisiana) - La perdita di greggio nel Golfo del Messico è "potenzialmente un disastro ambientale senza precedenti". Lo ha detto Barack Obama al termine della sua visita a Venice, in Louisiana, la principale città del delta del Mississipi, dove vengono coordinati gli sforzi per far fronte alla marea nera che si avvicina alle coste. Il capo della Casa Bianca, dopo un briefing della Guardia costiera, ha fatto sapere che la marea nera si trova ora a circa 15 chilometri dalle coste a sud-est della Louisiana.

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"BP PAGHERA' IL CONTO" - Quanto al costo economico che si aggiungerà a quello ambientale, Obama ha precisato che sarà la British Petroleum, la compagnia petrolifera titolare della piattaforma da cui è fuoriuscito il greggio, a pagare il prezzo del disastro ambientale nel Golfo del Messico, ovvero tutte le necessarie opere di bonifica. "La Bp è responsabile di questa perdita - ha detto il presidente senza girarci attorno - e la Bp pagherà il conto". La stessa compagnia, in ogni caso, già nei giorni scorsi si era detta disponibile a farsi carico degli oneri economici relativi alla pulizia del vasto tratto di oceano contaminato. Per le zone colpite dalla catastrofe ambientale, ha poi aggiunto Obama, saranno previsti adeguati risarcimenti. E uanto al ruolo dell'amministrazione statunitense, il presidente americano - che non è poi rimasto a rispondere alle domande dei giornalisti - ha detto che "eravamo pronti all'emergenza sin dall'inizio" e "abbiamo risposto appena possibile".

Redazione online

02 maggio 2010

 

 

 

 

a venice, cuore del disastro ecologico

"Venezia", Mississippi

Anche l'aria sa di petrolio

Cinquemila delfini intrappolati, il dramma di anatre, fenicotteri, pellicani che abitano il delta

a venice, cuore del disastro ecologico

"Venezia", Mississippi

Anche l'aria sa di petrolio

Cinquemila delfini intrappolati, il dramma di anatre, fenicotteri, pellicani che abitano il delta

Pellicani sul delta del Mississippi (Ap)

Pellicani sul delta del Mississippi (Ap)

VENICE (Louisiana) - In cielo gli aerei che seminano solventi chimici e gli elicotteri che seguono il percorso dell’isola di petrolio. In mare le barche e i "trawler" che, anziché stendere le loro reti, aiutano la guardia costiera a calare in acqua barriere di gomma nel tentativo di arginare la marea nera. A terra cresce lo sgomento, la rabbia impotente dei pescatori: il mare ha ancora il suo solito colore verdastro, ma nell’aria già si diffonde l’odore acre del greggio. E nelle acque del Golfo sono intrappolati cinquemila delfini. "Ieri sera ho fatto l’errore di andare a vedere su Internet quello che è accaduto nel 1989 in Alaska. Spaventoso, non ho chiuso occhio per tutta la notte" dice Dean Blanchard, un commerciante di Grand Isle. "Il mio business—vendere il nostro pesce, i crostacei prodotti qui, ai ristoranti e alle catene di distribuzione alimentare — sta per essere spazzato via. Forse per vent’anni". La vita nella Venezia del delta del Mississippi — il luogo scelto dall’isola galleggiante di olio e bitume per unirsi alla terraferma — non è mai stata facile. Il groviglio di canali che tagliano paludi, acquitrini e la terra fangosa portata dal fiume, è un ecosistema straordinariamente vitale —colonie di cormorani, anatre, fenicotteri, pellicani e cento altre varietà di uccelli — mentre la confluenza di acque dolci e salate produce una ricchezza di fauna marina che fa la gioia di chi pesca per sport e anche di chi così si guadagna da vivere.

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Ma questa lingua di terra protesa nel mare è anche l’avamposto più esposto agli uragani che si formano nel Golfo del Messico. Katrina, quello devastante di cinque anni fa, in questa zona ha raso al suolo tutto salvo il ponte della strada che arriva da New Orleans e finisce proprio qui, in quella che i 500 abitanti di Venice hanno ribattezzato "the end of the world". In realtà questa è solo la fine di un mondo: quello della terra e della maestà di un fiume che più a Nord terrorizza tutti con le sue piene, le inondazioni, mentre qui è una presenza placida. Ed è l’inizio del regno del mare che circonda tutto e che, quando arriva la tempesta, può aggredire la costa con onde alte alcuni metri. Ma il mare è anche la ricchezza di questa Venezia le cui gondole sono centinaia di barche da pesca di ogni tipo — quelle d’altura che vanno a caccia di Marlin, quelle per la pesca dei tonni, i barchini per le trote, i battelli che vanno a raccogliere le ostriche, i "trawler" che nel Golfo del Messico pescano i due terzi dei gamberi che finiscono sulle tavole degli americani.

Molti temevano che le attività di estrazione del greggio dal fondo marino avrebbero desertificato il Golfo, mettendo in fuga la sua fauna. Invece i pesci si sono moltiplicati. In una zona dal fondale fangoso, dice la gente del luogo, le strutture sommerse delle piattaforme hanno funzionato da barriera corallina. Anche per questo, dopo le distruzioni, la vita era tornata tanto rapidamente a Venice e nelle altre località della costa: nuovi alberghi, case sospese su palafitte sempre più alte e barche, tante barche; a Venice ci sono più cabinati che case, più barche che auto. La flotta peschereccia e i motoscafi della pesca sportiva che ha qui la sua mecca. Attirando anche campioni come Susan Gros, la manager di un grosso gruppo finanziario che anni fa ha mollato tutto e si è trasferita qui, dove è divenuta una specie di guru degli ami e delle esche: "È un disastro senza precedenti " commenta. "Questa non è la costa rocciosa dell’Alaska: quando il petrolio penetra negli acquitrini, nelle paludi, nel terreno già eroso dagli uragani, come si fa a pulire? E siamo alla vigilia della stagione delle ostriche, dei gamberi, della nidificazione dei pellicani!". Aprile, in effetti, è da sempre il momento magico delle feste propiziatorie, delle benedizioni del mare, proprio perché mancano poche settimane all’inizio della stagione della pesca. Quest’anno, ovviamente, nessuno festeggia: chi pesca per sport ha deciso di restare a casa, mentre duecento di quelli che in mare ci vanno per vivere si riuniscono nella parrocchia di St Bernard a Chalmette, qualche miglio più a Nord, cercando di capire se possono fare qualcosa di utile per evitare o contenere il disastro. Qualcuno contesta alla Bp di aver chiesto solo giovedì il loro aiuto per costruire le barriere galleggianti. "Siamo gli unici che conoscono questo mare palmo per palmo" protestano in coro, ma senza vera rabbia. Non grida nemmeno James Gerakines: dopo l’uragano aveva investito tutto su una nuova barca. L’ha chiamata "The Last Chance". Ma la sua ultima occasione resterà all’ancora chissà per quanto. Qualcuno spera ancora nel miracolo: un cambio di direzione del vento, la macchia che, più sottile del previsto, si dissolve per l’azione dei solventi chimici gettati a tonnellate da C130 della Coast Guard. Ma i più stanno già preparando la causa collettiva contro la compagnia petrolifera.

Barriere a protezione della spiaggia (Afp)

Barriere a protezione della spiaggia (Afp)

Più arrabbiati dei pescatori sono gli ambientalisti. L’esplosione della piattaforma "Deepwater Horizon" della Bp è la loro vendetta nei confronti del "traditore" Barack Obama, il presidente della campagna elettorale "verde", accusato di essersi convertito alla filosofia del "drill, baby drill" di Sarah Palin. Un messaggio brutalmente recapitato alla Casa Bianca che ha già bloccato a tempo indeterminato il via libera a nuove aree di prospezione petrolifera lungo le coste americane che era stato appena concesso dal presidente. Che ha spedito in Louisiana mezzo governo—dal ministro dell’Homeland Security, Janet Napolitano a quello dell’Interno, Ken Salazar — nel tentativo di evitare che anche stavolta, come cinque anni fa, nell’America di Bush, l’Amministrazione brilli per la lentezza e la scarsa efficacia del suo intervento. Resasi conto in ritardo della gravità della fuoriuscita di greggio dalle sue tubature spezzate in fondo al mare, la compagnia petrolifera anglo- americana adesso sperimenta febbrilmente nuove tecnologie idrauliche e chimiche per cercare di bloccare la perdita, per frammentare e dissolvere il greggio. Ma né i mini-sommergibili che lavorano a 1.500 metri di profondità né il nuovo intervento chimico sono serviti a bloccare la falla. La Bp adesso chiede aiuto anche al governo federale e ai suoi stessi concorrenti. Ma né la US Navy, né le altre "sorelle", dalla Exxon alla Chevron, sono riuscite finora a offrirle la soluzione miracolosa. "Vent’anni fa", analizza con sarcasmo in tv il celebre politologo James Carville, "il disastro della Exxon Valdez costò a quella compagnia petrolifera un miliardo e mezzo di dollari. Se non blocca subito la fuoriuscita di greggio, la Bp può anche cambiare il suo nome in Lp, Louisiana Petroleum, tanto le costeranno gli indennizzi".

Massimo Gaggi

01 maggio 2010

 

 

 

BP: "Paghiamo noi". PRONTI A ENTRARE IN AZIONE DUE AEREI CHE LANCIANO SOSTANZE CHIMICHE

Louisiana, l'onda nera tocca le coste

Obama sul posto domenica mattina

Stop al piano energetico della Casa Bianca: "Petrolio importante, ma la sicurezza è al primo posto".

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MILANO - Quello che si temeva è avvenuto: la marea nera, fuoriuscita dalla piattaforma della Bp Deepwater Horizon, sprofondata nel Golfo del Messico il 22 aprile, ha raggiunto le coste della Louisiana e negli Stati Uniti è stato decretato lo stato di "catastrofe nazionale". I tentacoli dell'enorme macchia di greggio sono stati visti al tramonto di giovedì sulle coste del delta del Mississippi, in Louisiana, e nelle attuali condizioni di venti e correnti, la marea nera arriverà sabato sera in prossimità delle isole del Mississippi e dell'Alabama. Intanto anche la Florida ha dichiarato lo stato d'emergenza (mappa: gli Stati minacciati). La Casa Bianca fa inoltre sapere che "il presidente Obama si recherà" sulle coste del disastro "domenica mattina per rendersi conto della fuga di petrolio e della reazione delle autorità"

DISASTRO AMBIENTALE - La perdita si è rivelata cinque volte più grave di quanto inizialmente previsto (circa 5 mila barili di petrolio si riversano in acqua ogni giorno, pari a 800 mila litri), con conseguenze che potrebbero eguagliare o superare quelle del disastro Exxon Valdez del 1989 in Alaska. A pagare il prezzo di questo drammatico incidente ci sono anche circa 5 mila delfini che rischiamo di trovarsi in trappola nelle acque del Golfo del Messico tra Louisiana, Mississippi e il pozzo offshore da cui fuoriesce la marea nera di petrolio. Lo ha detto Moby Solangi del Marine Mammal Studies in Gulfport in Mississippi. Il Centro di Gulpoport si sta preparando ad accogliere animali investiti dalla marea nera.

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STOP TRIVELLAZIONI - La catastrofe ha avuto un effetto immediato anche sulla politica energetica dell'amministrazione Obama. La Casa Bianca ha annunciato lo stop alle trivellazioni petrolifere in nuove aree finché non sarà verificata la causa che ha determinato la fuoriuscita di greggio nel Golfo del Messico. Il consigliere David Axelrod ha annunciato il cambio di rotta alla Abc: "Non è stata autorizzata né sarà autorizzata nessuna nuova trivellazione finché non scopriamo quel che è successo e se è successo qualcosa di unico e di prevenibile". Axelrod è stato categorico: "Nessuna trivellazione in nuove aree andrà avanti finché non sarà stata fatta una revisione adeguata di quel che è successo alla Deepwater Horizon e quel che è proposto altrove". Osteggiato dagli ambientalisti, Obama ha annunciato alcune settimane fa un nuovo piano di trivellazioni al largo delle coste atlantiche e del Golfo del Messico per ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dal petrolio straniero. Giovedì sera la Casa Bianca aveva difeso il piano del presidente: "Propone un processo ponderato e scientificamente fondato per determinare quali nuove aree siano adatte all'esplorazione e allo sviluppo e per valutare potenziali rischi e benefici". Poi la brusca frenata.

OBAMA: SICUREZZA - Il presidente Barack Obama è sceso in campo annunciando la mobilitazione "di tutte le risorse possibili", anche l’esercito, per contenere il disastro ecologico che, non va dimenticato, ha anche causato la morte di undici persone. È stato anche aperto un sito internet ufficiale, Deepwaterhorizonresponse.com, che dà conto passo passo della situazione. Obama ha ordinato un'inchiesta sull'incidente e ha chiesto di avere i risultati entro 30 giorni. L'industria del petrolio è importante per la sicurezza energetica degli Usa, ha spiegato, ma le trivellazioni off-shore vanno fatte "in modo responsabile". "Continuo ritenere che le trivellazioni petrolifere siano importanti per la sicurezza energetica degli Stati Uniti - ha detto ai giornalisti -, ma devono esser fatte responsabilmente". La Casa Bianca ha mandato ispettori sulle piattaforme petrolifere per verificare le condizioni di sicurezza.

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PRONTE SOSTANZE CHIMICHE - Sul fronte degli interventi immediati, due aerei dell'esercito sono stati inviati in Mississippi e stanno aspettando ordini per iniziare a versare sostanze chimiche sopra la chiazza di petrolio. I due C-130, modificati appositamente per questo tipo di operazioni, sono decollati giovedì dalla Youngstown Air Reserve Station in Ohio. Il portavoce dell'Aeronautica, il maggiore David Faggard, ha fatto sapere che i velivoli sono pronti ad entrare in azione appena sarà necessario. Anche la Marina ha inviato tutto l’equipaggiamento necessario alla bonifica delle acque inquinate. I venti rischiano di spingere all’interno delle paludi la macchia nera ed è prevista una tempesta che potrebbe peggiorare la situazione.

INVIATI MINISTRI - I massimi dirigenti dell'amministrazione stanno raggiungendo la zona colpita dalla marea nera per coordinare tutti gli interventi che stanno cercando di limitare i rischi di una catastrofe ecologica. Janet Napolitano, ministro per la Sicurezza interna, Ken Salazar, ministro dell'Interno e Lisa Jackson, responsabile della Enviromental Protection Agency, l'agenzia per la protezione ambientale, stanno volando per un'ispezione aerea sulla parte del Golfo del Messico coperta dall'enorme quantità di petrolio che minaccia le coste meridionali del Paese. I tre incontreranno alti dirigenti della Bp e discuteranno delle cause dell'esplosione della base petrolifera del 20 aprile che ha provocato il disastro. Quindi avranno una riunione con il governatore della Louisiana Bobby Jindal.

BP: PAGHIAMO NOI - La British Petroleum, società che ha in uso la piattaforma Deepwater Horizon di proprietà della svizzera Transocean, ha fatto sapere che pagherà il conto delle operazioni di contenimento della chiazza e pulitura, come espressamente chiesto giovedì dalla Casa Bianca. L'amministratore delegato Tony Hayward ha detto che la Bp risarcirà tutti coloro che verranno danneggiati dall'incidente petrolifero: "Ci assumiamo la piena responsabilità per la fuga di petrolio, lo ripuliremo e ovunque le persone chiedano il rimborso legittimo di danni, noi li compenseremo. Saremo molto decisi in questo". Il costo per l'industria della pesca in Lousiana potrebbe arrivare a 2,5 miliardi di dollari, mentre l'impatto sul turismo della Paradise coast della Florida si aggirerebbe attorno ai 3 miliardi, stima Neil McMahon, analista della compagnia Bernstein. "Il conto è nostro - ha aggiunto il portavoce della Bp, Nigel Chapman -. Tutte le risorse dell'azienda sono concentrate su questo evento perché venga gestito rapidamente, in particolare per difendere la costa al meglio possibile. Il fine principale, al momento, è proteggere l'ambiente". Negli ultimi anni la Bp è stata coinvolta in diversi incidenti e controversie e ha dovuto pagare spese ingenti di risarcimento, nonché multe (solo l'anno scorso 2 milioni di dollari per equipaggiamento non a norma in campi petroliferi lungo il North Slope, in Alaska). Ma secondo gli esperti questa volta il conto potrebbe essere assai più salato: oltre alle spese di pulizia, che già ora ammontano a 6 milioni al giorno, Bp potrebbe dover affrontare multe e costi per garantire una maggior sicurezza delle piattaforme. Poi ci saranno i costi legali: sono già scattate due azioni per l'esplosione della Horizon e per i danni all'industria della pesca dei gamberi.

DISASTRO AMBIENTALE - La marea nera potrebbe diventare il peggior disastro ambientale in decenni per gli Stati Uniti: a rischio sono centinaia di specie di pesci, uccelli e altre forme di vita di un ecosistema particolarmente fragile e già sottoposto a traumi al passaggio dell'uragano Katrina (l'elenco completo delle specie a rischio - pdf, in inglese). A New Orleans, la città devastata dal ciclone del 2005, giovedì l'aria è diventata pesante per i vapori acri del greggio: sono stati effettuati test per verificare le denunce dei residenti che hanno intasati i centralini comunali e della protezione civile.

Redazione online

30 aprile 2010(ultima modifica: 01 maggio 2010)

 

 

 

 

2010-04-30

A New Orleans l'aria pesante per i vapori acri del greggio

Louisiana, l'onda nera tocca le coste

E Obama chiama l'esercito

I tentacoli dell'enorme macchia di greggio avvistati sulle coste del delta del Mississippi

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MILANO - Quello che si temeva è avvenuto: le prime smagliature della marea nera, fuoriuscita dalla piattaforma della Bp Deepwater Horizon, sprofondata nel Golfo del Messico il 22 aprile, hanno raggiunto le coste della Louisiana e negli Stati uniti è stato decretato lo stato di "catastrofe nazionale". I tentacoli dell'enorme macchia di greggio sono stati avvistati al tramonto di giovedì sulle coste del Delta del Mississippi, in Louisiana. La perdita si è rivelata cinque volte più grave di quanto inizialmente previsto (circa 5.000 barili di petrolio si riversano in acqua ogni giorno), con conseguenze che potrebbero eguagliare o superare quelle del disastro Exxon Valdez del 1989 in Alaska. Il presidente Barack Obama è sceso in campo annunciando la mobilitazione "di tutte le risorse possibili", anche l’esercito, per contenere il disastro ecologico.

OBAMA IN CAMPO - L'incidente è diventato un caso di emergenza nazionale negli Usa, con la Casa Bianca in campo e il Pentagono chiamato all'intervento diretto per cercare di fermare la marea nera. Il presidente Barack Obama, costantemente informato, ha chiamato i governatori delle aree costiere a rischio: oltre alla Lousiana, il Texas, l'Alabama, il Mississippi, la Florida. I pescatori del Delta hanno passato le ultime due notti a raccogliere gamberi prima che l'onda viscosa rosso-arancio del greggio li intrappolasse e li uccidesse tutti.

"Sta accadendo una cosa gravissima", ha dichiarato David Kennedy della National Oceanic and Atmospheric Administration. "Sono spaventato. Si tratta di un affare enorme. E gli sforzi che verranno richiesti per far fronte alla situazione saranno immensi". Secondo l’Istituto "i venti che si sono levati non fanno che aumentare la velocità con la quale la macchia si sta dirigendo verso la costa".

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LO SPETTRO DEL DISASTRO AMBIENTALE - La marea nera potrebbe diventare il peggior disastro ambientale in decenni per gli Stati Uniti: a rischio sono centinaia di specie di pesci, uccelli e altre forme di vita di un ecosistema particolarmente fragile e già sottoposto a traumi al passaggio dell'uragano Katrina. A New Orleans, la città devastata dal ciclone del 2005, giovedì l'aria è diventata pesante per i vapori acri del greggio: sono stati effettuati test per verificare le denunce dei residenti che hanno intasati i centralini comunali e della protezione civile.

PROBLEMA POLITICO - Il ministro della Sicurezza Interna Janet Napolitano e la collega dell'Epa Lisa Jackson raggiungeranno in giornata il ministro dell'Interno Ken Salazar che è già sul posto. Per la Casa Bianca, commenta il Washington Post, la marea nera presenta un problema non solo ambientale ma anche politico: il presidente solo qualche settimana fa aveva dato vita a un impopolare, tra gli ambientalisti, programma di trivellazioni offshore. Le preoccupazioni dei verdi si sono i questi ultimi giorni rivelate fondate. La Casa Bianca ha però difeso il piano del presidente Obama di aprire a nuove trivellazioni petrolifere le coste dell'Atlantico e del Golfo del Messico: "Propone un processo ponderato e scientificamente fondato per determinare quali nuove aree siano adatte all'esplorazione e allo sviluppo e per valutare potenziali rischi e benefici", ha indicato la White House in un comunicato. Nel comunicato si precisa anche che la Casa Bianca lavorerà a questo piano in stretto contatto con il Congresso e con i governatori. Obama ha promesso anche ogni risorsa disponibile ai governatori interessati dall'avanzare della mare nera. Bobby Jindal, della Louisiana, ha chiesto fondi per mobilitare seimila uomini della Guardia Nazionale. Tocca a Bp, le cui azioni hanno perso giovedì l'8 per cento sui mercati, in prima battuta contenere il disastro, ma ora che la marea nera ha toccato terra, le risorse private non bastano.

Redazione online

30 aprile 2010

 

 

 

PREVISTO L'ARRIVO SULle coste della louisiana TRA GIOVEDì E VENERDì

Marea nera, deciso lo stato di emergenza

Il Pentagono invia uomini e mezzi

Scoperta una terza falla, in mare cinquemila barili di petrolio al giorno. Casa Bianca: "La Bp deve pagare"

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Scoperta una terza falla, in mare cinquemila barili di petrolio al giorno. Casa Bianca: "La Bp deve pagare"

NEW ORLEANS - All'inizio sembrava soltanto un grave incidente ambientale. Ma in meno di una settimana si profila l'incubo di una catastrofe ecologica. Ogni giorno porta notizie sempre meno positive sulla fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma della Bp Deepwater Horizon sprofondata nel Golfo del Messico il 22 aprile. Così da giovedì l'incidente è diventato un caso di emergenza nazionale negli Usa, con la Casa Bianca in campo e il Pentagono chiamato all'intervento diretto per cercare di fermare la marea nera che nella giornata di venerdì, secondo le previsioni, arriva a toccare la costa, a sud di New Orleans. E le notizie, giorno dopo giorno, delineano uno scenario sempre peggiore. Il flusso, si è saputo, è cinque volte più grande di quanto stimato inizialmente (foto da satellite - video). Secondo la Guardia costiera americana si stanno riversando in mare più di 5mila barili di greggio al giorno. Ed è stata anche scoperta una nuova falla. Michael Abdenhoff, portavoce della British Petroleum, ha confermato l’esistenza di una terza frattura a 1.550 metri sotto il mare, ma ritiene che questa non abbia provocato un incremento della fuoriuscita di petrolio: "Abbiamo trovato una nuova falla, che si aggiunge alle due già esistenti. Ma noi pensiamo che il volume di petrolio che fuoriesce in mare resti invariato". Anche se fosse, le previsioni peggiori indicano che prima di tre mesi non sarà possibile chiudere del tutto le falle. Se fosse vero, cosa resterebbe dell'ambiente marino e delle coste del golfo del Messico?

"GRAVITÀ NAZIONALE" - La marea nera arriva giovedì sera sulle Isole Chandeleur, 24 ore prima di quanto finora previsto: uno dei tentacoli della macchia di petrolio si trova a pochissimi chilometri dall'oasi protetta Pass-A-Loutre Wildlife Management Area, alla foce del Mississippi. L'Epa, Envirnomental protection agency, mette a punto le contromisure, mentre la Guardia costiera ha spiegato che il test dell'incendio controllato è stato "un successo" ma che giovedì non è stato possibile ripeterlo a causa dei venti. "Continueremo a bruciare la marea di petrolio non appena le condizioni lo permetteranno", ha detto il contrammiraglio Brice O'Hare. Dal canto suo il presidente Obama, informato della gravità della situazione, ha messo a disposizione per le operazioni di contenimento ogni risorsa, comprese le forze armate del Pentagono cui ha chiesto attrezzatura e uomini. "È un fatto di gravità nazionale per gli Stati Uniti" ha detto il ministro per la sicurezza interna Janet Napolitano, che venerdì sarà in Louisiana con la responsabile della protezione ambientale Lisa Jackson. Durante il briefing alla Casa Bianca un alto funzionario ha detto che ci potranno volere tre mesi per fermare la perdita di petrolio. Washington ha stanziato dei fondi federali ma ha anche detto chiaramente che i costi degli interventi ricadranno sulla compagnia inglese Bp, ritenuta "parte responsabile" e da cui gli Usa si aspettano la "reazione più forte possibile" al disastro, che sta attualmente impegnando più di mille persone. La British Petroleum ha accusato il colpo: "Accettiamo qualsiasi tipo di aiuto" ha detto il direttore Doug Suttles. Ma sulle cause del disastro Bp e Transocean (la società svizzera proprietaria della piattaforma) si accusano reciprocamente. Gli Usa hanno ordinato ispezioni su tutte le piattaforme nel golfo del Messico e il ministro dell'Interno Ken Salazar ha incontrato i vertici delle società petrolifere che operano off-shore.

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APPELLO PER GLI AIUTI - Il governatore della Louisiana Bobby Jindal ha decretato lo stato di emergenza e ha lanciato un appello affinché siano inviati aiuti d’emergenza per scongiurare una catastrofe ambientale: "La nostra priorità assoluta è quella di proteggere i nostri cittadini e l’ambiente. Gli aiuti supplementari sono fondamentali per attenuare l’impatto della marea nera sulle nostre coste". E arrivano le prime cause: gli allevatori di gamberi della Louisiana, che nel delta del Mississippi hanno la loro ragione di vita, hanno denunciato Bp per "negligenza e inquinamento". Nell'azione legale collettiva per cinque milioni di dollari sono citati anche Transocean e Halliburton, il gigante dell'energia che aveva effettuato riparazioni a bordo, forse all'origine dell'esplosione che l'ha fatta affondare.

50 ANNI PER RIPRENDERSI - E mentre la macchia nera continua a ingrandirsi (ha una superficie di 74mila km quadrati e una circonferenza di 970 km), gli esperti cominciano a valutare i danni all'ecosistema. "Questo rischia di essere il più grande disastro naturale della storia - spiega Silvio Greco, dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) -: fra gli effetti sulle coste e quelli sui fondali l'ecosistema impiegherà almeno 50 anni per riprendersi dalla catastrofe". Le zone del delta del Mississippi sono già presidiate in attesa dell'arrivo dell'onda, previsto per venerdì sera. Disposti 30 chilometri di barriere lungo la costa, con altri 150 pronti ad essere posizionati; previsto inoltre l'uso dei cannoni per spaventare gli uccelli e farli volar via e l'impiego dei battelli dei pescatori per versare detergenti dove ci sono le secche. Misure che rischiano però di rivelarsi dei palliativi, data l'enorme quantità di petrolio riversato in mare: "Non ci sono le capacità per evitare che la marea raggiunga le coste a questo punto - spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente -. Una volta che le coste sono contaminate si può intervenire con i volontari ogni volta che si vede un animale in difficoltà, mentre i metodi di dissuasione possono forse funzionare per gli uccelli, ma non per i grandi pesci pelagici". Il danno per l'ecosistema sarà incalcolabile, affermano gli esperti, e si farà sentire a tutti i livelli: "Ci saranno danni sia per gli organismi più piccoli, come il fitoplancton di cui si nutrono diversi organismi marini, sia per i pesci e i mammiferi - conferma Greco -, molte delle sostanze tossiche inoltre si accumulano man mano che si sale nella catena alimentare fino ad arrivare agli animali più grandi, per non parlare di quelle che si depositano sul fondo".

TONNO ATLANTICO A RISCHIO - Il disastro non poteva capitare in un momento peggiore, visto che questo è il periodo in cui la maggior parte degli animali si ferma nella zona per riprodursi. Secondo i biologi americani, la specie a rischio più immediato è quella del tonno atlantico: già in via di estinzione, questo pesce deposita le uova nel golfo del Messico proprio tra metà aprile e metà giugno. In pericolo anche le tartarughe marine: cinque delle sette specie conosciute scelgono proprio il delta del Mississipi per le loro rotte migratorie. Nel golfo c'è anche una delle nursery preferite dagli squali, nelle Chandeleur Islands, minacciate molto da vicino dalla marea. I cetacei sono a rischio sia per gli effetti diretti del petrolio inalato o ingerito sia perché sarà contaminato anche il loro cibo principale, il krill. Infine una grande quantità di uccelli, dai pellicani che depongono le uova in questo periodo ad altre specie di migratori (96 solo di passeri), scelgono proprio le aree umide del golfo come sosta nelle loro rotte. "L'unico modo per ripulire le coste è meccanicamente - conclude Greco -, ma dubito che ci siano sufficienti forze per un'area così vasta. Per una contaminazione analoga ma molto più piccola nella Locride l'anno scorso abbiamo dovuto usare 500 volontari per una settimana".

POLITICA ENERGETICA - Oltre che sull'ambiente, la marea nera è destinata ad avere effetti diretti sulla politica energetica dell'amministrazione Obama, almeno per quanto riguarda le trivellazioni. A marzo, tra le polemiche degli ambientalisti, il presidente ha dato la sua autorizzazione a nuove piattaforme off-shore nell'Atlantico, davanti alle coste del Delaware, di New York, della Florida. Il piano ha l'obiettivo di ridurre la dipendenza energetica degli Usa dal petrolio estero, in particolare dai Paesi con cui gli Usa non hanno buoni rapporti. Per questo era stato accolto con favore oltre che dall'industria del settore anche dall'opposizione repubblicana. In attesa che i pannelli solari, le turbine eoliche o le centrali nucleari comincino a produrre tutta l'energia di cui l'America necessita, gli Usa continuano ad aver bisogno di petrolio. Obama ha pensato di andare a prenderlo sotto il mare, non solo davanti alle coste della California o del golfo del Messico ma anche davanti alle coste Atlantiche. E ora la Casa Bianca difende il piano: "Propone un processo ponderato e scientificamente fondato per determinare quali nuove aree siano adatte all'esplorazione e allo sviluppo e per valutare potenziali rischi e benefici" ha indicato in un comunicato, sottolineando che si lavorerà a stretto contatto con il Congresso e i governatori.

Redazione online

29 aprile 2010

 

 

 

 

 

Allarme al largo della Lousiana. Obama: "Priorità numero uno del governo"

Affonda in mare la piattaforma

petrolifera esplosa due giorni fa

La struttura conteneva 2,6 milioni di litri di petrolio. La guardia costiera: "Al momento nessuna fuoriuscita"

Allarme al largo della Lousiana. Obama: "Priorità numero uno del governo"

Affonda in mare la piattaforma

petrolifera esplosa due giorni fa

La struttura conteneva 2,6 milioni di litri di petrolio. La guardia costiera: "Al momento nessuna fuoriuscita"

MILANO - E’ colata a picco la piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico gravemente danneggiata tre giorni fa da un’esplosione che ha provocato diciassette feriti, quattro dei quali gravi, e undici dispersi. Lo ha annunciato la Guardia costiera. L'affondamento della "Deepwater Horizon" al largo della Louisiana, dopo l'esplosione e l'incendio sviluppatosi a bordo tre giorni fa, potrebbe causare una catastrofe naturale nel Golfo del Messico. È l'allarme lanciato da alcuni ambientalisti nel sottolineare che la piattaforma è colata a picco con circa 700 mila galloni (2,6 milioni di litri) di greggio. Undici operai continuano a risultare dispersi nell'incidente accaduto martedì notte. David Rainey, responsabile delle esplorazioni petrolifere nel Golfo del Messico, non lascia molto spazio all'ottimismo: "Senza dubbio - ha detto - esiste la possibilità di un grande sversamento di greggio". La piattaforma si trovava a 70 chilometri dalle coste dello stato americano della Louisiana. "Stiamo ancora portando avanti l’inchiesta" per fare luce sulle ragioni per cui la piattaforma è collassata, ha spiegato Ashley Butler, portavoce della Guardia costiera.

Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico

LA GUARDIA COSTIERA: "AL MOMENTO NON CI SONO RISCHI" - Anche se occorrerà del tempo per valutare i reali danni ambientali causati dall'incidente, la Guardia Costiera della Louisiana ha un atteggiamento molto più cauto: "Al momento non ci sono perdite" ha detto una portavoce, aggiungendo anche che nel caso in cui si verificassero "siamo pronti per affrontare l'emergenza". Queste affermazioni sembrano però essere smentite dalle foto aeree scattate nella zona, che mostrano invece ampie chiazze di greggio in mare. L'allarme quindi resta e la zona continua ad essere monitorata 24 ore al giorno. Il controammiraglio di Guardia Costiera Mary Landry, che sovrintende alle operazioni, in un'intervista concessa alla ABC ha comunque escluso che possa esserci un'emergenza ambientale di proporzioni importanti. I rischi derivanti da una possibile marea nera sono considerati bassi, e i tecnici ritengono che la maggior parte del petrolio sia bruciato nell'incendio seguito all'esplosione. L'unica vera preoccupazione delle autorità riguarda le condizioni atmosferiche previste per il fine settimana. Il mare nel Golfo del Messico dovrebbe ingrossare, il che renderebbe molto più difficili le operazioni di recupero della "striscià oleaosa". C'è quindi ancora il rischio che il petrolio arrivi alla costa.

PREOCCUPAZIONE DI OBAMA - Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si era incontrato giovedì con i responsabili dei soccorsi e della Protezione Civile americana per fare il punto della situazione, e aveva definito l'emergenza al largo di New Orleans "la priorità numero 1" del governo americano.

 

23 aprile 2010(ultima modifica: 24 aprile 2010)

 

 

 

 

 

Allarme al largo delle coste della Lousiana

Esplosione a bordo di una piattaforma petrolifera: 11 dispersi e 17 feriti

Erano 126 le persone presenti al momento dello scoppio. Scatta l'allarme ambientale nella zona

Allarme al largo delle coste della Lousiana

Esplosione a bordo di una piattaforma petrolifera: 11 dispersi e 17 feriti

Erano 126 le persone presenti al momento dello scoppio. Scatta l'allarme ambientale nella zona

HOUSTON - Proseguono le ricerche dei dispersi nel Golfo del Messico, dove una piattaforma petrolifera è esplosa martedì notte al largo delle coste della Louisiana: 11 sono le persone disperse, diciassette i feriti di cui quattro gravi. Al momento dell’esplosione erano presenti 126 impiegati della piattaforma. Enormi colonne di fuoco si innalzano ancora dalla piattaforma Deepwater Horizon, alta 122 metri, attorno alla quale continuano a circolare elicotteri e navi alla ricerca dei dispersi. L’esplosione si è prodotta verso le 22 di martedì sera ora locale su una piattaforma larga come due campi di calcio della società Transocean. L’incidente potrebbe rivelarsi il più grave degli ultimi 50 anni negli Stati Uniti. A causa delle alte temperature raggiunte con l’incendio la piattaforma si è inclinata e rischia di cadere in acqua, con possibili gravi danni ecologici nella zona. Parte del petrolio è già finito in mare.

Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico Marea di petrolio nel Golfo del Messico

AL LARGO DELLA LOUSIANA - La piattaroma esplosa, che si trova a 84 km a sud-est di Venice, in Louisiana, è della Transocean e lavora per BP. Le cause dell'esplosione non sono ancora note e sarà immediatamente avviata un'inchiesta.

RICERCA DEI DISPERSI E LOTTA ALLE FIAMME - La speranza è che gli undici che mancano all'appello siamo saliti su un battello di emergenza poi trascinato lontano dalla piattaforma dalle correnti. Alle operazioni di ricerca partecipano elicotteri, aerei e navi della guardia costiera. Almeno cinque unità navali stanno combattendo contro le fiamme che avvolgono al piattaforma. Non sono state ancora chiarite le cause della esplosione e del conseguente incendio che hanno devastato la piattaforma. Attorno alla piattaforma ancora in fiamme è stata dichiarata una "zona di sicurezza" per un raggio di cinque miglia nautiche. Le autorità devono valutare anche i danni all'ambiente provocato dall'incidente: quantità di petrolio sono finite in mare e una chiazza ha cominciato a formarsi nei pressi della piattaforma che si è inclinata di alcuni gradi per effetto dell' incendio. "Per adesso la priorità è trovare i dispersi - ha detto una portavoce della operazione di soccorso - dobbiamo inoltre estinguere le fiamme. In seguito sarà possibile indagare sulle cause dell'incidente".

21 aprile 2010(ultima modifica: 22 aprile 2010)

 

2010-04-18

Traffico aereo bloccato per la nube di cenere del vulcano islandese

Italia, da lunedì mattina alle 7 si vola

Notte sulle brandine a Fiumicino e a Malpensa. In tutta Europa soppressi 63 mila voli dal 14 aprile a oggi

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MILANO - Lo spazio aereo italiano riaprirà lunedì mattina alle ore sette. Lo ha deciso l'Enac dopo una giornata di bivacchi negli aeroporti con tantissimi voli cancellati e stazioni ferroviarie prese d'assalto. A seguito di questa decisione anche Alitalia annuncia che a partire dalle ore 8 di lunedì tutti i collegamenti nazionali sono previsti regolari. Restano al momento sospesi i collegamenti con le città di Londra, Amsterdam, Parigi e Bruxelles fino alla riapertura dei rispettivi aeroporti. Ai passeggeri con biglietto da o per altre destinazioni dell’Europa centrale o del Nord, Alitalia suggerisce di controllare lo stato del proprio volo prima di recarsi in aeroporto, collegandosi al sito Internet www.alitalia.it o chiamando il numero verde 800.650055.

DISAGI - All'indomani del sabato di passione nel nord dell'Italia, una nuova giornata di disagi si registra in tutti gli scali settentrionali del nostro Paese. Ancora bloccato il traffico aereo a causa della nube di cenere provocata dall’eruzione del vulcano islandese. Fortunatamente però la situazione dei cieli italiani sembra migliorare e l'Enac ha dunque deciso la riapertura dei voli. In base al più recente bollettino "Met Office - Volcanic Ash Advisory Centres", circa lo stato della nube vulcanica islandese, è risultato confermato il miglioramento della situazione sull'area del Nord Italia. Moltissimi viaggiatori stazionano negli aeroporti bloccati ormai da oltre 26 ore. In Europa ventimila i voli sono rimasti a terra nella sola giornata di domenica. In tutto, dal 14 aprile ad oggi sono 63.000 i voli cancellati dall'inizio dell'eruzione in Islanda. Lunedì si svolgerà in videoconferenza la riunione straordinaria dei ministri dei Trasporti dei paesi Ue, richiesta del presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso per far fronte a "una situazione senza precedenti". A Malpensa e a Fiumicino notte sulle brandine per centinaia di passeggeri. Migliaia i viaggiatori colpiti dai disagi. Intanto, la nube provocata dall'eruzione del vulcano islandese potrebbe arrivare domenica sera in Toscana. L'Enav ha effettuato domenica mattina un volo di ricognizione per controllare direttamente lo stato delle aerovie italiane. In apertura della riunione del Comitato operativo, Guido Bertolaso ha ribadito che al momento "non ci sono rischi per la salute" dei cittadini. Il capo della Protezione civile ha aggiunto che l'obiettivo di tutte le istituzioni al tavolo è quello di "non paralizzare il traffico aereo italiano". Per questo, ha spiegato, è stata costituita un'unità di crisi composta da scienziati dell'Ingv per analizzare i modelli provenienti dall'Inghilterra sulla presenza delle ceneri nell'aria.

Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi

NIENTE TRENI PER L'ESTERO FINO A VENERDÌ - Lunghe code si sono formate anche domenica nelle stazioni ferroviarie, in particolare a Roma e Milano. La gran parte delle persone sono stranieri, che cercano di raggiungere in treno destinazioni europee. Ci sono situazioni differenti: chi è rimato bloccato in aeroporto dove aveva una coincidenza, chi aveva programmato il rientro, come per esempio i tantissimi operatori che erano a Milano per il Salone del mobile. Trenitalia però avverte chi non aveva già un biglietto con prenotazione, che non ci sono posti disponibili per l'estero fino al 23 aprile. Le Ferrovie dello Stato sono riuscite comunque ad organizzare per la tarda serata un treno speciale per Parigi per venire incontro alle centinaia di turisti rimasti bloccati in Italia per la nube di cenere del vulcano islandese che ha portato alla chiusura degli aeroporti nel Nord.

LA SITUAZIONE IN ITALIA - A Milano la situazione è particolarmente critica, a causa della concomitanza con il salone internazionale del mobile, in svolgimento alla Fiera di Milano-Rho, che ha portato nel capoluogo lombardo decine di migliaia di visitatori. Gli alberghi sono tutti prenotati e risulta difficile riuscire trovare una stanza. Gli effetti delle ceneri si fanno sentire dunque anche in Italia, gettando il Paese nel caos. I voli domenicali cancellati a Malpensa sono già 538 i voli, 211 quelli soppressi a Linate. I servizi aeroportuali sono stati aperti 24 ore su 24, come i locali pubblici, mentre la scorsa notte nei due scali di Milano sono stati distribuiti generi di prima necessità ai passeggeri che ne hanno fatto richiesta. Nonostante, infatti, il grosso dei viaggiatori abbia lasciato sabato gli aeroporti, diverse centinaia sono rimasti in attesa. A Malpensa c'è dunque un discreto andirivieni di passeggeri, pur in numero molto ridotto rispetto a ieri. Viaggiatori che non si erano informati prima di arrivare in aeroporto, o semplicemente in paziente attesa del transito della nube di cenere dall'Islanda, chiedono notizie alle biglietterie delle compagnie aeree e ai banchi informativi dei terminal. Qualche malumore per alcune centinaia di turisti, arrivati domenica mattina perché i tour operator non li avevano avvisati della cancellazione delle loro vacanze al mare: ripartiranno comunque nei prossimi giorni. Non va meglio a Roma: i voli cancellati a Fiumicino sono 500. Tuttavia lo scalo romano, unico hub del centro sud Europa aperto ai voli, sta reggendo alla difficile situazione e alle ripercussioni legate alla chiusura degli scali del Nord, centro e sud Europa, oltre che del nord Italia. Lo scalo romano sta infatti accogliendo, sin da sabato , anche voli che erano diretti in scali poi interdetti e quindi anche un surplus di passeggeri. Biglietterie e punti di informazione presi d'assalto alla Stazione Termini. Resta chiuso lo scalo Peretola di Firenze. Lo scalo è quasi deserto. Secondo quanto riferito dalla polizia, solo poche decine di viaggiatori stanno facendo la fila alle biglietterie delle compagnie aeree per sostituire i ticket di viaggio su voli programmati per domani qualora la situazione dovesse tornare alla normalità. Voli cancellati nell'aeroporto Karol Wojtyla di Bari. La compagnia Meridiana nel frattempo ha allestito quattro voli per portare riportare in Italia circa 900 turisti rimasti bloccati a Sharm El Sheik. La nube che sta paralizzando l'Europa ha isolato la Sardegna, con decine di voli cancellati in arrivo e in partenza nei tre aeroporti sardi. Disagi soprattutto per i tanti isolani che dovevano fare rientro a casa, ma anche per i numerosi turisti che, soprattutto grazie ai voli low cost, prendono d'assalto la Sardegna nei fine settimana. Domenica mattina la situazione negli aeroporti di Cagliari-Elmas, Alghero-Fertilia e Olbia appare più tranquilla. Le compagnie hanno invitato i passeggeri dei voli cancellati a non recarsi in aeroporto, mentre i numerosi turisti, impossibilitati a ripartire, hanno trascorso la notte negli alberghi, allungando di fatto le proprie vacanze.

Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei

LA SITUAZIONE IN EUROPA - In Europa è ormai emergenza e le notizie che arrivano dall'Islanda non sono confortanti. Le eruzioni rischiano infatti di protrarsi a lungo nel tempo se dopo il vulcano Eyjafjallajokull entrerà in azione - come è già avvenuto in passato - anche il Monte Katla. Ad affermarlo in una intervista alla radio militare è stata la first lady islandese Dorit Moussaeiff, che è di origine israeliana. "Secondo gli esperti è possibile che dopo l'eruzione del primo entri in azione il secondo" ha spiegato. "Se entrasse in attività il Monte Katla, potrebbe anche essere una questione della durata di due anni". I due vulcani, secondo gli scienziati, sono collegati da canali di eruzione. Il blocco del trasporto aereo in gran parte del Vecchio Continente è arrivato al quarto giorno consecutivo e alcune compagnie (Klm, Lufthansa, Air France) hanno deciso di effettuare voli di prova senza passeggeri per verificare se le condizioni atmosferiche possono consentire la ripresa dei collegamenti. Nella mattinata molti Paesi dell'Europa centro-settentrionale hanno annunciato il prolungamento della chiusura del loro spazio aereo fino alle 20 di domenica sera se non direttamente fino a lunedì. Molti altri però, come la Spagna e la Francia hanno deciso la riapertura di alcuni scali. In Gran Bretagna la British Airways ha annunciato che cancellerà tutti voli anche per la giornata di lunedì per la nube di polvere dell'Eyjafjallajokull.

POLEMICHE - Polemiche inevitabili, in una situazione di emergenza di tale portata. Dopo Air Berlin, infatti, anche Lufthansa ha criticato aspramente la decisione di chiudere gli spazi aerei dopo che al termine di dieci voli di prova nel cuore della nube di cenere non hanno riscontrato alcun problema. Il portavoce della compagnia di bandiera, Klaus Walter ha denunciato alla Bild che "il blocco dei voli è stato deciso solo in base alla simulazione dei computer e questo sta causando miliardi di euro di perdite alle compagnie". Sui 10 aerei che hanno volato ieri da Francoforte a Monaco nessuno "ha registrato problemi, neanche il più lieve graffio sul vetro della cabina di pilotaggio, sulla fusoliera o sui motori".

Redazione online

18 aprile 2010

 

 

 

DA ROMA A MILANO E RITORNO

Enac: volo di ricognizione sull'Italia

per vedere a che punto è la nube

Partito da Ciampino il Cessna per controllare lo stato delle aerovie del Paese. Test anche di Klm e Lufthansa

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ROMA - L'Enac (Ente Nazionale per l'Aviazione Civile) ha autorizzato l'Enav (Azienda italiana per l'Assistenza al Volo) ad effettuare un volo di ricognizione per controllare direttamente lo stato delle aerovie italiane interessate dalla nube vulcanica proveniente dall'Islanda. Il volo è stato effettuato da un velivolo Cessna Citation 2 del Reparto Radiomisure dell'Enav, con equipaggio di condotta comandato dallo stesso Dirigente Operazioni Volo dell'azienda.

In attesa (Afp)

In attesa (Afp)

LA ROTTA - La rotta della missione disposta dall'Enac ha previsto il decollo dell'aereo Enav da Ciampino nella mattinata di domenica, la prosecuzione del velivolo sulla rotta Bolsena-Ferrara, con stabilizzazione a varie quote ed un avvicinamento all'aeroporto di Venezia Tessera; da qui l'aereo Enav ha effettuato un avvicinamento a Milano Linate, da dove, senza atterrare, ha effettuato il rientro a Ciampino attraversando a varie quote lo spazio aereo italiano lungo la direttrice Pisa-Grosseto. Al termine di questo volo di ricognizione, il Cessna Citation 2 dell'Enav è stato condotto negli hangar di manutenzione di Ciampino per essere minuziosamente ispezionato. I controlli prevedono lo smontamento dei motori verranno per verificare il loro stato di usura e l'eventuale presenza di particelle della nube vulcanica, anche nell'olio del motore. Il Presidente dell'Enac, Vito Riggio, ha inoltre chiesto al Capo del Dipartimento per la Protezione Civile, Guido Bertolaso, di poter disporre prima possibile - attraverso l'Istituto Italiano di Vulcanologia - di appositi sensori in grado di rilevare e misurare la presenza di ceneri vulcaniche in quota, non rilevabili via radar. Ciò al fine di raccogliere al più presto ulteriori dati ed elementi di analisi da poter affiancare a quelli del bollettino europeo ed ai modelli matematici forniti a livello comunitario da Eurocontrol.

Aereo Lufthansa a Monaco (Afp)

Aereo Lufthansa a Monaco (Afp)

LE ALTRE COMPAGNIE AEREE - Ma voli di prova sono stati effettuati anche nel resto d'Europa. Klm e Lufthansa già ieri, sabato 17, hanno testato i loro aerei facendone volare uno sopra la nube di cenere del vulcano islandese di Eyjafjallajokull. E dai primi test sembra essere meno pericoloso di quanto temuto. La compagnia franco-olandese Klm ha infatti reso noto ufficialmente di non aver registrato la benchè minima anomalia o usura particolare al termine dell'ispezione dell'aereo che ieri ha effettuato il primo test volando da Asmterdam a Dusseldorf. "Un Boeing 737 con un equipaggio di 20 persone a bordo ha lasciato l'aeroporto di Schiphol alle 06:30 (locali e italiane) ed è atterrato senza danni a Dusseldorf, in Germania", ha dichiarato un portavoce di Klm, aggiungendo che altri otto voli test saranno effettuati nel corso della giornata.

LUFTHANSA - Il portavoce della Lufthansa, Aage Duenhaupt, ha riferito che la compagnia tedesca ha fatto volare dieci aerei (tra Airbus A340 e Boeing 747-400) da Monaco di Baviera a Francoforte, per lo più su una quota di 3.000 metri (ovvero ben al di sotto dello strato di ceneri vulcaniche) ma con puntate fino a 8.000 metri di quota. "Tutti gli aerei - ha detto Duenhaupt - sono stati ispezionati al loro arrivo a Francoforte e non presentavano danni né ai finestrini della cabina di pilotaggio, né alla fusoliera nè ci sono state conseguenze per i motori".

Redazione online

18 aprile 2010

 

 

 

 

 

LA SCHEDA

10 risposte per affrontare l'emergenza

Una guida per sapere che cosa fare se si rimane coinvolti dai problemi di viaggio provocati dalla "nube"

LA SCHEDA

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Una guida per sapere che cosa fare se si rimane coinvolti dai problemi di viaggio provocati dalla "nube"

Volo cancellato che cosa fare

La Carta del Passeggero (regolamento 261/04) prevede che anche in caso di cancellazioni causate da "eventi eccezionali" la compagnia aerea deve offrire al passeggero la possibilità di scegliere tra il rimborso del biglietto oppure l’imbarco su un altro volo, il prima possibile o in una data successiva più conveniente per il cliente. Il vettore è tenuto anche a garantire al cliente un’adeguata assistenza a terra. Nel caso di avverse condizioni meteo determinate da circostanze eccezionali non è previsto invece il risarcimento per i disagi subiti dal passeggero

Come chiedere il rimborso?

"Le norme prevedono che il rimborso sia immediato e in contanti", dice Paolo Martinello di Altroconsumo. È possibile presentare richiesta alla compagnia anche attraverso raccomandata con ricevuta di ritorno. Attenzione: il biglietto va conservato con cura. "Qualora la compagnia non provvedesse al rimborso, si può inoltrare una segnalazione all’Ente nazionale dell’aviazione civile (via posta, fax, email o con modulo online - www.enav.gov.it) e all’Antitrust". Ultima strada il Giudice di Pace. Più passeggeri con storie analoghe possono optare per un’azione collettiva

Quale deve essere l’assistenza a terra?

Il vettore deve garantire al passeggero in attesa di un volo successivo pasti, bevande, eventuali pernottamenti, trasferimenti da e per l’aeroporto, due chiamate telefoniche, fax o email. La disponibilità di camere in molte città è esaurita: brandine sono state portate nei principali scali

Se l’emergenza continua?

Ai passeggeri in partenza spetterà solo il rimborso o la riprotezione. "Le compagnie dovranno però garantire assistenza a chi è di rientro o in transito", dicono da Altroconsumo. Nell’assistenza rientra lo studio di soluzioni alternative che permettano ai passeggeri il ritorno a casa

Le "low cost" hanno regole a sé?

Compagnie di linea e "low cost" sono tenute allo stesso modo a rispettare la Carta del passeggero. Segnalazioni di violazioni del regolamento sono state trasmesse agli uffici di Enac e Astoi (l’associazione dei tour operator) da passeggeri di Airberlin ("rifiuto di rimborso e assistenza") ed easyJet ("rifiuto di rimborso"). Ma anche di Lufthansa ("a due passeggeri bloccati a Shangai è stato negato il rientro in economy e l’assistenza in albergo"). Gli ispettori dell’Enac sono al lavoro negli scali italiani: "Le compagnie che non rispettano il regolamento saranno denunciate e sanzionate"

E se si viaggia con tour operator?

"Il tour operator è tenuto a provvedere, per i passeggeri in partenza, al rimborso dell’intero pacchetto", afferma il direttore di Astoi Alberto Corti. Come da Codice del consumo. Per richiedere il rimborso bisogna "rivolgersi entro sette giorni all’agenzia viaggi (dove è stato acquistato il pacchetto) o inviare una email al sito online (se l’acquisto è stato fatto sul web)". Conservare tutta la documentazione. Aggiunge Corti: "Riprotezione e assistenza, soprattutto dei passeggeri di rientro, devono essere garantite dalla compagnia alla quale il tour operator si appoggia"

Il treno è un’alternativa?

Anche oggi Frecciarossa straordinario in partenza da Roma e Milano alle 8 (ferma a Bologna). Trenitalia raccomanda ai viaggiatori di recarsi in stazione solo se diretti verso mete nazionali. Meglio se già provvisti di biglietto acquistato online (www.trenitalia.it) o al call center (89.20.21). Invita invece i passeggeri che vogliono andare all’estero a non considerare il treno un’alternativa: "Tutti i collegamenti sono esauriti fino a venerdì, qualche posto potrebbe rendersi disponibile solo sui treni di giorno". Per raggiungere le isole e il Sud sono disponibili collegamenti via traghetto

L’automobile a noleggio

In alternativa al treno c’è l’auto a noleggio, magari da condividere con più persone (car sharing). Dal tardo pomeriggio di ieri però le principali compagnie del Nord non hanno più vetture a disposizione, le prime rientreranno domani dopo mezzogiorno.

Taxi da prendere con altri

Attenzione a chi offre servizi con autista. Meglio preferire un taxi, esistono tariffe fisse. Quelle di una delle compagnie milanesi: "Mille euro per andare da Milano a Roma, 1.500 per Parigi". Costo che può essere suddiviso tra più passeggeri (fino a sei)

Quando tornerà tutto normale?

Ieri l’Ente nazionale dell’aviazione civile ha disposto la chiusura dello spazio aereo del Nord Italia fino a domani alle otto. In attesa di nuove previsioni e nuovi bollettini, l’Enac mette in guardia: dal momento in cui il sistema aereo ripartirà (a livello italiano ma anche europeo), ci vorranno almeno altri due giorni di riassestamento perché la situazione torni alla normalità. Per non andare incontro a cattive sorprese quindi, sempre che sia possibile, è meglio rinviare ogni viaggio in aereo di qualche giorno

Alessandra Mangiarotti

18 aprile 2010

 

 

 

Il dialogo Il "sedentario", il "viaggiatore" e le riflessioni sulla nostra dipendenza dai jet

La nostra vita senza aerei,

addio frutta esotica e sushi

Saltano i commerci e le compagnie perdono un miliardo di euro al giorno

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MILANO - Voli a terra, umore pure. Non per tutti, però: chi non ama volare pregusta piccole rivincite. Chi s'affida agli aerei, invece, può riflettere sulla propria dipendenza. Immaginiamo il dialogo tra un Sedentario e un Viaggiatore, alla luce — scusate, all'ombra — della nube vulcanica islandese nei cieli d'Europa.

V. Prima le banche, adesso i vulcani. Questi islandesi: così piccoli e già così casinisti.

S. Dovreste ringraziarli, invece: vi aiutano a riflettere sulla vostra inutile frenesia. Decolla di qui, atterra di là, arriva da lì, riparti di qua. Transfer! Dovreste stamparvelo come un tatuaggio. Si può vivere senza aeroplani, credimi. L'umanità lo faceva, fino a pochi decenni fa.

V. Appunto: lo faceva. Tempo imperfetto. Lo dice il nome stesso: quel tempo andava perfezionato, e abbiamo provveduto. Io spesso vado per lavoro a New York il giovedì e torno il sabato. Stavolta non ho potuto farlo.

S. Bravo, vàntati. Non basta una telefonata? Prefisso di New York: 212.

V. Talvolta basta, talvolta no. Ma non basta per portare frutta esotica a Londra, pesce per il sushi a Milano, concertisti stranieri ad Amburgo, capi di governo a Berlino: tutte cose che in Europa abbiamo dovuto cancellare.

S. Ce ne faremo una ragione. Anche se ammetto che rinunciare al mango mi scoccia.

V. Ma non capisci che volare è viaggiare, viaggiare è conoscere, conoscere è capire, capire è agire, agire è migliorare? Sai quante persone sono già state bloccate dalla nube? Sei milioni. Sai quanto stanno perdendo le compagnie aeree? Un miliardo di euro al giorno. Sai quante merci, scambi e commerci buttati?

S. Secondo me ti interessano soprattutto le miglia aeree. Airmiles! Millemiglia! Solo mille? Perché non centomila? FF, Frequent Flyers! Dovrebbe chiamarvi Folli Frenetici, invece.

V. Dici così perché sai che la nube vulcanica passerà, e tra due o tre giorni potrai tornare a goderti i vantaggi di un mondo connesso, pieno di gente e merci che viaggiano. A proposito: ma in Islanda non avevano quei simpatici geyser d'acqua calda? Cosa gli ha preso?

S. I vantaggi di un mondo connesso! Persone e merci che viaggiano! Parli come una pubblicità della Dhl, o come George Clooney nel film "Lassù tra le nuvole". A proposito, sta ancora con la Canalis?

V. Vedi, l'incoerenza? Come credi che andasse lei da lui? A nuoto? E come veniva George da Los Angeles al lago di Como? In barca?

S. Vorrà dire che avremo una coppia in meno. Elisabetta si fidanzerà con un medico di Sassari, mamma e papà saranno contenti. Molti dei vantaggi dell'aereo, se ci pensi, sono illusori. Ci portano cose di cui possiamo fare a meno. Eli vivrà senza George. Tu resisterai senza andare a Monaco, Madrid, Marsiglia e Manchester nella stessa settimana.

V. Disfattista. Luddista. Non ti sopporto.

S. Oh, no. Tu non sopporti la tua dipendenza da quel tubo di ferro volante. Certo, ogni tanto può essere utile. Ma sai cosa ti dico? Potremmo vivere senza. Sia benedetto il vulcano Eyjafjallajokull! Grazie a lui cominceremo a capire.

V. Cominceremo a capire che ormai l'aereo è utile quanto il telefono. Scusa, dove hai preso quel libro che stai leggendo?

S. Amazon.

V. Amazon Italy non c'è. Quindi il libro è arrivato dall'estero. Uk o Usa. In aereo. Te l'avessero mandato in nave da Seattle l'avresti ricevuto fra due mesi.

S. Benissimo: l'avrei letto sessanta giorni dopo. Internet, quella sì, è indispensabile. Non il trasporto aereo. Meno commerci? Vero. Ma anche meno guerre. Gli americani non vanno in Afghanistan. I talebani non svolazzano di qui e di là combinando disastri. Eccetera.

V. Due ragazzi si conoscono in Erasmus a Vienna. Lei è finlandese, lui italiano. Si scrivono su Facebook, parlano e si vedono con Skype. Ma per baciarsi come fanno? Semplice: prendono un volo low-cost e s'incontrano. Amore a trenta euro. Fantastico no?

S. Amore a trenta euro: lo diceva anche l'Eugenio, quando arrivava al bar proveniente dalla statale.

V. Non solo luddista e antiquato: anche cinico e volgare. Continui a non capire che il mondo procede perché la gente s'incontra, si mescola, s'impegna a imparare. I fenici viaggiavano con le navi, noi con gli aeroplani: stessa roba, cambiano solo i mezzi e i tempi.

S. E se eruttassero altri vulcani? E se il terrorismo trovasse un modo di minacciare qualsiasi volo aereo? Torneremmo indietro di anni.

V. Io dovrei rinunciare alle quattrocentomila miglia che ho accumulato col programma Frequent Flyers.

S. E io al mango.

V. Sarebbe tristissimo. Malpensa ancora più deserto di quanto già sia.

S. Malpensa! Fiore all'occhiello della Lega! Quando riapre? Magari a Bossi vien voglia di mango.

Beppe Severgnini

18 aprile 2010

 

 

 

 

previsioni sullo spostamento e sull'intensita' del fenomeno

La nube non si ferma. "Coprirà l'Italia"

Nell'atmosfera 200 mila tonnellate di cenere e lava Gli esperti: la nube si rafforza, avremo più piogge

previsioni sullo spostamento e sull'intensita' del fenomeno

La nube non si ferma. "Coprirà l'Italia"

Nell'atmosfera 200 mila tonnellate di cenere e lava Gli esperti: la nube si rafforza, avremo più piogge

MILANO —"Il vulcano islandese rimane un serio problema perché continua a eruttare con la stessa intensità alimentando la nube, rafforzandola". La preoccupante diagnosi è di Warner Marzocchi dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che da Parigi con i colleghi finlandesi, americani e australiani coordina l'osservazione vulcanologica mondiale. "Difficile fare previsioni sull'evoluzione del fenomeno — aggiunge — ma perché le cose cambino ci sono solo due possibilità: che l'eruzione si riduca o che le correnti aeree diffondano altrove ceneri e gas. Ma nulla del genere sta accadendo". Infatti le simulazioni condotte dal Centro fenomeni estremi (Cetemps) dell'Università de L'Aquila, in coordinamento con il Met Office britannico e il centro meteorologico tedesco Wetter, e fornite alla nostra Protezione civile, mostrano come le particelle silicee si stiano distribuendo sull'intera Europa ricoprendo entro mercoledì tutta l'Italia, Sicilia compresa. "Fino a questo momento — precisa il professor Guido Visconti, direttore del centro — sono state riversate nell'atmosfera duecentomila tonnellate di materiale da parte del vulcano islandese e la loro maggior parte si concentra a un'altezza, a seconda della geografia, fra tre e otto chilometri. Oggi sono arrivate sulla Penisola dopo aver attraversato nella notte le Alpi e l'attraversamento dovrebbe aiutare ad abbattere una parte delle ceneri. Il resto si disseminerà in modo diluito sulle varie regioni contribuendo ad intensificare le precipitazioni; cioè potranno aumentare le piogge e la caduta di neve perché le particelle funzionano da nuclei di condensazione. Conseguenze negative sul clima per ora non possono verificarsi perché la nube non è penetrata nella stratosfera innescando meccanismi chimico-fisici negativi. In particolare, l'anidride solforosa presente nella nube non è in quantità tali da generare effetti climatici su vasta scala".

Guarda l'animazione: come si sta spostando la nube

IL LASER - Le valutazioni del centro aquilano sono effettuate utilizzando un radar ottico che lancia verso il cielo degli impulsi di luce laser fino a trenta volte al secondo. Dalla riflessione esce l'identikit delle particelle e i dati sono utilizzati per elaborare quei modelli che rivelano l'evoluzione e la distribuzione del fenomeno. Intanto, un'altra novità che ha sorpreso gli studiosi riguarda invece il vulcano. "L'esame delle ceneri raccolte nelle ultime ore — spiega Warner Marzocchi — ha mostrato che la lava è ricca di svariati gas e ciò contribuisce a provocare l'effetto esplosivo che prima si riteneva dovuto soltanto all'interazione con i ghiacci. Si tratta quindi di un tipo di magma particolare che cambia lo scenario chimico solitamente considerato". Le conseguenze per il traffico aereo restano quindi un punto di domanda molto critico. Solo da un paio di decenni si stanno approfondendo le ricerche riguardanti gli effetti delle nubi vulcaniche sui jet e ancora non si sono definiti precisi livelli di rischio in base alle intensità e alle caratteristiche delle particelle. Quindi, per evitare problemi e disastri come in qualche caso del passato stava per accadere, si adotta un principio di precauzione che suggerisce di non far volare gli aeroplani. Prezioso è giudicato il lavoro effettuato nelle ultime ore da un velivolo da ricerca ad elica "Dornier 228" del Natural Environment Research (Nerc) Council britannico. Dotato di particolari sensori sta navigando in prossimità della nube analizzandone caratteristiche e possibili effetti. "Che sono svariati e poco conosciuti — nota Guy Gratton, a capo della Facility for Airborne Atmospheric Measurement del Nerc —. Oltre alla fusione di parti interne e interruzione del funzionamento dei reattori bisogna tener conto che le polveri sono anche elettricamente cariche e causano tuoni e fulmini oltre al fenomeno noto come fuoco di Sant'Elmo per cui l'aereo si circonda di un alone luminescente. Parlando da ingegnere aeronautico, io non metterei oggi un aeroplano in quella nube".

Giovanni Caprara

17 aprile 2010(ultima modifica: 18 aprile 2010)

 

 

 

il rapporto uomo-ambiente

Filosofi e scienziati "La Natura imprevedibile è più forte di noi"

Il Nobel Rubbia: dimentichiamo che il pianeta è in evoluzione Paolo Rossi: smentita l'idea della Dolce Madre

il rapporto uomo-ambiente

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Il Nobel Rubbia: dimentichiamo che il pianeta è in evoluzione Paolo Rossi: smentita l'idea della Dolce Madre

MILANO — Davanti allo spettacolo terribile del terremoto di Lisbona, che il 1° novembre 1755 uccise dalle sessantamila alle novantamila persone, almeno un quarto degli abitanti di quella città, l'illuminista Voltaire arrivò a mettere in dubbio la provvidenza divina e il filosofo Immanuel Kant, il padre del razionalismo moderno, mise in guardia contro i peccati di orgoglio. In maniera diversa, un richiamo all'umiltà dell'uomo di fronte agli sconvolgenti fenomeni naturali, come l'eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökul che da tre giorni sta bloccando il traffico aereo in Europa, viene anche oggi da filosofi e scienziati.

CARLO RUBBIA - "L'uomo — dice per esempio Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica nel 1984 — si sorprende davanti ai grandi eventi della natura, terremoti, eruzioni vulcaniche, cicloni, perché dimentichiamo che il nostro pianeta è in continuo movimento: l'Atlantico si allarga di 2,5 centimetri l'anno, allontanando l'Europa dall'America. Ma tutto rientra nella storia e nell'evoluzione della terra: basti pensare che duecento milioni di anni fa tutti i continenti erano riuniti in un'unica terra emersa. Bisogna rendersi conto che i fenomeni della natura coesistono con la vita dell'uomo, il quale deve esserne consapevole. L'uomo e la natura sono due realtà parallele che convivono". La nostra fragilità, dice ancora Rubbia, è resa ancora più palese dalle "conseguenze che questa eruzione vulcanica potrebbe avere per il cambiamento climatico: le polveri ridurranno la trasparenza dell'atmosfera e quindi la radiazione del sole riscalderà meno la terra su vaste aree, andando nella direzione contraria all'attuale cambiamento climatico".

PAOLO ROSSI - Una preoccupazione, quella di Rubbia, che si sposa perfettamente con la riflessione di Paolo Rossi, decano italiano dei filosofi della scienza e allievo di Eugenio Garin: "Questa vicenda smentisce due idee molto di moda nel mondo contemporaneo: dimostra innanzitutto che la natura non è affatto buona, e poi che non sappiamo come andrà a finire. Nel primo caso mi riferisco alla fastidiosa propaganda sulla natura come dolce madre che arriva fino alla pubblicità (è un prodotto naturale: compralo), nel secondo al mito della prevedibilità dei fenomeni fisici ma anche del corso storico. Le previsioni di lungo periodo si sono dimostrate sempre sbagliate: sia quelle catastrofiche di padre Lombardi quando vedeva i cavalli dei cosacchi abbeverarsi alle fontane di San Pietro, o di Alberto Asor Rosa che oggi predica l'apocalisse, sia quelle ottimistiche degli economisti che fino a un anno fa si illudevano di controllare l'andamento dei mercati".

GIULIO GIORELLO - Un titolo catastrofista, ma solo in funzione editoriale, è quello del libro del vulcanologo Bill McGuire, Guida alla fine del mondo, edito da Raffaello Cortina nella collana diretta da Giulio Giorello, filosofo della scienza alla Statale di Milano. "Il libro di McGuire, studioso che in questi giorni lavora nel gruppo che gestisce l'emergenza in Gran Bretagna, ci parla delle catastrofi che possono mettere in crisi la nostra civiltà — spiega Giorello —. Di alcune, come l'eruzione del vulcano islandese, non abbiamo colpa, ma siamo sempre responsabili delle risposte che diamo. Per non finire come i dinosauri, secondo una teoria scomparsi all'impatto della terra con un gigantesco meteorite, non dobbiamo mai smettere di studiare il nostro pianeta, magari ricordandoci di applicare i risultati delle ricerche, perché per esempio in Italia abbiamo degli ottimi geologi ma non un atlante geologico completo. E poi affinare le nostre capacità di risposta, attraverso l'elaborazione di modelli matematici sempre più sofisticati che se non prevedono quando un fenomeno si verifica almeno ci dicono come avviene, quindi ci mettono in grado di reagire".

MARGHERITA HACK - Convinta che la scienza possa comunque dare una mano è l'astrofisica Margherita Hack, tuttavia scettica di fronte alla prevedibilità di tutti i fenomeni. "Non dico che la scienza sia impotente — argomenta la scienziata cui è stato intitolato l'asteroide 8558 — ma nei miei anni di studio e lavoro ho potuto constatare che sulla terra così come su molte stelle non tutto è prevedibile". Quel che segue sembra un gioco di parole, ma Margherita Hack è convinta che "la scienza può servire anche quando prevede l'assoluta imprevedibilità di certi fatti. Non sappiamo per esempio quando il Vesuvio andrà in eruzione ma di certo prima o poi accadrà".

NICOLA CABIBBO - Questa concreta preoccupazione per il Vesuvio accomuna la più laica tra gli scienziati al fisico Nicola Cabibbo, noto nel mondo per gli studi sulle interazioni delle particelle elementari e presidente della Pontificia accademia delle scienze. "Il Vesuvio, vulcano molto pericoloso — sostiene Cabibbo — potrebbe fare disastri ben maggiori di quello islandese anche per la densità della popolazione che vive nell'area. Viviamo in un mondo che può dare sorprese a tutti i livelli, dai fenomeni singolari come quello partito dall'Islanda, davanti al quale la scienza mi sembra possa ben poco, agli eventi come frane e terremoti, ben frequenti nel nostro Paese ma che ci colgono spesso impreparati. L'eruzione di quel lontano vulcano che sta emettendo una quantità incredibile di polvere davanti alla quale nulla possono gli scienziati, mi sembra debba servire da monito per la nostra imprudenza".

Dino Messina

18 aprile 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-04-17

solo sabato 17 mila i voli cancellati. "inavvicinabili" LE principali stazioni FERROVIARIE

Nube in Europa, è emergenza

Al Nord Italia stop ai voli fino a lunedì

L'Enac posticipa alle 8 del 19 aprile la chiusura dello spazio aereo. Trenitalia: convogli straordinari, ma per destinazioni all'estero posti esauriti fino al 23 aprile

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MILANO - Milioni di passeggeri rimasti a terra, 34.600 voli cancellati in soli due giorni, decine di aeroporti praticamente chiusi, treni presi d'assalto: in Europa è ormai emergenza per il blocco del trasporto aereo causato dalla nube di cenere proveniente dal vulcano islandese Eyjafjallajkull che dura da giovedì scorso e che proseguirà probabilmente tutto il fine settimana. Una situazione "eccezionale, mai verificatasi prima", sottolineano gli esperti di Eurocontrol, l'organizzazione europea per il controllo e la sicurezza del traffico aereo. Per cercare di trovare una soluzione alla paralisi del traffico aereo, le autorità hanno deciso di far effettuare alcuni test di volo su quote più basse rispetto a quelle standard. Secondo quanto reso noto in serata dal ministero olandese delle Infrastrutture, un volo senza passeggeri della Klm è stato fatto partire da Amsterdam per Duesseldorf ed altri voli di prova sono stati fatti in Belgio, Francia ed altri paesi della Ue. Intanto gli effetti delle ceneri si fanno ora sentire pesantemente anche in Italia dove numerosi sono stati i disagi che hanno colpito migliaia di viaggiatori. L'Enac ha deciso infatti di posticipare fino alle 8 di lunedì mattina il divieto di volo in tutto il Nord del Paese. Gli aeroporti italiani interdetti su decisione delle autorità aeronautiche sono quelli di Torino, Milano Malpensa, Milano Linate, Bergamo, Venezia e Bologna. "Considerata tale situazione eccezionale ed imprevedibile faccio appello a mettersi in viaggio solo per effettive necessità" ha detto il ministro dei Trasporti Altero Matteoli. Prese d'assalto le stazioni ferroviarie. Lunghe code e disagi, che hanno spinto Trenitalia a aumentare le corse, si sono registrati soprattutto alla Stazione Centrale di Milano e alla stazione romana di Termini.

17 MILA VOLI CANCELLATI - Solo sabato, secondo i dati diffusi da Eurocontrol, sono stati cancellati 17.000 voli sui 22.000 che, in un sabato qualunque, attraversano i cieli europei. A centinaia anche in Italia i voli cancellati (455 a Malpensa, 200 a Linate, 462 a Fiumicino e Ciampino) e di conseguenza migliaia i passeggeri che hanno dovuto trovare alternative al viaggio, o, in certi casi, prepararsi a trascorrere la notte in aeroporto. Pesanti anche i disagi sulle rotte transatlantiche. Dei 300 voli che quotidianamente approdano in Europa sorvolando l'oceano Atlantico, oggi ne sono arrivati a destinazione solo 73. Ed anche decine di voli in partenza dall'Asia per scali europei sono stati cancellati.

Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi Nube in Italia, disagi e bivacchi

BIVACCHI E BRANDINE - La chiusura degli aeroporti del Nord Italia ha subito avuto ripercussioni negli scali milanesi di Malpensa e Linate dove i lavoratori di terra (addetti ai bagagli, controllori dei varchi) sono stati messi in ferie e cassa integrazione - la cig era già in corso - da stasera e per due giorni. A centinaia i voli cancellati: di conseguenza migliaia di passeggeri hanno dovuto trovare alternative al viaggio, o, in certi casi, prepararsi a trascorrere la notte in aeroporto. A Fiumicino e negli scali milanesi la Protezione Civile ha già allestito brandine da campo per i viaggiatori bloccati nello scalo. In alcuni casi, le alternative al viaggio aereo si sono trasformate in vere e proprie "odissee" per passeggeri comuni o illustri ( come la cancelliera tedesca Angela Merkel). In questa situazione sono state prese d'assalto le biglietterie ferroviarie, soprattutto per le destinazioni settentrionali. A Bologna le file delle persone che non hanno potuto prendere il loro volo hanno formato lunghi tempi di attesa. A Firenze, alla stazione di Santa Maria Novella, sono servite anche tre ore di fila per acquistare i biglietti e mettersi in viaggio sui binari. A Milano sono tutti esauriti i treni per il Nord Europa: uno tsunami di prenotazioni per Mosca, Stoccolma, Berlino. L'ondata di richieste, per ora, è stata assorbita. Ma fino a martedì sarà difficile trovare altri posti liberi.

Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei Caos nei cieli europei

TRENI: PER L'ESTERO POSTI ESAURITI - Chi si è trovato bloccato ha cercato alternative. Puntando soprattutto sul treno. Così oggi si sono create sitazioni di affollamento straordinario in particolare a Roma termini e Milano Centrale. Lunghe cod, treni stipati. Trenitalia ha rafforzato la tratta Frecciarossa Roma-Milano, con fermata Bologna. Ma in serata ha diramato un comunicato avvertendo quanti intendono raggiungere località estere via treno che non cisono possibilità, almeno nell'immediato. "Trenitalia raccomanda ai viaggiatori di recarsi nelle stazioni ferroviarie soltanto se diretti verso località nazionali - dice il comunicato -. Invita tutti coloro che si trovano in aeroporto o che vogliono raggiungere località estere a non recarsi invece in stazione alla ricerca di collegamenti ferroviari che o sono già esauriti o non esistono né sono attivabili. Non è infatti possibile, anche a causa della congestione del traffico ferroviario in tutta Europa, organizzare treni straordinari dall'Italia verso l'estero. I collegamenti esistenti, potenziati con l'aggiunta di alcune carrozze, hanno già esaurito tutti i posti disponibili fino al 23 aprile. Per quanto riguarda l'offerta straordinaria interna, messa a disposizione oggi sulle rotte Roma - Milano e Roma - Venezia, con 6 corse supplementari di Frecciarossa e 4 di Frecciargento, ha risposto adeguatamente all'aumento di domanda determinato dalla cancellazione dei voli nazionali. Domenica previste due corse straordinarie di Frecciarossa in partenza alle 8.00 da Milano per Roma e, alla stessa ora, da Roma verso Milano, entrambi con fermata a Bologna. Muoversi sulla strada ferrata è, adesso, l'unica alternativa possibile, insieme alle macchine private e alle corriere prese addirittura a noleggio da viaggiatori disperati. Per ora gli unici voli consentiti, sono quelli militari, di emergenza e di Stato. Alcuni aeroporti, come quello di Palermo, hanno dovuto accogliere voli da Dakar e Mauritius che, per il black-out dei cieli, non avrebbero potuto raggiungere la loro destinazione originaria

SUD E CENTRO ITALIA - Di rimbalzo, il blocco dei voli al Nord ha portato disagi anche al Sud. File alla biglietteria per chiedere il cambiamento della data di partenza e in totale, tra arrivi e partenze, 104 voli cancellati all'aeroporto napoletano di Capodichino. Allo scalo catanese di Fontanarossa una novantina di voli, tra arrivi e partenze sono stati cancellati. Dagli scali calabresi di Lamezia Terme e Reggio Calabria si può volare, ma solo sino a Roma. Disagi anche all'aeroporto di Alghero Fertilia, dove risultano cancellati sette dei voli in arrivo, tutti Ryanair ed AirOne. Al "Galileo Galilei" di Pisa risultano cancellati tutti i voli in partenza per il Nord; annullati anche tutti i voli in arrivo. Pista ancora aperta anche all'Amerigo Vespucci di Firenze, dove sono già stati cancellati quasi tutti i voli in partenza per il Nord Italia e per gli aeroporti del Nord Europa.

INFORMAZIONI ALITALIA - Alitalia ha invitato i propri passeggeri, con destinazioni da e per il Nord Europa e il Nord Italia, a controllare lo stato del proprio volo prima di recarsi in aeroporto, collegandosi al sito Internet www.alitalia.it o chiamando il numero verde 800.650055. Alitalia è impegnata a contattare direttamente i propri passeggeri coinvolti dalle cancellazioni per fornire loro informazioni e assistenza, anche al fine di ridurre il rischio di lunghe attese negli aeroporti. Sabato sono stati installati dei punti di informazione straordinari negli aeroporti di Roma Fiumicino e di Milano Linate. A tutti i passeggeri coinvolti dalle cancellazioni Alitalia garantisce il rimborso integrale del biglietto in caso di rinuncia a voli alternativi o la possibilità di riprogrammare il volo fino al 21 aprile senza il pagamento di penali.

NESSUN RISCHIO PER LA SALUTE - Anche il Ministero della Salute sta monitorando la situazione e ritiene che non ci siano rischi. Dopo l'estensione dello stop dei voli sul Nord Italia decisa dall'Enac, l'Alitalia ha comunicato la cancellazione, fino alle ore otto di lunedì 19, dei propri voli da e per Milano Malpensa, Milano Linate, Torino, Genova, Bergamo, Verona, Trieste, Venezia, Bologna, Ancona, Pisa e Firenze. Restano inoltre sospesi i collegamenti Alitalia da e per Londra, Bruxelles, Parigi Amsterdam, Francoforte, Monaco, Vienna, Varsavia, Budapest, Bucarest, Ginevra, Mosca, San Pietroburgo e Kiev. A tutti i passeggeri coinvolti dalle cancellazioni, Alitalia ed Air One garantiscono il rimborso integrale del biglietto in caso di rinuncia a voli alternativi o la possibilità di riprogrammare il volo, senza alcuna penale, entro il 31 maggio.

L'EUROPA - La nube formata dalle ceneri vulcaniche islandesi, secondo Eurocontrol, è destinata a restare più o meno stabilmente su gran parte dell'Europa anche nelle prossime ore. Le previsioni meteorologiche indicano che potrebbe esserci un suo granduale spostamento verso Sud-Ovest, cioè verso il Mediterraneo e i Pirenei. Sabato sono rimasti totalmente chiusi gli spazi aerei di Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Gran Bretagna, Lituania, Lettonia, Finlandia Ungheria, Olanda Norvegia, Polonia, Romania, Serbia, Slovenia, Slovacchia, Svezia, Svizzera, Ucraina. Ma anche quelli del Nord Italia, di gran parte della Francia e della Germania. A questi si sono poi aggiunti nel pomeriggio la Serbia, la Bosnia-Erzegiovina e il Montenegro. E si aggiungerà stanotte il nord della Spagna. Ad aver già annunciato il perdurare della chiusura almeno fino alle 14 di domenica sono stati la Gran Bretagna, l'Irlanda, il Belgio, la Danimarca. Al momento resta aperto solo lo spazio aereo sull'Europa meridionale in un'area che va dalla Spagna meridionale all'Italia del Sud alla Grecia e alla Turchia.

Islanda: il risveglio del vulcano Islanda: il risveglio del vulcano Islanda: il risveglio del vulcano Islanda: il risveglio del vulcano Islanda: il risveglio del vulcano Islanda: il risveglio del vulcano Islanda: il risveglio del vulcano Islanda: il risveglio del vulcano

PROBLEMI DI APPROVVIGIONAMENTI - La situazione d'emergenza venutasi a creare ha indotto molte compagnie a sospendere del tutto o quasi l'attività fino a quando non si sarà ripristinata una situazione normale. Con la chiusura fino a nuovo ordine degli hub di Londra, Francoforte, Parigi e Amsterdam, alle principali compagnie europee - Lufthansa, British e Air France - non è restato che annunciare la cancellazione di tutti i voli almeno fino alle 14 di domani. Il danno stimato per il settore è di circa 200 milioni di dollari al giorno. Ma questa cifra potrebbe salire vertiginosamente se il blocco dei voli dovesse protrarsi. Tanto che la belga Brussels Airlines ha già chiesto un intervento eccezionale delle autorità nazionali e comunitarie. Intanto, si comuncia a parlare anche di possibili problemi nell'approvvigionamento di alimenti deperibili. La segnalazione parte dall'Inghilterra, dove molta della frutta e della verdura viene importata e approda sui mercati locali grazie proprio ai collegamenti aerei con i Paesi d'origine delle merci.

Redazione online

17 aprile 2010

 

 

VENERDì NEGLI USA CANCELLATO L'083% DEI VOLI PER L'EUROPA

New York: il "Jfk" diventa una tendopoli

Lo scalo della Grande Mela trasformato in un bivacco.

Le compagnie aeree: "È un atto di Dio"

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Le compagnie aeree: "È un atto di Dio"

Passeggeri bloccati in un terminal del Kennedy a New York (Ap)

Passeggeri bloccati in un terminal del Kennedy a New York (Ap)

NEW YORK - La nube di ceneri sprigionata dal vulcano Eyjafjallajokull in Islanda che ha paralizzato i cieli del Nord Europa ha anche trasformato l'aeroporto JFK di New York, uno degli scali più trafficati d'America, in una vera e propria tendopoli. Brandine sono state allestite nei terminal per i passeggeri costretti a rinviare il viaggio. "Capisco che si tratta di un atto di Dio - ha detto Michael Galvin, 70 anni, in attesa di prendere un volo Aer Lingus per Dublino - Ma questo mi ha tolto dieci anni di vita".

"ACT OF GOD " -Act of God, atto di Dio, è la formula usata dalle compagnie aeree per lavarsi le mani dei viaggiatori lasciati a terra in seguito all'eruzione del vulcano. Le aerolinee non hanno cioè alcuna responsabilità di dare cibo e alloggio ai passeggeri bloccati negli aeroporti in Europa o negli Stati Uniti. Dan Robinson, che doveva salire su un aereo Delta per Londra giovedì, è arrivato esasperato alla terza notte in branda: "Mi hanno detto che fino a lunedì non si parte. Una notte così passi, ma quattro?". Ieri le compagnie aree con base negli Stati Uniti hanno cancellato l'83% dei voli per l'Europa e il sindaco di New York Michael Bloomberg ha annunciato che oltre 30 alberghi di New York offriranno sconti del 15 per cento a chi può dimostrare di esser rimasto in città a causa della nube. (Fonte Agenzia Ansa).

 

17 aprile 2010

 

 

 

piccolo incidente all'altezza di firenze

La nube e l'odissea della Merkel

Il suo bus fora, cancelliera ferma sulla A1

Dagli Usa a Lisbona e da lì a Roma. Dalla capitale in auto verso Bolzano. Domenica il rientro a Berlino

piccolo incidente all'altezza di firenze

La nube e l'odissea della Merkel

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Dagli Usa a Lisbona e da lì a Roma. Dalla capitale in auto verso Bolzano. Domenica il rientro a Berlino

In autostrada il convoglio con la cancelliera tedesca Angela Merkel (Ansa)

In autostrada il convoglio con la cancelliera tedesca Angela Merkel (Ansa)

MILANO - Il rientro a Berlino del cancelliere tedesco Angela Merkel si è trasformato in una odissea. Che dovrebbe concludersi domenica. A causa della nube di cenere prodotta dal vulcano nel sud dell'Islanda, il cancelliere tedesco da due giorni tenta invano di rientrare in Germania dagli Stati Uniti, dove si era recata per partecipare al vertice sulla sicurezza nucleare convocato dal presidente Barack Obama il 12 e 13 aprile. Merkel è atterrata nel pomeriggio di sabato a Roma da Lisbona. Poi a bordo un pullman, la cancelliera si è diretta da Roma a Bolzano, dove trascorrerà la notte prima di ripartire, domenica alla volta dell'agognata Berlino. Alle 16 però, come se non bastasse, all'altezza di Monte San Savino in provincia di Arezzo, il bus sul quale viaggiava la Merkel ha forato. La cancelliera infatti aveva infatti deciso di viaggiare con la sua delegazione sull'autobus e non sull'auto blu che li seguiva. Alcune pattuglie della polizia stradale hanno scortato il convoglio. Dopo il guasto la Merkel ha atteso un po' ed è poi salita sull'auto blu a sua disposizione e ha proseguito così il viaggio verso Bolzano. La polizia stradale della Toscana ha accompagnato la cancelliera fino a Roncobilaccio, dove il servizio di scorta è passato ai colleghi emiliani. Secondo stime di media tedeschi, l'intero viaggio della Merkel dagli Usa a Berlino durerà una sessantina di ore.

DOMENICA A BERLINO - Domenica la Merkel ripartirà sempre in pullman verso l'agognata Berlino. Con lei viaggiano circa 60 persone tra staff e giornalisti. La sua partecipazione ai funerali del presidente Lech Kaczynski e di sua moglie Maria, domenica a Cracovia, è stat però annullata. Venerdì la cancelliera era rimasta bloccata a Lisbona, dove era arrivata dagli Stati Uniti non potendo atterrare a Berlino.

BLOCCATO PER UN'ORA ANCHE BERLUSCONI - Merkel non è l'unico politico a patire problemi in queste ore: il ministro dell'economia Giulio Tremonti ha lasciato in anticipo questa mattina il vertice Ecofin di Madrid a causa degli inconvenienti creati ai voli dall'eruzione del vulcano islandese, non partecipando cosŤ alla seconda giornata dei lavori. Nell'ambito del vertice nella capitale spagnola era previsto il forum di dialogo Europa-Asia (Asem): i rappresentanti cinesi hanno annunciato che non saranno presenti, mentre Š in dubbio la presenza dell'India e del Giappone. Il premier Silvio Berlusconi è rimasto un'ora fermo sulla pista di Ciampino prima di ottenere l'ok al decollo. Il presidente del Consiglio ha dovuto aspettare che si chiarisse se i voli di Stato fossero o meno esclusi dal divieto di sorvolo imposto dall'Enac su tutta l'Italia settentrionale. In sostanza, si doveva capire se l'aereo del presidente del Consiglio fosse equiparabile ai voli militari, di emergenza e umanitari: gli unici a cui è ancora consentito di alzarsi in volo. Un rebus risolto nel corso della riunione alla Protezione civile con i responsabili del traffico aereo, sulla base del fatto che i voli di Stato vengono effettuati quasi esclusivamente con aerei del 31/o Stormo dell'Aeronautica militare. Per chiarire la questione, però, ci sono voluti parecchi minuti. Il via libera, a quanto si apprende, è arrivato soltanto un'ora dopo. Il premier è così decollato in ritardo ed è arrivato a Linate giusto in tempo per recarsi ai funerali di Raimondo Vianello. Ma non è detto che ciò possa ripetersi domenica, quando Berlusconi dovrebbe partire alla volta di Cracovia per i funerali della coppia presidenziale polacca. La situazione dei cieli in Polonia, ma anche nel Nord Italia, potrebbe essere tale da impedire il volo anche degli aerei militari.

Redazione online

17 aprile 2010

 

 

 

 

previsioni impossibili sulle conseguenze

I vulcanologi: può durare per un anno

L'attività eruttiva dell'Eyjafjallajokull non rallenta. Anzi si è intensificata. E le conseguenze sono imprevedibili

previsioni impossibili sulle conseguenze

I vulcanologi: può durare per un anno

L'attività eruttiva dell'Eyjafjallajokull non rallenta. Anzi si è intensificata. E le conseguenze sono imprevedibili

MILANO - Quanto durerà? E quanto potrà resistere il sistema sociale ed economico europeo (e, di rimbalzo, del mondo) senza collegamenti aerei. I disagi saranno temporanei o si profila una lunga emergenza? La risposta, purtroppo, non c'è. Perché detta legge la natura. E se finora la reazione è stata simile a quella di un evento straordinario ma breve, come un'ondata di maltempo, è difficile dare assicurazione che tutto ciò finisca dopo un weekend di caos e blocchi. Il vulcano islandese Eyjafjallajokull, infatti, continua nella sua eruzione. Anzi, purtroppo l'acqua del ghiacciaio sta intensificando l'attività eruttiva e di conseguenza continua ad alimentare la nubea di ceneri che si sta spostando verso Sud Est.

Guarda l'animazione: come si sta spostando la nube

DOVE ARRIVA IN ITALIA - Fare previsioni sull'andamento della nube "è difficile, perchè bisogna tenere conto dei fattori meteorologici come i venti o la pioggia - spiega il vulcanologo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Warner Marzocchi - sembra però che si muova verso Sud Est, e quindi potrebbe non colpire Roma, ma lambire la parte orientale dell'Italia". E "ci è andata bene che non siamo in pieno inverno, altrimenti la nube di ceneri avrebbe investito tutta l'Italia" aggiunge il geomorfologo dell'Università La Sapienza di Roma, Sirio Ciccacci. Le perturbazioni, quindi le piogge possono migliorare la situazione? Secondo Giampiero Maracchi, ordinario di climatologia all'Università di Firenze, le precipitazioni previste in Italia "non saranno certamente così importanti da cambiare il quadro. Quello che conta è la grande circolazione atmosferica e contano i venti in quota che vanno da Ovest a Est". Paradossalmente, osserva il vulcanologo Danilo Palladino, "questa esplosione dà più fastidio perché è poco intensa; va infatti a una quota massima di 20 km, critica in quanto più incostante, la stessa delle previsioni-meteo, e perciò maggiormente problematica".

DURATA DI UN ANNO - "L'ultima volta che questo vulcano si è svegliato l'eruzione è durata un anno" ricorda Marzocchi, nel sottolineare che dalle prime analisi fatte si è visto che il magma in questo caso è "un po' anomalo, e un po' più esplosivo". La previsione sulla durata dell'eruzione è confermata da Reidar Trnnes, vulcanologo norvegese che ha lavorato a lungo in Islanda, che sul sito della Norwegian University of Science and Technology scrive: "Questa eruzione non è particolarmente grande, ma ci si può aspettare una durata maggiore di un anno". Tempi brevissimi per la geologia, ma enormi per le conseguenze di un fenomeno di tale portata sul sitsema economico e sociale del m0ndo. Un anno di continue emissioni di ceneri porterebbe a scenari difficili da prevedere, sia per il clima sia per l'economia (Fonte:Ansa).

Redazione Online

17 aprile 2010

 

 

 

in italia rassicurazioni su problemi portati dalle particelle di polveri vulcaniche

Il ministero: non servono le mascherine

Dalla nube del vulcano "nessun allarme per la salute". Controlli avviati, il problema è la durata dell'esposizione

in italia rassicurazioni su problemi portati dalle particelle di polveri vulcaniche

Il ministero: non servono le mascherine

Dalla nube del vulcano "nessun allarme per la salute". Controlli avviati, il problema è la durata dell'esposizione

MILANO - Nessun allarme per la salute. Almeno per il momento. E nessuna corsa all'acquisto di mascherine per difendersi dai rischi delle polveri, sottilissime, che viaggiano con la nube del vulcano islandese. Il Ministero della Salute, in una nota diffusa nel pomeriggio di sabato, sostiene che "attualmente non ci sono rischi per la salute umana". Insieme al ministero dell'Ambiente ha attivato "le Regioni, l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e le agenzie per l'ambiente regionali, per un attento monitoraggio della situazione allo scopo di valutare l'eventuale impatto sulla salute". La stessa comunicazione del ministero spiega che "al momento non è necessario il ricorso a dispositivi di protezione individuale". Rassicurazioni erano già arrivate in mattinata dalla Protezione civile che, anche sulla base delle informazioni giunte dagli esperti degli altri paesi europei dove sono state eseguite analisi sulle ceneri, aveva spiegato come non esistano esistono motivi di preoccupazione.

Occhiali e mascherina: una islandese si difende dalle ceneri del vulcano (Ap)

Occhiali e mascherina: una islandese si difende dalle ceneri del vulcano (Ap)

PIU' SOTTILI DEL PM10 - Assicurazioni che però possono non accontentare tutti. La preoccupazione riguarda infatti la durata del fenomeno, cosa che potrebbe cambiare la valutazione. Circa il 25% delle polveri della nube potrebbe essere di dimensioni inferiori a 10 micron. Nel caso dell'inquinamento urbano, il pm10 cui siamo esposti (le cosiddette polveri sottili) è considerato rischioso proprio per questo. Le dimensioni delle particelle della nube sono tanto piccole da essere ancora inferiori e quindi sono considerate pericolose per la salute perché‚ possono penetrare nei polmoni. Se si tratta di un esposizione di uno-due giorni il rischio può essere considerato basso, ma se l'eruzione dovesse continuare a lungo?. "Le analisi sulle ceneri sono ancora in corso - spiega Maria Neira, direttrice del Dipartimento di Salute Pubblica e Ambiente - ma si stima che il 25% delle ceneri sia più piccolo di 10 micron, la dimensione ritenuta più pericolosa perché può penetrare più profondamente nei polmoni. Visto che la concentrazione delle ceneri varia a seconda del vento e della temperatura dell'aria il nostro consiglio è di ascoltare le autorità sanitarie locali per avere i migliori suggerimenti. Se le persone sono all'aperto e cominciano a sentire irritazioni alla gola e ai polmoni, naso che cola o bruciore agli occhi devono tornare in casa e rimanere al chiuso".

CATEGORIE A RISCHIO - Secondo l'Oms più a rischio, in caso di esposizione non breve, sono ovviamente i pazienti già affetti da patologie respiratorie, come enfisema e asma, che in caso di aumento del tasso di inquinamento devono limitare anche l'esercizio fisico. Per Achille Marconi, esperto dell'Istituto Superiore di Sanità, i rischi per la salute sono comunque limitati, se si considera un'esposizione di pochi giorni. "Anche se dovessero arrivare da noi, le polveri del vulcano non costituirebbero un grosso problema - afferma Marconi - perché l'esposizione sarebbe limitata a qualche giorno, e quindi anche in presenza di sostanze chimiche pericolose, come i silicati, queste non avrebbero tempo di provocare danni gravi". Al momento non c'è un monitoraggio specifico per le polveri del vulcano, ma queste possono essere registrate dalle normali centraline che monitorano l'inquinamento urbano. "La dispersione è amplissima, ad alta quota e non ha ricadute sul terreno significative", ha poi rincarato il direttore di Arpav Veneto, Andrea Drago, una delle regioni che dovrebbe subire maggiormente il passaggio della nube che ora si sta dirigendo appunto verso il Sud Est. La variabile del tutto indipendente e incontrollabile, però, come per la ripresa dei collegamenti aerei, è però la durata del fenomeno. Se l'eruzione durerà ancora a lungo, continuando ad alimentare la nube, le conseguenze, anche per la salute potrebbero essere diverse.

 

17 aprile 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-08-04

GOLFO DEL MESSICO

Marea nera, riesce "Static Kill"

il pozzo del disastro è chiuso

Il metodo consiste nel pompare una miscela di fango e cemento per "stroncare" il pozzo Macondo, completando la messa in funzione di quelli di soccorso. La Bp: "obiettivo raggiunto"

Marea nera, riesce "Static Kill" il pozzo del disastro è chiuso Le piattaforme usate per l'operazione Static Kill

WASHINGTON - Obiettivo raggiunto: l'operazione "Static Kill" si è conclusa con successo e il pozzo sottomarino Macondo, all'origine della marea nera nel Golfo del Messico, è stato finalmente chiuso.

A dichiararlo è stata la British Petroleum che, al termine di un'operazione durata diverse ore, è riuscita a iniettare un mix di cemento e fango sottoterra, spingendo il petrolio nel bacino sottostante, un deposito 4mila metri sotto la superficie marina. Un'operazione senza precedenti, mai avvenuta a tali profondità, ultimo di una serie innumerevoli di tentativi che hanno visto i tecnici impegnati per 106 giorni.

LA CRONOSTORIA DEL DISASTRO 1

"La pressione del pozzo è ora contenuta da quella idrostatica dei fanghi iniettati, ed era questo l'obiettivo dell'operazione", ha dichiarato il gruppo in un comunicato, garantendo che la situazione è ora sotto controllo. L'operazione è cominciata poco dopo le 15 locali di ieri ed è durata meno del previsto, dato che, secondo le stime degli esperti, per completarla ci sarebbero potute volere anche 66 ore. La BP ha precisato che l'intervento è partito alla luce dell'esito positivo dei test effettuati in giornata.

Non è però certamente il caso di abbassare la guardia. Adesso le operazioni di monitoraggio dovranno essere, anzi, ancora più approfondite, onde evitare squilibri nel sistema. "Il pozzo viene sorvegliato, secondo la procedura, per assicurare che la pressione resti stabile", rassicura la Bp, aggiungendo che "in base ai risultati di questo controllo si capirà se saranno necessarie nuove iniezioni di fango o meno". La compagnia inglese ha anche fatto sapere che la collaborazione con l'ammiraglio Thad Allen, responsabile del coordinamento delle operazioni nel Golfo del Messico per il governo Usa, continuerà "per determinare la prossima tappa (di Static Kill), quando decideremo se iniettare del cemento nel pozzo attraverso la stessa condotta".

(04 agosto 2010)

 

 

 

 

LA SCHEDA

106 giorni per tappare la falla

Cronostoria del disastro nero

106 giorni per tappare la falla Cronostoria del disastro nero Un momento dell'operazione "Static Kill"

WASHINGTON - L'operazione Static Kill mette fine all'emergenza nel Golfo del Messico, almeno per quanto riguarda i rischi di una nuova fuga di petrolio. Queste le date principali della vicenda.

- 20 APRILE 2010: Esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon, della società svizzera Transocean ma gestita dalla britannica BP. Undici i morti. La piattaforma è collocata a una settantina di chilometri dalle coste della Louisiana ed estrae petrolio dal pozzo Macondo, che si trova a 1.500 metri di profondità. Il pozzo raggiunge una profondità di 4 mila metri.

- 22 APRILE: Affonda la piattaforma, il petrolio esce a fiotti.

- 29 APRILE: Il presidente Usa, Barack Obama, impegna "ogni singola risorsa disponibilè;', comprese le forze armate, per contenere la marea e dice che Bp è responsabile del disastro.

- 30 APRILE: L'ad di Bp, Tony Hauward, riconosce la "piena responsabilita" della società. Bp comunica che le perdite sono contenute tra i 1.000 e i 5.000 barili al giorno.

- 2 MAGGIO: Obama visita le zone colpite. Gli Usa vietano la pesca e la navigazione turistica in buona parte del Golfo.

- 7 MAGGIO: Fallisce primo tentativo di mettere il 'tappo'.

- 19 MAGGIO: Marea nera arriva sulle coste della Louisiana.

- 29 MAGGIO: Fallisce secondo tentativo di mettere il tappo.

- 1 GIUGNO: Il Dipartimento di Giustizia Usa apre un' inchiesta criminale sull'incidente.

- 10 GIUGNO: Il primo ministro britannico, David Cameron, per la prima volta dichiara che il governo è pronto ad aiutare Bp.

- 16 GIUGNO: Accordo tra Bp e Casa Bianca per l'istituzione di un fondo da 20 miliardi di dollari per pagare i danni.

- 17 GIUGNO: Hayward attaccato e criticato al Congresso Usa.

- 20 GIUGNO: Compaiono i primi documenti interni di Bp in cui si parla di perdite potenziali di 100 mila barili al giorno.

- 15 LUGLIO: Fermata per la prima volta la perdita. Sul pozzo viene messo un "tappo" di alcune tonnellate.

- 19 LUGLIO: Bp comunica perdite di 3,95 miliardi di dollari.

- 27 LUGLIO: Bp nomina l'americano Bob Dudley nuovo amministratore delegato, precisando che Hayward resta in carica fino all'1 ottobre.

- 2 AGOSTO: Bp e Usa comunicano ufficialmente che i barili di petrolio persi in mare sono stati quasi 5 milioni.

- 3 AGOSTO: Comincia operazione 'static kill' per la chiusura definitiva del pozzo con iniezioni di fango.

- 4 AGOSTO: La Bp annuncia: l'operazione "Static Kill", finalizzata a 'tappare' il pozzo di petrolio che ha originato la marea nera nel golfo del messico, ha raggiunto "l'obiettivo perseguito".

(04 agosto 2010)

 

 

L’incertezza dei numeri

images"La voragine è sigillata". La dichiarazione della Bp è ufficiale anche se aggiungere un "probabilmente", sarebbe più prudente visto il numero degli annunci a vuoto che si sono succeduti per settimane. In ogni caso l’augurabile successo dell’ultimo tentativo di chiusura del pozzo non chiude i conti con quello che è accaduto nel Golfo del Messico né dal punto di vista economico né da quello scientifico. La reale portata del danno è ancora in buona parte da misurare. L’incertezza parte dalle stime sul petrolio versato. Le prime valutazioni Bp erano tra i 1.000 e i 5.000 barili al giorno: in circa tre mesi e mezzo di fuoriuscita sarebbe una quantità compresa tra 100 mila e 500 mila barile. Ora invece le autorità americane, in accordo con Bp, parlano di 4,9 milioni di barili di petrolio. Una bella differenza. Che effetto avrà il greggio sugli ecosistemi colpiti? Al danno prodotto dal petrolio (recuperato solo in modesta misura) bisogna aggiungere quello causato dai solventi. E anche su questo punto non c’è chiarezza sui numeri. Quanti di questi prodotti, ad alta tossicità, sono stati usati per ridurre l’impatto televisivo del disastro? La cifra ufficiale è 7 milioni di litri di solventi. Ma nel dibattito in sottocommissione Ambiente della Camera dei rappresentanti Usa, si è parlato di cifre molto superiori. Il pozzo è stato chiuso, ma il disastro non è finito.

Tag:petrolio

 

 

2010-08-03

MAREA NERA

Il giorno di Static Kill

In mare 5 milioni di barili

Nel suo ultimo tentativo di tappare il pozzo Macondo, la multinazionale inietterà fango e cemento nella falla per dirottare il greggio in un bacino a 4mila metri di profondità. Intanto si aggiornano le cifre del disastro: nelle acque del Golfo del Messico 780 milioni di litri di petrolio, ne sono stati recuperati circa 800mila barili, corrispondenti a 127 milioni di litri

Il giorno di Static Kill In mare 5 milioni di barili

WASHINGTON - Nel Golfo del Messico è il giorno di Static Kill, operazione di ingegneria messa a punto da Bp per chiudere finalmente la falla apertasi nel pozzo Macondo a più di tre mesi dal disastro della piattaforma Deepwater Horizon. Sarà l'ultimo tentativo della multinazionale inglese degli idrocarburi di porre rimedio al grande disastro ambientale, su cui iniziano a farsi seriamente i conti.

Secondo stime diffuse dalle autorità americane in accordo con Bp, dal 20 aprile, giorno dell'incidente, il pozzo ha riversato in mare 4,9 milioni i barili di petrolio, che corrispondono grosso modo a 780 milioni di litri. Di questi, ne sono stati recuperati circa 800mila barili, corrispondenti a 127 milioni di litri, il resto è andato disperso nelle acque del Golfo o è stato "sciolto" dagli oltre 7 milioni di litri di solventi rovesciati sulla gigantesca macchia nera nei primi giorni dell'emergenza.

Anche sui solventi è polemica. Secondo gli ambientalisti hanno causato più danni che benefici, convinzione contestata dall'Epa, l'agenzia per l'ambiente degli Stati Uniti, secondo cui i solventi non sono più tossici dello stesso greggio. Dibattito in cui si inserisce una sottocommissione Ambiente della Camera dei rappresentanti, per dire che la quantità di agenti chimici usata per sciogliere il petrolio nel Golfo del Messico è di molto superiore ai 7 milioni di litri dichiarati. "Tutte le cifre devono essere rimesse in questione", ha detto il suo presidente, Edward Markey.

All'operazione Static Kill il compito di tracciare una riga sotto il saldo dei barili e spostare l'attenzione sul futuro, in termini di ambiente ma anche di economia, del Golfo del Messico. L'idea elaborata dagli ingegneri di Bp è di iniettare nel pozzo una mistura di fango e cemento, in modo da dirottare il petrolio in un bacino sotterraneo situato a 4mila metri di profondità, dove la pressione degli idrocarburi potrebbe trovare finalmente uno sfogo.

L'implementazione di Static Kill dovrebbe partire nella giornata di oggi, iniziata con l'annuncio di un ritardo per cause tecniche di un test cruciale per il via all'operazione. In un breve comunicato, Bp ha spiegato che "durante gli ultimi preparativi per iniziare le prove di iniezione (di fango nel pozzo) è stata scoperta una piccola perdita idraulica" in uno dei sistemi di controllo. La multinazionale britannica prevede comunque di riuscire a realizzare i test oggi, quando la perdita sarà riparata.

Thad Allen, l'ammiraglio in pensione che guida la squadra predisposta dell'amministrazione Usa per far fronte all'emergenza nel Golfo del Messico, ha spiegato che i test dureranno circa quattro ore e, a seconda dei risultati, si darà il via poi Static Kill. Una volta iniziata, l'operazione dovrebbe durare dalle 33 alle 61 ore

(03 agosto 2010)

 

 

 

 

 

 

 

2010-07-27

MAREA NERA

Si dimette il capo di Bp

buonuscita, un milione di sterline

A Tony Hayward subentrerà il direttore esecutivo Robert Dudley: "Si dovrà cambiare cultura". I costi del disastro 32,2 miliardi di dollari, ma la società li detrarrà evitando di versare al fisco Usa 10 miliardi

Si dimette il capo di Bp buonuscita, un milione di sterline Tony Hayward

LONDRA - Bp ha annunciato oggi le dimissioni dell'amministratore delegato, Tony Hayward, che saranno effettive dal primo ottobre. A lui subentrerà l'attuale capo delle operazioni per l'emergenza nel Golfo del Messico, l'americano Robert Dudley, che ha dichiarato che, dopo la marea nera, il colosso britannico dovrà "cambiare cultura". Hayward riceverà un anno di stipendio come buonuscita, pari a 1,045 milioni di sterline.

Bp ha precisato che Dudley - che da giugno supervisiona le operazioni per contrastare la marea nera - si stabilirà a Londra per assolvere il suo incarico e passerà le sue attuali mansioni negli Stati Uniti a Lamar McKay, presidente di Bp America. Hayward rimarrà nel consiglio di amministrazione fino al 30 novembre e la compagnia intende assegnargli l'incarico di direttore non esecutivo di Tnk-Bp, la sua joint-venture russa.

La società ha detto di prevedere la cessione di attivi patrimoniali che potrebbe toccare i 30 miliardi di dollari nei prossimi 18 mesi. I costi legati alla marea nera sono saliti a 32,2 miliardi di dollari, portando Bp nel secondo trimestre a una perdita di 16,97 miliardi di dollari.

La società ha annunciato di aver intenzione di detrarre tutte le spese sostenute per la fuoruscita di petrolio nel Golfo del Messico dal suo imponibile, riducendo il contributo che darà in futuro alle casse del fisco americano di quasi 10 miliardi di dollari.

La previsione di spesa a bilancio è di 32,2 miliardi di dollari (tasse escluse), che comprende i costi per tappare la falla, ripulire il petrolio fuoriuscito, risarcire le vittime e pagare le multe imposte dal governo. Tuttavia, ha spiegato un portavoce, l'impatto netto sui profitti di Bp sarà solo di 22 miliardi di dollari e la compagnia avrà un credito fiscale di 10 miliardi di dollari, la maggior parte del quale verrà sostenuto dai contribuenti americani. Anche nel Regno Unito, ha spiegato la compagnia, l'imponibile di Bp sarà ridotto.

Secondo gli analisti, detraendo tutte le spese - specialmente quelle per le multe - Bp potrebbe alimentare ulteriormente il risentimento dell'opinione pubblica e del sistema politico negli Usa.

(27 luglio 2010)

 

 

 

 

Bp, un precedente da paura

di Gabriele Marvasi

L'espresso è andato a vedere come sta oggi la baia di Guanabara, in Brasile, dove dieci anni fa ci fu una perdita di petrolio molto inferiore a quella nel Golfo del Messico. Ecco il risultato

(26 luglio 2010)

I dintorni della baia di Guanabara, in Brasile I dintorni della baia di Guanabara, in Brasile

Per quanto tempo avrà effetti devastanti sulla natura la perdita di petrolio della Bp al largo del Golfo del messico? Per averne un'idea basta fare un salto nella Baia di Guanabara, l'enorme bacino idrico che si estende per 380 chilometri quadrati nel territorio di Rio de Janeiro, ed è sede delle maggiori raffinerie di petrolio del Brasile.

Qui il 18 gennaio 2000 fuoriuscirono da un oleodotto sottomarino della Petrobras, la compagnia petrolifera di bandiera, 1,3 milioni di litri di petrolio (quanto ne usciva ogni 8 ore circa dalla falla della BP nel Golfo del Messico), dando luogo a quella che Breno Herrera, biologo a capo dell'area di protezione ambientale che si affaccia sulla Baia, classifica come "uno degli incidenti più gravi e devastanti della storia ambientale brasiliana".

Le sue conseguenze sono ancora evidenti e impressionanti nel Manguezal, le foreste di mangrovie che nascono a margine della Baia di Guanabara (proprio come nel Golfo del Messico) e che rappresentavano il cuore dell'ecosistema costiero di queste aree.

Ancora oggi ampie aree del Manguezal della Baia non danno nessunissimo segno di ripresa e l'impatto sulle comunità di pescatori continua a essere enorme. Chi prima pescava ogni giorno un quintale fra pesci e granchi deve ora accontentarsi di 5-10 chili. Molte delle specie ittiche di maggior valore commerciale si sono semplicemente estinte. Per giunta il pescato della Baia è stato marchiato come "contaminato" con terribili conseguenze sul prezzo. Si spiega così il dimezzamento degli addetti alla pesca.

L'indennizzo dei pescatori in attività prima dell'incidente rimane un fronte aperto. Da un lato Petrobras, nona impresa al mondo per valore di mercato, sostiene che il danno da indennizzare è quello relativo alla sospensione dell'attività per 32 giorni, portando a sostegno di questa tesi studi scientifici commissionati a svariate università e centri di ricerca. Dall'altro lato l'associazione nata dopo il disastro a sostegno dei diritti dei pescatiori sostiene che i danni arrecati sono stati enormi e che i dati di Petrobras sono fasulli. Alexandre Andreson, presidente dell'associazione, fa notare con sarcasmo come in uno degli studi prodotti da Petrobras si sostenga che a dieci giorni dall'incidente la concentrazione di idrocarduri nelle acque della Baia rientrasse già nella norma. Eppure, in quegli stessi giorni, si continuava a strappare alla morte centinaia di gabbiani e uccelli vari coperti di petrolio.

Intanto la vita dei pescatori locali – quelli che sono rimasti – si è trasformata: molti di loro infatti sono stati assunti proprio da Petrobras nei "progetti volti al miglioramento ambientale della Baia": in altre parole, usano le loro reti per raccogliere bottiglie e sacchetti di plastica, anzichè pesci.

 

 

 

 

 

2010-07-26

NUCLEARE

Iran, nuove sanzioni dalla Ue

Colpito il settore dell'energia

I ministri degli Esteri dei 27 varano un pacchetto per indurre Teheran a rinunciare al programma nucleare. Colpite le industrie del gas e del petrolio, con divieto di nuovi investimenti, di assistenza tecnica e di trasferimento delle tecnologie. L'Iran assicura: "Non ci scalfirete". Ma poi chiede all'Aiea di riprendere i negoziati sullo scambio di uranio arricchito

Iran, nuove sanzioni dalla Ue Colpito il settore dell'energia Mahmud Ahmadinejad, presidente dell'Iran

BRUXELLES - L'Unione Europea ha adottato nuove sanzioni contro il programma nucleare iraniano colpendo in particolare il settore energetico, il gas e il petrolio, strategico per la Repubblica islamica. Lo riferisce una fonte diplomatica che ha partecipato alla riunione dei ministri degli Esteri di 27.

Le misure adottate dalla Ue vanno persino oltre quelle varate dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu lo scorso 9 giugno. E' previsto il divieto di ogni nuovo investimento, assistenza tecnica o trasferimento di tecnologia in Iran, soprattutto nel campo della raffinazione e della liquefazione del gas.

Inoltre, gli scambi commerciali con la Repubblica Islamica devono essere resi più difficili, vietate le attività delle banche iraniane ed esteso il numero di cittadini iraniani a cui vietare il visto, con particolare riguardo per le guardie della rivoluzione, l'armata ideologica del regime di Teheran. La maggior parte delle sanzioni diventerà effettiva da martedi, con la pubblicazione sul giornale ufficiale della Ue.

La reazione iraniana ha due sfumature: una, prevedibile, di critica verso le sanzioni, l'altra di apertura a nuovi negoziati per uno scambio di uranio arricchito sotto l'egida dell'Aiea. Per il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Ramin Mehmanparast, le misure adottate dalla Ue serviranno solo a "complicare la situazione", mentre il ministro del Petrolio, Masoud Mirkazemi, assicura che le sanzioni non scalfiranno la produzione di idrocarburi del Paese.

Ma l'Iran, come preannunciato ieri, ha anche consegnato all'Aiea una lettera in cui si dice pronto a "riprendere i negoziati" con la stessa agenzia, con gli Usa, la Russia e la Francia, per uno scambio di uranio arricchito. La lettera, scrive l'agenzia Irna, è stata consegnata dall'ambasciatore iraniano presso l'Aiea, Ali-Asghar Soltanieh, al direttore generale dell'agenzia dell'Onu, Yukiya Amano, durante un incontro a Vienna, dove ha sede l'organismo di controllo. "Siamo pronti a riprendere i negoziati sullo scambio di combustibile nucleare come progetto umanitario e nell'ambito delle attività dell'Aiea senza alcuna precondizione", ha detto Soltanieh all'Irna.

Nel maggio scorso l'Iran ha sottoscritto una dichiarazione, controfirmata da Turchia e Brasile, in cui si impegnava ad accettare una proposta di scambio in base alla quale avrebbe consegnato all'estero 1.200 chilogrammi del suo uranio arricchito al 3,5% in cambio di 120 chilogrammi di combustibile a base di uranio arricchito al 20% per alimentare un suo reattore con finalità mediche. la dichiarazione non aveva fermato l'adozione delle sanzioni Onu il 9 giugno, ma il cosiddetto 'Gruppo di Vienna', cioè Aiea, Usa, Russia e Francia, che aveva inizialmente proposto lo scambio nell'ottobre scorso, aveva chiesto chiarimenti tecnici a Teheran sulla sua dichiarazione.

Ieri, dopo un incontro a Istanbul con i suoi omologhi di Turchia e Brasile, il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, aveva annunciato per oggi la lettera con la risposta di Teheran, consegnata all'Aiea.

(26 luglio 2010)

 

 

 

 

Le sanzioni e il pieno di benzina

Tutti dicono che le sanzioni non sono mai servite a far cambiare idea o politica a un governo, a un regime. Non siamo in grado di svolgere un’analisi compiuta su questo tema, e meno che mai di fare una previsione su quello che succederà all’Iran. E tra l’altro ad oggi proprio nessuno crede che la dirigenza iraniana vicina al leader Khamenei e al presidente Ahmadinejad cambierà linea sul programma nucleare grazie alle sanzioni Onu.

Ma una notizia data dalla Reuters accende una luce diversa sulla partita che Usa, Russia ed Europa stanno giocando con Teheran. Secondo documenti degli armatori internazionali consultati, nel mese di luglio in Iran sono arrivate solo tre navi cariche di benzina (una quarta è in viaggio dal Venezuela). Ogni mese di solito i viaggi sono 12 o 13, e questo perché come molti sanno, l’Iran pur producendo ed esportando un mare di petrolio, è costretto ad importare il 40% della benzina e dei carburanti usati commercialmente. Il gigante del Golfo non ha abbastanza raffinerie.

Con le nuove sanzioni votate ieri dalla Ue, gli armatori, i commercianti e i finanziatori nel mercato dei prodotti del petrolio iniziano a temere seriamente ritorsioni americane: rischiare di uscire dai mercati Usa o europei può essere un buon motivo per non trasportare benzina in Iran. I dirigenti iraniani non sembrano per nulla infastiditi da questo nuovo problema, ma il problema c’è: il mese scorso, per risparmiare l’elettricità negli uffici pubblici, a Teheran gli impiegati sono stati lasciati a casa per 3 giorni. La partita è ancora lunga, le sorprese sono sempre possibili.

 

 

 

2010-07-25

MAREA NERA

Bp perforerà nel mare libico

I pozzi a 500 km dalla Sicilia

La compagnia britannica, responsabile della fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico, annuncia l'avvio delle trivellazioni "entro le prossime settimane". Un accordo con Tripoli consente cinque nuovi impianti

Bp perforerà nel mare libico I pozzi a 500 km dalla Sicilia L'apparecchiatura di perforazione della Bp, nel Golfo del Messico

LONDRA - Pozzi di petrolio nel Mediterraneo, a poche centinaia di chilometri dalle coste della Sicilia, di Lampedusa e di Pallenteria. E a trivellare sarà la British Petroleum, la compagnia responsabile della "marea nera" che sta devastando il Golfo del Messico.

E' stata la stessa Bp ad annunciare che "entro le prossime settimane" inizierà una nuova perforazione al largo delle coste libiche, nel Golfo della Sirte. Un portavoce della compagnia, David Nicholas, ha ricordato che in virtù di un accordo con Tripoli siglato nel 2007 la compagnia ha ottenuto l'autorizzazione ad effettuare cinque perforazioni nel Golfo della Sirte. "Non le abbiamo ancora calendarizzate", ha aggiunto, precisando che ogni perforazione necessita di "sei mesi o più".

Le nuove perforazioni avranno luogo a una profondità di circa 5.700 piedi (1.700 metri), leggermente superiore a quella della Deepwater Horizon, la piattaforma situata al largo delle coste della Louisiana, la cui esplosione lo scorso 20 aprile ha causato la gigantesca marea nera che infesta il Golfo del Messico.

(24 luglio 2010)

 

Boschi: "Il Civis può far crollare le due Torri"

Cancellieri convoca i tecnici comunali

L'intervento del vulcanologo a una conferenza organizzata dal Pdl: "Il filobus è un veicolo pesantissimo, e il centro storico non è stabile: creerà danni agli edifici". Il dossier arriverà sul tavolo di tre ministeri. La soprintendente Paola Grifoni: "Non si può fermare questo progetto in corsa". Anche il commissario dice no allo stop ma vuole vederci chiaro

Boschi: "Il Civis può far crollare le due Torri" Cancellieri convoca i tecnici comunali

Il Civis "è un progetto angoscioso ma si deve fare", disse il commissario pochi giorni fa. Ma adesso il filobus riceve il semaforo rosso di uno dei massimi esperti di terremoti in Italia: "Farebbe crollare le due Torri", è l'opinione di Enzo Boschi, presidente dell'Istituto di Vulcanologia. Anna Maria Cancellieri esclude di fermare i lavori ma convoca i tecnici comunali perché chiariscano la situazione.

Il vulcanologo ha parlato a una conferenza stampa organizzata dal Pdl. "Bisognerebbe assolutamente fermare tutto", spiega Boschi, perché il Civis rischia di accelerare i processi che mettono a rischio la stabilità degli edifici del centro storico di Bologna. Che già si abbassa e risente delle scosse sismiche dell'Appennino: i frequenti passaggi del filobus, "veicolo pesantissimo", danneggerà il centro "che non è sano né robusto, ma fragile. La questione dei danni agli edifici è seria: è da prendere seriamente in considerazione". Tantomeno ne gioveranno le Due torri. Boschi e' chiaro: il loro crollo "é da mettere in conto": non domattina, ovviamente, ma negli anni sì e allora è bene evitare di mettere in campo processi che accelerano questo evento.

"E' una questione di prevenzione", dice il vulcanologo, che ribadisce: il Civis non deve passare sotto le Due Torri. Il progetto definitivo, invece, prevede che i mezzi corrano su via San Vitale e su strada Maggiore.

"Ho conosciuto Anna Maria Cancellieri a Catania, una delle zone più a rischio del mondo, e l'ho trovata molto attenta a questi problemi. Spero che trovi il coraggio di bloccare tutto immediatamente".

Il dossier a tre ministeri. Il deputato Pdl Fabio Garagnani garantisce che da domani l'allarme lanciato dal vulcanologo Boschi per l'impatto del Civis sarà sul tavolo di tre ministeri: dei Beni culturali, delle Infrastrutture e anche dell'Ambiente. Così che se non interverrà il commissario, ci sarà un interessamento "dall'alto".

La soprintendente: "Bisognava pensarci prima". "Io dico sempre che intervenire ora è come provare a fermare un tram in corsa, bisognava pensarci prima", commenta la notizia la soprintendente ai Beni architettonici Paola Grifoni. "Sono stati spesi soldi pubblici e bloccare queste opere costa più che realizzarle". La proposta? "In strada Maggiore passi solo il Civis, e non più le altre corse Atc". In ogni caso, l'attenzione della sovrintendenza sulle Due torri c'é eccome: "Stiamo valutando proprio in questo periodo i progetti di consolidamento", fa sapere Grifoni.

Il commissario: "I lavori vanno avanti". Anna Maria Cancellieri, tirata in ballo da Boschi, dice di stimarlo e di aver convocato i tecnici comunali sulla questione, ma esclude di fermare i lavori: "Il progetto va avanti da dieci anni, sarà stato calcolato l'impatto sulle due Torri."

(fonte: Dire)

(26 luglio 2010)

2010-07-19

Marea nera nuovo allarme

"Si è aperta un'altra falla"

Il timore è che la fuga sia dovuta proprio alla cupola di contenimento collocata la scorsa settimana. Il governo americano chiede un nuovo piano di emergenza alla Bp

Marea nera nuovo allarme "Si è aperta un'altra falla"

HOUSTON - Un'altra fuoriuscita di petrolio sarebbe iniziata nell'area del pozzo sul fondo dell'oceano nel golfo del messico che era stato appena tappato: il timore è che la fuga sia dovuta proprio alla cupola di contenimento collocata la scorsa settimana dai tecnici della Bp. Lo hanno detto, con grande allarme, le stesse autorità statunitensi che ora chiedono all'azienda britannica di tenersi pronta alla riapertura del pozzo appena sigillato. In serata il governo ha diffuso una lettera del responsabile statunitense della pulizia, indirizzata a Bob Dudley, capo delle operazioni in loco della Bp, nel quale si fa riferimento a una nuova perdita e ad altre "anomalie" di natura sconosciuta.

La Bp ha installato la scorsa settimana un'enorme campana sull'orifizio da cui fuoriesce greggio nel mare e che, da giovedì, funziona come una specie di tappo. Da giovedì l'azienda sta realizzando anche i test di pressione per verificare se il pozzo sia in buono stato. Allen ha fatto notare che i livelli di pressione sono inferiori al previsto e ha esortato a capire i motivi. Le cause, ha spiegato, potrebbero essere due: o è diminuita la quantità di petrolio nel pozzo o ci sono potenziali fughe dovute a danni nella struttura. Il timore del governo Usa è che il tappo possa spingere il petrolio a defluire da altri punti se la struttura del pozzo è fragile.

(19 luglio 2010)

 

 

2010-07-15

MAREA NERA

La Bp annuncia

"Perdita fermata"

British Petroleum fa sapere che per la prima volta dopo tre mesi il greggio non fuoriesce più dalla piattaforma nel golfo del Messico. "Non sappiamo per quanto ma il dato è incoraggiante"

La Bp annuncia "Perdita fermata" Il nuovo "tappo" messo da Bp sulla piattaforma

 

NEW YORK - La perdita di petrolio del pozzo Macondo nel Golfo del Messico è stata fermata per la prima volta da aprile. Lo ha annunciato la Bp, che quest'oggi ha ripreso il test di pressione sull'efficacia del nuovo tappo. Le valvole della nuova struttura di contenimento sono state tutte chiuse e il petrolio non fuoriesce più, ha annunciato il vice-presidente di Bp Kent Wells. Il risultato è il frutto del test sulla pressione del pozzo cominciato da poco.

La società, riporta Cnn, ha comunque detto di non sapere per quanto tempo riuscirà ad impedire che il petrolio riprenda a sgorgare. L'arginamento del flusso di greggio è parte dei test che bp sta conducendo in questi giorni sul pozzo. Il colosso petrolifero ha comunque detto che è "molto incoraggiante" essere riusciti a fermare il petrolio, per la prima volta da quando lo scorso 20 aprile l'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon ha causato il peggior disastro ecologico della storia degli Stati Uniti.

Secondo gli esperti per 13 settimane si sarebbero riversati in mare dai 35 ai 60mila barili di petrolio. Il risultato del test comunque sarà definitivo entro le prossime 48 ore che determineranno se il 'tappo' gigante piazzato sulla falla ha ora funzionato.

Immediata la reazione alla Borsa di New York. Non appena la notizia del blocco della falla si è diffusa i titoli della compagnia petrolifera britannica si sono impennati negli ultimi minuti delle contrattazioni a New York. Il titolo è salito del 7% a 38,92 verso la chiusura della borsa.

(15 luglio 2010)

 

 

 

 

 

Bp, danno al tappo: test rinviato

I biologi: "Danni sottostimati"

Rilevata una perdita nella copertura che dovrebbe bloccare la fuoriuscita di greggio in mare. Allarme per le specie marine

Bp, danno al tappo: test rinviato I biologi: "Danni sottostimati"

NEW ORLEANS - Si allungano i tempi per il test sul nuovo tappo che dovrebbe fermare la fuoriuscita di greggio dalla piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico. In cima alla nuova copertura, infatti, è stata rilevata una perdita. Solo quando gli ingegneri della Bp ripareranno il danno si potrà procedere al test, che servirà per capire se il nuovo tappo sarà in grado di contenere l'intera perdita del pozzo, che dal 20 aprile versa in mare tra i 35.000 E i 60.000 barili di greggio al giorno.

L'ammiraglio Thad Allen, che supervisiona l'intervento, ha dichiarato che ogni sei ore sarà controllato il funzionamento della nuova copertura; il test si concluderà dopo 48 ore, quando si vedrà se il nuovo tappo sarà in grado di contenere l'intera perdita del pozzo, che dal 20 aprile versa in mare tra i 35.000 E i 60.000 barili di greggio al giorno. Per testare il nuovo tappo, la Bp ha chiuso i tubi che dalle navi di appoggio aspirano il greggio, in modo che l'intero getto finisca nel nuovo tappo. I robot sottomarini hanno chiuso lentamente le tre valvole; una perdita è stata registrata in cima alla copertura, ma il danno è stato riparato.

Intanto, i biologi statunitensi lanciano l'allarme: i danni provocati dalla marea nera sono stati sottostimati dal governo.

Almeno 300-400 pellicani e centinaia di altri uccelli marini che avevano fatto delle coste della Louisiana il loro habitat sono ora ricoperti di petrolio; decine quelli a esserlo "dalla testa alla coda". Oltre 3.000 uccelli, lungo le coste del Golfo, sono morti o hanno subito gravi danni dalla fuoriuscita del greggio.

(15 luglio 2010)

 

 

 

 

 

2010-07-13

Tappo per fermare il petrolio

"Non abbandonate la Florida"

Ennesimo tentativo per arginare il greggio. Entro 48 ore si saprà se l'operazione ha successo. Michelle Obama: "Importante per il Paese sapere che questi posti continuano ad essere vivi e belli"

Tappo per fermare il petrolio "Non abbandonate la Florida"

NEW ORLEANS - Ennesimo tentativo per arginare la marea nera nel Golfo del Messico. La Bp è riuscita a posare il nuovo 'tappo' sul pozzo di petrolio nei fondali. La copertura dovrebbe riuscire a contenere integralmente la fuga dei milioni di litri di greggio che da oltre tre mesi si riversano quotidianamente nell'oceano. Le prossime 48 ore saranno cruciali per capire se l'operazione ha avuto successo: le immagini diffuse sul sito internet del gruppo petrolifero britannico mostrano la posa del tappo a una profondità di 1.500 metri. Battezzato "top hat 10", il nuovo imbuto sostituisce il modello precedente che raccoglieva al massimo 25.000 barili di petrolio, contro i 35.000-60.000 che sgorgavano dal pozzo.

Saranno chiuse le valvole del gigantesco coperchio per controllare la pressione interna del pozzo e verificare il flusso del petrolio. Dalle prime immagini tv il nuovo tappo spesso cinque metri e del peso di 40 tonnellate posato dai robot sottomarini sembra aver fermato completamente la fuoriuscita di greggio e sarebbe la prima volta negli 84 giorni trascorsi dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon. La Bp non ha voluto comunque garantire il successo del nuovo tentativo, sottolineando come questa operazione sia assolutamente eccezionale e senza precedenti "a questa profondità e in queste condizioni". "La sua efficacia e capacità di contenere il greggio e il gas non possono essere assicurate", mette in guardia la compagnia. Ma se dovesse funzionare, la Bp conta entro inizio agosto di riuscire a mettere in opera i due primi nuovi pozzi di soccorso che dovrebbero bloccare definitivamente la fuga di greggio.

Nel frattempo è giunta in Florida la first lady, Michelle Obama, che ha invitato i turisti a non abbandonare la costa del Golfo: "E' importante per il resto del Paese sapere che questi posti continuano ad essere vivi e belli come lo sono sempre stati in precedenza".

Sul fronte giuridico, il governo Usa ha annunciato una nuova moratoria sulle perforazioni offshore in profondità, per sostituire quella attualmente sospesa dal tribunale federale, perché "troppo estesa". La nuova moratoria sarà in vigore fino al 30 novembre.

(13 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-11

Bp: "Un nuovo tappo

entro una settimana"

Si lavora nel Golfo del Messico con i robot sottomarini per installare un sigillo più stretto sulla falla che sta provocando una fuoriuscita di 15 barili di greggio al giorno. "Ma a queste profondità non è mai stato provato"

Bp: "Un nuovo tappo entro una settimana"

NEW ORLEANS - Ci vorranno tra i 4 e i 7 giorni alla Bp per completare l'installazione del nuovo tappo 1 sul pozzo petrolifero del Golfo del Messico che sta provocando il peggiore catastrofe ambientale degli Stati Uniti.

Gli ingegneri della multinazionale del petrolio hanno rimosso con i robot sottomarini il vecchio tappo e ne stanno installando uno nuovo in grado di tappare e aspirare fino a 80mila barili di greggio al giorno (13 milioni di litri), contro i 25mila della vecchia copertura. "Nei prossimi quattro-sette giorni, a seconda di come vanno le cose, dovremmo riuscire a montare il nuovo coperchio", ha spiegato il vicepresidente della Bp, Kent Wells.

Il nuovo tappo aspiratore, più stretto, dovrebbe di fatto bloccare tutta la fuoriuscita ma la Bp ha avvertito che "non è mai stato provato a queste profondità e in queste condizioni e non c'è quindi alcuna garanzia che potrà essere montato nei tempi previsti e con successo". La soluzione definitiva restano comunque i due pozzi d'emergenza attigui a quello che perde che dovrebbero essere pronti per metà agosto.

Nella zona sono in azione 400 skimmer, le centrifughe che separano l'olio denso dall'acqua, per arginare la fuoriuscita di greggio che si stima sia aumentata di 15mila barili al giorno. Dal 20 aprile sono finiti in mare tra i 2,9 e i 4,9 milioni di barili di petrolio, con 700 chilometri dei costa tra Texas, Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida inquinati dalla marea nera.

(11 luglio 2010)

 

 

 

 

2010-07-10

MAREA NERA

Il nuovo tappo della Bp

Ma la perdita continua

Nelle prossime ore i tecnici della compagnia petrolifera britannica piazzeranno un nuovocaapuccio sul pozzo in fondo al golfo messicano, che dallo scorso 20 aprile sta riversando il greggio in mare

Il nuovo tappo della Bp Ma la perdita continua

ROMA - Dopo il fallimento dell'operazione 'Top Kill' 1 (cemento posizionato sulla falla a 1.500 metri di profondità), abbandonata dopo tre giorni e 35 mila barili di fluidi raccolti dall'inizio del pompaggio, le speranze di riuscire ad arginare il danno ambientale provocato dalla marea nera erano tutte nel 'tappo', anche detto 'cupola' 2 o 'cappuccio'.

Inutili fino ad ora i vari tentativi 3 per fermare la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico causato dalla Deepwater Horizon così, dopo un'ennesima esplosione 4 a causa di un guasto tecnico, e diversi incidenti a tecnici, pescatori 5 e persone impegnati nelle operazioni di pulizia e smaltimento, la British Petroleum (Bp) ci riprova.

La nuova speranza si chiama Lower Marine Riser Package (LMRP), nella sostanza un nuovo 'cappuccio' da posizionare sopra la supervalvola e collegato alla nave di appoggio in superficie, con cui catturare la maggior parte del greggio in fondo al mare. Ma durante l'attuazione del piano, la fuoriuscita del greggio potrebbe aumentare del 20%, a causa del taglio del braccio mobile del pozzo.

Nelle prossime ore i tecnici della compagnia petrolifera britannica piazzeranno un nuovo tappo sul pozzo in fondo al golfo messicano, che dallo scorso 20 aprile sta riversando il greggio in mare: il più grande disastro ambientale nella storia degli Usa. "Ci sono buone possibilità che si riduca in modo drastico la fuoriuscita di greggio nell'ambiente e forse, che si riesca a chiudere del tutto il pozzo entro la prossima settimana", ha detto Allen.

Oggi entreranno in funzione i robot che hanno il compito di rimuovere il vecchio tappo per poter installare il nuovo, dopo la Bp continuerà a lavorare a quella che considera la soluzione "definitiva" del problema, cioè la creazione di due pozzi collaterali di emergenza. Al momento, secondo le stime del governo americano, si riversano in mare ogni giorno dai 35mila Ai 60mila Barili di petrolio, e la Bp è in grado al momento di raccoglierne quasi la metà. Nel frattempo la marea nera sta arrivando 6, per effetto della corrente, anche lungo le coste della Florida.

(10 luglio 2010)

 

 

Articoli di riferimento citati nell'articolo precedente.

l greggio potrebbe arrivare a Miami

E la BP "insabbia" le chiazze

Le previsioni dell'agenzia federale Usa che si occupa dello stato di salute dell'ambiente: il petrolio spostato dalla corrente del Golfo potrebbe arrivare in Florida. Intanto un video denuncia: la società copre il greggio con la sabbia invece di rimuoverlo. Fra ambientalisti e guardia costiera un accordo per salvare le tartarughe dai roghi controllati

Il greggio potrebbe arrivare a Miami E la BP "insabbia" le chiazze Le operazioni di raccolta del greggio

a spiaggia Port Fourchon, Louisiana

WASHINGTON - La marea nera che da oltre un mese sta devastando il Golfo del Messico potrebbe arrivare, per effetto della corrente, anche lungo le coste della Florida. E lambire le spiagge di Miami. Uno studio della National Oceanic Atmospheric Administration (Noaa), l'agenzia federale Usa che si occupa dello "stato di salute" delle acque e dell'aria degli Stati Uniti, basandosi su proiezioni matematiche calcolate in base alla "verosimile" perdita di 33 mila barili di petrolio al giorno ha accertato che parte di quel greggio è destinato a essere "risucchiato" nell'Atlantico, per risalire lungo le coste americane. L'indagine ha calcolato che "quasi inevitabilmente" il petrolio presente all'interno del Golfo sarà spinto dalla Loop Current oltre la punta meridionale della penisola della Florida, per poi entrare nella Corrente del Golfo, quella che dai mari del Sud raggiunge l'Artico, e risalirà verso nord. Con il 60-80% di possibilità che il greggio tocchi le spiagge della costa atlantica, tra cui anche quelle di Miami.

La BP "insabbia" il petrolio. Alla luce di queste previsioni, si fanno sempre più pressanti nei confronti di Bp le accuse di ritardi e negligenze. L'ultima in ordine di tempo è quella di un giornalista freelance di New Orleans, C.S. Muncy, che ha diffuso un video nel quale si mostra un tratto di spiaggia della Grande Isle, in Louisiana, in cui, a suo dire, il petrolio non sarebbe stato rimosso, ma sepolto. L'accusa nei confronti della Bp è che invece di ripulire le spiagge, come si è impegnata a fare, in molti casi ricorra a questi mezzi di pulizia, meno costosi e sicuramente più veloci.

GUARDA IL VIDEO 1

Pronta "A Whale", l'aspiratrice più grande al mondo. Nel frattempo sta passando gli ultimi test tecnici, ed è pronta per essere inviata all'altezza della falla, la nave raccogli petrolio più grande al mondo. Si chiama "A Whale", è un cargo riadattato per l'emergenza e dovrebbe essere in grado di aspirare greggio dalla superfice del Golfo come nessun altro "skimmer" - questo il nome tecnico - al mondo: fino a mezzo milione di barili al giorno, tanti quanti quelli raccolti in due mesi dalle centinaia di imbarcazioni-skimmer operanti nella zona colpita dalla marea nera. Di proprietà di una società di Taiwan, se supererà i test sarà inviata vicino alla zona in cui sgorga il petrolio per aspirare da sola la maggior parte del greggio quotidiano, mentre gli altri 550 skimmer operanti nel Golfo saranno riposizionati verso la costa. Dovrebbe essere in grado di aspirare fino a 500 mila barili di acqua oleosa al giorno, dalla quale il petrolio verrà separato per restituire l'acqua "pulita" al mare.

BP, gli azionisti chiedono le dimissioni dell'ad. Gli azionisti di BP, dopo aver visto volatilizzarsi oltre la metà dei loro investimenti, vogliono le dimissioni dell'amministratore delegato Tony Hayward e del presidente Carl-Henric Svanberg. Lo rivela il Financial Times, secondo cui ci sarà una "rimpasto" al vertice una volta che la crisi della marea nera, la cui gestione è stata affidata all'esperto Bob Duddley, sarà risolta. Senza iniziative per "raddrizzare la nave", l'azienda potrebbe diventare l'obiettivo di un tentativo di scalata da parte di altre realtà come ExxonMobil, Royal Dutch Shell o PetroChina.

L'accordo salva-tartarughe. E' stato raggiunto un accordo fra BP, guardia costiera e tre gruppi ambientalisti - Center for Biological Diversity, Turtle Island Restoration Network e Animal Defense League - per evitare che le tartarughe marine muoiano bruciate negli incendi controllati che vengono appiccati per fermare la marea nera. Mercoledì scorso le associazioni avevano citato BP in giudizio su questa questione, sotolineando che le tartarughe tendono a riunirsi nei pressi dei banchi di alghe, di cui si cibano, ma che vengono spesso distrutti nei roghi controllati. BP e la guardia costiera dovranno assicurare che a bordo di ogni imbarcazione impegnata negli incendi ci sia un osservatore scientifico in grado di rilevare la presenza di tartarughe e trarle in salvo.

(03 luglio 2010)

 

 

Un tappo per bloccare la falla

Obama "infuriato con Bp"

Quarto tentativo di bloccare la perdita di petrolio nel Golfo del Messico. Ci vorrà tempo per capire se funziona. Il presidente torna nella zona del disastro e critica la compagnia per i dividendi

Un tappo per bloccare la falla Obama "infuriato con Bp"

WASHINGTON - Stavolta si spera nel tappo. Nel quarto tentativo di fermare la perdita di petrolio nel Golfo del Messico 1, la Bp ha posizionato questa notte un tappo nel pozzo danneggiato dal quale, da sei settimane, esce greggio. Secondo la società petrolifera, ci vorranno ora tra le 12 e le 24 ore per capire se la misura adottata funzionerà. La cautela è obbligatoria, dopo i ripetuti fallimenti delle scorse settimane. "Dovrebbe funzionare" dice il capo delle operazioni di Bp, Doug Suttles. Una prima valutazione positiva arriva anche dalla Guardia costiera statunitense, che sta seguendo passo passo questa nuova operazione: il tappo di contenimento raccoglie 1.000 barili al giorno. La compagnia petrolifera avverte che in ogni caso occorreranno "alcuni

giorni" perché raggiunga il suo "picco di efficienza".

Stavolta i tecnici sono riusciti, con una gigantesca cesoia manovrata da robot sottomarini, a tagliare la tubatura a 1.600 metri di profondità da cui fuoriesce il petrolio. Il taglio è però molto irregolare e per questo non è chiaro se il tappo-imbuto che gli è stato apposto reggerà. L'imbuto, collegato a un tubo, dovrebbe permettere di pompare il petrolio verso una nave cisterna in superficie ma c'è il rischio che non sia posizionato correttamente. La Bp sta anche lavorando alla realizzazione di due pozzi di soccorso per bloccare definitivamente la fuoriuscita, che però saranno operativi solo a metà agosto.

Il nuovo tentativo verrà seguito anche dal presidente americano Barack Obama che è tornato in Louisiana: per la sua terza missione nella zona del diastro il capo della Casa Bianca ha rinviato le visite in Australia e Indonesia previste per la prossima settimana E' la seconda volta che salta la visita in Indonesia, Paese in cui il leader americano ha vissuto da ragazzo.

Certo è che la pazienza del presidente degli Stati Uniti è finita. E la società petrolifera britannica è stata accusata ancora una volta di non aver fornito "la risposta rapida" che si ci attendeva. "Sono infuriato per questa sistuazione perché è un esempio di persone che non pensano alle conseguenze delle loro azioni - ha affermato Obama in un'intervista alla Cnn - Tutto ciò mette in pericolo un intero modo di vita e tutta una regione, probabilmente per diversi anni". Parallelamente l'amministrazione Usa ha presentato alla Bp un conto da 69 milioni di dollari (circa 56,7 milioni di euro).

E in Louisiana il presidente ha sferrato un altro attacco alla Bp: "Non dovrebbe contare gli spiccioli", quando si tratta di risarcire i residenti del Golfo danneggiati dalla marea nera e poi spendere miliardi in dividendi ai suoi azionisti, ha detto.

(04 giugno 2010)

 

 

 

Dopo il fallimento di "Top Kill"

un nuovo tentativo di Bp

La fuoriuscita di petrolio non è stata bloccata. Ora si pensa a un "cappuccio". Critiche a Obama, che si dichiara "preoccupato", mentre Washington studia un'azione penale contro la multinazionale

Dopo il fallimento di "Top Kill" un nuovo tentativo di Bp Le navi impegnate nell'operazione "Top Kill"

NEW ORLEANS - Top Kill è ufficialmente morta: tre giorni e 35 mila barili di fluidi dopo l'inizio del pompaggio, l'ultima manovra di Bp per fermare la marea nera nel Golfo del Messico è stata abbandonata. "Siamo ovviamente delusi", ha detto la senatrice della Louisiana Mary Landry dopo che in una conferenza stampa a Robert, in Louisiana, Doug Suttles, il Chief Operating Officer della multinazionale del petrolio, aveva annunciato il nuovo fiasco. Intanto la Casa Bianca fa sapere che saranno triplicate le risorse stanziate per gli interventi nell'area colpita dal disastro.

Bp passa adesso a una nuova manovra per cui si è data cinque giorni di tempo: si chiama Lower Marine Riser Package (LMRP), nella sostanza un 'cappuccio' o una 'mini-valvola' posizionato sopra la supervalvola che non ha funzionato in aprile e collegato alla nave di appoggio in superficie con cui Bp si augura di catturare il grosso del greggio e del gas che escono dal pozzo danneggiato 40 giorni fa. Il nuovo tentativo dovrebbe iniziare nelle prossime ore. Con un'avvertenza, però: durante l'operazione, il flusso di greggio potrebbe aumentare almeno del 20%.

La nuova battuta d'arresto - la terza dopo il fallimento della cupola e del 'siringone' - e l'annuncio del 'piano D' hanno chiuso una giornata contrassegnata da indignazione crescente. Proteste in Louisiana, proteste a New York: ipnotizzati dalla 'spill-cam', la telecamera che trasmette immagini del fiotto di greggio 24 ore su 24, gli americani fanno il conto alla rovescia mentre l'indignazione dilaga a vista d'occhio e a Washington il Dipartimento della Giustizia sta valutando azioni legali a carattere penale.

A Manhattan, ieri, 200 manifestanti si sono imbrattati di finto petrolio fatto di cioccolata e vernice davanti a una pompa di benzina. In Louisiana guida la polemica contro Bp, ma anche contro il governo federale, l'ex stratega di Bill Clinton, James Carville: "La gente qui crede in quel che vede. Mi sembra che il presidente Obama sia più arrabbiato con i suoi critici che con Bp", ha detto Carville, che è di New Orleans, guadagnandosi un rimbrotto del portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs: "James non conosce i fatti".

Era da venerdì che negli stati del Golfo cresceva il pessimismo sull'esito di Top Kill, e anche adesso non ci sono certezze. E mentre in Lousiana crescono le polemiche perché, secondo le autorità locali (smentite da Bp), la multinazionale del petrolio ha organizzato soccorsi da palcoscenico in occasione della visita di Obama su una spiaggia di Grand Isle, il Dipartimento della Giustizia ha mosso i primi passi verso un'azione penale contro Bp per i comportamenti tenuti prima e dopo il disastro.

Una squadra di procuratori e di investigatori guidata dagli Assistant Attorney General Ignacia Moreno e Tony West hanno cominciato a raccogliere prove in Louisiana per verificare se Bp abbia violato regole di sicurezza federali e fuorviato le autorità assicurando che era in grado di contenere rapidamente la perdita di greggio.

L'indagine del Dipartimento della Giustizia è un passo preliminare prima di decidere l'apertura formale di una inchiesta, ma a ogni buon conto l'amministrazione ha chiesto al Congresso dieci milioni di dollari per finanziarla.

(30 maggio 2010)

 

 

2010-07-04

Il greggio potrebbe arrivare a Miami

E la BP "insabbia" le chiazze

Le previsioni dell'agenzia federale Usa che si occupa dello stato di salute dell'ambiente: il petrolio spostato dalla corrente del Golfo potrebbe arrivare in Florida. Intanto un video denuncia: la società copre il greggio con la sabbia invece di rimuoverlo. Fra ambientalisti e guardia costiera un accordo per salvare le tartarughe dai roghi controllati

Il greggio potrebbe arrivare a Miami E la BP "insabbia" le chiazze Le operazioni di raccolta del greggio

a spiaggia Port Fourchon, Louisiana

WASHINGTON - La marea nera che da oltre un mese sta devastando il Golfo del Messico potrebbe arrivare, per effetto della corrente, anche lungo le coste della Florida. E lambire le spiagge di Miami. Uno studio della National Oceanic Atmospheric Administration (Noaa), l'agenzia federale Usa che si occupa dello "stato di salute" delle acque e dell'aria degli Stati Uniti, basandosi su proiezioni matematiche calcolate in base alla "verosimile" perdita di 33 mila barili di petrolio al giorno ha accertato che parte di quel greggio è destinato a essere "risucchiato" nell'Atlantico, per risalire lungo le coste americane. L'indagine ha calcolato che "quasi inevitabilmente" il petrolio presente all'interno del Golfo sarà spinto dalla Loop Current oltre la punta meridionale della penisola della Florida, per poi entrare nella Corrente del Golfo, quella che dai mari del Sud raggiunge l'Artico, e risalirà verso nord. Con il 60-80% di possibilità che il greggio tocchi le spiagge della costa atlantica, tra cui anche quelle di Miami.

La BP "insabbia" il petrolio. Alla luce di queste previsioni, si fanno sempre più pressanti nei confronti di Bp le accuse di ritardi e negligenze. L'ultima in ordine di tempo è quella di un giornalista freelance di New Orleans, C.S. Muncy, che ha diffuso un video nel quale si mostra un tratto di spiaggia della Grande Isle, in Louisiana, in cui, a suo dire, il petrolio non sarebbe stato rimosso, ma sepolto. L'accusa nei confronti della Bp è che invece di ripulire le spiagge, come si è impegnata a fare, in molti casi ricorra a questi mezzi di pulizia, meno costosi e sicuramente più veloci.

GUARDA IL VIDEO 1

Pronta "A Whale", l'aspiratrice più grande al mondo. Nel frattempo sta passando gli ultimi test tecnici, ed è pronta per essere inviata all'altezza della falla, la nave raccogli petrolio più grande al mondo. Si chiama "A Whale", è un cargo riadattato per l'emergenza e dovrebbe essere in grado di aspirare greggio dalla superfice del Golfo come nessun altro "skimmer" - questo il nome tecnico - al mondo: fino a mezzo milione di barili al giorno, tanti quanti quelli raccolti in due mesi dalle centinaia di imbarcazioni-skimmer operanti nella zona colpita dalla marea nera. Di proprietà di una società di Taiwan, se supererà i test sarà inviata vicino alla zona in cui sgorga il petrolio per aspirare da sola la maggior parte del greggio quotidiano, mentre gli altri 550 skimmer operanti nel Golfo saranno riposizionati verso la costa. Dovrebbe essere in grado di aspirare fino a 500 mila barili di acqua oleosa al giorno, dalla quale il petrolio verrà separato per restituire l'acqua "pulita" al mare.

BP, gli azionisti chiedono le dimissioni dell'ad. Gli azionisti di BP, dopo aver visto volatilizzarsi oltre la metà dei loro investimenti, vogliono le dimissioni dell'amministratore delegato Tony Hayward e del presidente Carl-Henric Svanberg. Lo rivela il Financial Times, secondo cui ci sarà una "rimpasto" al vertice una volta che la crisi della marea nera, la cui gestione è stata affidata all'esperto Bob Duddley, sarà risolta. Senza iniziative per "raddrizzare la nave", l'azienda potrebbe diventare l'obiettivo di un tentativo di scalata da parte di altre realtà come ExxonMobil, Royal Dutch Shell o PetroChina.

L'accordo salva-tartarughe. E' stato raggiunto un accordo fra BP, guardia costiera e tre gruppi ambientalisti - Center for Biological Diversity, Turtle Island Restoration Network e Animal Defense League - per evitare che le tartarughe marine muoiano bruciate negli incendi controllati che vengono appiccati per fermare la marea nera. Mercoledì scorso le associazioni avevano citato BP in giudizio su questa questione, sotolineando che le tartarughe tendono a riunirsi nei pressi dei banchi di alghe, di cui si cibano, ma che vengono spesso distrutti nei roghi controllati. BP e la guardia costiera dovranno assicurare che a bordo di ogni imbarcazione impegnata negli incendi ci sia un osservatore scientifico in grado di rilevare la presenza di tartarughe e trarle in salvo.

(03 luglio 2010)

 

 

 

 

 

2010-07-01

Calabria, rifiuti tossici sotto al fiume

"Oltre quattromila persone a rischio"

I risultati della perizia sul letto del fiume Oliva, nei territori dei comuni di Amantea, San Pietro in Amantea e Serra d'Aiello. Rilevato Cesio 137, e poi berillio, cobalto e altre sostanze che minano gravemente la salute di ANNA MARIA DEL LUCA

Calabria, rifiuti tossici sotto al fiume "Oltre quattromila persone a rischio" La valle del fiume Oliva

AMANTEA - "Più di quattromila persone a rischio". Insomma, esiste un pericolo attuale per la popolazione residente nei territori dei comuni di Amantea, San Pietro in Amantea e Serra d'Aiello possano soffrire le conseguenze di un drammatico inquinamento. E' la conclusione della perizia della Procura di Paola eseguita dopo i rilievi nel fiume Oliva. Centomila metri cubi di fanghi industriali provenienti non si sa da dove e scaricati nel letto del fiume e dintorni.

La zona è quella circostante al letto del fiume Oliva a sud della località Foresta (centri di Campora San Giovanni, Coreca e Case sparse comprese tra il mare e la località Foresta), letto nel quale sono stati riversati "contaminanti ambientali capaci di indurre patologie tumorali e non: metalli pesanti e radionuclidi artificiali".

Dai carotaggi ordinati dal Procuratore di Paola Bruno Giordano - che sta indagando sulle cause dell'aumento dei tumori nella zona - emerge la presenza del cesio 137 "che rende il danno ambientale assai più grave". E poi berillio, cobalto, rame, stagno, mercurio, zinco e vanadio che superano i limiti consentiti dalla legge. Manganese nell'acqua del fiume. E ancora: "Antimonio, cadmio e altri radionuclidi di uso medicale e industriale".

Con che effetti sulla popolazione? "Un segno utile alla valutazione di effetti già evidenti sulla salute - scrive, nella sua relazione, il dottor Giacomino Brancati - è proprio determinato dalla presenza nei territori più prossimi ai siti di contaminazione di neoplasie maligne, ed in particolare della tiroide, per le quali in specie il cesio 137 è conosciuto in letteratura quale fattore etiologico". In pratica gli abitanti si ammalano di tumore in modo direttamente proporzionale alla vicinanza ai siti contaminati.

In cifre, nei Comuni di Amantea, San Pietro, Serra d'Aiello, Aiello, Cleto, Lago, Domanico, Grimaldi e Malito, tutti in provincia di Cosenza. dal 1996 al 2008 ben 1483 persone si sono ammalate di tumore. Ma è proprio in prossimità del fiume Oliva che si registra il picco: "Si conferma l'esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità rispetto al restante territorio, dal 1992 al 2001 in particolare nei comuni di Serra d'Aiello (tumori del colon, del retto, degli organi uro genilai e del seno), Amantea (con prevalenza di tumori del colon), Cleto e Malito (prevalenza tumori del colon). I dati sono stati estrapolati dalle schede di dimissione ospedaliere, sia in regione che fuori regione, relative ai ricoveri dei residenti nei comuni esaminati.

La perizia parla di "contaminanti radioattivi in quantità e collocazione che fa fortemente sospettare l'origine esogena". Cioè è roba che non è del luogo (non ci sono industrie ad Amantea), ma che è stata scaricata lì. In particolare nel comune di Serra d'Aiello e di Amantea i ricoveri sono aumentati, si legge nella relazione del dottor Brancati, con "un eccesso statisticamente significativo rispetto al rimanente territorio regionale dal 1996 ad oggi".

Cosa fare ora? Come togliere centomila metri cubi di sostanze che mettono a rischio la vita della gente? E chi risarcirà gli ammalati e le loro famiglie? "Tali analisi - conclude la perizia - confermano la necessità oramai improcrastinabile di approfondire il livello di analisi con indagini epidemiologiche di campo in uno con le attività di sorveglianza sanitaria, risk management e bonifica ambientale".

Ora bisogna capire chi ha scaricato queste sostanze nel fiume Oliva e quando. Secondo la Procura, ci sono materiali portati anche negli ultimi tre anni. Ma nelle vicinanze del fiume, lo ricordiamo, c'è la spiaggia di Formiciche dove nel 91 si arenò la famosa nave Jolly Rosso, sulla quale grava l'ombra delle "navi a perdere". La Procura di Paola sta cercando anche gli ipotetici fusti che, secondo alcuni testimoni, sarebbero stati portati di notte dalla nave fin nei pressi del fiume, con l'aiuto di camion. Ma finora di fusto non ne è stato trovato neanche uno. In compenso, è stata inaspettatamente trovata una colonna del VI secolo a. C che, secondo un primo sopralluogo archeologico effettuato questa mattina , apparterrebbe all'antica città di Themesa. Un gioiello buttato nella "discarica" dopo esser stato probabilmente ritrovato in altro luogo. Forse per evitare un blocco di lavori a causa del valore storico della colonna. Alle violenze contro l'ambiente e la salute si è dunque aggiunta oggi la scoperta di questa violenza contro l'arte e la storia. E probabilmente le sorprese del fiume Oliva non sono finite qui.

(01 luglio 2010)

 

 

 

 

 

MARE

Nuove norme sulle trivellazioni

Stop entro 5 miglia dalla costa

Il ministro Prestigiacomo annuncia anche l'estensione del divieto a 12 miglia nel perimetro attorno alle aree marine protette. Tutte le attività di ricerca ed estrazione dovranno essere sottoposte a valutazione di impatto ambientale. "In primo piano la tutela dei nostri gioielli naturalistici"

Nuove norme sulle trivellazioni Stop entro 5 miglia dalla costa Stefania Prestigiacomo

ROMA - Marea nera. Un incubo che l'Italia, proiettata in tutto il suo profilo al centro del Mediterraneo, non può assolutamente permettersi. Questa considerazione, corroborata dalle terribili immagini del golfo del Messico soffocato dal petrolio, è all'origine del provvedimento annunciato dal ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. Il divieto di trivellazione nei mari italiani in una fascia di 5 miglia per tutte le coste nazionali, allargato a 12 miglia attorno al perimetro delle aree marine protette.

In ogni caso, tutte le future attività di ricerca, prospezione, ed estrazione di idrocarburi in mare, anche quelle al di fuori delle aree protette, saranno sottoposte a valutazione di impatto ambientale (Via). Il provvedimento, adottato dal Consiglio dei Ministri, si applica anche ai procedimenti autorizzativi in corso.

L'annuncio della Prestigiacomo arriva a margine dell'apertura del Forum delle Economie Maggiori (Mef) in corso a Roma. Le norme sono state approvate nell'ambito dello schema di decreto di riforma del codice ambientale per rafforzare le difese ambientali.

"Dopo i disagi e le preoccupazioni create dall'incidente nel golfo del Messico - spiega il ministro dell'Ambiente - abbiamo inserito norme chiare a difesa del nostro mare e dei nostri gioielli naturalistici, colmando una opacità legislativa che nel recente passato ha suscitato timori nelle comunità locali di zone che attorno alle riserve marine stanno costruendo un modello di sviluppo basato sulla valorizzazione dei beni ambientali".

"L'impegno del governo - conclude Stefania Prestigiacomo - a difesa dei propri 'giacimenti naturali' è pieno. Lo sviluppo delle attività produttive è altresì sostenuto in un ambito di regole chiare che pongono in primo piano la tutela ambientale".

 

 

(30 giugno 2010)

 

 

 

 

 

 

L'uragano Alex ha toccato terra

marea nera, operazioni a rischio

Classificato di potenza 2 su una scala di 5. Circa 17 mila persone evacuate al confine con gli Usa. Problemi per i tecnici BP che cercano di fermare la fuoriuscita di petrolio nel Golfo

L'uragano Alex ha toccato terra marea nera, operazioni a rischio

MIAMI - L'occhio dell'uragano Alex, il primo della stagione ciclonica dell'Atlantico e e il primo in giugno da 15 anni a questa parte, ha raggiunto la notte scorsa (alle 4 ora italiana) la costa nord-orientale del Messico, vicino alla frontiera con gli Stati Uniti. Alex, che viaggia a una velocità media di 165 chilometri orari e ha raffiche fino a 205 kmh, è accompagnato da piogge torrenziali e venti impetuosi. Il presidente Usa, Barack Obama, ha dichiarato lo stato di emergenza in Texas, mentre circa 17mila persone sono state evacuate per precauzione.

Nonostante sia decisamente più a sud-ovest della zona più colpita dalla massiccia fuoriuscita di petrolio -le coste di Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida- l'uragano ha già interrotto alcune delle operazioni per arginare la marea nera e la mareggiata provocata dai forti venti dà una serie di problemi alla BP.

Quando ha toccato terra, l'uragano ha cominciato a indebolirsi, anche se è considerato di categoria due sulla scala di intensità Saffir-Simpson (che ne ha un massimo di cinque).

Messico. Le autorità messicane parlando di una vittima. Fortunatamente la situazione è favorita dal fatto che la tempesta si è abbattuta sulle coste in una zona relativamente poco popolata. Nonostante questo 4000 persone sono state evacuate preventivamente dalle aree più vulnerabili della regione, in particolare la città di Matamoros: tra queste persone figurano anche tutti i 2000 abitanti del piccolo porto di La Carbonera.

Alex dovrebbe indebolirsi man mano che procede verso il Golfo del Messico e dovrebbe dissiparsi in un paio di giorni. "Al mondo non ci sono abbastanza soldi" per pagare tutte le richieste di risarcimento danni per la marea nera. Kenneth Feinberg, l'uomo incaricato dal presidente Usa, Barack Obama, di gestire il fondo da 20 miliardi di dollari creato dalla Bp, non usa mezzi termini. L'avvocato americano ha ricordato che Bp pagherà fino all'ultimo centesimo ma ha avvertito che molti danni saranno difficili da qualificare. "Faccio l'esempio- ha detto - di un ristorante di Boston che dice: 'non posso piu' mettere i gamberi nel menù e i miei conti ne soffrono. Nessuna legge riconosce questo danno". Non solo: Feinberg ha detto che bisogna ancora capire come i reclami indiretti, per esempio quello degli alberghi che perdono le prenotazioni perchè le spiagge sono coperte di greggio; o dei propietari di case che vedono il valore dell'immobile crollare perchè abitano a pochi metri da una spiaggia oleosa. "Non c'è dubbio che il valore della proprietà è diminuito. E questo non vuol dire che ogni proprietà abbia diritto al risarcimento".

Attualmente sono due le navi cisterna che catturano l'olio pompato dalla falla (a un ritmo di 25mila barili al giorno nonostante le onde), ma il mare mosso ha ritardato il dispiegamento di una terza nave e una serie di operazioni collaterali (come il lancio di dispersanti chimici dall'alto).

(01 luglio 2010)

 

 

 

 

 

2010-06-23

Respinti ricorsi delle Regioni

"Infondati" per la Consulta

Gli enti locali si erano rivolti alla Corte costituzionale perché ritenevano illegittima la legge delega sulla scelta dei siti delle nuove centrali

Respinti ricorsi delle Regioni "Infondati" per la Consulta

ROMA - La Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi sollevati da dieci Regioni sulla legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili. Respinte dunque le richieste di Lazio, Umbria, Basilicata, Toscana, Calabria, Marche, Molise, Puglia, Liguria e Emilia Romagna (il Piemonte aveva deciso di ritirare il suo), illustrate durante l'udienza pubblica di ieri mattina. Il deposito delle motivazioni della sentenza, che sarà redatta dal vicepresidente della Corte Ugo De Siervo, è atteso per le prossime settimane.

Cade così anche l'ultimo ostacolo di rilievo per il ripristino dell'atomo in Italia. Ora, il primo passo necessario ad avviare la fase di ritorno dell'Italia al nucleare sarà quello di scegliere i siti che ospiteranno le centrali. Operazione per la quale, secondo il governo, ci vorranno circa tre anni 1. L'European Pressurized Reactor (EPR) di tecnologia francese - quello che sbarcherà in Italia - richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d'acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, la lontananza da zone densamente popolate.

Il decreto legislativo varato dal Consiglio dei ministri a dicembre indica una serie di parametri ambientali, fra cui popolazione e fattori socio-economici, qualità dell'aria, risorse idriche, fattori climatici, valore paesaggistico e architettonico-storico, importanti per la costruzionei della prossime centrali nucleari. Secondo il decreto, i siti che decideranno di ospitare le centrali potranno ottenere bonus sostanziosi, intorno ai 10 milioni di euro l'anno, destinati sia agli enti locali che ai residenti nelle zone in questione.

Fra i nomi dei siti possibili ritornano, al di là delle dichiarazioni contrarie di alcuni presidenti di Regione, quelli già scelti per i precedenti impianti, poi chiusi in seguito al referendum del 1987: Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico e alta disponibilità di acqua di fiume.

Tra le scelte possibili anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell'acqua di mare. Secondo altri, fra cui i Verdi e Legambiente, il quarto candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si è fatto il nome di Porto Tolle, a Rovigo, dove c'è già una centrale a olio combustibile in processo di conversione a carbone pulito. Gli altri nomi che ricorrono più spesso sono Monfalcone (in provincia di Gorizia) Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia).

(23 giugno 2010)

 

 

 

 

Esplosione negli abissi

Tolto il 'tappo', due morti

Il dramma durante le operazioni per cercare di frenare il disastro ecologico. Rimossa la cupola che conteneva le perdite di greggio dal pozzo della British Petroleum. Due vittime in diversi incidenti

Esplosione negli abissi Tolto il 'tappo', due morti

NEW YORK - Non finiscono i guai per la Bp, impegnata nelle operazioni di contenimento della fuoriuscita del petrolio. Un incidente negli abissi, al sistema delle tubature, provocato dalla collisione di un robot subacqueo, ha costretto la compagnia petrolifera a rimuovere la cupola, il tappo sul pozzo che rallentava l'uscita del greggio, provocando di fatto una nuova sostanziosa fuoriuscita di petrolio.

Lo ha annunciato oggi a Washington il responsabile Usa, l'Ammiraglio Thad Allen. Due persone sono morte in due diversi incidenti legati alle operazioni di contenimento. L'ammiraglio ha spiegato che uno dei robot subacquei di Bp è entrato in collisione con il sistema di tubature che trasportano acqua calda nella cupola per evitare la formazione di ghiaccio.

I tecnici al lavoro per cercare di fermare la fuoriuscita del petrolio hanno dovuto togliere il tappo sul pozzo della British Petroleum che rallentava l'uscita del greggio. Secondo quanto dichiarato da Allen la cupola è stata rimossa per controlli e sarà rimessa al suo posto al più presto, ma la riattivazione del sistema di contenimento potrebbe richiedere "un tempo considerevolmente più lungo". Intanto però il petrolio ha ripreso a sgorgare in mare al pieno della forza. Il sistema di contenimento era stato installato lo scorso 3 giugno ed era riuscito ad oggi a catturare 16.600 barili di greggio al giorno.

Resta ancora poco chiaro come siano avvenute le due morti. Secondo fonti della Guardia Costiera potrebbero non essere direttamente legate alle operazioni di recupero del Golfo. Una delle due vittime sarebbe infatti il capitano di una barca, ucciso con un colpo di arma da fuoco, l'altra sarebbe invece annegata. Le due vittime erano coinvolte, non si sa in che ruolo, nelle operazioni di pulizia della zona. L'ammiraglio Allen ha parlato di due diversi incidenti sui quali sta indagando la polizia.

Ha cominciato in questo scenario la sua prima giornata di lavoro nel nuovo incarico il neoresponsabile di Bp America, Bob Dudley. La Bp ha infatti optato per un cambio della guardia nel Golfo del Messico dopo le pessime figure dall'ex direttore esecutivo, Tony Hayward, e la responsabilità delle operazioni in America e Asia è stata affidata a Robert 'Bob' Dudley, 55 anni, cresciuto in Mississippi.

Dudley era alla ricerca di un ruolo di alto profilo nella società dopo che nel 2008 era stato cacciato da Mosca in una battaglia con gli azionisti russi della joint venture Tnk-Bp. Da oggi lavorerà fianco a fianco con le autorità Usa. Negli Stati Uniti si profila una battaglia giuridica senza precedenti in materia di trivellazioni. Ieri un giudice della Louisiana, Martin Feldman, aveva ordinato lo stop della moratoria disposta dall'amministrazione Obama. La Casa Bianca ha replicato annunciando ricorso in appello, e il ministro dell'Interno, Ken Salazar, ha reso noto che "a breve" sarà varata una nuova moratoria. "Mentre il petrolio della Bp continua ad uscire, tocchiamo con mano ogni giorno che c'è bisogno di una pausa nelle trivellazioni in acque profonde" ha dichiarato Salazar.

(23 giugno 2010)

 

 

 

2010-06-22

MAREA NERA

Bocciata la moratoria di Obama

Un giudice fa ripartire le trivelle

La corte federale di New Orleans accoglie il ricorso dei petrolieri e dichiara illegittimo il blocco di sei mesi imposto dal presidente. La Casa Bianca annuncia ricorso

Bocciata la moratoria di Obama Un giudice fa ripartire le trivelle

WASHINGTON - No alla moratoria di sei mesi per le trivellazioni in acque profonde decisa dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama: lo ha stabilito a New Orleans, in Louisiana, il giudice distrettuale Martin Feldman. La Casa Bianca ha annunciato che presenterà "immediatamente" appello contro la sentenza. La moratoria di 6 mesi era stata imposta da Obama alle trivellazioni nel Golfo del Messico dopo l'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon.

Il giudice ha accolto il ricorso guidato dalla Honbeck Offshore Services, attiva nel campo delle trivellazioni, secondo cui la decisione della Casa Bianca è arbitraria perché "nulla dimostra che le trivellazioni a una profondità superiore ai 500 piedi (oltre 150 metri) siano più pericolose delle altre". Ricorso che gode dell'appoggio, implicito, del governatore, il repubblicano Bobby Jindal, secondo cui "abbiamo un sacco di incidenti sui ponti, ma non per questo dobbiamo chiuderli".

(22 giugno 2010)

 

 

 

 

2010-06-16

MAREA NERA

Bp, 20 mld di dollari per danni

quest'anno niente dividendi

La società petrolifera ha acconsentito a depositare la somma nel fondo blindato e indipendente richiesto dall'amministrazione Usa. Obama: "Questa somma non è un tetto"

Bp, 20 mld di dollari per danni quest'anno niente dividendi Il presidente Usa Barack Obama

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NEW YORK - La Bp verserà 20 miliardi di dollari in un fondo per i risarcimenti dei danni provocati dalla marea nera e non pagherà i dividendi agli azionisti. Lo ha reso noto il presidente del gruppo petrolifero Carl Henric Svanberg lasciando la Casa Bianca al termine di "un incontro molto costruttivo" con Barack Obama. Svanberg ha poi chiesto scusa al popolo statunitense a nome della compagnia: "Anche noi proviamo profonda tristezza per questo disastro che non avrebbe mai dovuto accadere".

Dal canto suo, Obama ha tenuto a precisare che "questa somma non è un tetto" e che Bp ha accettato anche di creare un fondo da 100 milioni di dollari per indennizzare i lavoratori rimasti senza lavoro a causa della moratoria imposta alle trivellazioni dopo il disastro.

Stando alle indiscrezioni, la Bp dovrebbe avere a disposizione vari anni per depositare l'intera cifra in modo da limitare l'impatto sul flusso di cassa e da non mettere a repentaglio la stabilità finanziaria della società, creando panico tra gli investitori. A complicare il tutto c'è il fatto che il "conto" finale per la pulizia e per i danni alle aziende non è ancora prevedibile, dal momento che la falla non è ancora stata tappata (ad oggi, Bp ha speso oltre un miliardo di dollari per contenere la fuoriuscita, per la pulizia e per fare fronte alle richieste della guardia costiera, dei pescatori locali e delle aziende della costa, dalla Louisiana alla Florida).

Il fondo per i risarcimenti voluto dalla Casa Bianca sarà gestito da Kenneth Feinberg, nominato "zar dei compensi" per il suo incarico di regolare stipendi e bonus dei manager di Wall Street "salvati" dal governo. Feinberg è uno specialista di arbitrati, è stato l'amministratore del fondo speciale per le vittime dell'11 settembre e in passato ha aiutato a risolvere altri casi celebri di indennizzi, ad esempio quelli delle vittime dell'Agente Orange, l'erbicida usato dall'esercito americano nella guerra del Vietnam.

La decisione della società petrolifera arriva dopo il discorso in cui Obama 1 aveva assicurato che Bp pagherà fino all'ultimo centesimo i danni di quello che ha definito "il peggior disastro ambientale" della storia americana e aveva detto che per evitare il ripetersi di una simile catastrofe occorre riformare il sistema dell'energia Usa. Il capo della Casa Bianca aveva anche annunciato che avrebbe informato Bp della necessità di costituire il fondo e che questo fondo avrebbe dovuto essere amministrato da una commissione indipendente, ma non aveva dato nessuna indicazione sulle cifre.

Intanto il premier britannico David Cameron, che ha preso le difese del colosso petrolifero, ha ridimensionato il confronto diplomatico tra Washington e Londra: "La cosa importante è che questa non diventi una questione tra Usa e Gran Bretagna. Il presidente Obama non lo vuole e non lo voglio nemmeno io. Ho detto con chiarezza che dobbiamo garantire la stabilità finanziaria della Bp, che è nei nostri interessi e in quelli degli Stati Uniti".

Cameron ha ribadito che la Bp è pronta ad assumersi le proprie responsabiltà nel disastro ambientale, ma deve esserci un limite alle cause civili che possono essere intentate contro la compagnia. "So, dalle conversazioni avute con la Bp, che vogliono avere il ruolo più ampio possibile nel contenimento della perdita - ha detto il primo ministro britannico - nel far fronte alla pulizia e nel risarcimento agli albergatori, ai pescatori e a quanti hanno sofferto. Ma se è importante che la Bp paghi, è altrettanto importante che non ci sia gente che presenta richieste di risarcimento tre o quattro volte".

(16 giugno 2010)

 

 

 

 

La "missione" di Obama

"Energia pulita, è l'ora"

Primo discorso alla nazione in diretta tv dedicato all'emergenza della marea nera: "Bp pagherà, vinceremo questa guerra. Ma dobbiamo agire: non possiamo consegnare ai nostri figli questo futuro" dall'inviato ANGELO AQUARO

La "missione" di Obama "Energia pulita, è l'ora"

NEW YORK - La marea nera all'assalto delle coste è come Al Qaeda, il petrolio che sgorga dal pozzo maledetto è come una epidemia, il conto astronomico che si abbatte sul Golfo vale una recessione e la sfida per l'energia pulita ci riporta a quella che lanciò l'America sulla Luna. Barack Obama scende dal Marine One dopo due giorni di missione nel Golfo ma sembra quasi non voler riportare i piedi per terra. E nel suo primo discorso in diretta tv dallo Studio Ovale - camicia bianca e cravatta blu, le foto di moglie e figlie sulla scrivania - prova a battere per 18 minuti sul tasto dell'emozione. L'America è stata colpita "dal più grande disastro ambientale della sua storia" per colpa dell'"avventatezza" di una compagnia chiamata Bp che adesso pagherà "mettendo a disposizione tutte le risorse che serviranno". Ma l'America è forte e riuscirà a riemergere anche da "questa crisi che non sarà certamente l'ultima". Soprattutto se "troverà il coraggio" di applicare la "lezione". Dice: "E' una national mission. Il momento è adesso". L'economia del petrolio già prima era insostenibile: adesso è assassina.

I contenuti del discorso, per la verità, erano stati ampiamente anticipati. Ma un conto sono le chiacchiere dei giornali e dei talk show: un conto è affacciarsi dalla tv nel salotto di casa all'ora del programma preferito. E come rispoderà l'America? Riuscirà il presidente a riconquistare quel 71 per cento di elettori che giudicano "troppo morbida" la sua azione nel Golfo? Il discorso alla nazione scandisce momenti decisivi nella vita del paese: da quello stesso Studio Ovale George W. Bush promise vendetta all'America colpita l'11 settembre. Anche Obama attacca: al momento in cui vi parlo la nazione si trova a confrontarsi con minacce molteplici, a casa la recessione, all'estero la guerra ad Al Qaeda. E adesso "una macchia di petrolio all'assalto delle nostre coste e della nostra gente". Siamo in guerra, dice, una guerra che sta mostrando "i limiti dell'umana tecnologia" e in cui il governo ha già schierato i suoi uomini migliori a partire dal ministro per l'energia Steven Chu "che è un Premio Nobel", dice il presidente - Nobel pure lui. Sì, è un disastro ambientale, ripete, "ma a differenza di un terremoto o un uragano non è un evento singolo" che porta distruzione in pochi minuti o pochi giorni: "I milioni di galloni di petrolio assomigliano più a un epidemia" che dovremo "combattere per anni". Come?

"Non equivocate" dice il presidente "vinceremo questa guerra". E illustra alla nazione il suo "piano di battaglia" in tre punti: cosa fare per ripulire il Golfo, per aiutare la gente "e per essere sicuri che questo non accada più". L'elenco delle meraviglie messe in campo e l'assicurazione che tra breve il 90 per cento della perdita sarà fermato a dire il vero fanno tragicamente sorridere. Proprio poche ore prima del discorso un panel governativo ha tirato fuori le ultime stime: la perdita potrebbe arrivare a 60mila barili al giorno. Un'enormità. Ma al presidente in questo momento preme soprattutto una cosa: indicare un colpevole e un responsabile. Annuncia che oggi

incontrerà il preidente di Bp "e lo informerò" - dice proprio così - "che dovrà mettere da parte tutte le risorse che serviranno per compensare" tutti i danni subiti. La decisione è presa e il presidente è sicuro di avere "l'autorità legale" - come dice il portavoce Robert Gibbs - di costringere Bp a mettere a disposizione un fondo indipendente. Di che cifra? Di questo si parlerà oggi alla Casa Bianca con Carl-Henric Svanberg e quel Ceo Tony Hayward criticatissimo che Obama neppure ha menzionato nel discorso. Il conto astronomico che la compagnia potrebbe pagare va dai 20 ai 60 miliardi di danni. Anche se l'ipotesi a cui Bp starebbe pensando prevede di mettere da parte un fondo pari al dividendo di quest'anno - 10 miliardi di dollari - e intanto continuare a pagare tutte le spese di puliza che verranno. Basterà?

Il "piano di battaglia" del presidente non si spinge nei dettagli. Però Obama accusa esplicitamente la Bp di non avere agito nel Golfo "con le necessarie precauzioni". Dice che il comportamento della compagnia è stato "avventato", promette la commissione d'inchiesta e annuncia di aver nominato quello che qui negli Usa è considerato un vero e proprio cane da guardia - Michael Bromwich - a capo di quella Minerals Managment Service che invece di vigilare sui petrolieri si faceva pagare le trasferte ai topless bar. Ma non basta. Dobbiamo imparare la lezione, dice Obama. Sapevamo da decenni "che i giorni del petrolio a buon mercato erano contati". Per decenni abbiamo parlato di energie alternative senza fare nulla. Adesso perfino la Cina è avanti a noi. E la tragedia del Golfo ci mostra che un intero modello di vita è stato messo in gioco dalla nostra mancanza di azione. "Non possiamo consegnare ai nostri figli questo futuro" dice il presidente. "Ora è il momento di riprende

il nostro destino".

Il modo c'è già. La legge sul climate change è stata passata dalla Camera già un anno fa ma è ferma ancora al Senato. Ovviamente il presidente fa il superpartes: "L'unica cosa che non tollererò è l'inazione". Ma basterà questo pressing per convincere i repubblicani? Obama ha un sogno: "L'unica risposta che non accetto è quella di chi dice che la sfida è troppo grande e difficile. La stessa cosa si disse sulla nostra capacità di produrre aereoplani e carri armati durante la Seconda Guerra Mondiale. La stessa cosa sulla nostra capacità di andare e tornare sani e salvi sulla Luna". Barack cita Jfk e gioca al nuovo Kennedy invitando a guardare "oltre i limiti meschini del pensiero convenzionale".

La chiusa è mistica come piace alla gente di qui. Il presidente ricorda la cerimonia della Benedizione della Flotta che si tiene ogni anno nel Golfo. Con quella preghiera non è rivolta al Signore "perché rimuova tutti gli ostacoli e i pericoli: è rivolta a Dio perché sia al nostro fianco anche nel mezzo della tempesta". Proprio come adesso: in

mezzo alla tempesta. "Preghiamo per il nostro coraggio" conclude il presidente. Nell'attesa, gli esperti pregano anche per qualcos'altro. Sarà un'estate piena di tempeste davvero. E se l'uragano arriva prima che quel maledetto buco sia tappato non ci sarà benedizione che tenga.

(16 giugno 2010)

 

 

 

2010-06-15

IL SONDAGGIO

Gli italiani vogliono più eolico

Mancano regole e informazioni

Oltre l'80% appoggia l'utilizzo dell'energia alternativa anche come fonte occupazionale. Nella "giornata del Vento" gli ambientalisti chiedono trasparenza e integrazione nel paesaggio di ANTONIO CIANCIULLO

Gli italiani vogliono più eolico Mancano regole e informazioni

Otto italiani su 10 vogliono che il vento muova l'energia. E' molto larga la maggioranza a favore dell'eolico che si profila dalla ricerca dell'Ispo presentata oggi da Renato Mannheimer. L'87 per cento degli intervistati ritiene che l'energia eolica possa giocare un ruolo positivo nello sviluppo economico del paese facendo da volano per l'economia locale grazie all'aumento dell'occupazione. Una convinzione che poggia sui numeri : nel solo primo semestre del 2010 il settore eolico ha impiegato circa 1.000 addetti in più rispetto allo scorso anno arrivando a 25.530 occupati, di cui 7.460 diretti, con una crescita dell'occupazione del 4,5 per cento nonostante la crisi.

Sono alcuni dei dati presentati in occasione del Wind day, la giornata mondiale del vento promossa dall'Ewea, l'associazione europea dell'energia eolica e dal Gwec, il Global Wind Energy Council in tutta Europa. "Con il Wind day vogliamo ribadire l'importanza dell'utilizzo delle fonti rinnovabili come una delle chiavi per contribuire a risolvere la crisi economica e climatica", ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile energia e clima di Legambiente. "Per andare avanti, però, è fondamentale aprire un confronto sulle regole, in modo da garantire trasparenza, legalità e integrazione dell'eolico nel paesaggio. Sono sette anni che aspettiamo queste regole, un ulteriore ritardo sarebbe francamente inaccettabile".

Dallo studio di Mannheimer risulta che queste idee sono largamente diffuse. Il 60 per cento degli italiani è convinto che l'eolico sia importante non solo a livello locale per gli effetti sull'occupazione ma per il suo ruolo strategico perché, a differenza di altri settori energetici, permette di puntare su una fonte che non dipende dall'estero e che, per 3 italiani su 4, non è soggetta a crisi economiche e politiche.

Gli italiani sono dunque pronti alla sfida dell'eolico: l'83per cento vorrebbe un maggior uso delle fonti di energia eolica da parte del suo fornitore. Gli italiani chiedono più informazione in questo settore (82 per cento) ma risultano promossi per quel che riguarda la conoscenza del meccanismo di incentivazione pubblica che va a premiare l'energia elettrica effettivamente prodotta e distribuita attraverso gli impianti esistenti e non la costruzione di nuovi aerogeneratori.

Proprio il sistema dei certificati verdi è però uno dei punti caldi della polemica. Il taglio deciso dal governo ha suscitato un coro di proteste che vanno da Confindustria a Federutility. Secondo l'Anev (Associazione nazionale energia del vento) le ripercussioni di questo voltafaccia, in mancanza di una correzione dell'ultima ora, sarebbero pesanti: il default finanziario di 4,5 miliardi di investimenti per impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili già in esercizio (più 2,8 miliardi previsti nei prossimi due anni); la perdita di 25.000 posti di lavoro attuali e la mancata crescita nei prossimi due anni di ulteriori 20.000; gravi danni energetici, ambientali. L'industria italiana delle rinnovabili si fermerebbe mentre gli altri paesi vanno avanti: si aprirebbe un'altra stagione di dipendenza energetica.

(15 giugno 2010)

 

 

 

 

 

15

giu

2010

Ghigliottina sui parchi

index"Per ogni italiano i parchi valgono meno di un caffè". Se questa frase fosse contenuta in un quiz come rispondereste: vero o falso? Per il governo è vero. Tanto che ha deciso di tagliare drasticamente finanziamenti già al limite di guardia. Nel 2009 erano stati erogati 48 milioni di euro, per il 2010 non è ancora ben chiaro quanti ne arriveranno effettivamente ai parchi. Nella Finanziaria si scende a 31 milioni per il 2011. Siamo a mezzo euro a testa. Il caffè non ci scappa. Decisamente un modo originale per festeggiare l’anno internazionale della biodiversità.

"Se queste cifre saranno mantenute non abbiamo scelta", commenta Nino Martino, direttore delle Dolomiti Bellunesi. "Dovremo licenziare, rinunciare ai professionisti con i quali stiamo costruendo un percorso di difesa della natura ma anche di promozione dell’economia locale. Le aree marine protette sono senza certezza di finanziamento da molti anni, ora tocca anche ai parchi".

Forse c’è ancora uno spiraglio per evitare il collasso dei parchi. Un appello è venuto da un cartello di associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente, Unione per i parchi e la natura d’Italia, Marevivo, Cts, Associazione italiana direttori e funzionari aree protette, Associazione italiana guardaparco, Istituto Pangea, Lipu, Italia Nostra, Fai). Se non ci sarà risposta da parte del governo la ghigliottina si abbatterà sulla natura protetta e il volano turistico costruito sulla difesa della natura (uno dei pochi segmenti di mercato che resistono alla crisi) sarà spazzato via.

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14

giu

2010

La battaglia del tonno rosso

GP02398La battaglia per il tonno rosso continua. Dopo il blitz di Greenpeace nelle acque di Malta che è costata un ferito per un colpo di arpione lanciato dai pescatori, gli ambientalisti sono tornati all’offensiva: un’altra azione non violenta per cercare di liberare i pesci da una gabbia che li trasportava verso un allevamento dell’isola. In risposta i pescatori hanno sparato razzi di segnalazione e successivamente è intervenuta anche la guardia costiera maltese che ha cercato di allontanare gli attivisti con cannoni ad acqua.

"L’Unione Europea – ricorda Greenpeace – ha ordinato solo pochi giorni fa ai propri pescherecci di ritornare in porto, dichiarando chiusa la stagione di pesca, ma le operazioni in mare continuano. Tutti i paesi extracomunitari continuano a pescare, mentre anche le flotte comunitarie sono impegnate nelle attività connesse all’ingrasso dei tonni".

In sostanza il tonno rosso è una specie sull’orlo dell’estinzione. Eppure arrivano solo segnali negativi. Nonostante il drammatico crollo della popolazione la riunione della Cites a Doha non ha imposto l’alt. Le attività di pesca, anche illegale, continuano. Il disastro del petrolio nel Golfo del Messico ha creato un’ulteriore minaccia perché colpisce uno dei luoghi vitali per questa specie.

Che fare in queste condizioni? Tra i lettori di questo blog c’è chi ritiene – lo ha scritto – che bloccare la pesca non sia eticamente lecito. Ma assistere inerti all’abbuffata di sushi che porta dritta dritta all’estinzione del tonno rosso è meglio?

 

 

2010-06-04

IL DISASTRO

Marea nera, un tappo per bloccare la falla

L'ira di Obama: "Sono infuriato con Bp"

Quarto tentativo di bloccare la perdita di petrolio nel Golfo del Messico. Ci vorranno tra le 12 e le 24 ore per capire se la misura adottata funzionerà anche perché le scorse settimane sono state segnate da ripetuti fallimenti

Marea nera, un tappo per bloccare la falla L'ira di Obama: "Sono infuriato con Bp"

WASHINGTON - Stavolta si spera nel tappo. Nelle operazioni per il quarto tentativo di chiudere la perdita di petrolio nel Golfo del Messico 1, la Bp ha posizionato questa notte un tappo nel pozzo danneggiato dal quale, da sei settimane, esce greggio. Lo annunciano le reti Cnn e Msnbc. Secondo la società petrolifera, ci vorranno ora tra le 12 e le 24 ore per capire se la misura adottata funzionerà anche perché le scorse settimane sono state segnate da ripetuti fallimenti. "Dovrebbe funzionare" dice il capo delle operazioni di Bp, Doug Suttles.

Stavolta i tecnici sono riusciti, con una gigantesca cesoia manovrata da robot sottomarini, a tagliare la tubatura a 1.600 metri di profondità da cui fuoriesce il petrolio. Il taglio è però molto irregolare e per questo non è chiaro se il tappo-imbuto che gli è stato apposto reggerà. L'imbuto, collegato a un tubo, dovrebbe permettere di pompare il petrolio verso una nave cisterna in superficie ma c'è il rischio che non sia stato posizionato correttamente. La Bp sta anche lavorando alla realizzazione di due pozzi di soccorso per bloccare definitivamente la fuoriuscita, che però saranno operativi solo a metà agosto.

Il nuovo tentativo che verrà seguito anche dal presidente americano, Barack Obama (in arrivo in Louisiana) che ha rinviato le visite in Australia e Indonesia previste per la prossima settimana E' la seconda volta che salta la visita del presidente americano in Indonesia, Paese in cui ha vissuto da ragazzo.

Quello che è certo è che la pazienza dell'inquilino della casa Bianca è finita. E la società petrolifera britannica è stata accusata ancora una volta di non aver fornito "la risposta rapida" che si ci attendeva. "Sono infuriato per questa sistuazione perché è un esempio di persone che non pensano alle conseguenze delle loro azioni - ha affermato Obama nel corso di un'intervista alla Cnn - Tutto ciò mette in pericolo un intero modo di vita e tutta una regione, probabilmente per diversi anni". Parallelamente l'amministrazione Usa ha presentato alla Bp un conto da 69 milioni di dollari (circa 56,7 milioni di euro).

(04 giugno 2010)

 

 

 

 

2010-06-03

USA

"Per la marea nera 69 milioni"

Il "conto" degli Usa per Bp

Obama alla Cnn: "Sono furioso". La Casa Bianca annuncia la prima richiesta di risarcimento per i danni causati ai contribuenti dal disastro ambientale nel Golfo del Messico. L'azienda: "Siamo a una svolta"

"Per la marea nera 69 milioni" Il "conto" degli Usa per Bp Una fase delle operazioni sottomarine per "tappare" la falla

 

WASHINGTON - Un "conto" da 69 milioni di dollari. La Casa Bianca annuncia la prima richiesta di risarcimento per i danni causati dalla marea nera ai contribuenti americani da parte della compagnia petrolifera British Petroleum. "Il governo federale - ha detto Robert Gibbs - invierà quello che i definirei un 'conto' per le spese finora sostenute". E si è detto "furioso" per il disastro. In un'intervista al Larry King show della Cnn, il presidente ha dichiarato: "Sono furioso per l'intera situazione" ha detto Obama perché "qualcuno non ha pensato alle conseguenze delle loro azioni". Obama, che domani andrà in Louisiana, ha detto che la risposta di Bp è stata inadeguata.

E' invece mistero sulle norme sulle trivellazioni. La Minerals Management service, l'agenzia federale responsabile di regolare le trivellazioni off-shore negli Stati Uniti, in un'email ha annunciato di aver bloccato la concessione di tutti i permessi di nuove trivellazioni di petrolio e gas nel golfo del Messico, indipendentemente dalla profondità delle acque in cui si entendono effettuare. Misura, più aspra rispetto alla moratoria attualmente in vigore solo per le operazioni in acque profonde, che però è stata smentita in serata in un comunicato ufficiale dell'Amministrazione.

La Bp cerca di correre ai ripari. La compagnia ha annunciato oggi che finanzierà interamente con 360 milioni di dollari la costruzione di sei isole artificiali destinate a proteggere le coste della Louisiana dalla marea nera.

Sul fronte delle operazioni di chiusura della falle si registra un parziale successo. Dopo il primo fallimento, i tecnici sono riusciti ad effettuare il secondo taglio nel braccio mobile del pozzo petrolifero nel Golfo del Messico. Lo ha annunciato il comandante della Guardia costiera Thad Allen specificando che a differenza della sega a lama impiegata ieri, rimasta incastrata nel tubo, il taglio è stato effettuato con enormi cesoie idrauliche dai robot sottomarini. Allen ha chiarito la cesura non è netta ma irregolare e ciò potrebbe creare dei problemi nell'installazione del tappo sopra la falla. Il tappo rappresenta comunque una palliativo in attesa della soluzione definitiva: la trivellazione di due pozzi per intercettare il greggio direttamente dal giacimento, pronti per metà agosto. "I lavori stanno seguendo i tempi previsti", ha detto Allen, "ma non potremo dichiarare vittoria fino a quando i due pozzi non saranno connessi". Bp dà all'operazione una connotazione molto più netta: "Le prossime 12-24 ore saranno cruciali per avere una indicazione della riuscita del tentativo - ha detto l'amministratore delegato di Bp Tony Hayward riferendo del nuovo sistema per arginare la perdita di petrolio. Hayward ha definito l'operazione di oggi "una importante pietra miliare". Se tutto va bene, il sistema sarà "completamente sigillato entro la fine del mese", ha detto l'amministratore delegato, precisando che gli azionisti di Bp devono sentirsti rassicurati. Il colosso petrolifero ha subito considerevoli perdite in Borsa da quando è cominciato il disastro ambientale.

(03 giugno 2010)

 

 

 

MAREA NERA

James Cameron contro Bp

"Imbecilli, non vogliono aiuto"

Il regista di Avatar ha lavorato con i robot sottomarini ed è considerato un esperto di riprese negli abissi. "Non sanno quello che fanno e mi hanno liquidato"

James Cameron contro Bp "Imbecilli, non vogliono aiuto" James Cameron

ROMA - Dopo l'ira di Obama, gli insulti di James Cameron. Si moltiplicano gli attacchi alla Bp, la società petroliferia proprietaria della piattaforma nel golfo del Messico da cui, dopo un incidente, sta fuoriuscendo la marea nera 1 responsabile di un disastro ambientale senza precedenti.

Il regista di Avatar, che ha lavorato a lungo con i robot subacquei ed è considerato un esperto di riprese sottomarine, ha detto che la Bp ha rifiutato la sua offerta di aiuto. "In queste ultime settimane ho visto, come tutti noi, con crescente orrore e angoscia, quel che sta accadendo nel Golfo e ho pensato che questi imbecilli non sanno quello che fanno". Ieri Cameron ha partecipato a un vertice all'Agenzia per la protezione ambientale Usa che sta cercando di risolvere quello che ormai è il peggior disastro ambientale della storia statunitense. Cameron ha detto che si è offerto di dare aiuto alla Bp e al governo, ma che è stato "gentilmente" liquidato dal colosso energetico britannico. Il regista ha contribuito a sviluppare tecniche per apparecchiature da utilizzare in acque profonde e tecnologie subacque oceaniche per realizzare i documentari sul relitto del transatlantico Titanic e della corazzata tedesca Bismarck, circa tre chilometri sotto la superficie del mare. "Conosco gente in gamba che lavora a profondità decisamente superiori a quella in cui si trova il pozzo e molti di loro sono abituati a lavorare con veicoli subacquei e sistemi elettronici di fibra ottica".

(03 giugno 2010)

 

 

 

2010-06-02

MAREA NERA

Obama: "In tribunale i responsabili"

Al via le inchieste civili e penali

Il presidente Usa garantisce: "Faremo in modo che la Bp mantenga le promesse". Un sommergibile supertecnologico scenderà molto vicino al punto della falla per aiutare a capire le dimensioni del disastro. La marea raggiunge l'Alabama

Obama: "In tribunale i responsabili" Al via le inchieste civili e penali

NEW YORK - Inchieste penali e civili, con la partecipazione dell'Fbi. Per individuare le responsabilità e colpire i responsabili della marea che si allunga nel Golfo del Messico, dove da una falla in una piattaforma petrolifera della BP sgorgano da più di un mese tonnellate di petrolio. L'annuncio è arrivato in serata dal ministro della Giustizia americano Eric Holder. "Se troveremo prove di comportamenti illegali, la nostra risposta sarà forte", ha sottolineato. Intanto dopo la Louisiana, anche le coste dell'Alabama sono state raggiunte dal petrolio.

Qualche ora prima lo stesso presidente Usa, Barack Obama, aveva detto che, se necessario, "porteremo in tribunale i responsabili del disastro" della marea nera, "se sono state violate le leggi". "Faremo in modo che la Bp mantenga le sue promesse, e che debba rispondere di quanto accaduto". Obama - parlando a Washington al termine di un incontro con Bob Graham e William Reilly, che guidano la commissione d'inchiesta sulla vicenda - ha ribadito che la Bp sarà responsabile di tutte le perdite provocate da quello che il presidente ha ancora una volta definito ''il più grande disastro ambientale di questo tipo della nostra storia''. Obama intende nominare presto altri cinque esponenti della commissione, che dovrà consegnargli un rapporto entro sei mesi, oltre a suggerire una serie di passi per evitare il ripetersi di un dramma come questo.

"Se le leggi non hanno funzionato, vanno cambiate". L'incidente della Deepwater Horizon dimostra "che la legislazione va rivista", ha detto Obama. Il presidente ha anche lanciato un appello al Congresso affinché passi al più presto un disegno di legge che permetta di agire in fretta per affrontare le conseguenze di questo incidente e di altre eventuali catastrofi simili.

"Tappo entro 24 ore". Se non ci saranno intoppi, la Bp spera di far funzionare entro 24 ore il nuovo tappo da mettere sopra la valvola del pozzo. La ha indicato in una conferenza stampa a Port Fourchon, in Lousiana, uno dei dirigenti della multinazionale britannica, Doug Suttles. "Se tutto si svolgerà bene, nelle prossime 24 ore, saremo in grado di limitare" il flusso di greggio. Dopo avere reciso il braccio mobile del pozzo, la Bp intende piazzare una sorta di tappo con cannuccia (per portare il greggio su un nave in superficie) sul 'Blowout Preventer' (Bop), la supervalvola del pozzo, secondo alcuni esperti difettosa sin dall'inizio. Per questa ragione la stampa Usa ha battezzato la nuova operazione, la quarta, 'Cut and Cup', cioè 'Taglia e Tappa'.

Un robot per verificare la catastrofe. Intanto l'Istituto di ricerche dell'Acquario di Monterey (Mbari), in accordo con il dipartimento Usa per gli oceani e l'atmosfera (Noaa) ha mandato un sommergibile supertecnologico nelle acque inquinate del Golfo del Messico. Lo scopo è quello di ottenere informazioni sul 'pennacchio' di petrolio che fuoriesce dal punto di perforazione della piattaforma Deepwater Horizon.

Anche se satelliti e aeroplani possono aiutare a capire l'estensione della chiazza di petrolio in superficie, il 'mezzo autonomo sottomarino' (Auv) dell'Istituto di Monterey sarà fondamentale per mostrare ai ricercatori cosa sta realmente succedendo nelle profondità dell'oceano. La prima immersione di questo sommergibile è avvenuta tre giorni fa. Il mezzo robotizzato è in grado di misurare le caratteristiche fisiche dell'acqua, come temperatura, salinità e concentrazione di ossigeno, nonché registrare elementi come la clorofilla contenuta nelle microscopiche alghe di profondità o, in questo caso, le quantità di inquinanti, come il petrolio, che si trovano in una particolare zona. Questo sommergibile può raggiungere una profondità operativa di 1.500 metri. Il che vuol dire che può recarsi molto vicino al punto dove fuoriesce il petrolio che sta inquinando il Golfo del Messico, ed essere d'aiuto per definire portata e caratteristiche del disastro.

Enea: "Marea grande come lago di Albano". Un giacimento grande come uno dei maggiori laghi vulcanici del Lazio, quello di Albano, pari a un volume di circa 460 milioni di metri cubi. È questa la stima delle dimensioni della sacca di petrolio che sta inquinando il Golfo del Messico, secondo l'esperto dell'Enea, Vincenzo Ferrara.

(01 giugno 2010)

 

 

 

 

2010-05-30

MAREA NERA

Dopo il fallimento di "Top Kill"

un nuovo tentativo di Bp

La fuoriuscita di petrolio non è stata bloccata. Ora si pensa ad un "cappuccio". Critiche ad Obama, che si dichiara "preoccupato", mentre Washington studia un'azione penale contro la multinazionale

Dopo il fallimento di "Top Kill" un nuovo tentativo di Bp Le navi impegnate nell'operazione "Top Kill"

NEW ORLEANS - Top Kill è ufficialmente morta: tre giorni e 35 mila barili di fluidi dopo l'inizio del pompaggio, l'ultima manovra di Bp per fermare la marea nera nel Golfo del Messico è stata abbandonata. "Siamo ovviamente delusi", ha detto il controammiraglio della Guardia Costiera Mary Landry dopo che in una conferenza stampa a Robert in Louisiana Doug Suttles, il Chief Operating Officer della multinazionale del petrolio, aveva annunciato il nuovo fiasco.

Bp passa adesso a una nuova manovra per cui si è data quattro giorni, forse più, di tempo: si chiama Lower Marine Riser Package (LMRP), nella sostanza un 'cappuccio' o una 'mini-valvola' posizionato sopra la supervalvola che non ha funzionato in aprile e collegato alla nave di appoggio in superficie con cui Bp si augura di catturare il grosso del greggio e del gas che escono dal pozzo danneggiato 40 giorni fa.

La nuova battuta d'arresto - la terza dopo il fallimento della cupola e del 'siringone' - e l'annuncio del 'piano D' hanno chiuso una giornata contrassegnata da indignazione crescente. Proteste in Louisiana, proteste a New York: ipnotizzati dalla 'spill-cam', la telecamera che trasmette immagini del fiotto di greggio 24 ore su 24, gli americani fanno il conto alla rovescia mentre l'indignazione dilaga a vista d'occhio e a Washington il Dipartimento della Giustizia sta valutando azioni legali a carattere penale.

A Manhattan, ieri, 200 manifestanti si sono imbrattati di finto petrolio fatto di cioccolata e vernice davanti a una pompa di benzina. In Louisiana guida la polemica contro Bp, ma anche contro il governo federale, l'ex stratega di Bill Clinton James Carville: "La gente qui crede in quel che vede. Mi sembra che il presidente Obama sia più arrabbiato con i suoi critici che con Bp", ha detto Carville, che è di New Orleans, guadagnandosi un rimbrotto del portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs: "James non conosce i fatti".

Era da venerdi che negli stati del Golfo cresceva il pessimismo sull'esito di Top Kill, e anche adesso non ci sono certezze. E mentre in Lousiana crescono le polemiche perchè, secondo le autorità locali (smentite da Bp), la multinazionale del petrolio ha organizzato soccorsi da palcoscenico in occasione della visita di Obama su una spiaggia di Grand Isle, il Dipartimento della Giustizia ha mosso i primi passi verso un'azione penale contro Bp per i comportamenti prima e dopo il disastro.

Una squadra di procuratori e di investigatori guidata dagli Assistant Attorney General Ignacia Moreno e Tony West hanno cominciato a raccogliere prove in Louisiana per verificare se Bp abbia violato regole di sicurezza federali e fuorviato le autorità assicurando che era in grado di contenere rapidamente la perdita di greggio.

L'indagine del Dipartimento della Giustizia è un passo preliminare prima di decidere l'apertura formale di una inchiesta, ma ad ogni buon conto l'amministrazione ha chiesto al Congresso dieci milioni di dollari per finanziarla.

(30 maggio 2010)

 

 

 

 

2010-05-13

AMBIENTE E SALUTE

L’aria in metropolitana è pessima: più inquinata sotto terra che fuori

di Federico Formica

Secondo uno studio della Società italiana di Medicina Generale, chi sta in mezzo al traffico respira aria più salubre rispetto a chi viaggia in un vagone della metro qualche metro più in basso. Questo perché i treni sono privi di circuito di depurazione

Approfondimenti

* GRAFICO

* L'aria in metro: sette città a confronto

Lasciare l'automobile per spostarsi in metropolitana? Un gesto "green" che fa bene alle tasche, ma non alla salute. A giudicare dai dati elaborati dalla Società Italiana di Medicina Generale (Simg), nelle metropolitane di Roma e Milano si respira una pessima aria, addirittura molto più inquinata rispetto all'esterno.

Lo studio-pilota, condotto tra il 2008 e il 2009, verrà pubblicato nei prossimi mesi sulle più importanti riviste scientifiche italiane e internazionali e mette in luce una realtà capovolta rispetto a quella che ci eravamo immaginati. Sembra infatti che chi si trova in mezzo al traffico e ai tubi di scappamento debba preoccuparsi meno di chi sta seduto in un vagone della metro qualche metro più in basso.

I dati. Per rendersene conto basta mettere a confronto due numeri: la concentrazione di polveri sottili (in questo caso le Pm10) in superficie e all'interno dei treni della metropolitana milanese. Nel primo caso, sono stati rilevati 56 microgrammi per metro cubo; nel secondo caso il dato aumenta in modo vertiginoso: 324 microgrammi per metro cubo. Il limite di inquinamento esterno imposto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità è di 50 microgrammi.

A Roma, però, è anche peggio. Nei treni della capitale, dove già la qualità dell'aria esterna è fuori norma (100 microgrammi/metro cubo), le Pm10 schizzano a 328 microgrammi per metro cubo.

Le concentrazioni sono molto alte anche sulle banchine dove aspettiamo il treno. In questo caso, però, il dato è meno preoccupante: il tempo che si passa sulla piattaforma non supera quasi mai i 5 minuti. Troppo poco per subire conseguenze. Pochissimo se paragonato al tempo che passiamo dentro le carrozze, che può anche superare i 60 minuti.

Salute a rischio? 200, 300 microgrammi di Pm10. Si tratta di valori così alti da provocare fastidi immediati anche alle persone sane: bruciore agli occhi e alla gola. Ai soggetti sensibili come gli asmatici o i malati di cuore, un inquinamento così elevato può provocare ostruzioni ai bronchi e il cambiamento del ritmo cardiaco. Anche a effetto immediato. Secondo Giovanni Invernizzi, responsabile scientifico dello studio (nonché membro dell'Isde, Medici per l'Ambiente), l'esposizione prolungata per diversi anni può provocare anche il cancro.

Un filtro che non c'è. Ma com'è possibile che le metropolitane siano più inquinate delle strade in superficie? Giovanni Invernizzi lo spiega così: "L'aria inquinata entra dall'esterno e si incanala nei cunicoli della metropolitana. Questo è normale. Per tutelare i cittadini basterebbe dotare i treni di un circuito di depurazione. In poche parole, un adeguato filtro dell'aria che impedisca alle Pm10 di entrare. Un intervento realizzabile: a San Francisco e Stoccolma lo hanno già fatto e i risultati sono evidenti". Come mostra il grafico, nella città californiana e nella capitale svedese la qualità dell'aria nelle carrozze è in linea con i parametri dell'Oms. Addirittura, per i cittadini di San Francisco l'aria che si respira nei treni è più sana di quella che si respira in superficie. Anche a Barcellona è così, solo che nella città catalana i valori sono comunque fuori norma.

Insomma, nei treni con i finestrini aperti l'aria è sicuramente inquinata. Perché entrano le particelle di Pm10 che circolano dentro i cunicoli. Lo dimostra il fatto che, quando la metropolitana sale in superficie, i valori di Pm10 crollano. Perché l'inquinamento della carrozza si disperde all'esterno.

"E' impensabile installare un impianto di depurazione in tutto il circuito della metro, che può estendersi per decine di chilometri – commenta Invernizzi – ma è possibile farlo su tutto il parco treni a cifre accessibili. Basterebbe la volontà di affrontare il problema, che tocca milioni di cittadini che ogni giorno passano ore dentro le linee metropolitane. Una volontà che finora è mancata".

Nonostante i risultati siano stati divulgati da mesi, lo studio è stato praticamente ignorato sia dalle amministrazioni comunali che dalle aziende di trasporti di Roma e Milano. Nonostante sia, almeno nel nostro paese, unico nel suo genere.

(13 Maggio 2010)

 

 

 

2010-05-12

MAREA NERA

Obama vuole tassare le compagnie

"Un cent in più a barile per la sicurezza"

La somma, stimata in 118 milioni di dollari l'anno, sarebbe utilizzata per fare fronte ai rischi di disastri ambientali. Il 20 aprile la piattaforma esplosa non superò il test di pressione

Obama vuole tassare le compagnie "Un cent in più a barile per la sicurezza"

NEW YORK - Una tassa supplementare di un centesimo di dollaro a barile a carico delle compagnie petrolifere per finanziare la sicurezza: lo propone il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. La somma raccolta con la nuova tassa, stimata in 118 milioni di dollari l'anno, andrebbe in un fondo destinato a un programma di risposta ai rischi di marea nera 1. L'amministrazione di Washington suggerisce inoltre di alzare a un miliardo e mezzo di dollari il tetto per gli indennizzi.

Secondo un disegno di legge, presentato al Congresso tre settimane dopo l'esplosione della piattaforma 2 petrolifera Deepwater Horizon al largo delle coste della Louisiana, il governo federale propone che la tassa per sostenere il fondo di responsabilità per danni ambientali sia portata da otto a nove centesimi al barile.

Il fondo è attualmente utilizzato per finanziare la pulitura e la protezione delle coste minacciate dalla fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico. La tassa aumenterebbe poi a 10 centesimi nel 2017.

Intanto, il presidente della commissione Energia e commercio della Camera dei rappresentanti americana, Henry Waxman, ha riferito che i vertici della British Petroleum, compagnia che gestisce la piattaforma esplosa il 20 aprile, hanno detto agli investigatori che proprio la mattina dell'incidente il pozzo petrolifero della Deepwater Horizon non aveva passato un test chiave sulla pressione. Durante un'audizione di fronte alla commissione sull'energia e il commercio della Camera dei Rappresentanti è emerso che a causare l'esplosione dsarebbe stato un guasto idraulico nel meccanismo di sicurezza che avrebbe dovuto sigillare il pozzo petrolifero in caso di improvvisa pressione.

Falliti tutti i tentativi fatti finora (video 3), si moltiplicano le idee, spesso strampalate, per fermare la marea nera. Tra le tante c'è quella lanciata dal quotidiano russo Komsomolskaya Pravda, che suggerisce di utilizzare la bomba atomica. Secondo il giornale, ai tempi dell'Unione Sovietica, questo metodo avrebbe risolto problemi analoghi con esplosioni nucleari controllate. Così, mentre il greggio continua a spandersi nel Golfo del Messico allo spaventoso ritmo di 750 mila litri al giorno, i russi consigliano un'esplosione sottomarina che potrebbe spingere le rocce sino a chiudere le falle dalle quali fuoriesce il petrolio. Esiste, però, ammette il giornale, un 20% di probabilità che il tentativo non vada a buon fine.

(12 maggio 2010)

 

 

 

2010-05-09

MAREA NERA

Fallito il primo tentativo

di installare una cupola

La Bp non è riuscita a mettere sul fondale la struttura che dovrebbe fermare la chiazza di petrolio. E le speranze di evitare la catastrofe si affievoliscono. Il governo Usa vuole appurare se vi siano state infrazioni

Fallito il primo tentativo di installare una cupola La chiazza vista dall'alto al largo di Mobile (Alabama)

NEW YORK - E' fallito il primo tentativo di installare una cupola sul fondale per contenere la marea nera nel Golfo del Messico e la chiazza di petrolio continua a estendersi. Bp potrebbe ritentare domani o nei giorni successivi, anche se diversi osservatori dubitano delle possibilità di successo dell'operazione.

VIDEO Catrame su una spiaggia dell'Alabama 1

Ma le grane per la compagnia petrolifera non sono finite: il ministro della Giustizia americano, Eric Holder, ha annunciato di aver inviato alcuni rappresentanti del Dipartimento per accertare se ci siano stati errori, atti illeciti, infrazioni o abusi di potere nella gestione della piattaforma esplosa il 20 aprile scorso e poi dell'emergenza ambientale dovuta alla fuoriuscita di petrolio. Bp è già stata perseguita civilmente da diverse organizzazioni, soprattutto quelle attive nel turismo e nella pesca sulle quali gli effetti della marea nera si fanno sentire in modo più pesante.

L'ammiraglio della Guarda costiera Thad Allen, che sta guidando le iniziative del governo americano nell'affrontare il disastro, definisce "senza tregua" gli sforzi di Bp nel cercare di fermare la chiazza. Circa 5.000 barili di petrolio al giorno - aggiunge - si riversano nell'oceano, anche se fissare l'ammontare esatto è "al momento impossibile". Dal giorno dell'esplosione sarebbero finiti nelle acque del Golfo circa 12 milioni di litri di greggio.

Alta oltre 12 metri e pesante circa 78 tonnellate, la cupola è una struttura in metallo e cemento progettata appositamente per incapsulare ciò che resta del tubo della piattaforma da cui continua a fuoriuscire petrolio. Una volta installata e collegata a un apposito compressore in superficie, la struttura dovrebbe aspirare fino all'85% del petrolio ancora presente in fondo al mare. Ed evitare così la catastrofe. I problemi tecnici per il suo funzionamento, però, sono enormi, e richiedono soluzioni mai sperimentate in precedenza.

La struttura è stata progettata cercando di tener conto della pressione a cui è sottoposta a 1.500 metri di profondità, ma sono ancora tutte da verificare le sue capacità di "tenuta". Per fissarla al fondale bisogna avvalersi di robot subacquei comandati dalla superficie. Tutto questo presenta una serie infinita di incognite.

Nel frattempo gli operai che la notte del 20 aprile lavoravano sulla piattaforma hanno rivelato ai mezzi di informazione statunitensi particolari finora non emersi. In base alle loro testimonianze, l'incidente sarebbe stato causato da una bolla di metano, formatasi per il cattivo funzionamento di una valvola di sicurezza. La prima esplosione ne ha innescate altre, finché l'intera piattaforma non ha preso fuoco. Gli operai hanno riferito di scene di panico, con la gente che si buttava in acqua in piena notte. Nell'incidente hanno perso la vita undici lavoratori. Sulle cause sta indagando anche la Bp, che ha assicurato che ogni dettaglio sarà reso noto, ma solo al termine dell'indagine interna.

(09 maggio 2010

 

 

 

2010-05-05

DISASTRO LOUISIANA

Greggio, chiusa una falla, si tenta col fuoco

Paura per la riserva voluta da Roosvelt

La BP ha tamponato una delle tre perdite. Torna in campo anche l'incendio programmato. A rischio il Breton National Wildlife Refuge, oasi naturale al largo della costa. La Casa Bianca pronta ad alzare significativamente" il tetto delle responasbilità della società

Greggio, chiusa una falla, si tenta col fuoco Paura per la riserva voluta da Roosvelt

NEW YORK - Un piccolo passo nella corsa contro il tempo per fermare quello che ha già assunto i contorni di uno dei più gravi disastri ecologici degli ultimi decenni. La British Petroleum ha tamponato la più piccola delle tre falle sul fondo delle acque del Golfo del Messico. In mattinata era arrivata nella zona una cupola d'acciaio con la quale si proseguirà nell'operazione di chiusura del pozzo petrolifero danneggiato e che ha disperso, a 1500 metri di profondità, tonnellate e tonnellate di petrolio. Il portavoce della BP, Doug Suttles, ha precisato tuttavia che saranno necessari ancora due giorni prima che la cupola possa essere collocata nel punto preciso. Quindi, dovranno esser posizionate le condutture dalla cupola stessa a una nave d'appoggio. Ma è allarme per un paradiso naturale: secondo Hans Graber, direttore del Centro di studio di immagini satellitari dell'Università di Miami, la marea avrebbe raggiunto le Isole Chandeleur, ultima barriera prima della costa della Louisiana; e due fotogrammi mostrano anche che il petrolio sta andando alla deriva verso sud, in direzione della Corrente Loop che potrebbe trascinarne le propaggini verso le isole Keys, in Florida.

La macchia si espande ancora. A due settimane dall'esplosione della Deepwater Horizon, che ha causato la morte di 11 operai, la marea nera scaturita dal versamento di greggio nel mare continua a espandersi al largo delle coste del Golfo del Messico, minacciando di distruggere le fonti di sussistenza della popolazione locale. Se le stime sono corrette, dal 22 aprile ad oggi si sono riversati in mare quasi dieci milioni di litri di greggio. Il tubo verticale collegato all'impianto di perforazione del pozzo si trova ora sul fondo del mare e continua a versare petrolio. "Speriamo di avere tutto pronto entro sei giorni", ha spiegato il portavoce della BP parlando della cupola. E osservando che un'operazione a tali profondità non è mai stata tentata prima d'ora. Intanto non è chiaro quanto petrolio possa ancora fuoriuscire prima che si riesca a mettere del tutto in sicurezza il pozzo danneggiato. Intanto è di poche ore fa l'annuncio che si tenterà di nuovo con il fuoco: un incendio controllato - come già tentato pochi giorni fa - per bruciare il greggio.

"La Bp è riuscita a chiudere una delle tre perdite fermando il flusso e adesso stiamo lavorando sulle altre due falle che rendono l'attenuazione del problema un po' più complicata - ha detto il sottufficiale della Guardia Costiera Brandon Blackwell - ci aspettiamo che il flusso resti invariato anche se adesso avremo a che fare solo con due perdite, il che è più facile che doverne affrontare tre". La BP sta lavorando da giorni al montaggio di una valvola sulla più piccola delle perdite per fermare il flusso di greggio, ma secondo fonti ufficiali la stessa tecnica non potrà essere utilizzata per bloccare le fuoriuscite rimanenti, di cui una molto estesa.

La BP finanzia tre Stati. La Casa Bianca: "Alzare le responsabilità". La BP ha annunciato di aver finanziato con 100 milioni di dollari gli Stati di Louisiana, Alabama, Mississippi e Florida per fronteggiare l'emergenza. Lo riferisce la compagnia sul proprio sito web. "I sovvenzionamenti non influiscono sull'operazione di contenimento o eventuali procedimenti di richiesta danni", precisa la nota, aggiungendo che si tratta di "fondi addizionali per implementare la risposta locale all'emergenza". Ciascuno Stato gestirà una quota di 25 milioni di dollari. Ma intanto la Casa Bianca si è detta pronta ad alzare "significativamente" il tetto della responsabilità per BP, che attualmente è di 75 milioni di dollari.

Paura per la riserva voluta da Roosvelt. La marea nera avanza, gli abitanti delle coste affacciate sul Golfo respirano aria impregnata di petrolio e per gli ambientalisti il peggio è ormai inevitabile: chilometri e chilometri di paludi, che racchiudono un delicatissimo ecosistema, compromesse per anni se non per sempre. Ma a togliere il sonno in particolare è il Breton National Wildlife Refuge, la seconda riserva più antica degli Stati Uniti, istituita nel 1904 per volere del presidente Theodore Roosvelt. Si trova a dieci chilometri dalle coste della lLouisiana e comprende le isole Chandeleur e Breton. Ci vivono centinaia di specie di volatili ora minacciate dalla macchia. La riserva, come molte altre isole che si trovano al largo delle coste, è più esposta alle conseguenze del disastro a causa della sua conformazione e per la profondità delle acque in cui il petrolio si sedimenterà senza alcuna possibilità di essere ripulito. Le acque più profonde del Golfo ospitano dieci diversi tipi di squalo già a rischio prima del disastro, sei specie di tartarughe, trichechi, balene e innumerevoli pesci. Nella riserva si trovano decine di migliaia di uova di pesci e crostacei che si schiuderanno quando ormai la marea nera le avrà avvolte: così, molti di questi organismi vivranno appena poche ore.

(05 maggio 2010)

 

 

 

 

2010-05-04

MAREA NERA

Attesa la prima cupola di contenimento

Schwarzenegger: "Stop alle trivellazioni"

Bp: "Pagheremo, ma non è colpa nostra". Secondo la compagnia britannica l'attrezzatura che ha causato il disastro era della ditta Transocean. Per contenere la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico, domani sarà installata la prima delle tre gigantesche strutture in acciaio

Attesa la prima cupola di contenimento Schwarzenegger: "Stop alle trivellazioni"

VENICE (Florida) - Pagherà i danni di bonifica 1 e quelli collaterali della "marea nera". Ma nel frattempo la British Petroleum, per contenere la fuoriuscita di greggio nel Golfo del Messico, domani lancia un'operazione "senza precedenti", che prevede l'uso di una gigantesca cupola di contenimento in acciaio. Il direttore esecutivo della compagnia britannica, Doug Settles, ha spiegato che la prima cupola delle tre che saranno installate, "sarà posizionata sulle falle in modo da permettere di recuperare e di aspirare il petrolio grazie alla nave di perforazione Enterprise che sarà in superficie". Il sistema, ha aggiunto il direttore, "sarà operativo entro una settimana".

VIDEO: L'AVANZATA DELLA MAREA 2

Nonostante si sia assunta la responsabilità del disastro causato dalla piattaforma petrolifera di Deepwater Horizon, la Bp attraverso l'amministratore delegato Tony Hayward, ha dichiarato che la colpa reale è di qualcun altro. "In termini di responsabilità - ha detto Hayward - ci tengo a essere chiaro: non è stato un incidente provocato da noi, anche se è nostra responsabilità risolvere il problema della perdita". Non era di Bp infatti l'attrezzatura che ha causato il danno ma della ditta Transocean, gestore della piattaforma di Deepwater Horizon. Tirata in ballo, Transocean non si è sbilanciata: "Aspettiamo di avere tutti i dati prima di trarre conclusioni", ha detto il portavoce dell'azienda, Guy Cantwell.

Il mondo politico inizia comunque a mostrare i primi dubbi sulla sicurezza delle operazioni di perforazione off shore. Il governatore della California Arnold Schwarzenegger ha ritirato il suo appoggio a un piano di cui si era fatto paladino in passato per l'apertura di nuove trivellazioni nel mare di Santa Barbara. "Le immagini della marea nera mi hanno fatto cambiare idea. Tutto quel che vedete in tv, la devastazione del Golfo del Messico: anche a loro avevano garantito che le trivellazioni erano sicure", ha detto Schwarzenegger: "E invece vedo uccelli fradici di petrolio, i pescatori senza lavoro, la perdita di greggio che distrugge il nostro prezioso ecosistema. Non succederà in California, ecco perché ritiro il mio appoggio al progetto Tranquillon Ridge". Le trivellazioni, per conto della società di Houston in Texas PXP, avrebbero dovuto essere le prime nuove esplorazioni sottomarine in California degli ultimi 40 anni usando piattaforme petrolifere fisse già esistenti. Attualmente operano in California 27 piattaforme che producono 13,3 milioni di barili di petrolio l'anno.

Dagli Stati Uniti è partita la mobilitazione degli aiuti per arginare la marea nera e diverse compagnie specializzate stanno arrivando con i loro esperti dalla Costa Ovest e dall'Alaska che, dopo il disastro della Exxon Valdez ha acquisito grandi capacità nell'affrontare disastri del genere. La Nwff Environmental ha inviato sul luogo del disastro propri esperti quattro giorni dopo l'esplosione, Alyeska, il consorzio di cui fa parte anche Bp e che gestisce l'oleodotto trans-Alaska, ha spedito nella zona un suo esperto e oltre 70mila galloni di solventi. Il ministro francese dell'ecologia, Jean-Louis Borloo, ha annunciato che anche la Francia è pronta a dare il suo aiuto agli Usa per contrastare la marea nera. "Abbiamo cinque imbarcazioni capaci di depurare le acque dagli idrocarburi... Se gli americani lo vogliono possiamo inviare le barche", ha detto Borloo aggiungendo che i ministri europei dell'ecologia discuteranno su un eventuale aiuto comune agli Stati Uniti.

Giovedì pomeriggio la marea nera in movimento lungo le coste della Florida, arriverà nel tratto di Pensacola. Due navi della guardia costiera e un crescente gruppo di volontari si stanno preparando a contenere l'ondata del greggio. "Il punto non è sapere se il greggio arriverà, bensì quando", hanno sottolineato gli esperti della tv Wear, l'emittente locale della Abc, che in queste ultime ore hanno raccolte le preoccupazioni degli operatori e delle piccole imprese lungo le spiagge dell'area, che dipende in gran parte proprio dal turismo. Diverse organizzazioni locali stanno reclutando volontari e preparandosi per le attività di pulizia delle spiagge: per poter partecipare, tutti loro - hanno spiegato i responsabili degli organismi - devono aver svolto quattro ore di lezioni su "come manipolare materiali contaminati con il petrolio".

(04 maggio 2010)

 

 

 

2010-05-02

Usa, la marea nera si avvicina

Obama in viaggio verso la Louisiana

Le autorità decidono lo stop alla pesca per dieci giorni

Usa, la marea nera si avvicina Obama in viaggio verso la Louisiana

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NEW YORK - Tutti attendono. Sia la marea nera 1 che si avvicina alle coste della Louisiana, sia il presidente Usa che sta volando verso la costa della Louisiana a rischio disastro ambientale. Dipenderà dal tempo, ma il programma per il presidente è di andare in elicottero da New Orleans a Venice, la località soprannominata 'fine del mondo' e l'avamposto della marea nera nel Delta del Mississippi. Obama avrà un briefing a porte chiuse sulla situazione della marea.

Nel frattempo la lotta contro la marea nera va avanti. Secondo il presidente di Bp America Lamar McKay, saranno necessari tra i 6 e gli otto giorni perchè sia attiva la "cupola di contenimento" che gli esperti della Bp hanno ideato e fabbricato con l'obiettivo di ingabbiare la fuoriuscita dal pozzo. Una cosa difficilissima: "E' come fare un'operazione a cuore aperto condotta a 1500 metri di profondità, al buio e con sottomarini telecomandati".

Una situazione drammatica. Come si capisce anche dalle parole di Ken Salazar, il segretario agli Interni: "La marea nera è potenzialmente catastrofica, credo che dobbiamo prepararci al peggio". Dopo l'incidente, Obama ha ordinato l'ispezione ed il controllo di tutti i meccanismi di protezione sugli altri pozzi petroliferi del Golfo, ribandendo come la Bp sia legalmente e finanziariamente responsabile dell'accaduto: "Così il nostro compito è stare con fiato sul collo alla Bp per essere sicuri che mantenga i suoi obblighi"avverte Salazar.

In ballo ci sono ripercussioni ambientali ed economiche. Alcuni pescatori, infatti, raccontano di aver pescato già dei gamberetti che puzzano di petrolio. E temono che la marea nera possa ricoprire e rovinare per sempre le zone dove vengono coltivate le ostriche. Non a caso le autorità federali hanno deciso lo stop per dieci giorni alla pesca commerciale e sportiva nelle acque interessate dalla marea nera.

 

 

 

 

il governatore della Louisiana Bobby Jindal avverte: "'La macchia nera non solo minaccia le nostre zone paludose e la nostra industria ittica, ma anche il nostro stile di vita".

(02 maggio 2010)

 

 

 

 

2010-04-30

IL DISASTRO

Marea nera in Louisiana

Forse peggio della Exxon

Le prime lingue di greggio uscite dai un deposito sotterraneo delle Bp hanno toccato le coste dello Stato americano. Dichiarato lo stato di catastrofe nazionale

Marea nera in Louisiana Forse peggio della Exxon

NEW YORK - Onda dopo onda la marea nera della Bp è arrivata a lambire le coste della Louisiana: i primi tentacoli di petrolio, le propaggini avanzate della gigantesca macchia di greggio fuoriuscita da un pozzo sottomarino del colosso britannico dell'energia, sono state avvistate al tramonto di ieri sulle coste del Delta del Mississippi in Louisiana. Il governo americano ha dichiarato lo stato di catastrofe nazionale. Per fronteggiare la crisi il governatore della Florida Bobby Jindal ha chiesto all'amministrazione Usa di stanziare fondi per l'impiego di 6.000 soldati della Guardia Nazionale. ''Sebbene la Bp sia responsabile dei costi e dei finanziamenti, la mia amministrazione continuera' ad utilizzare ogni singola risorsa disponibile a nostra disposizione, compreso il Dipartimento della Difesa, per affrontare questo incidente'', ha detto il presidente Usa Barack Obama.

La perdita dopo l'incidente della Deepwater Horizon si era rivelata ieri cinque volte più grave di quanto inizialmente previsto, con conseguenze che potrebbero eguagliare o superare quelle del disastro Exxon Valdez del 1989. Il presidente Barack Obama, costantemente informato, ha chiamato i governatori delle aree costiere a rischio: oltre alla Lousiana, il Texas, l'Alabama, il Mississippi, la Florida. I pescatori del Delta hanno passato ieri e stanotte a raccogliere gamberi prima che l'onda viscosa rosso-arancio del greggio li intrappolasse e li uccidesse tutti.

La marea nera potrebbe diventare il peggior disastro ambientale in decenni per gli Stati Uniti: a rischio sono centinaia di specie di pesci, uccelli e altre forme di vita di un ecosistema particolarmente fragile e già sottoposto a traumi al passaggio dell'uragano Katrina. A New Orleans, la città devastata dal ciclone del 2005, ieri l'aria era diventata pesante per i vapori acri del greggio: sono stati effettuati test per verificare le denunce dei residenti che hanno intasati i centralini comunali e della protezione civile.

Il ministro della Sicurezza Interna Janet Napolitano e la collega dell'Epa Lisa Jackson oggi raggiungono il ministro dell'Interno Ken Salazar che è già sul posto. Per la casa Bianca, commenta oggi il Washington Post, la marea nera presenta un problema non solo ambientale ma anche politico: il presidente solo qualche settimana fa aveva dato vita a un impopolare, tra gli ambientalisti, programma di trivellazioni offshore. Le preoccupazioni dei verdi si sono i questi ultimi giorni rivelate fondate.

Tocca a Bp, le cui azioni hanno perso ieri l'8 per cento sui mercati, in prima battuta contenere il disastro, ma ora che la marea nera ha toccato terra, le risorse private non bastano.

(30 aprile 2010)

 

 

 

GOLFO DEL MESSICO

Marea nera, scoperta una terza falla

Obama: "Ogni mezzo per l'emergenza"

Il presidente Usa mobilita tutte le risorse, "anche militari", per scongiurare la catastrofe ambientale. Individuata un'altra fuoriuscita di greggio nella piattaforma BP. Il petrolio disperso in mare è cinque volte superiore alle stime precedenti. Stato d'emergenza in Louisiana

Marea nera, scoperta una terza falla Obama: "Ogni mezzo per l'emergenza"

NEW ORLEANS - L'enorme chiazza provocata dal petrolio fuoriuscito dalla piattaforma della BP affondata nel Golfo del Messico 1 si avvicina alla Louisiana. Le coste dello Stato sono minacciate da un disastro ambientale di proporzioni catastrofiche. Il governatore Bobby Jindal ha decretato lo stato di emergenza, ma ormai è una questione di carattere nazionale. Barack Obama ordina la mobilitazione di "tutti i mezzi disponibili", inclusi quelle militari. Janet Napolitano, ministro dell'Interno, dichiara che il governo americano ritiene "responsabile" la British Petroleum per quanto accaduto. "Come affermato dal presidente e dalla legge - ha detto - dovrà risarcire i costi dell'emergenza e delle operazioni di bonifica".

Obama: "Mobilitiamo ogni mezzo". Il presidente Usa rompe gli indugi dopo aver ricevuto il dossier sull'emergenza. Le dedica una ventina di minuti all'inizio del suo briefing allo Studio Ovale, poi detta le disposizioni, allarmato dalle ultime notizie. La più grave, la scoperta di una terza falla sottomarina nella piattaforma della British Petroleum. Che, aggiornando le stime sulla quantità di greggio fuoriuscita, porta il calcolo a 5mila barili al giorno, cinque volte superiore a quello precedente. Quanto basta per mettere in grandissimo allarme le coste degli Stati Uniti.

La Bp contesta i dati. La British Petroleum, pur ammettendo l'esistenza della terza falla, a una profondità di 1.550 metri, contesta i dati sulla quantità di fuoriuscita di greggio, restando ferma sulla stima precedente mille barili al giorno e intanto accetta l'aiuto dell'esercito americano.

Paura in Louisiana, dichiarato stato d'emergenza. Minacciate sempre più da vicino la Louisiana e New Orleans in particolare, che vedono avvicinarsi inarrestabile la chiazza di petrolio, estesa lungo un fronte di 160 chilometri per 70 di ampiezza, e che dovrebbe raggiungere la costa nelle prossime ore. A nulla è servito per ora né l'utilizzo di robot sottomarini per tamponare le falle né la strategia di un incendio "controllato" per isolare e frenare la chiazza. Il governatore della Louisiana Bobby Jindal ha decretato lo stato d'emergenza dopo aver chiesto fondi supplementari al dipartimento per la Sicurezza interna. Ma già si lavora alla protezione delle coste. Come spiega al New York Times un esperto della NOAA, la National Oceanic and Atmospheric Admnistration, "sono già stati disposti 30 chilometri di barriere lungo la costa, con altri 150 pronti ad essere posizionati. Altre misure che stiamo per mettere in atto sono l'uso dei cannoni per spaventare gli uccelli e farli volar via e l'impiego dei battelli dei pescatori per versare detergenti dove ci sono le secche".

Il territorio a rischio. Rappresenta il 40% delle aree umide, oltre al principale sito di pesca degli Stati Uniti. Un'area di passaggio per gli uccelli migratori, in cui anche mammiferi e cetacei sono minacciati, perché potrebbero ingerire acqua contaminata o perché le loro prede potrebbero essere ricoperte di petrolio. Se il greggio sarà sospinto nelle paludi della Louisiana, ripulirlo sarà praticamente impossibile: un disastro per le riserve naturali.

L'opzione rogo. L'intervento condotto ieri dalle squadre di soccorso è consistito nell'isolare porzioni della chiazza e appiccarvi fuoco 2. Il primo incendio controllato è stato appiccato alle 16.45 ora locale ed è stato lasciato bruciare per circa un'ora; gli altri hanno mandato in fumo tra il 50 e il 90 per cento del greggio isolato. L'operazione continuerà anche nei prossimi giorni, sebbene questa procedura presenti gravi pericoli per l'ambiente.

(29 aprile 2010)

 

 

 

 

2010-04-18

EMERGENZA VULCANO

Nube, domani parziale ripresa dei voli

ma sono stati 7 milioni i viaggiatori bloccati

Annullato il MotoGp del Giappone di domenica prossima. Oggi sono stati cancellati 20mila collegamenti

in tutta Europa. In Italia si volerà di nuovo dalle 7 di mattina

Nube, domani parziale ripresa dei voli ma sono stati 7 milioni i viaggiatori bloccati

ROMA - Tutta l'Europa è sotto lo scacco della nube vulcanica islandese. I voli di tutte le compagnie continuano ad essere completamente o parzialmente bloccati. In tutto sono saltati 20.000 collegamenti aerei nel continente. Nel Nord Italia stop ai voli fino alle 8 di domani. L'Enac ha deciso la riapertura degli scali del nord Italia a partire da domani alle sette, mentre la Gran Bretagna ha deciso di estendere il blocco fino a domani. La Francia li ha chiusi per tutta la giornata di oggi, mentre l'Ucraina ha deciso la ripresa dei voli. Le compagnie aeree, dopo i test di volo, hanno chiesto, dal canto loro la riapertura dei cieli in Europa. In serata, il sottosegretario per gli Affari Europei Diego Lopez Garrido ha annunciato che "domani, metà dei voli sarà operativa in Europa perché la nube si sta muovendo verso Nord Est. Stiamo lavorando a soluzioni concrete per aprire progressivamente lo spazio aereo europeo".

Quasi 7 milioni di viaggiatori sono rimasti vittime dello stop dei voli e gli aeroporti europei hanno perso 136 milioni di euro per la nube di ceneri che ha paralizzato il traffico aereo. Lo ha detto Olivier Jankovec, direttore generale dell'Aci Europe, l'organizzazione che raggruppa gli aeroporti, aggiungendo che 313 scali sono paralizzati e che l'impatto economico è peggiore di quello derivato dall'attacco alle Torri Gemelle dopo l'11 settembre del 2001.

In Germania riaperti 7 scali. Sette dei 16 aeroporti internazionali tedeschi sono stati parzialmente riaperti, compreso l'importante Hub di Francoforte. Inoltre, sono stati autorizzati, fino alle 20 di questa sera, i voli in direzione est a partire dai due aeroporti di Berlino e dagli scali di Amburgo, Hanover, Erfurt e Lipsia. Non è stato ancora deciso come procedere dopo le 20. Lo spazio aereo tedesco è era stato interamente chiuso da venerdì sera. In serata le autorità aeroportuali hanno confermato che quattordici aeroporti tedeschi su 16 rimarranno chiusi fino alle 02:00 di domani

 

Riaperture nella Francia del sud. Diversi aeroporti francesi sono stati riaperti, almeno fino al pomeriggio di domani nel Sud del Paese. Il provvedimento riguarda gli aeroporti di Bordeaux, Marsiglia e Nizza. Altri aeroporti del Sud Ovest (Tolosa, Montpellier, Pau, Tarbes, Biarritz et Perpignan) che avrebbero dovuto chiudere oggi, resteranno invece aperti.

Libero il cielo croato. Lo spazio aereo sulla Croazia è stato riaperto, anche se rimangono cancellati tutti i voli per il Nord e il Centro Europa. Lo riferisce l'Agenzia per il controllo dello spazio aereo croato.

Spagna: si vola in 14 scali. Sono stati riaperti al traffico gli scali di Barcellona, Girona, Reus, Sabadell, Asturie, Santander, Bilbao, San Sebastian, Vitoria, Pampelona, Logronò, Saragozza, Palma e Menorca.

Gli altri spazi aerei chiusi. Al momento, risulta invece completamento chiuso lo spazio aereo in Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Slovacchia, Svezia, Svizzera e Gran Bretagna. In Italia e Spagna è stato chiuso lo spazio aereo settentrionale, mentre in Norvegia è bloccato quello meridionale. In Europa è completamente aperto lo spazio aereo solo in Grecia, Portogallo, Russia e Ucraina. Infine dei 337 voli di oggi fra Europa e Stati Uniti ne partiranno solo 55.

Turchia - La nuvola di cenere ha raggiunto la Turchia e lo spazio aereo è stato chiuso in tre province del nord del Paese.

I voli test. Il blocco del trasporto aereo è così arrivato al quarto giorno consecutivo e alcune compagnie (Klm, Lufthansa, Air France) hanno deciso di effettuare voli di prova senza passeggeri per verificare se le condizioni atmosferiche possono consentire la ripresa dei collegamenti. L'olandese Klm ha fatto volare questa mattina un suo 737 dall'aeroporto Schipol di Amsterdam fino a quello di Dusseldorf, in Germania, dove - secondo un portavoce della compagnia - l'aeromobile è giunto senza danni con un equipaggio di 20 persone a bordo.

I piloti chiedono prove di sicurezza. Il volo test effettuato dall'Air France, tra Parigi e Tolosa, non ha rivelato "alcuna anomalia" per l'apparecchio, nonostante le nuvole di cenere provocate dall'Eyafjallajokull: il vettore francese sta ora procedendo a delle verifiche più approfondite sull'aeromobile. I piloti delle linee aeree vogliono elementi tangibili e concreti per accertare se le nuvole di cenere costituiscano un pericolo effettivo per la sicurezza dei voli: "Il principio di precauzione - dice Erick Derivry, portavoce del principale sindacato dei piloti dell'Air France - va benissimo, ma poi occorrono degli elementi tangibili e concreti che lo confermino o smentiscano, e oggi non ce ne sono".

L'"aereo-spia" dell'Enav. Il velivolo dell'Enav - l'Ente per l'Assistenza al Volo - ha effettato il volo di ricognizione per controllare la condizione dello spazio aereo italiano interessato dalla nube vulcanica. si tratta di un Cesna Citation II° del reparto Radiomisure Enav. Il servizio di Radiomisure dell'ente svolge un'attività continua di controllo delle radioassistenze nazionali sugli aeroporti italiani (Radar, VOR, DME, ILS ecc.), per verificare la validità dei segnali radioelettrici trasmessi, i quali forniscono ai velivoli le corrette indicazioni nelle fasi di decollo, atterraggio e navigazione. L'efficienza di questo servizio verifica che la rispondenza dei segnali radioelettrici emessi dalle Radioassistenze negli scali e nello spazio aereo nazionale. siano nelle tolleranze previste dalle normative internazionali, permettendo agli Operatori del trasporto aereo di operare in massima sicurezza.

Le compagnie aeree - I voli di verifica effettuati da alcune compagnie aderenti all'associazione delle aerolinee europee (Aea) "non hanno riscontrato alcuna irregolarità".

E' quanto afferma in una nota il segretario generale dell'Aea Ulrich Schulte-Strathaus. "Questo - ha aggiunto - conferma la nostra richiesta di esplorare altre opzioni per determinare i rischi reali" connessi alla nube di ceneri vulcaniche proveniente dell'Islanda e riesaminare lo stop ai voli.

L'Enav: domani riapertura in Italia. L'Enac comunica che, in base al più recente Bollettino "Met Office Volcanic Ash Advisory Centres", sullo stato della nube vulcanica islandese, la situazione sullo spazio aereo del Nord Italia ha registrato "un netto miglioramento". Da questo la decisione di riaprire lo spazio aereo italiano del nord Italia a partire da domani alle 7.

Si chiederà lo stato di crisi? Intanto, si comincia a far strada l'ipotesi che le compagnie aeree chiedano all'Ue di intervenire in loro aiuto dichiarando una sorta di stato di crisi. C'è chi ha deciso di tentare comunque la sorte: un jet executive proveniente dagli Stati Uniti è riuscito a raggiungere Kiruna, nel Nord della Svezia, passando attraverso un corridoio aereo aperto nel Nord della Norvegia.

RyanAir - La compagnia "low cost", dal canto suo, ha cancellato tutti i suoi voli da e per il nord Europa, fino "almeno all'ora di pranzo" di mercoledì.

L'annuncio è stato dato dall'amministratore delegato della compagnia irlandese, Michael O'Leary: "Non c'è indicazione che questa cenere vulcanica si sposti da Irlanda, GB, Scandinavia e Nord Europa, viste le attuali condizioni del tempo"

Gli effetti in Spagna. Anche la Spagna ha cominciato ad essere coinvolta dall'emergenza: le autorità nazionali hanno deciso di sospendere l'attività in undici scali, tra i quali Bacellona. resta invece operativo, per il momento, l'aeroporto di Madrid.

Gli "Hub" chiusi. Chiusi fino a nuovo ordine degli hub di Londra, Francoforte, Parigi e Amsterdam, alle principali compagnie europee - Lufthansa, British e Air France - non è restato che annunciare la cancellazione di tutti i voli. Ormai certo anche l'annullamento del vertice italo-tedesco di Hannover.

Gran Bretagna - Il primo ministro britannico Gordon Brown ha convocato una riunione dei principali ministri del suo governo per discutere della situazione dei trasporti aerei.

La nube sulla Toscana. C'è ora la richiesta alla Protezione Civile di poter disporre prima possibile di appositi sensori in grado di rilevare e misurare la presenza di ceneri vulcaniche in quota, non rilevabili via radar. Resta confermato il blocco dei voli sul Nord Italia, si può invece volare su Ciampino e sugli altri scali del Centro-Sud del Paese. Secondo l'istituto londinese che monitora l'evoluzione delle ceneri, la nube potrebbe arrivare oggi in Toscana. Tuttavia, saranno nulli - si assicura - i rischi per la popolazione: "Questo tipo di eruzione non genera nubi particolarmente tossiche - dice il vulcanologo Mauro Coltelli - inoltre dopo un viaggio di migliaia di chilometri anche le polveri sottili presenti sono estremamente diluite, quindi la quantità che eventualmente potrebbe finire a terra è estremamente bassa, al limite di quella minima che si può osservare con gli strumenti di cui disponiamo".

Scali italiani: Fiumicino. Sono decine i voli cancellati mentre, sin dalle prime ore del mattino, oltre duecento passeggeri sono in fila ai banchi delle varie compagnie, per cercare di poter avere informazioni o riprenotarsi sui primi voli utili, quando la situazione potrà sbloccarsi.

Napoli. Voli cancellati anche oggi a Capodichino: al momento annullati 55 voli in arrivo e 56 in partenza.

Pisa. Resta chiuso anche oggi lo spazio aereo sul cielo di Pisa.

Malpensa. Sono 538 i voli cancellati oggi all'aeroporto milanese e 211 a Linate.

Firenze. Resta chiuso, fino alle ore 8 di domani, l' aeroporto di Peretola.

Gran Bretagna. La autorità britanniche hanno ulteriormente prolungato di altre sei ore la chiusura dello spazio aereo che resterà off limits fino alle 2 di lunedì mattina. E la British Airways ha annunciato che cancellerà tutti voli anche per la giornata di domani.

Finlandia. La Finlandia non autorizzerà alcun volo sul suo spazio aereo fino a domani alle 17:00

Bulgaria. La Bulgaria ha chiuso per intero il suo spazio aereo a partire dalle 08:00. Ieri la chiusura era stata parziale e aveva interessato la zona a nord della catena dei Balcani, senza coinvolgere l'aeroporto di Sofia.

Danimarca. Lo spazio aereo danese resterà chiuso fino a questa notte alle 02:00.

"Per il momento non è possibile dire esattamente quando lo spazio aereo sarà riaperto al traffico, parzialmente o totalmente", ha sottolineato Naviair.

Olanda. Lo spazio aereo resterà chiuso ancora per tutta la giornata odierna.

Belgio. L'aeroporto di Bruxelles resterà chiuso almeno fino alle 20 di questa sera.

Rep. Ceca. Lo spazio aereo ceco resterà chiuso fino a domani a mezzogiorno.

Austria. Il traffico aereo da e per l'Austria resta sospeso per tutta la giornata di oggi, fino alle due del mattino di domani.

Moto, annullato Gp del Giappone. Le nubi del vulcano islandese hanno causato l'annullamento del gran premio motociclistico del Giappone (in programma per domenica prossima). La società organizzatrice del mondiale ha inviato ai team una circolare nella quale avverte delle spostamento del Gp al 3 ottobre. Troppo complicato per le varie scuderie raggiungere l'Asia.

In taxi da Roma a Parigi - Taxi alla volta di mete europee, come Parigi e Ginevra. Ma anche Hinsbruk e Basilea. E' questo il mezzo scelto nelle ultime ore da alcuni uomini d'affari e gruppi di turisti, bloccati a Roma dopo la cancellazione di voli per la nube di cenere provocata dall'eruzione del vulcano in Islanda.

Ieri per esempio, un gruppo di 14 turisti ha chiesto due taxi, di sette posti l'uno, per andare a Parigi. La somma pagata è stata di 2mila euro per ogni auto, per un totale di 1.500 chilometri macinati. Per raggiungere Ginevra e Basilea, alcuni stranieri hanno pagato 1.400 euro, per Hinsbruk 1.500 euro.

E sul web trionfa il vulcano Eyjafjallajokull. La sua nube che avvolge l'Europa ha fatto nascere su Facebook, nelle ultime 24 ore, centinaia di gruppi, mentre You Tube è inondato di immagini che raccontano anche i disagi negli aeroporti. Tra i gruppi nati sul social network, uno italiano, che conta quasi 500 iscritti, si chiama "Per chi odia il vulcano Eyjafljallajokull". E' stato inserito nella categoria "Svago-completamente inutile" e nella descrizione gli autori scrivono: "..per chi per colpa di quel vulcano non può partire. Ma dopo 200 anni proprio adesso doveva eruttare?"

(18 aprile 2010)

 

 

 

 

 

 

Sempre pesanti i disagi per il traffico aereo. Salta il vertice italo-tedesco ad Hannover

Chiusi gli spazi aerei di Danimarca, Repubblica Ceca, Germania, Finlandia

Nube, fino a domani aeroporti chiusi

Il blocco si estende alla Spagna

Nube, fino a domani aeroporti chiusi Il blocco si estende alla Spagna

ROMA - Restano pesanti i disagi per il traffico aereo paralizzato dalla nube di cenere vulcanica proveniente dall'Islanda che dura da giovedì scorso e che proseguirà probabilmente per tutto il fine settimana. La situazione d'emergenza

venutasi a creare ha indotto molte compagnie a sospendere del tutto o quasi l'attività fino a quando non si sarà ripristinata una situazione normale. Con la chiusura fino a nuovo ordine degli hub di Londra, Francoforte, Parigi e Amsterdam, alle principali compagnie europee - Lufthansa, British e Air France - non è restato che annunciare la cancellazione di tutti i voli. Ormai certo anche l'annullamento del vertice italo-tedesco di Hannover.

Spagna. Sale a undici la lista degli scali iberici bloccati dalla nube di cenere. In testa alla lista c'è Barcellona e altri dieci aeroporti del nord del Paese.

Italia. L'Enac ha esteso l'interdizione al volo strumentale in tutto il Centro-Nord Italia fino alle 8 di lunedì mattina. A Fiumicino sono decine i voli cancellati mentre, sin dalle prime ore del mattino, oltre duecento passeggeri sono in fila ai banchi delle varie compagnie, per cercare di poter avere informazioni o riprenotarsi sui primi voli utili, quando la situazione potrà sbloccarsi. Stamattina alle 11 a Roma si riunirà il 'Comitato operativo' presso il dipartimento della Protezione civile.

Germania. La chiusura dello spazio aereo sui cieli tedeschi è stata prolungata fino alle 20:00 di oggi. Paralizzati quindi i 16 aeroporti internazionali di Germania con decine di migliaia di passeggeri che restano a terra.

Finlandia. La Finlandia non autorizzerà alcun volo sul suo spazio aereo fino a domani alle 17:00

 

Bulgaria. La Bulgaria ha chiuso per intero il suo spazio aereo a partire dalle 08:00. Ieri la chiusura era stata parziale e aveva interessato la zona a nord della catena dei Balcani, senza coinvolgere l'aeroporto di Sofia. Moltissimi i capi di Stato che nonpotranno partecipare ai funerali del presidente Lech Kaczynski. Fra i principali a dover dare forfait a causa della nube vulcanica islandese, il presidente americano Barack Obama e il francese Nicolas Sarkozy.

Danimarca. Lo spazio aereo danese resterà chiuso fino a questa notte alle 02:00.

"Per il momento non è possibile dire esattamente quando lo spazio aereo sarà riaperto al traffico, parzialmente o totalmente", ha sottolineato Naviair.

Olanda. Lo spazio aereo resterà chiuso oggi almeno fino alle 14:00. In giornata saranno effettuati nuovi test di volo nel suo spazio aereo per controllare gli effetti sugli apparecchi delle ceneri vulcaniche. Ieri la compagnia Klm, al pari della tedesca Lufthansa, aveva effettuato analoghe prove conclusesi senza apparenti danni ai velivoli che si erano levato in volo senza passeggeri. Lufthansa aveva fatto volare dieci aerei da Monaco di Baviera a Francoforte a quote per lo più inferiori allo strato di ceneri, ma con puntate fino a 8000 metri.

Rep. Ceca. Lo spazio aereo ceco resterà chiuso fino a domani a mezzogiorno.

(18 aprile 2010) Tutti gli articoli di Esteri

 

 

 

 

Ceneri del vulcano e voli bloccati. Altroconsumo: "Il rimborso è previsto"

di Monica Rubino

L'associazione dei consumatori fa notare che la Carta dei diritti del passeggero prevede il rimborso del biglietto se il volo viene cancellato anche per circostanze eccezionali. Ciò che non è dovuta in questi casi è la compensazione pecuniaria, cioè il risarcimento dei danni

Approfondimenti

* SCARICA IL PDF:

* La Carta dei diritti del passeggero

Se il volo viene cancellato per avverse condizioni metereologiche dovute a eventi naturali, come nel caso della nube gigante sprigionata dal vulcano islandese, le norme comunitarie prevedono il rimborso del biglietto ma non la compensazione pecuniaria, ovvero il risarcimento dei danni che viene pagato ad esempio a chi non riesce a partire per overbooking. Lo prevede la Carta dei diritti del passeggero, realizzata dall'Enac, che contiene tutte le informazioni sui diritti di chi viaggia in aereo. Finora British Airways e Alitalia si sono dimostrate disponibili a rimborsare il costo del biglietto.

In un primo tempo il presidente dell'Enac, Vito Riggio, aveva dichiarato che l'eruzione del vulcano è "un evento di forza maggiore" e che "non sono previsti rimborsi ma può darsi che i biglietti possano essere riutilizzati in seguito, visto che hanno un anno di validità". Ma secondo Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo, "La Carta dei diritti prevede il rimborso del biglietto, così come l'assistenza a terra ai passeggeri, anche in casi come questo. Ciò che non è dovuta ai passeggeri è la compensazione pecuniaria". Successivamente l'Enac ha diffuso una nota ufficiale in cui conferma il diritto al rimborso o all'imbarco su un volo alternativo - ma non alla compensazione pecuniaria - anche in caso di cancellazione dei voli per eventi eccezionali.

Per l'associazione AssoConsumatori Italia "molte compagnie si rifiutano di risarcire il costo del biglietto a chi non può partire trincerandosi dietro la causa di forza maggiore". E' pur vero, però, che "le compagnie si arricchiscono così indebitamente ai danni dei consumatori se non altro per quella parte del costo del biglietto che va a coprire il prezzo pro quota pagato per il carburante, l’ammortamento del velivoli ed i costi di manutenzione/riparazione dello stesso. Detti importi - continua AssoConsumatori - non spesi perché non si vola, devono essere restituiti al consumatore, non intenzionato ad ottenere l’imbarco sul primo volo immediatamente disponibile, così come recita l’articolo 2041 del Codice Civile".

 

Ecco allora quali sono i diritti dei viaggiatori in casi eccezionali ed imprevedibili quali quelli prodotti da eventi naturali.

Assistenza a terra

L'assistenza consiste in:

- pasti e bevande in relazione alla durata dell'attesa;

- adeguata sistemazione in albergo nel caso in cui siano necessari uno o più pernottamenti;

- trasferimento dall’aeroporto al luogo di sistemazione e viceversa;

- due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o e-mail.

(l'assistenza va data in precedenza alle persone con mobilità ridotta e ai loro eventuali accompagnatori nonché ai bambini non accompagnati).

Rimborsi

In caso di cancellazione del volo o ritardo prolungato (di almeno due ore di voli intracomunitari o internazionali inferiori o pari a 1.500 km; di almeno tre ore di voli intracomunitari superiori a 1.500 km e di voli internazionali tra 1.500 e 3.500 km; di almeno quattro ore di voli internazionali superiori a 3.500 km.) si ha diritto al rimborso del prezzo del biglietto per la parte di viaggio non usufruita oppure, in alternativa, ad un nuovo volo (riprotezione) con partenza il prima possibile o in data successiva più conveniente per il passeggero, a condizioni comparabili.

La compensazione pecuniaria (ovvvero il risarcimento dai 250 ai 600 euro a seconda della distanza coperta che spetta al passeggero in caso di cancellazione del volo a causa di disservizi aeroportuali o delle compagnie aere), non è dovuta nei casi in cui:

- la compagnia aerea possa provare che la cancellazione del volo sia stata causata da circostanze eccezionali (es. avverse condizioni meteorologiche, allarmi per la sicurezza, scioperi, etc ."Anche l'eruzione di un vulcano - come precisa Pietro Giordano, segretario nazionale di Adiconsum - rientra tra i fatti eccezionali e imprevedibili");

- il passeggero sia stato informato della cancellazione:

a) con almeno due settimane di preavviso;

b) nel periodo compreso tra due settimane e sette giorni prima della data di partenza e nel caso in cui venga offerto un volo alternativo con partenza non più di due ore prima rispetto all’orario originariamente previsto e con arrivo presso la destinazione finale al massimo quattro ore dopo l’orario originariamente previsto;

c) meno di sette giorni prima e nel caso in cui venga offerto un volo alternativo con partenza non più di un’ora prima dell’orario.

(articolo aggiornato alle ore 23.16)

(16 Aprile 2010)

 

 

 

 

 

2010-04-17

ISLANDA

Le ceneri del vulcano sul Nord Italia

stop ai voli fino a lunedì mattina

Eurocontrol annuncia che gran parte dei voli europei rischiano di rimanere bloccati per altre 24 ore. C'è caos negli aeroporti di tutto il continente. La nuvola di cenere si estende in Liguria ed Emilia Romagna. Forfait eccellenti per il funerale del presidente polacco Kaczynskidi CARLO CIAVONI

Le ceneri del vulcano sul Nord Italia stop ai voli fino a lunedì mattina

ROMA - Milioni di passeggeri a terra, 34.600 voli cancellati in soli due giorni, decine di aeroporti chiusi, treni presi d'assalto: in Europa è emergenza per il blocco del trasporto aereo causato dalla nube di cenere vulcanica proveniente dall'Islanda che dura da giovedì scorso e che proseguirà probabilmente per tutto il fine settimana. In Italia l'Enac, Ente nazionale dell'aviazione civile, ha esteso l'interdizione al volo strumentale in tutto il Centro-Nord Italia fino alle 8 di lunedì mattina. Gli unici voli autorizzati sono quelli imposti dall'emergenza. Il danno a livello europeo si aggira attorno ai 200 milioni di dollari al giorno. Ressa alle stazioni, lunghe file in tutta Italia. In serata, l'annuncio della riapertura di sette aeroporti spagnoli, ma anche del prolungamento del blocco di quelli tedeschi fino alle 14 di domenica.

Rallenta l'attività del vulcano. Prima buona notizia dall'Islanda. L'intensità dell'eruzione si è ridotta. Lo riferisce la geofisica islandese Sigrun Hreinsdotti secondo cui il flusso di lava ha rallentato e pertanto anche l'attività eruttiva del vulcano potrebbe ridursi. Hreinsdottir riferisce che la lava sta scorrendo da una camera magmatica a un chilometro di profondità simile ad un palloncino in procinto di scoppiare. Nessuno però al momento è in grado di stabilire quando l'eruzione si fermerà del tutto.

La Spagna riapre sette scali. Segnali di speranza dalla Spagna: Madrid ha riaperto i sette aeroporti nel nord del Paese chiusi per poco più di un'ora. Il cielo sopra gli scali si è rasserenato malgrado la minaccia delle ceneri. Lo ha deciso l'agenzia per il volo iberica, l'AENA. Si tratta degli scali di Asturias, Santander, Bilbao, San Sebastian, Vitoria, Pamplona e Logrono, chiusi alle 20 e destinati a restare bloccati fino alle 10 di domenica.

 

Gli spazi aerei restano chiusi. La nube, secondo Eurocontrol, è destinata a restare più o meno stabilmente su gran parte dell'Europa anche nelle prossime ore. Le previsioni indicano che potrebbe esserci un suo granduale spostamento verso Sud-Ovest, cioè verso il Mediterraneo e i Pirenei. Oggi sono rimasti totalmente chiusi gli spazi aerei di Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Gran Bretagna, Lituania, Lettonia, Finlandia Ungheria, Olanda Norvegia, Polonia, Romania, Serbia, Slovenia, Slovacchia, Svezia, Svizzera, Ucraina. Ma anche quelli del Nord Italia, di gran parte della Francia e della Germania. A questi si sono aggiunti nel pomeriggio la Serbia, la Bosnia-Erzegiovina e il Montenegro. Ad aver già annunciato il perdurare della chiusura almeno fino alle 14 di domani sono stati la Gran Bretagna, l'Irlanda, il Belgio, la Danimarca.

Il primo ministro francese François Fillon ha annunciato che gli aeroporti parigini e gli scali francesi situati "a nord dell'asse Nantes-Lione" resteranno chiusi fino a lunedì mattina alle 8. La Sncf ha comunque previsto dei treni supplementari per i collegamenti internazionali. In tutta la Francia sono stati chiusi 126 aeroporti. In Austria, secondo quanto deciso oggi in una riunione dell'organismo di controllo Austro Control, gli aeroporti rimarranno chiusi almeno fino alle 2 di domani ma, dalle 20, il traffico riprenderà via via per i voli sopra i 7.500 metri.

Fiumicino e Ciampino. L'aeroporto Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino è aperto al traffico, pur registrando un numero altissimo di cancellazioni (circa 400) e ritardi. L'Enac aggiornerà le disposizioni con una frequenza di 24 ore per fornire il quadro della situazione più preciso possibile. Se a Fiumicino dovessero verificarsi situazioni di disagio per i passeggeri rimasti nelle aerostazioni, la Protezione Civile è pronta a intervenire con brandine, coperte, latte e generi alimentari. Fabrizio Curcio, direttore del Dipartimento, invita "tutti i passeggeri a informarsi per tempo sullo stato del proprio volo e, se non necessario, a non recarsi negli scali, per non creare ulteriori situazioni di sovraffollamento".

Caos nel Centro Italia. All'aeroporto Marconi di Bologna nella giornata di oggi sono stati cancellati circa 150 voli, per un totale stimato di oltre 12mila passeggeri. L'Enac ha esteso lo stop ai voli nel Nord Italia fino alle 8 di lunedì, con chiusura al traffico di tutti gli aeroporti dell'area. Rimangono attivi, e potenziati, tutti i servizi di informazione e assistenza a terra dei passeggeri. Domani prevista la cancellazione di circa 180 voli al Marconi. La società consiglia i passeggeri in partenza di visitare il sito internet alla pagina 'voli di oggi' oppure contattare l'ufficio informazioni dell'Aeroporto (al numero 051-6479615) o la propria compagnia aerea. A Rimini, al Federico Fellini sono più di 15 i voli cancellati fra oggi e domani. Tra le 20 e le 25 le cancellazioni del fine settimana operate dal Ridolfi di Forlì. Sommando i numeri forniti dai tre aeroporti, quindi, si aggirano intorno ai 370 i voli complessivamente cancellati. Stop ai voli negli aeroporti di Firenze e Pisa . Al Galileo Galilei di Pisa cancellati tutti i voli in partenza, all'Amerigo Vespucci di Firenze annullati oltre 40 aerei in partenza, confermati sette voli in arrivo in serata. Per l'estensione alle 20 del blocco degli aeroporti del Nord sono aumentati i voli cancellati anche nello scalo napoletano di Capodichino. Ora si è arrivati a oltre 100.

Sardegna, danni per il turismo. Il blocco degli aerei ha penalizzato il turismo in Sardegna. Nell'aeroporto di Cagliari-Elmas sono presenti solo i passeggeri in partenza per Roma e per il Sud. Cancellati oltre 20 voli in arrivo, quasi 30 i voli non partiti. Finora sono atterrati soltanto aerei provenienti dagli aeroporti di Roma, da Olbia e Valencia, e sono decollati solo i voli diretti a Valencia, Roma, Palermo, Napoli e Firenze. Anche ad Alghero annullata la maggior parte dei voli in partenza e in arrivo. Olbia quasi paralizzata. Finora non è atterrato alcun aereo: risultano cancellati anche i voli provenienti da Amburgo delle 18.40, da Cagliari delle 18.50 e da Duesseldorf delle 19.15, oltre che quelli successivi, tranne che il volo per Roma Fiumicino. Lo stesso è avvenuto ai voli in partenza, sempre con l'eccezione di Roma.

La situazione in Italia. "La nube tossica è fatta di silicati e metalli che si insinuano nei motori degli aerei e li bloccano. E' per questo che gli aerei non possono volare", spiega il vulcanologo Enzo Boschi. "Possiamo solo aspettare che queste polveri vengano giù con la pioggia". "Gli aeroporti vengono chiusi in base alle quantità di ceneri presenti nell'atmosfera. Sono le autorità portuali a misurarle, evidentemente al momento il pericolo c'è ancora". Boschi tranquillizza gli italiani su possibili effetti della vicinanza alla nube. "Non è affatto nociva per l'uomo, a meno che non si respirino le polveri stando, per esempio, ai piedi del vulcano interessato dall'eruzione".

Le cause. "E' la prima volta che si verifica un fenomeno di questa portata e di queste conseguenze per il traffico aereo", dice il direttore generale dell'Enav, Massimo Garbini, controllore del traffico aereo dal 1979 e già responsabile operativo dell'Ente per l'assistenza al volo. Le cause sono molteplici: l'intensità della eruzione del vulcano in Islanda e la direzione dei venti. Rispetto al passato, sono cresciute in modo esponenziale le rotte aeree che attraversano l'Europa, con una densità tra le maggiori del mondo. "Fenomeni simili - ha proseguito Garbini - si sono verificati anche in passato: nel Pacifico, in Canada e nelle Filippine si trovano i vulcani più attivi del mondo. In Europa l'eruzione più forte, sempre da un vulcano in Islanda, risale al 2004, ma allora i venti portarono la massa delle ceneri verso il Polo Nord lambendo appena le zone interessate dalle rotte. In Italia, anche le eruzioni dell'Etna nel 2002 e poi nel 2006 provocarono la formazione di nubi, che però si dispersero presto nei mari del Mediterraneo".

New York, la tendopoli al JFK. La nube ha trasformato l'aeroporto JFK di New York, uno degli scali più trafficati d'America, in una tendopoli. Brandine sono state allestite per i passeggeri costretti a rinviare il viaggio. "Capisco che si tratta di un 'atto di Dio' - ha detto un anziano viaggiatore in attesa di volare a Dublino - ma questo mi ha tolto dieci anni di vita". Act of God, atto di Dio - appunto - è la formula usata dalle compagnie aeree per lavarsi le mani dei viaggiatori lasciati a terra per l'eruzione del vulcano. Le aerolinee non hanno alcuna responsabilità né si sentono obbligate a garantire cibo o alloggio ai passeggeri bloccati negli aeroporti in Europa o negli Usa. Le compagnie con base negli Usa hanno cancellato l'83% dei voli per l'Europa. Il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha detto che oltre 30 alberghi della città offriranno sconti del 15% a chi può dimostrare di esser rimasto a terra a causa della nube.

Bloccati i potenti della Terra. Forfait eccellenti per i funerali, domani a Cracovia, del presidente polacco Lech Kaczynski. Nunmerosi i capi di Stato e di governo e le delegazioni che non potranno raggiungere il centro Europa. Il presidente americano Barack Obama ha annunciato che non ci sarà, così come non ci sarà la cancelliera tedesca Angela Merkel. Oltre a loro, non adranno il premier spagnolo Zapatero, il presidente francese Nicolas Sarkozy e le delegazioni di India, Giappone, Corea del Sud, Messico, Nuova Zelanda e Pakistan.

I fiori appassiscono in Kenia. Il blocco della maggior parte degli aeroporti europei produce danni economici anche in Kenya. Circa 500 tonnellate di fiori, per un valore di due milioni di dollari, sono bloccate all'aeroporto di Nairobi. Anche se i voli dovessero riprendere, la qualità del prodotto è ormai rovinata. I fiori rappresentano il 20% delle esportazioni del Kenya e sono la maggior fonte di reddito assieme al turismo. Il 97% dei carichi di fiori sono diretti in aereo verso l'Europa.

© Riproduzione riservata (17 aprile 2010)

 

 

LA SCHEDA

I rischi che si corrono volando

nelle fuliggini della nube vulcanica

di CARLO CIAVONI

ROMA - Il vulcano islandese Eyjafjallajokull si è prodotto in un "soffio" micidiale, provocando questa nube alta 11 chilometri che ha finito per occupare quasi l'intero spazio aereo europeo. I sedicimila mila velivoli rimasti a terra sono il risultato di una scelta di sicurezza, imposta da una serie di ragioni che il comandante di voli intercontinentali, Pietro Pallini, spiega in un articolo pubblicato sul suo sito "Manuale di volo". In sostanza, i rischi si possono elencare come segue, cominciando dai meno gravi.

Primo: l'effetto smerigliatura. Se si entra in una nube vulcanica, composta da materiali sottili ma solidi, l'altissima velocità dell'aereo produce lo stesso effetto che produrrebbe lo sfregamento di un foglio di carta vetrata su una qualsiasi superficie. Ad essere danneggiata sarebbe soprattutto la parte esterna dei parabrezza, i quali finirebbero per essere completamente rovinati e opacizzati.

Secondo: il tubo di Pilot. Si tratta di una piccola conduttura d'aria che si trova all'esterno dell'aereo, con diverse funzioni: la più semplice da spiegare - ma non la meno importante - è quella di essere uno degli strumenti che misurano la velocità. L'impatto con le polveri della nube finisce per alterare i valori riportati negli strumenti a disposizione dei piloti.

Terzo: i motori. E' il rischio peggiore. Succede che i materiali densi della nube s'insinuano nelle palette dei compressori i quali, girando, spingono l'aria indietro comprimendola in spazi sempre più stretti, fino alla camera di combustione. Quando le sostanze dense, mischiate all'aria compressa, riescono gradualmente a bloccare le "palette" del compressore, accade l'irreparabile: l'arresto dei motori.

Quarto: i radar. Gli strumenti di rilevazione delle nubi "normali", dalle quale ogni aereo lungo le rotte commerciali tende ad allontanarsi (specie se si tratta di cumuli nembi) non sono tarati per segnalare la presenza di nubi vulcaniche, né quando si presentano da sole, né quando si mescolano con quelle composte solo di vapore acqueo. Il risultato è che non possono essere individuate e semmai dovesse accadere di trovarcisi in mezzo, le possibilità di uscirne indenni, sono scarsissime.

© Riproduzione riservata

(17 aprile 2010)

 

GERMANIA

Mezza Europa e una ruota forata

l'incredibile viaggio di Angela Merkel

Odissea per la cancelliera tedesca, di ritorno dagli Usa. Aeroporti chiusi in Germania, si ferma a Lisbona. Poi a Roma, da dove riparte verso Bolzano. Ma sull'autostrada si buca una gomma del suo pullman. Un periplo, che alla fine, sarà durato una sessantina di ore

Mezza Europa e una ruota forata l'incredibile viaggio di Angela Merkel

L'arrivo di Angela Merkel

all'aeroporto di Lisbona

ROMA - Angela Merkel ha fatto un po' come la nube di cenere. Ha attraversato mezza Europa, e ancora non è tornata a casa. Tornava da una visita negli Stati Uniti, in aereo, e sarebbe dovuta rientrare a Berlino. Ma il caos dei voli provocato dall'eruzione del vulcano islandese ha stravolto i suoi programmi costringendo lei, e la delegazione al seguito, a un tour de force sfiancante, per giunta comprensivo di piccolo incidente.

Il periplo comincia da San Francisco. L'aereo governativo "Konrad Adenauer" parte dalla California, dove Merkel ha visitato prima Hollywood e poi la Stanford University. Ma a Berlino non ci arriva, causa chiusura degli aeroporti tedeschi. Quindi, l'Adenauer fa rotta verso il Portogallo, uno dei pochi paesi non coinvolti dal caos. Atterra a Lisbona venerdì sera (sotto la pioggia) e lì trascorre la notte. Sabato mattina si ri-decolla. Verso l'Italia.

In mattinata la cancelliera atterra all'aeroporto di Ciampino, alle porte di Roma, dove la accoglie l'ambasciatore tedesco nel nostro paese, Michael Steiner. Cresce la curiosità della stampa per il destino della delegazione tedesca. L'ufficio stampa federale comunica che dalla capitale il loro viaggio proseguirà probabilmente a bordo di non meglio precisati "veicoli" in direzione dell'Alto Adige.

Nel primo pomeriggio, si riparte. La cancelliera e i sessanta al séguito si distribuiscono fra alcune auto blu e un torpedone, scortati da alcune pattuglie della polizia. Merkel sceglie il torpedone. Destinazione Bolzano, dove è previsto un altro pernottamento. Ecco di nuovo l'ufficio stampa che, fra un raccordo e uno svincolo, informa i cronisti che domenica il viaggio dovrebbe proseguire per la Germania, anche se ancora non viene reso noto con quali mezzi. Secondo l'emittente tedesca Ard, Merkel & co. potrebbero utilizzare un piccolo aereo che, volando a bassa quota affinché le particelle smeriglianti della nube non danneggino i motori, riuscirebbe a riportare la comitiva a Berlino.

 

Ma anche Bolzano è lontana. Perché il pullman che trasporta la delegazione, mentre viaggia sull'autostrada A1 fra Roma e Firenze, per l'esattezza a Monte San Savino in provincia di Arezzo, si ritrova con una gomma forata. Tutti a terra. In attesa che il guasto venga riparato. Fermo il pullman, ferme le auto blu e le pattuglie della polizia che scortano il tutto. E con molta cautela, perché - oltre al danno anche la beffa - il pullman ha forato su una strada priva di corsia di emergenza. Quindi, triangolo rosso catarifrangente a distanza regolamentare, luci lampeggianti accese e gommista in azione. Ma Merkel non si trattiene più di tanto. L'attesa si prolunga, e la cancelliera preferisce approfittare di un'auto blu che le è stata messa a disposizione per ripartire da sola, naturalmente scortata dalla polizia. Arriverà a Bolzano, Hotel Laurin, poco prima delle 23.

Alla fine, stando alle stime di alcuni media tedeschi, il viaggio della cancelliera durerà una sessantina di ore. Anche in caso di ritorno a Berlino, però, resta incerta la partecipazione di Merkel ai funerali, domani a Varsavia, del presidente polacco Lech Kaczynski. Una delle ipotesi allo studio, riferiscono fonti vicine alla cancelleria, prevede il possibile trasferimento in elicottero da Berlino a Varsavia.E il viaggio ricomincia.

(17 aprile 2010) Tutti gli articoli di Esteri

 

 

 

 

Chiuso tutto lo spazio aereo del Nord

migliaia di passeggeri restano a terra

Il divieto esteso fino alle 20. Autorizzati soltanto i voli di emergenza. Nessuna restrizione per i sorvoli oltre il livello dei 35.000 piedi

Chiuso tutto lo spazio aereo del Nord migliaia di passeggeri restano a terra

 

Oggi spazio aereo chiuso in tutto il Nord Italia a partire dalle 6 e fino alle 20. Lo ha deciso l'Enac - si legge in un comunicato - a seguito delle informazioni aggiornate fornite dal Bollettino sullo spostamento della nube del vulcano islandese Eyjafjallajokull. La decisione è stata assunta "al fine di garantire la massima sicurezza dei voli italiani".

L'interdizione al volo strumentale di tutto il Nord Italia (cosiddetto "Flight Information Region" Milano) va da da livello 0 fino a livello 350 (equivalente a un'altitudine di 35.000 piedi, pari a 10,668 metri). Pertanto presso tutti gli aeroporti del Nord Italia (come per esempio Caselle, Malpensa, Linate, Bergamo, Venezia, Bologna), in quella fascia oraria, gli unici voli autorizzati saranno quelli d'emergenza. Nessuna restrizione subiranno i sorvoli oltre il livello dei 35.000 piedi.

Code davanti ai check-in chiusi e davanti ai chioschi per le informazioni, qualche drappello di viaggiatori davanti alle biglietterie delle compagnie aeree al terminal 1 di Malpensa, dove i passeggeri, in partenza per qualsiasi destinazione, sono bloccati per via della chiusura dello spazio aereo nel nord Italia. La situazione è comunque tranquilla, i passeggeri ed i loro accompagnatori sono in attesa nei bar e davanti agli schermi su cui appare la lunga lista dei voli cancellati o posticipati a dopo le 14 e che ora dovranno essere ripianificati dopo che l'Enac ha deciso di mantenere il divieto di sorvolo fino alle 20. In particolare le compagnie dei charter non hanno chiuso i check-in e consentono di attendere la riapertura dello spazio aereo espletando le normali procedure. Praticamente deserto è invece il piano degli arrivi dove stamani sono transitati unicamente i viaggiatori sbarcati da due voli, provenienti da Hong Kong e da New York.

A Linate sono state cancellati 56 partenza e 56 arrivi, mentre a Malpensa 111 partenze e 95 Arrivi. A Linate oggi sono partiti due voli prima delle 8, mentre da Malpensa 4 voli sono decollati e due intercontinentali sono atterrati. Nella giornata di ieri sono stati dirottati a Malpensa 14 voli diretti verso altre destinazioni quali Francoforte, Parigi o Amsterdam: si tratta di 8 voli cargo e 6 passeggeri.

(16 aprile 2010)

 

 

 

 

FIUMICINO E CIAMPINO

Cancellati circa 500 voli, passeggeri infuriati

Caos e code alle partenze Ue del Da Vinci

Disagi per la chiusura degli scali del nord Europa e del nord Italia per i rischi delle ceneri vulcaniche

In serata arrivate brandine per far passare la notte ai passeggeri. Al lavoro anche la Protezione civile

Cancellati circa 500 voli, passeggeri infuriati Caos e code alle partenze Ue del Da Vinci Passeggeri in coda a Fiumicino

 

Gli effetti delle ceneri del vulcano islandese Eyjafjallajkull, dopo aver chiuso i cieli d'Europa, si fanno sentire anche in Italia dove numerosi sono stati i disagi che hanno colpito migliaia di viaggiatori. L'Enac ha infatti disposto di estendere l'interdizione al volo in tutto il Nord fino alle otto di lunedì mattina. Cancellati 462 voli negli aeroporti della capitale, Fiumicino e Ciampino. E' il bilancio del blocco causato dalla nube vulcanica che arriva dall'Islanda. Nella giornata di oggi a Fiumicino, spiegano fonti aeroportuali, sono stati cancellati 203 voli in arrivo e 200 voli in partenza per un totale di 403 voli. Mentre sull'aeroporto sono stati dirottati 10 voli, le cui destinazioni era impossibile raggiungere. A Ciampino i voli cancellati sono stati 59, di cui 28 in arrivo e 31 in partenza.

A Fiumicino, secondo quanto riportato dai monitor informativi presenti nelle tre aerostazioni, nella fascia oraria compresa tra le 6 e le 15 sono stati soppressi i collegamenti da e per Francoforte, Zurigo, Londra, Milano-Malpensa, Monaco, Amburgo, Londra, Zurigo, Rotterdam, Budapest, Dusserdolf, Brussels, Vienna, Copenhagen, Bucarest, Berlino, Helsinki, Parigi. Numerose anche le cancellazioni delle rotte interne: Genova, Milano Linate e Malpensa, Torino, Trieste, Venezia, Verona, Ancona, Bologna.

Ai problemi legati alla chiusura degli scali per i rischi della nube di ceneri vulcaniche, si sono aggiunti quelli provocati dal mancato "giro macchine", per gli aerei rimasti bloccati a terra. Così al Terminal 2 la compagnia low cost EasyJet è stata costretta a sopprimere anche i voli per Madrid, Lisbona e Palermo, oltre a quelli per Amsterdam, Londra e Milano. Sempre nello scalo romano, dove la compagnia Alitalia come supporto ha predisposto dei punti di informazione straordinaria, i disagi sembrano aver coinvolto in particolare i cittadini stranieri in transito per Roma o che avevano appena terminato il periodo di vacanza.

I passeggeri si sono riversati a chiedere informazioni ai vari sportelli creando lunghe code. Moltissimi sono quelli che tentano di farsi cambiare i biglietti per provare comunque a partire in giornata, magari con altri vettori. Un applauso delle centinaia di persone in fila ha salutato intorno a mezzogiorno il fatto che due passeggeri Lufthansa dopo un'ora al desk avessero ottenuto la loro destinazione. Le code al check-in della compagnia aerea tedesca, certamente fra le più colpite dalla situazione che si è creata con l'eruzione vulcanica in Islanda, si sono allungati a dismisura all'aeroporto di Fiumicino.

e in seguito alla cancellazione dei voli, alla stazione Termini il flusso dei viaggiatori oggi è aumentato di oltre il 60%. Lo fa sapere Ferrovie dello Stato. I punti informazioni e le biglietterie sono state prese d'assalto. Sono state 30 le persone messe a disposizione oggi, 20 in più del solito, per l'assistenza ai clienti. Domani, fanno ancora sapere dalle Fs, ci sarà lo stesso numero di treni che viaggia solitamente nei giorni feriali.

In serata sono arrivate le brandine portate da squadre della Protezione all'aeroporto di Fiumicino. Pronti ad un eventuale utilizzo per la notte da passeggeri rimasti ancora bloccati o che non potranno pernottare in un albergo, i lettini pieghevoli sono stati allestiti nella hall del terminal 2. In supporto, oltre al personale di AdR, ci sono anche volontari della Protezione civile con generi di conforto, latte e omogeneizzati. Il pronto soccorso di Aeroporti di Roma, con medici e paramedici, rimarrà allertato per qualsiasi esigenza. AdR, come ieri, ha fissato anche l'apertura ininterrotta per tutta la notte di tutti i punti ristoro e self-service nella parti delle aerostazioni aperte al pubblico.

(17 aprile 2010)

 

 

VULCANO

Ceneri, in tilt i cieli d'Europa

Presi d'assalto treni e stazioni

Code alle biglietterie dopo il blocco degli aeroporti. Potenziati i convogli ma, dice il ministro Matteli, "è inutile negarlo, il disagio ci sarà". Ore di attesa a Firenze, Milano, Roma, Bologna. Trenitalia: "Andate nelle stazioni solo se diretti verso località nazionali"

Ceneri, in tilt i cieli d'Europa Presi d'assalto treni e stazioni

La stazione di Bologna

ROMA - Dopo aver mandato in tilt i cieli d'Europa, con il blocco dei principali scali aeroportuali e la cancellazione di centinaia di voli, le polveri del vulcano islandese Eyjafjallajokull stanno complicando la vita anche alle stazioni ferroviarie. Migliaia e migliaia di viaggiatori respinti dagli aeroporti, da dove ormai è impossibile partire o arrivare, tentano di risolvere il problema con il treno. L'atrio della biglietteria della stazione Termini, ad esempio, è assediato - sebbene in modo ordinato - da migliaia di turisti diretti verso le capitali del Nord Europa. Per loro, il rientro a casa sarà molto difficile: gli aeroporti del Nord Italia resteranno chiusi almeno fino alle 8 di lunedì.

6000 posti in più. Le Ferrovie dello Stato hanno incrementato le linee con dieci convogli in più sulla Roma-Milano e viceversa, e con 4 sulla Roma Venezia. In tutto sono stati messi in campo circa 6.000 posti in più, più o meno corrispondenti a circa 50 voli. Approntate anche due coppie di treni Frecciargento, due al Nord e due al Sud. E' stato insomma ripristinato il traffico di un normale giorno feriale. Per domenica - giorno in cui il traffico tenderà ad aumentare - è previsto un ulteriore incremento di 1.200 posti, corrispondente a circa una decina di voli.

Trenitalia: "In stazione solo se diretti verso mete nazionali". Trenitalia, in una nota diffusa nel pomeriggio, raccomanda ai viaggiatori di recarsi nelle stazioni soltanto se diretti verso località nazionali. E "invita tutti coloro che si trovano in aeroporto o che vogliono raggiungere località estere a non recarsi invece in stazione alla ricerca di collegamenti ferroviari che o sono già esauriti o non esistono né sono attivabili. Non è infatti possibile, anche a causa della congestione del traffico ferroviario in tutta Europa, organizzare treni straordinari dall'Italia verso l'estero. I collegamenti esistenti, potenziati con l'aggiunta di alcune carrozze, hanno già esaurito tutti i posti disponibili fino al 23 aprile. Per quanto riguarda l'offerta straordinaria interna, messa a disposizione oggi sulle rotte Roma - Milano e Roma - Venezia, con 6 corse supplementari di Frecciarossa e 4 di Frecciargento, ha risposto adeguatamente all'aumento di domanda determinato dalla cancellazione dei voli nazionali. Domattina sono previste due corse straordinarie di Frecciarossa in partenza alle 8 da Milano per Roma e, alla stessa ora, da Roma verso Milano, entrambi con fermata a Bologna".

 

La situazione nelle città. Alla stazione di Firenze Santa Maria Novella i passeggeri sono stati in fila per circa tre ore. Alla stazione di Bologna nessun ritardo dei treni, ma assalto alle prenotazioni, code alle biglietterie e lunghe attese un posto a sedere sui treni ad alta velocità. Aumentati fin dal mattino i passeggeri alla Stazione Centrale di Milano, convogli sono pieni e la stazione affollata come in un giorno di vacanza o di esodo con migliaia di persone in attesa.

Matteoli: "Il disagio ci sarà". Non nega le difficoltà il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Altero Matteoli. "E' inutile negarlo - dice in un'intervista a Sky Tg24 - il disagio ci sarà perché il numero degli aerei coinvolti è molto alto e coloro che devono spostarsi oggi avranno difficoltà. Cerchiamo di attutirle ma non sarà facile". Il ministro auspica che i cittadini si rendano conto che si tratta "di un'emergenza tra l'altro inaspettata, anche perché fino a ieri mattina sembrava che l'Italia non fosse coinvolta" invece all'ultimo la nube si è spostata raggiungendo il Nord del nostro Paese. "C'è stato qualcosa di inatteso - ha concluso - basta che giri il vento e viene coinvolta una fetta di territorio maggiore di quella prevista".

Il vero problema. La questione più importante da risolvere non è tanto il traffico interno, che si tenterà di affrontare se i disagi negli aeroporti dovessero continuare. Il vero problema sono le migliaia di turisti stranieri che, da stamattina presto, stanno tentando di tornare nel Nord Europa. I collegamenti ferroviari diretti, in partenza da Roma - ad esempio - sono soltanto quelli per Parigi, Vienna, Monaco di Baviera, Budapest, Praga e poche altre mete, dove però ormai non c'è più un posto fino al 22 aprile. L'unica alternativa per i tanti che non sono riusciti a partire in aereo, ad esempio, per Londra, Bruxelles, Copenhagen o Madrid, è quella di costruirsi il viaggio a segmenti, acquistando biglietti per tratte ferroviarie che, pian piano, si avvicinano alla meta. Un lavoro complicatissimo che sta provocando l'affollamento davanti agli sportelli della biglietteria di Roma Termini e di altre grandi stazioni italiane ed europee.

(17 aprile 2010) Tutti gli articoli di Esteri

 

 

 

 

L'UNITA'

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2010-08-04

Marea nera, la Bp: la falla è stata tappata

L'operazione "Static Kill", dopo 106 giorni, avrebbe messo fine all'emergenza nel Golfo del Messico, almeno per quanto riguarda i rischi di una nuova fuga di petrolio. Così riferisce la Bp.

L'intervento compiuto all'alba di oggi 4 agosto sarebbe riuscito e il pozzo sottomarino da cui si è sprigionata la marea nera è stato chiuso. La falla petrolifera che ha causato il disastro ambientale nel nel Golfo del Messico è stata quindi tappata con l'iniezione di cemento e fango che doveva spingere il petrolio nel bacino sottostante, un deposito situato 4mila metri sotto la superficie marina. Una operazione che non era mai avvenuta a tali profondità.

Secondo il New York Times on line circa tre quarti del greggio che si è riversato nel Golfo del Messico attraverso il pozzo della Bp chiuso oggi dopo oltre tre mesi dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon, è già stato eliminato. Il quotidiano cita un rapporto delle autorità statunitensi. Il 26% circa del greggio fuoriuscito dal pozzo Macondo della Bp, quasi 5 milioni di barili (oltre 780 milioni di litri) si troverebbe infatti ancora in mare. Il resto è evaporato, è stato recuperato oppure è stato eliminato dai batteri che si trovano nel mare, in base al rapporto citato dal quotidiano.

Tutto iniziò il 20 aprile con un'esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon, della società svizzera Transocean ma gestita dalla britannica BP. Undici i morti. La piattaforma, poi andata a affondo due giorni dopo, è a una settantina di chilometri dalle coste della Louisiana ed estrae petrolio dal pozzo Macondo, che si trova a 1.500 metri di profondità. Il pozzo raggiunge una profondità di 4 mila metri.

04 agosto 2010

 

 

 

Corruzione per il terremoto Indagati interrogati a L'Aquila

L'accusa è corruzione per la ricostruzione del dopo terremoto. Al Tribunale dell'Aquila oggi si sono svolti gli interrogatori per le cinque persone coinvolte nei fatti di corruzione, legati alla ricostruzione post-sisma. Al Palazzo di giustizia di Bazzano si sono presentati Ezio Stati, ex consigliere regionale Dc e attuale esponente di spicco del Pdl, agli arresti nel carcere dell'Aquila; l'ex deputato di Fi Vincenzo Angeloni, medico odontoiatra di Avezzano (detenuto a Regina Coeli) e Sabatino Stornelli, amministratore delegato di Selex service management, società di Finmeccanica, al quale è stato imposto l'obbligo di dimora nel comune di Roma.

Presenti anche Daniela Stati, figlia di Ezio, e assessore dimissionario alla Protezione civile regionale, e il suo compagno Marco Buzzelli, attualmente agli arresti domiciliari. Tutti loro si confrontano con l'accusa di corruzione.

Indagati ed arrestati hanno negato ogni addebito, rispondendo alle domande del Gip del tribunale dell'Aquila e basando la difesa sul fatto che le intercettazioni sono state fraintese. Tanto è vero che gli interrogatori dei coinvolti nell'inchiesta per le presunte tangenti sui lavori per la ricostruzione post terremoto sono diventati lunghissimi.

L'avvocato Antonio Milo ha formulato la richiesta di scarcerazione per l'ex deputato di Forza Italia Vincenzo Angeloni, il primo dei cinque indagati a comparire davanti al Gip al tribunale di Bazzano (L'Aquila). "Compatibilmente con il segreto istruttorio - ha spiegato Milo - possiamo dire che Angeloni ha respinto le interpretazioni delle intercettazioni ambientali e telefoniche che è stata data dalla Procura. Ha dato un'esegesi, un'interpretazione alternativa che noi riteniamo convincente e ha indicato dei testimoni proprio per riscontrare il tipo di dialogo effettivamente posto in essere e spiegare il senso". "Angeloni - ha proseguito Milo - esclude in maniera categoria di aver avuto rapporti con la società che farebbe capo, secondo l'interpretazione accusatoria all'indagato Stornelli. Con Abruzzo Engineering - ha sottolineato - Angeloni non ha avuto alcun tipo di rapporto di affari, né lecito, né illecito".

03 agosto 2010

 

2010-07-28

Tokio, esplode petroliera giapponese "Si teme un attacco esterno"

Una petroliera giapponese è stata danneggiata da un'esplosione vicino allo stretto di Hormuz, nelle acque fra l'Oman e l'Iran e si teme che sia stato un attacco. La società proprietaria, la Mitsui Osk, ha riferito al ministero dei Trasporti nipponico che l'episodio, che ha registrato un solo ferito, potrebbe essere stato causato da un attacco esterno, mentre dal cargo di grande stazza non c'è stata fuoriuscita di greggio.

Sulla petroliera, in base a quanto detto da Yuki Shimoda, capo della divisione marittima del ministero dei Trasporti nipponico, c'è un equipaggio di 31 unità, tra marinai filippini (16) e indiani (15), e allo stato risulta esserci solo un ferito peraltro "non grave". Alcuni componenti d'equipaggio, nel resoconto della Mitsui Osk, avrebbero visto un "forte bagliore" all'orizzonte poco prima dell'esplosione, lasciando ipotizzare alla compagnia un possibile "attacco", anche in relazione al possibile ruolo delle attività di pirateria, il cui baricentro è però spostato più a sud, verso le coste somale.

Il supertanker M.Star, da 270.000 tonnellate (in base alle prime indicazioni), aveva appena fatto carico di greggio negli Emirati arabi uniti ed era diretto a Chiba, nel Golfo di Tokyo. "Le cause sono ancora tutte da chiarire", ha continuato Shimoda. L'esplosione è avvenuta alle 5,30 locali di questa mattina (in piena notte, 00,30 nel Golfo e 10.30 di ieri sera in Italia).

28 luglio 2010

 

 

2010-07-27

Marea nera, Bp caccia il ceco Tony In ottobre arriva Bob Dudley

L'amministratore delegato del gruppo petrolifero britannico, Tony Hayward, criticatissimo per la gestione della marea nera nel Golfo del Messico, lascerà le sue funzioni ad ottobre e sarà sostituito dallo statunitense, Bob Dudley. Lo ha annunciato la compagnia.

In un comunicato che contiene anche i dati sugli utili, la Bp ha spiegato che la decisione sull'avvicendamento è stata presa a seguito di un "accordo consensuale". Bp ha inoltre reso noto di essersi fatta carico, per la marea nera nel Golfo del Messico, di 32,2 miliardi di dollari (24,7 miliardi di euro) di spese al netto delle tasse; la compagnia prevede inoltre di vendere asset fino a 30 miliardi di dollari (23 miliardi di euro) nei prossimi diciotto mesi.

Bp ha precisato che Dudley - che da giugno supervisiona le operazioni per contrastare la marea nera - si stabilirà a Londra per assolvere il suo incarico e passerà le sue attuali mansioni negli Stati Uniti a Lamar McKay, presidente di Bp America. Hayward rimarrà nel consiglio di amministrazione fino al 30 novembre e la compagnia intende assegnargli l'incarico di direttore non esecutivo di Tnk-Bp, la sua joint-venture russa.

27 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-26

Iran, la Ue approva nuove sanzioni. Colpito il settore energetico

I 27 ministri degli Esteri dell'Unione europea, riuniti a Bruxelles, hanno adottato una serie di sanzioni senza precedenti contro l'Iran, che colpiscono soprattutto il settore energetico del Paese. Le sanzioni per indurre Teheran a rinunciare al programma nucleare vanno ben oltre il pacchetto approvato il 9 giugno dal Consiglio di sicurezza dell'Onu. "Si tratterà del pacchetto di sanzioni più severe che l'Ue abbia mai adottato contro l'Iran o qualunque altro paese", hanno sottolineato alcuni diplomatici europei.

La novità consiste proprio nell'obiettivo delle sanzioni, che puntano a indebolire il settore delle industrie del gas e petrolio, con l'introduzione di un divieto di nuovi investimenti in questi campi, così come di un divieto di assistenza tecnica e di trasferimento di tecnologie. L'Iran, pur essendo il quarto produttore mondiale di greggio, importa fino al 40% del suo fabbisogno di benzina, poiché non possiede raffinerie sufficienti a soddisfare la domanda interna. Le conseguenze delle sanzioni saranno evidenti anche sul settore del trasporto merci, con controlli rafforzati in tutti i porti e gli scali europei. Ridotti gli spazi per gli scambi commerciali, sarà esteso il divieto di attività a nuove banche iraniane e negati i visti d'ingresso a numerose personalità.

26 luglio 2010

 

 

 

 

 

"È una bomba a orologeria nel Mediterraneo"

di Rachele Gonnellitutti gli articoli dell'autore

Cinque pozzi Bp in 50mila chilometri quadrati potrebbero tradursi in cinque maree nere nel Mediterraneo. Greenpeace non è preoccupata?

"Siamo in allarme - risponde Giorgia Monti, responsabile Mare di Greenpeace Italia - da quando due settimane fa abbiamo ricevuto le prime indiscrezioni su questo nuovo progetto di ricerca di idrocarburi nel Mediterraneo. Il disastro nel Golfo del Messico dimostra che la trivellazione in acque profonde resta estremamente rischiosa. Nel Mediterraneo, che è già uno dei mari più inquinati del Pianeta e soprattutto è un mare chiuso, senza forti correnti, un disastro di quel genere avrebbe conseguenze senz’altro peggiori. Si tratta di una bomba ad orologeria".

Però non ci sono solo le esplorazioni in Libia. La Bp ha firmato pochi giorni fa anche un accordo per impianti offshore in Egitto...

"Ciò che inquieta di più è che le compagnie stanno concentrando la loro attività nel bacino orientale del Mediterraneo: non c’è solo la Libia e l’Egitto ma la Tunisia, Cipro, la Croazia, Malta. Non si tratta di grandi stati federali e democratici come l’America, con opinioni pubbliche capaci di reagire, fare resistenza, chiedere risarcimenti, come è già più possibile nei Paesi che si affacciano sul lato occidentale del Mediterraneo. Invece è proprio là che i petrolieri hanno stabilito la loro nuova Frontiera, dove ritagliare i propri investimenti".

Quale rischio corrono le nostre spiagge?

"Il nostro è un mare che subisce già una fortissima pressione antropica perché le zone costiere sono ovunque fortemente popolate, oltretutto con scarsi impianti di depurazione delle acque reflue. Non solo. Si stima che il 30 percento di tutto il traffico di idrocarburi del mondo passi dal Mediterraneo. Si sa che ci sono molte micro perdite nelle attività di scarico e carico nei porti, attività illegali come il lavaggio a mare di cisterne. Essendo un mare chiuso, con poca ossigenazione dagli oceani, disastri come l’affondamento della petroliera Haven fuori dal porto di Genova che è l’incidente più grave mai accaduto e risale al 1991 non è ancora smaltito. Il fondale marino è ancora contaminato dal catrame, residuo dello sversamento di oltre 140 mila tonnellate di greggio. Si può capire come possano allarmare tutti questi nuovi pozzi di ricerca che stanno sorgendo come funghi".

Se ci fosse una perdita negli impianti Bp in Libia sarebbe indennizzato solo Gheddafi. Come potrebbero tutelarsi gli altri Paesi rivieraschi come l’Italia?

"Certo, non avrebbe nessun tipo di responsabilità legale nei confronti dei Paesi limitrofi, non esistendo alcuna norma internazionale di reato ambientale e quindi neanche di risarcimento danni. È sempre difficile quantificare i danni all’ambiente, ancor più ottenere dei risarcimenti corposi come ha dimostrato il caso della Exxon in Alaska. In questo caso poi sarebbe solo Gheddafi a stabilire il danno, come pure i controlli di sicurezza da garantire".

Come si potrebbe aumentare i controlli?

"In Brasile e in Norvegia ad esempio esistono leggi che prescrivono come obbligatori sistemi di blocco automatico dei pozzi e comandi a distanza nelle piattaforme offshore. Negli Usa invece la lobby petrolifera negli anni scorsi è riuscita a bloccare una normativa analoga con la scusa che questi sistemi sarebbero stati onerosi. In realtà scongiurare il disastro della Deepwater Horizon sarebbe costato quanto il canone d’affitto di un giorno della stessa piattaforma".

Per salvare il mare cosa si dovrebbe fare?

"Deve essere chiaro che investire sul petrolio è una follia. La risorsa sta finendo e si stanno cercando giacimenti in zone sempre più incontaminate e irraggiungibili. Nel mare più in profondità si va e più siamo di fronte ad ecosistemi estremamente fragili, neanche del tutto studiati, com’è per le montagne nel Canale di Sicilia. Quando anche i giacimenti più estremi saranno esauriti, cosa faremo? e in quale ambiente contaminato ci troveremo? È chiaro che la strada è un’altra, è quella ad esempio dell’efficienza energetica. E intanto si deve creare una rete di riserve marine inviolabili, protette da regole nazionali e internazionali".

26 luglio 2010

 

 

 

 

2010-07-25

La Bp trivellerà nel mare libico a 500 km dalla Sicilia

Mentre non si placano le polemiche sulla marea nera nel Golfo del Messico, il gruppo petrolifero britannico British Petroleum annuncia che inizierà "entro le prossime settimane" una nuova perforazione al largo della Libia nel Golfo della Sirte, in pieno Mediterraneo.

La notizia, anticipata dal Financial Times, confermata da un portavoce Bp: secondo un accordo con Tripoli del 2007, c'è l'autorizzazione per cinque perforazioni. Esse avranno luogo ad una profondità leggermente superiore a quella riguardante la piattaforma esplosa al largo della Louisiana.

24 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-07-15

Marea nera. Bp: fermata per la prima volta la perdita

La perdita di petrolio del pozzo Macondo nel Golfo del Messico è stata fermata per la prima volta da aprile. Lo ha annunciato Bp Le valvole della nuova struttura di contenimento sono state tutte chiuse e il petrolio non fuoriesce più, secondo quanto ha annunciato il vice-presidente di Bp Kent Wells. Il risultato è il frutto del test sulla pressione del pozzo cominciato da poco.

 

La notizia del blocco della falla sulla piattaforma Bp ha fatto impennare i titoli della compagnia petrolifera britannica negli ultimi minuti delle contrattazioni a New York. Il titolo è salito del 7% a 38,92 verso la chiusura della borsa.

15 luglio 2010

 

 

 

 

Marea nera, una perdita ritarda ancora il test su nuovo "tappo"

Una perdita in una condotta ad alta pressione ha nuovamente ritardato l'avvio del test di tenuta del nuovo tappo posizionato lunedi da Bp che dovrebbe fermare la fuoriuscita di greggio dalla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico.

L'ammiraglio Thad Allen, che supervisiona l'intervento, ha dichiarato che, con il nuovo tappo, ogni sei ore sarà controllato il funzionamento della nuova copertura; una volta avviato, il test si concluderà dopo 48 ore, quando si vedrà se il nuovo tappo sarà in grado di contenere l'intera perdita del pozzo, che dal 20 aprile versa in mare tra i 35.000 e i 60.000 barili di greggio al giorno. Per testare il nuovo tappo, la Bp ha chiuso i tubi che dalle navi di appoggio aspirano il greggio, in modo che l'intero gettito finisca nel nuovo tappo. I robot sottomarini hanno chiuso lentamente le tre valvole; una perdita è stata registrata in cima alla copertura, ma il danno è stato riparato.

Intanto, i biologi statunitensi lanciano l'allarme: i danni provocati dalla marea nera sono stati sottostimati dal governo.

Almeno 300-400 pellicani e centinaia di altri uccelli marini che avevano fatto delle coste della Louisiana il loro habitat sono ora ricoperti di petrolio; decine quelli a esserlo "dalla testa alla coda". Oltre 3.000 uccelli, lungo le coste del Golfo, sono morti o hanno subito gravi danni dalla fuoriuscita del greggio.

15 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-07-13

Marea nera, la Bp installa un nuovo tappo. La First Lady: "Turisti, non lasciate la Florida"

La Bp è riuscita a posare il nuovo 'tappò sul pozzo di petrolio nei fondali del golfo del Messico. La copertura dovrebbe riuscire a contenere integralmente la fuga dei milioni di litri di greggio che si riversano quotidianamente nell'oceano da oltre 3 mesi. Le prossime 48 ore saranno cruciali per capire se l'operazione ha avuto successo: le immagini diffuse sul sito internet del gruppo petrolifero britannico mostrano la posa del tappo sulla fuga di greggio a una profondità di 1.500 metri. Battezzato "Top Hat 10", il nuovo imbuto sostituisce il modello precedente che raccoglieva al massimo 25.000 barili di petrolio, contro i 35.000-60.000 che sgorgavano dal pozzo.

La Bp non ha voluto comunque garantire il successo del nuovo tentativo, sottolineando come questa operazione sia assolutamente eccezionale e senza precedenti "a questa profondità e in queste condizioni". "La sua efficacia e capacità di contenere il greggio e il gas non possono essere assicurate", mette in guardia la compagnia. Ma se dovesse funzionare, la Bp conta entro inizio agosto di riuscire a mettere in opera i due primi nuovi pozzi di soccorso che dovrebbero bloccare definitivamente la fuga di greggio. Nel frattempo è giunta in Florida la First Lady, Michelle Obama, che ha invitato i turisti a non abbandonare la costa del Golfo: "È importante per il resto del Paese sapere che questi posti continuano ad essere vivi e belli come lo sono sempre stati in precedenza". Sul fronte giuridico, il governo Usa ha annunciato una nuova moratoria sulle perforazioni offshore in profondità, per sostituire quella attualmente sospesa dal tribunale federale, perche "troppo estesa". La nuova moratoria sarà in vigore fino al 30 novembre.

13 luglio 2010

 

 

 

 

 

2010-06-22

Nucleare, la Consulta respinge ricorsi di Regioni "anti-atomo"

La Corte Costituzionale - secondo quanto si è appreso - ha rigettato i ricorsi sollevati da dieci Regioni sulla legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili. Dopo che la Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi sollevati da dieci Regioni sulla legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili cade anche l'ultimo ostacolo di rilievo per il ripristino dell'atomo in Italia.

A impugnare la legge n. 99 del 2009 che ha conferito al governo la delega per la riapertura degli impianti nucleari in Italia sono state Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise. Anche il Piemonte aveva fatto ricorso alla Consulta che però la nuova giunta guidata dal leghista Roberto Cota ha deciso di ritirare.

Numerosi i profili di illegittimità della legge delega lamentati dalle Regioni. Al governo è stata contestata soprattutto l'assenza di intesa e raccordo con ciascuna delle Regioni interessate dalla scelta dei siti delle centrali; i criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo dell'esecutivo centrale in caso di mancato accordo; la possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione; la procedura che prevede una autorizzazione unica (e non a livello locale) sulle tipologie di impianti per la produzione di energia nucleare rilasciata previa intesa della Conferenza unificata e dopo delibera del Cipe.

I giudici della Consulta, dopo aver ascoltato ieri in udienza pubblica gli avvocati delle Regioni e l'avvocato generale dello Stato per conto del governo, hanno affrontato la questione nella camera di consiglio. Sarà dalla lettura delle motivazioni della sentenza - scritte dal vicepresidente Ugo De Siervo - che si comprenderà quali siano le competenze che la Consulta ha ritenuto prevalenti nel settore del nucleare alla luce della riforma del titolo V della Costituzione.

La tutela dell'ambiente e della salute sono infatti di competenza statale, ma queste devono confrontarsi con le competenze regionali concorrenti in materia di energia e di governo del territorio. Quella di oggi non sarà comunque la parola definitiva della Consulta sul nucleare: oltre che sulla legge delega, i giudici costituzionali dovranno pronunciarsi anche sul decreto delegato del 15 febbario scorso, nel frattempo impugnato da alcune regioni (Emilia Romagna, Toscana e Puglia).

Ora, il primo passo necessario ad avviare la fase di ritorno dell'Italia al nucleare sarà quello di scegliere i siti che ospiteranno le centrali. Operazione per la quale, secondo il governo, ci vorranno circa tre anni. I criteri per la scelta sono stati dettagliati più volte: l'European Pressurized Reactor (EPR) di tecnologia francese - quello che sbarcherà in Italia - richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d'acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, la lontananza da zone densamente popolate. Non a caso il decreto legislativo varato dal Consiglio dei ministri a dicembre, che mira a indicare le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari, indica una serie di parametri ambientali, fra cui popolazione e fattori socio-economici, qualità dell'aria, risorse idriche, fattori climatici, valore paesaggistico e architettonico-storico.

Secondo il decreto, i siti che decideranno di ospitare le centrali potranno ottenere bonus sostanziosi, intorno ai 10 milioni di euro l'anno, destinati sia agli enti locali che ai residenti nelle zone in questione. Fra i nomi che puntualmente ritornano, al di là delle dichiarazioni contrarie di alcuni presidenti di Regione, ci sono quelli già scelti per i precedenti impianti, poi chiusi in seguito al referendum del 1987: Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico ed alta disponibilità di acqua di fiume. Fra i luoghi più papabili, anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell'acqua di mare. Secondo altri, fra cui i Verdi e Legambiente, il quarto candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si è fatto il nome di Porto Tolle, a Rovigo, dove c'è già una centrale a olio combustibile in processo di conversione a carbone pulito. Gli altri nomi che ricorrono più spesso sono Monfalcone (in provincia di Gorizia) Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia).

23 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-16

Marea nera, la guerra di Obama nel Golfo: "Adesso energie pulite"

BP pagherà i danni fino all'ultimo centesimo ma per evitare il ripetersi di una simile catastrofe occorre riformare il sistema dell'energia Usa. Così, nel suo primo discorso alla nazione dallo Studio ovale, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama ha difeso la risposta del governo alla crisi annunciando che il 90% della marea nera del Golfo del Messico sarà catturata entro qualche settimana. Obama ha aperto il suo intervento, durato 18 minuti, ricordando quanto è accaduto lo scorso 20 aprile, con l'esplosione della piattaforma di BP che ha causato "il peggior disastro ambientale" della storia americana. Obama ha dunque paragonato la marea nera ad una "epidemia" che "dovrà essere combattuta per mesi - ha detto - e perfino per anni". Obama incontrerà domani il presidente di BP, Carl-Henric Svanber, al quale imporra di "stanziare tutte le risorse necessarie per compensare i lavoratori e gli imprenditori massi in ginocchio dalla sconsideratezza della società". E il fondo "non sarà controllarto da BP - ha sottolineato il presidente degli Stati Uniti - ma sarà amministrato da una terza parte indipendente, per assicurare che tutti i legittimi reclami vengano rimborsati".

"La grande lezione della marea nera" è che le perforazioni petrolifere ormai comportano rischi enormi, quale che sia la regolamentazione. "Noi americani - ha ricordato il presidente - consumiamo il 20% del petrolio mondiale ma possediamo appena il 2% delle riserve mondiali". E questo spiega perche le compagnie petrolifere sono spinte a cercare il petrolio anche a 1500 metri di profondità sotto il mare. Obama ha poi paragonato la marea nera che insozza il Golfo del Messico a una "epidemia" che gli Stati Uniti saranno costretti a combattere per mesi e forse per anni.

Obama ha poi riconosciuto che la moratoria sulle trivellazioni offshore "crea delle difficoltà alle persone che lavorano sui pozzi" ma "per la loro sicurezza e per la sicurezza dell'intera regione - ha rimarcato - dobbiamo prima capire cosa sia effettivamente successo". Secondo l'inquilino della Casa Bianca, il disatro del Golfo è suonato come un "potente e doloroso campanello di allarme" sulla necessità di rendere gli Stati Uniti meno dipendenti dai carburanti fossili.

"Il futuro dell'energia pulita è adesso", ha affermato auspicando un appoggio bipartisan alla legge di riforma dell'energia. "Per decenni abbiamo saputo che i giorni del petrolio facile e a basso costo erano contati - ha insistito - e per decenni non siamo risciti ad intervenire con il senso di urgenza necessario: non possiamo consegnare ai nostri figli questo fardello". La nostra generazione, ha esortato, deve imbarcarsi "in una missione nazionale per spingere sull'innovazione americana e per controllare il nostro destino". Ognuno è chiamato a fare la sua parte e "l'approccio che mi rifiuto di accettare - ha concluso Obama - è quello dell'inerzia. Questa non è l'ultima crisi che dovremo affrontare e ciò che ci ha fatti sempre andare avanti è la nostra forza, la nostra resistenza e la nostra fede nel fatto che ci aspetta qualcosa di meglio se ci facciamo coraggio.

Questa sera preghiamo per questo coraggio".

Il presidente americano ha assicurato che gli Usa "combatteranno l'inquinamento con tutti i mezzi possibili e fin quando sarà necessario" e ha detto che la sua amministrazione "farà pagare alla Bp tutti i danni che questa azienda ha provocato". Barack Obama incontrerà questo pomeriggio alla Casa Bianca il presidente Carl-Henric Svanberg.

Obama ha poi confermato che imporrà alla società petrolifera britannica di costituire un fondo di garanzia per i risarcimenti alle vittime della marea nera di 20 miliardi di dollari su un conto bloccato. Una richiesta alla quale i vertici Bp non hanno ancora dato l'ok.

16 giugno 2010

 

 

 

2010-06-06

Marea nera, Obama quarta volta nel Golfo. Stasera discorso alla nazione

Nel corso della sua quarta visita nel Golfo del Messico, il presidente americano Barack Obama ha promesso agli abitanti della regione colpita dalla marea nera che la zona tornerà a essere addirittura meglio di quanto non fosse prima del disastro. Visitando le coste dell'Alabama, il presidente ha detto che la sua amministrazione farà il possibile, lavorando ogni giorno, affinché le comunità danneggiate economicamente possano risollevarsi.

Obama ha anche assicurato che il governo marcherà stretto la British Petroleum, responsabile della fuoriuscita di greggio nel Golfo, affinché risarcisca tutte le persone danneggiate. Il presidente ha poi invitato gli americani ad aiutare la zona visitando le spiagge locali: "Ce ne sono molte che non sono state colpite dalla chiazza di petrolio".

Questa sera alle 20 (le 2 di notte in Italia), il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si rivolgerà alla nazione con un discorso in diretta televisiva per illustrare ai cittadini gli sforzi compiuti dalla sua amministrazione per fermare la marea nera nel Golfo del Messico. È la prima volta dall'inizio del suo mandato che Obama si rivolge alla nazione dallo Studio Ovale. L'appuntamento avverrà poche ore dopo il rientro del presidente dal suo quarto viaggio nella zona del disastro ambientale, dove ha toccato con mano la contaminazione del greggio sulle coste della Louisiana, del Mississippi, dell'Alabama e della Florida.

15 giugno 2010

 

 

 

 

2010-06-03

Marea nera, la Bp ammette: "Non eravamo pronti ad affrontare il disastro"

Il numero uno della Bp, Tony Hayward, ha riconosciuto che la società petrolifera britannica "non era pronta" ad affrontare la gigantesca falla dal pozzo nel Golfo del Messico. In un'intervista, cui il Financial Times dedica l'apertura del quotidiano di oggi, il chief executive della British Petroleum afferma: "È indubbiamente vero che noi non avevamo gli strumenti che avremmo voluto avere nella nostra 'cassetta degli attrezzì". Hayward però ha sottolineato come la BP sia riuscita finora "con successo" a contenere la macchia di petrolio lontano dalla costa sud-orientale statunitense: "Considerando quanto era grande (la macchia), ce ne è scappata molto poca".

Inoltre, il capo della Bp ha sottolineato come l'esplosione del 20 aprile scorso sulla piattaforma avesse "una possibilità su un milione" di accadere, ma ammette che il rischio dovrebbe essere ridotto a uno su un miliardo. Una serie di grafici sull'impatto dell'incidente accompagna l'intervista: in essi si vede il crollo delle azioni Bp in borsa, il quantitativo di barili di petrolio fuoriusciti dal pozzo (stimati 3,3 milioni), i costi finora affrontati dalla Bp, pari a 990 milioni di dollari. accadere, ma ammette che il rischio dovrebbe essere ridotto a uno su un miliardo.

Intanto, il regista James Cameron ha detto che la Bp ha rifiutato la sua offerta di aiuto per contrastare la marea nera. "In queste ultime settimane ho visto, come tutti noi, con crescente orrore e angoscia, quel che sta accadendo nel Golfo e ho pensato che

questi imbecilli non sanno quello che fanno", ha detto il regista di Avatar e Titanic, che è anche un esperto esploratore di acque profonde.

03 giugno 2010

 

 

 

2010-05-30

Marea nera, "top kill" ha fallito: scatta il Piano D. Obama preoccupato

Top Kill ha ufficialmente fallito. Tre giorni dopo l'ultimo tentativo di bloccare il petrolio all'origine della Marea nera nel Giolfo del Messico, British Petroleum ha annunciato che anche l'ultimo tentativo di intervento si è concluso senza esito. La società sta già pensando a un nuovo piano di intervento, che potrebbe essere pronto non prima di quattro giorni. In tanto, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha nuovamente espresso la sua grande preoccupazione ed ha avvertito sui rischi di una nuova opzione.

Dopo tre giorni di tentativi non siamo riusciti a a contenere la fuoriuscita" del petrolio. "Abbiamo deciso di provare con un'altra opzione": così il direttore delle operazioni, Doug Suttles ha annunciato questa notte il fallimento di 'Top Kill', ovvero l'operazione altamente delicata e senza precedenti a questa profondità (1.500 metri) consistita nell'inviare nel pozzo 35.000 barili di liquidi e fango per bloccare e il flusso di petrolio e poi cementare la falla.

Tutte le speranze adesso sono riposte nella nuova opzione che i tecnici di BP stanno cercando di mettere a punto. Si tratta, in particolare, di sistemare una sorta di tappo o di mini valvola sopra la super-valvola che non ha funzionato nello scorso mese di aprile, collegandolo alla nave di appoggio in superficie con cui si spera di catturare gran parte del greggio e del gas in uscita dal pozzo danneggiato 40 giorni fa. Un'operazione molto delicata. "È una manovra non priva di rischi, e questa è la ragione per cui non è stata tentata prima", ha però avvertito Obama da Chicago, dove si trova con la famiglia.

Il gigante americano è sottoposto ad una forte pressione da parte dell'opinione pubblica americana e dall'amministrazione Obama, che sta tentando in ogni modo di allontanare ogni paragone con la gestione dell'uragano Katrina da parte del suo predecessore George W.Bush.

Il presidente Barack Obama venerdì è volato nuovamente in Louisiana, lo Stato più colpito dalla marea nera da dove ha annunciato che "triplicherà gli effettivi" dispiegati nelle regioni costiere investite dalla catastrofe ecologica. Obama ha anche promesso agli abitanti della Louisiana che "non saranno lasciati soli" e che il governo lavorerà fino a quando la fuoriuscita non sarà fermata e tutte le spiagge ripulite.

Il disastro è cominciato lo scorso 20 aprile dopo l'esplosione della piattaforma off-shore Deepwater Horizon, di proprietà di Bp. Il colosso petrolifero ha da allora stimato la fuoriuscita in circa 800.000 litri di petrolio al giorno, ma un rapporto del governo diffuso due giorni fa ha trovato che l'entità del danno sarebbe molto più grave, da due a cinque volte tanto.

30 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-14

Marea nera, disastro dodici volte più grave

La quantità di greggio riversata nel Golfo del Messico dal pozzo sottomarino della Bp potrebbe essere dodici volte superiore a quanto stimato dalla compagnia petrolifera britannica: questa la conclusione alla quale sono giunti gli esperti che hanno esaminato il primo video della fuga di petrolio, le cui immagini sono state diffuse ieri.

Come riporta il quotidiano britannico The Guardian, il limite massimo potrebbe essere di 70mila barili giornalieri, contro i 5mila stimati dalla Bp: equivalenti a un disastro come quello causato dal naufragio della Exxon Valdez ogni quattro giorni. La Bp dal canto suo non cambia parere e si affida alle immagini satellitari e all'osservazione dell'acqua, ritenendo impossibile effettuare una stima affidabile in base alle immagini sottomarine.

Rispetto al disastro della "Exxon Valdez", nel 1989, la Casa Bianca sembra aver imparato una importante lezione: collaborare con le compagnie petrolifere per la soluzione del problema, anche se ciò limita la sua libertà di azione. Allora, come riporta il quotidiano statunitense The Washington Post, l'Amministrazione tenne la Exxon a dovuta distanza, limitandosi a discussioni su aspetti puramente tecnici: oggi, Casa Bianca e Bp sono costretti alla cooperazione, anche perché il successo o il fallimento delle iniziative del governo federale dipende dagli esperti e dalla tecnologia della compagnia.

Di qui la decisione di Washington - pur non avara di critiche verso la Bp, alla quale ha intimato di pagare i danni derivanti dal disastro - di insediare alcuni scienziati statunitensi nel quartier generale della compagnia a Houston, tra cui il direttore dell'Istituto di Rielvazione Geologica. Anche perché il Pentagono ha già fatto sapere di non avere alcun mezzo o strumento utile per affiancare o sostituire quanto la Bp ha già dispiegato nella zona, e dunque l'Amministrazione è di fatto costretta a fidarsi di quanto la compagnia sta già facendo. Secondo un sondaggio del Pew Center tuttavia quanto fatto finora non è sufficiente: per il 54% degli intervistati la reazione dell'Amministrazione al disastro è stata appena sufficiente o scarsa, percentuale che sale al 64% nel caso della Bp.

14 maggio 2010

2010-05-12

Obama tassa le compagnie petrolifere: un centesimo a barile contro l'inquinamento

Una tassa supplementare di un centesimo di dollaro a barile a carico delle compagnie petrolifere per finanziare la sicurezza: lo propone il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.

I fondi supplementari raccolti con la nuova tassa, stimati in 118 milioni di dollari l'anno, andranno in un fondo destinato a un programma di risposta ai rischi di marea nera. L'Amministrazione Obama suggerisce inoltre di alzare a 1,5 miliardi di dollari il tetto per gli indennizzi.

12 maggio 2010

 

 

 

2010-05-11

Usa, contro la marea nera in mare capelli e peli

di Rachele Gonnellitutti gli articoli dell'autore

Cercasi idee per fermare gigantesca falla in piattaforma di trivellazione marina. Siamo a questo, ormai, per il disastro Deepwater Horizon, l'impianto offshore andato a fuoco e crollato nel Golfo del Messico lo scorso 20 aprile e che continua a sversare nel mare 60 tonnellate di greggio al giorno. O forse persino il doppio - le potenzialità del pozzo sono pari a 150 tonnellate - con danni ancora imprevedibili sull'ecosistema marino e sull' economia del delta del Mississipi. L'esperimento di calotta in acciaio da cementare in profondità per il pompaggio del petrolio in una nave cisterna, tentato domenica, si è rivelato un fallimento totale. La calotta non è riuscita neppure a scendere giù, dove "erutta" la testa di pozzo. La Bp ha dato la colpa ad un inconveniente chimico: la creazione di cristalli di idrato che hanno fatto galleggiare il marchingegno come in una bolla.

VIDEO

La fiera dei rimedi

Doug Suttles, direttore operativo della compagnia petrolifera, ha detto che adessso saranno tentate "operazioni parallele", nel senso che non si sa più quali peschi prendere, morti o vivi che siano. Un'idea è quella di insufflare nel mare balle di fieno che tamponino il liquido oleoso in uscita. Un'altra è sotterrare la bocca del "vulcano" petrolifero in un cumulo di rifiuti: un tappo di pneumatici usati e altri materiali. Nel frattempo la Bp ha aperto sul suo sito una hotline per raccogliere i contatti di chiunque abbia una idea migliore. Si chiama "alternative response technology inquiry". Alcune idee sono già arrivate dal mare del web sulla pagina di Facebook che la Bp ha pure aperto. Un signore brasiliano - Forrest Guump è il nickname, con due u - che dice di aver lavorato a lungo in una compagnia petrolifera scozzese propone la sua esperienza. Un certo Donald consiglia di "sparare" con un'enorme fionda-gru un tubo più grande della bocca con un restringimento finale. E fin qui siamo al problema dei problemi, quello di come tappare l'immensa perdita.

Farsi uno shampo

Poi c'è il problema coste. Una organizzazione ambientalista, la Matter of Trust, si è mobilitata per diffondere un metodo in grado di assorbire il petrolio una volta arrivato sulle spiagge. Si usano capelli, peli di animali, crine, lana da cardare, che stanno in effetti arrivando a scatoloni da tutta l'America e dal Canada, per fabbricare con un tubo e una calza di nylon grossi salsicciotti simili a paraspifferi. In effetti se i capelli sono stati debitamente trattati con shampoo sgrassante, come viene consigliato nel video fai-da-te, i salsicciotti assorbono l'olio nell'acqua come feltri. Gli americani, ansiosi di poter contribuire a limitare i danni di questa catastrofe che sembra inarrestabile, hanno risposto in massa, tanto che l'associazione diretta da Lisa Gautier ha dovuto cercare un nuovo hangar per stoccare le tonnellate di salsiccie di peli e capelli arrivati da parrucchieri e singoli donatori da ogni parte degli States. Almeno questo sistema detto degli hair boom - per altro brevettato - dovrebbe avere migliori risultati dei boom di plastica arancione della Guardia Costiera, che pare non siano riusciti ad arginare del tutto la marea nera nonostante il doppio giro intorno alle Bretton Island, un'area pregiata di parco dove vanno a nidificare molte specie di uccelli, sul delta del Mississipi. Chiazze di olio sono state localizzate anche a Port Eads, ieri.

Gamberi e veleni

In attesa di un "piano B" dopo il fallimento della calotta di acciaio e cemento, la Bp ha avuto ieri l'ok dall'ente federale per la difesa dell' ambiente, l'Epa, per spruzzare solventi chimici in profondità in modo da nebulizzare il greggio. L'autorizzazione non era stata data finora perché molti studi scientifici dicono che questi prodotti sono risultati molto cancerogeni. Quindi la cura sarebbe persino peggiore del danno. Saranno probabilmente gli stessi pescherecci per gamberi noleggiati in queste settimane dalla Bp per avvicinarsi alla piattaforma crollata a disperdere ora i veleni che potrebbero dare il colpo definitivo alla un tempo florida industria dell'allevamento di crostacei in Louisiana. Un contrappasso, come in ogni inferno.

10 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-02

Marea nera, Obama in Louisiana

Per portare la solidarietà della Casa Bianca alle vittime della marea nera nel Golfo del Messico, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama fa un blitz a Venice, nel sud della Lousiana, tra le polemiche, e la relativa indifferenza della popolazione locale, la dichiarata impotenza del colosso petrolifero britannico BP e la prospettiva di una potenziale catastrofe evocata dal ministro dell'interno Ken Salazar. L'Amministrazione Usa viene accusata anche questa volta di essersi mossa troppo in ritardo, sottovalutando l'entità del dramma, come era successo nel 2005 per l'uragano Katrina ai tempi di George W. Bush, e soprattutto di essersi fidata quasi ciecamente dei petrolieri. Intanto, il greggio continua a fuoruscire dal pozzo gestito dalla Bp ad una trentina di miglia dal Delta del Mississippi, ad una profondità di oltre 1.500 metri.

La macchia nera si allarga e si sposta più a nord, minacciando oltre al fragile equilibrio delle paludi del Delta, anche le spiagge di Mississippi, Alabama e Florida, e nessuno sa esattamente cosa fare. Azionare il dispositivo che dovrebbe chiudere la falla è come "operare a cuore aperto a 1.500 metri di profondità con sottomarini telecomandati", spiega il presidente di Bp America Lamar McKay McKay, ammettendo che l'esplosione sulla Deepwater Horizon è stata provocata da una "attrezzatura che si è guastata". Una cupola di contenimento della perdita è in via di completamento e potrà entrare in funzione entro otto giorni. Ai talk show domenicali, il ministro dell'interno Ken Salazar, responsabile anche per l'ambiente, spiega che saranno necessari fino a tre mesi per scavare un nuovo pozzo di petrolio accanto a quello che non cessa di sgorgare, come un rubinetto aperto: è una delle soluzioni proposte dalla Bp per fermare il flusso di greggio. Ma su un punto Salazar non ha dubbi: la perdita è "potenzialmente catastrofica" e la priorità del governo federale nella battaglia contro la marea nera è di stare "col fiato sul collo" a Bp, la responsabile della maxi perdita, cui verrà poi chiesto di pagare il conto verosimilmente di svariati miliardi di dollari tra danni economici ed ambientati ed indennizzi.

Quella di Obama a Venice, annunciata sabato, è una visita lampo. Il presidente, una volta sceso dall'AirForceOne all'aeroporto di New Orleans, aveva un appuntamento al quartier generale della Guardia Costeria di Venice, seguito da una dichiarazione al pool di giornalisti che lo segue nei viaggi. A poche ore dall'arrivo del corteo presidenziale, Venice era tranquilla come i giorni precedenti. C'era soltanto più sicurezza, con maggiori controlli e la presenza di diverse auto della polizia nei pressi del quartier generale della Guardia Costiera, che si trova vicino ai cantieri della Halliburton. La scelta del luogo, almeno a prima vista, non sembra tra le più felici. La Halliburton, un colosso dell'energia, è ritenuta una delle società responsabili della marea, visto che secondo alcuni esperti avrebbe cementato male il pozzo, provocando la perdita. I pescatori con cui abbiamo parlato, ieri ed oggi, giudicano che Obama è venuto a Venice troppo tardi, mentre gli aiuti per Haiti, un paese straniero, sono stati immediati. Altri, tra cui gli avvocati che hanno avviato le class action contro Bp, Halliburton e la società svizzera proprietaria della piattaforma esplosa, la Transocean, si dicono convinti che la visita di Obama, ad alta carica simbolica, accelererà gli aiuti e accrescerà le pressioni su Bp.

02 maggio 2010

 

 

 

 

2010-04-30

 

 

 

 

 

 

2010-04-18

Nube di cenere, la situazione migliora. Verso riapertura spazio aereo italiano

Quarto giorno di paralisi oggi per il trasporto aereo in gran parte dell'Europa, e di grave congestione per quello ferroviario, mentre in Italia gli aeroporti del Nord vanno verso la riapertura, dopo esser rimasti chiusi da venerdì sera. Il nuovo possibile sviluppo per il traffico aereo italiano -- la chiusura è fissata al momento fino alle 8 di domattina -- è stato annunciato stasera da una nota dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) che ha comunicato come il più recente bollettino sullo stato della nube vulcanica islandese sullo spazio aereo del Nord Italia abbia "registrato un netto miglioramento che a breve potrebbe portare anche a una riapertura dei cieli al traffico aereo". L'ente aggiunge che attenderà il prossimo bollettino previsto alle 20 "per disporre l'eventuale riapertura dell'intero spazio aereo".

"Si lavora a soluzioni concrete per aprire progressivamente lo spazio aereo europeo". Lo ha detto il sottosegretario per gli Affari europei Diego Lopez Garrido parlando a nome della presidenza di turno spagnola della Ue. "Domani - ha aggiunto - metà dei voli sarà operativa in Europa perchè la nube si sta muovendo verso Nord Est".

Una qualche speranza per l'Europa arriva dai voli di prova effettuati senza passeggeri da alcune compagnie, che non hanno riscontrato danni ai velivoli. Anche l'Enac ha autorizzato oggi un volo di prova dell'Enav con un aereo che da Roma ha volato in gran parte del Nord per tornare a Ciampino dove verrà esaminato per verificare il suo stato dopo aver attraversato la nube. Parallelamente, l`aeronautica militare ha comunicato che le analisi condotte sulle Alpi, non hanno registrato traccia di

ceneri vulcaniche al suolo. Il ministro dei Trasporti britannico Andrew Adonis, ha annunciato che i colleghi dell'Ue analizzeranno i risultati dei test lunedì in una conference-call per valutare se lo spazio aereo possa essere riaperto nonostante la cenere del vulcano islandese. La polvere vulcanica è abrasiva è può danneggiare la superficie aerodinamica dei velivoli e paralizzare i motori.

I voli di verifica effettuati da alcune compagnie aderenti all'associazione delle aerolinee europee (Aea) "non hanno riscontrato alcuna irregolarità". È quanto afferma in una nota il segretario generale dell'Aea Ulrich Schulte-Strathaus. "Questo - ha aggiunto - conferma la nostra richiesta di esplorare altre opzioni per determinare i rischi reali" connessi alla nube di ceneri vulcaniche proveniente dell'Islanda e riesaminare lo stop ai voli

PROBLEMI ANCHE PER TRASPORTO FERROVIARIO

Il blocco aereo di mezza Italia ha causato di converso gravi problemi di congestione del traffico ferroviario, con le stazioni prese d'assalto e con Trenitalia che ha aggiunto ieri altri sei treni "Freccia Rossa" e che invita chi non ha già un biglietto, specie per destinazioni estere, a non recarsi neppure nelle stazioni. Gravi problemi anche allo scalo di Fiumicino, che pure resta aperto, con 500 voli cancellati oggi. Telenews segnalava oggi lunghe code di passeggeri in fila ai banchi delle varie compagnie, per cercare di poter avere informazioni o riprenotarsi sui primi voli utili" mentre "c'è chi è già da due o tre giorni in aeroporto".

British Airways e l'irlandese Air Lingus hanno sottolineato l'estrema incertezza su una qualche riapertura degli spazi aerei, cancellando tutti i loro voli per domani. Ryanair ha comunicato di aver cancellato tutti i suoi voli per l'Europa settentrionale almeno sino a mercoledì. La compagnia olandese Klm ha comunicato di aver fatto volare un Boeing 737-800 all'altitudine regolare di 10 chilometri fino a un massimo di 13 chilometri. La tedesca Lufthansa ha detto di aver fatto volare 10 aerei da Francoforte a Monaco fino a una altitudine di 8 chilometri. Klm ha detto che l'ispezione dopo i voli non ha evidenziato alcun danno né pericolose concentrazioni di polvere. Positiva anche l'ispezione effettuata da Lufthansa. Oltre all'Italia, anche la Francia ha effettuato oggi un volo di prova. L'associazione dei piloti olandesi ha dichiarato di ritenere che sia possibile una parziale ripresa dei voli nonostante l'eruzione del vulcano islandese continui a diffondere colonne di polvere nei cieli.

Per assistere i passeggeri bloccati agli aeroporti di Ciampino e Fiumicino, la Protezione civile della Regione Lazio, con le

associazioni di volontariato ad essa legate, sta prestando assistenza, distribuendo bottigliette d'acqua, generi di prima necessità e mettendo a disposizione brandine e coperte per la notte.

Affollate, intanto, le stazioni ferroviarie, specialmente di Roma e Milano, per la la massiccia presenza di turisti stranieri alla ricerca di una soluzione di viaggio in treno che li riconduca nelle loro città. Trenitalia ha smentito l'esistenza di un 'caos-ferroviè, spiegando che "si tratta di file disciplinate, pazienti e composte, senza nessun episodio di insofferenza e, tantomeno, di caos": però, tutti i collegamenti internazionali diretti di Trenitalia sono esauriti fino al 23 aprile e quindi la società rinnova l'invito di rivolgersi alle biglietterie di stazione soltanto se diretti verso località nazionali.

La nube di cenere eruttata dal vulcano islandese è già arrivata a lambire marginalmente la Toscana, spostandosi dal parallelo

Liguria-Emilia Romagna e, nei prossimi giorni, potrebbe arrivare a toccare tutta l'Italia: nessun rischio, garantisce il ministero

della Salute, per la salute dalle ceneri.

 

 

PERCORSI TORTUOSI

L'emergenza ha costretto molti viaggiatori a trovare tortuosi percorsi alternativi per raggiungere le destinazioni prefissate. Il giornalista Reuters Mark Meadows ha volato per due giorni per arrivare da San Pietroburgo a Roma, via Istanbul e Atene, e poi in treno fino a Milano. La Spagna, alla presidenza di turno della Ue, ha convocato un vertice in videoconferenza fra i ministri dei Trasporti Ue per domani. Oggi comunque la paralisi ha riguardato gran parte dell'Europa, ponendo crescenti problemi per l'economia -- in particolare per le compagnie aeree che perdono più di 200 milioni di dollari al giorno -- e per migliaia di passeggeri rimasti a terra in tutto il mondo. L'Agenzia europea per il controllo aereo, Eurocontrol, ha comunicato che oggi si sono effettuati in Europa solo 4.000 voli sui 24.000 che vengono effettuati normalmente. Aggiungendo che da giovedì scorso sono stati cancellati in Europa un totale di 63.000 voli.

Il blocco non ha avuto conseguenze solo in Europa. In Asia sono state cancellate decine di voli per il vecchio continente, con gli hotel da Pechino a Singapore che spesso non sono riusciti ad accogliere tutti i passeggeri rimasti a terra. Più di 4 voli su 5 delle compagnie aeree Usa da e per l'Europa sono stati cancellati ieri. La società FedEx ha detto che più di 100 voli FedEx Express partiti per l'Europa sono stati fatti tornare indietro, hanno cambiato destinazione o sono stati cancellati. Molte nazioni, fra le quali Austria, Gran Bretagna, Francia, Danimarca e Svezia, hanno chiuso completamente i loro spazi aerei fino a domani. Gli aeroporti russi sono rimasti aperti invece.

Gli esperti meteorologi hanno dichiarato che la direzione dei venti è tale da non rendere probabile che la nube si sposti di molto sino alla seconda metà della settimana. Ci si attende che la nube diventi più concentrata fra martedì e mercoledì, ponendo una maggiore minaccia per i voli, ma interessando un'area meno vasta. Per alcuni operatori economici, oltre le compagnie aeree, il blocco ha già iniziato a provocare danni. Gli esportatori kenyani di fiori hanno comunicato di star già perdendo oltre 2 milioni di dollari al giorno. Il caos aereo di questi giorni è il peggiore dagli attentati dell'11 settembre 2001.

LEADER MONDIALI BLOCCATI E TIMORI PER ECONOMIA

La nube ha obbligato diversi leader mondiali ha modificare i loro piani di viaggio. Il presidente Usa Barack Obama, il cancelliere tedesco Angela Merkel e altri hanno annullato i loro viaggi in Polonia per i funerali del presidente polacco Lech Kaczynsky, fra le vittime dell'incidente aereo in Russia la settimana scorsa. L'eruzione vulcanica islandese sembrava essersi attenuata ieri ma, secondo le autorità, potrebbe andare avanti ancora per giorni o persino mesi. A meno che la nube non blocchi il traffico aereo per settimane, minacciando le forniture per le fabbriche, gli economisti non ritengono che questo disastro naturale possa rallentare significativamente la debole ripresa dell'Europa dalla recessione o influenzare sostanzialmente i dati del prodotto interno lordo del secondo trimestre. Ma se lo spazio aereo dovesse essere chiuso per mesi, una economista -- Vanessa Rossi di Chatman House -- le sole perdite nei settori viaggi e turismo potrebbe abbassare di 1-2 punti percentuali la crescita dell'area. Le previsioni di crescita per l'Europa erano di 1-1,5% per il 2010. Oltre ai problemi al traffico aereo, le autorità sanitarie mondiale hanno detto che la polvere vulcanica potrebbe causare danni alle persone con difficoltà respiratorie.

NO RISCHIO SALUTE MA PARTONO CONTROLLI. Non servono le mascherine: per evitare che l'arrivo della nube del vulcano islandese possa provocare preoccupazioni ingiustificate il ministero della Salute lancia un messaggio chiaro. "Non esistono rischi per la salute" spiega in una nota annunciando l'avvio di un monitoraggio, assieme al ministero dell'Ambiente e agli organismi preposti, per controllare ogni effetto sulla popolazione.

SPAZI AEREI CHIUSI. Gran parte dell'Europa ha messo in atto una vasta area interdetta al volo a causa della nube di cenere provocata dall'eruzione di un vulcano islandese, che offusca i cieli in gran parte del continente provocando il peggior caos nei trasporti aerei dall'11 settembre 2001. Questa una liste dei Paesi colpiti:

AUSTRIA - Spazio aereo chiuso fino almeno alle 2 di notte.

BELGIO - Spazio aereo chiuso fino almeno alle 20 di oggi, la principale linea aerea, Brussels Airlines, ha cancellato tutti i voli sino a lunedì.

BULGARIA - Aeroporti Sofia e Plovdiv riaperti. Altri scali chiusi. Permessi voli di transito a 8.000 metri di altitudine.

DANIMARCA - Spazio aereo chiuso sino alle 2 della notte fra oggi e domani.

ESTONIA - Spazio aereo chiuso sino a domani.

FINLANDIA - Spazio aereo chiuso sino almeno alle 17 di domani.

FRANCIA - Gli scali di Bordeaux, Marsiglia, Nizza, Tolosa e altre città sudoccidentali restano aperti sino almeno alle 15 di domani, Gli aeroporti a Nord chiusi sino a martedì mattina.

GERMANIA - Riaperti alcuni scali per voli verso est e verso nord.

GRAN BRETAGNA - Spazio aereo chiuso almeno fino alle 8 di domani. British Airways ha cancellato tutti i voli per domani. IRLANDA - Spazio aereo chiuso sino almeno alle 14 di oggi. Ryanair ha cancellato tutti i voli da e per il Nord Europa fino a mercoledì mattina.

ITALIA - Chiuso spazio aereo Italia settentrionale sino alle 8 di domani.

LETTONIA - Spazio aereo chiuso sino a domani.

LITUANIA - Spazio aereo chiuso a tempo indeterminato.

LUSSEMBURGO - Spazio aereo chiuso sino alle 18 di oggi.

NORVEGIA - Spazio aereo aperto per un traffico limitato in alcune zone a nord di Kristiansand. I principali aeroporti nelle Norvegia meridionale, come quelli di Oslo, Stavanger e Bergen sono ancora chiusi.

OLANDA - Spazio aereo chiuso almeno fino alle 20 di oggi.

POLONIA - Riaperti sei scali, tra cui Varsavia, per i voli commerciali.

PORTOGALLO - Aeroporti aperti per tutte le destinazioni tranne l'Europa settentrionale.

REPUBBLICA CECA - Spazio aereo chiuso almeno fino alle 12 di domani

RUSSIA - Aperti tutti gli aeroporti.

SLOVACCHIA- Spazio aereo chiuso da venerdì.

SPAGNA - Tutti gli scali hanno riaperto. SVEZIA - Spazio aereo chiuso oggi.

SVIZZERA - Spazio aereo chiuso almeno sino alle 14 di domani.

UCRAINA - L'aeroporto di Kiev è di nuovo aperto.

UNGHERIA - Spazio aereo chiuso sino almeno alle 12 di domani, anche se con alcune eccezioni.

18 aprile 2010

 

 

 

 

 

Cenere ancora nei cieli

Gli effetti delle ceneri del vulcano islandese Eyjafjallajkull, dopo aver chiuso i cieli d'Europa, si fanno sentire anche in Italia dove numerosi sono stati i disagi che hanno colpito migliaia di viaggiatori. L'Enac ha infatti disposto di estendere l'interdizione al volo in tutto il Nord fino alle otto di lunedì mattina. Insieme agli scali chiusi, o trasformati in bivacco, nell'occhio del ciclone anche le stazioni delle principali città italiane, dove i treni sono stati presi d'assalto. Una situazione che ha fatto lanciare un grido d'allarme al ministro dei Trasporti, Altero Matteoli: mettersi in viaggio -ha detto- solo per effettive necessità.

Trenitalia, da parte sua, ha raccomandato ai viaggiatori di recarsi in stazione solo se diretti verso località nazionali. Per l'estero -é stato precisato dalla società- i posti sono già tutti esauriti e non c'é possibilità di organizzare treni straordinari. Convocato poi per domani mattina il Comitato operativo della Protezione Civile. La chiusura degli aeroporti ha avuto ripercussioni immediate negli scali milanesi di Malpensa e Linate non solo sui viaggiatori, ma anche tra dove i lavoratori di terra che sono stati messi in ferie e cassa integrazione - la cig era già in corso - da stasera e per due giorni. A centinaia sono stati annullati i voli in partenza e arrivo (455 a Malpensa, 200 a Linate, 462 a Fiumicino e Ciampino) e di conseguenza migliaia di passeggeri hanno dovuto trovare alternative al viaggio, o, in certi casi, prepararsi a trascorrere la notte in aeroporto. A Fiumicino la Protezione Civile ha allestito brandine da campo. In alcuni casi, le alternative al viaggio aereo si sono trasformate in vere e proprie 'odissee', come per la Cancelliera Angela Merkel. In questa situazione sono state prese d'assalto le stazioni. A Fiumicino gia' per l'intera mattinata sono decine i voli cancellati mentre, sin dalle prime ore del mattino, oltre duecento passeggeri sono in fila ai banchi delle varie compagnie, per cercare di poter avere informazioni o riprenotarsi sui primi voli utili, quando la situazione potra' sbloccarsi. C'e' chi e' gia' da due o tre giorni in aeroporto, chi dopo aver trascorso la notte in albergo vi e' tornato stamattina. Raccontano alcuni di ''aver provato a prenotare auto a noleggio ma ci hanno detto che e' tutto pieno''. ''Devo andare a S.Pietroburgo - spiega un viaggiatore russo - non ho trovato finora alternative. Intanto, cerco di riprenotarmi sul primo volo che potra' partire, almeno spero''. Circa duecento persone hanno invece pernottato su altrettante brandine, allestite dalle decine di volontari delle varie associazioni di protezione civile nella hall del Terminal 2. ''Il picco massimo di persone che hanno riposato qui - raccontano i volontari - c'e' stato intorno alle 2 della scorsa notte. Oggi ci prepariamo a fare arrivare, in caso sia necessario, altre scorte di generi di conforto, acqua, ecc. e altre brandine''. Altri gruppetti di viaggiatori hanno invece bivaccato nelle hall delle altre aerostazioni, sui sedili.

A Bologna le file hanno creato lunghi tempi di attesa. A Firenze sono servite anche tre ore di coda per acquistare i biglietti e mettersi in viaggio. A Roma il flusso dei viaggiatori è aumentato del 60%. A Milano esauriti i collegamenti per il Nord Europa: uno tsunami di prenotazioni per Mosca, Stoccolma, Berlino. Rafforzata la tratta 'Frecciarossa' Roma-Milano, con fermata Bologna. Muoversi in treno è l'unica alternativa possibile, insieme a auto e corriere prese addirittura a noleggio da viaggiatori disperati. Gli unici voli consentiti, sono quelli militari, di emergenza e di Stato. Alcuni aeroporti, come quello di Palermo, hanno dovuto accogliere voli da Dakar e Mauritius che, per il black-out dei cieli, non avrebbero potuto raggiungere la loro destinazione originaria. Per quanto riguarda i rischi per la salute, il Dipartimento della protezione civile ha fatto sapere che per ora non c'é allarme. Anche il Ministero della Salute sta monitorando la situazione e ritiene che non ci siano rischi.

Dopo l'estensione dello stop dei voli sul Nord Italia decisa dall'Enac, l'Alitalia ha comunicato la cancellazione, fino alle ore otto di lunedì 19, dei propri voli da e per Milano Malpensa, Milano Linate, Torino, Genova, Bergamo, Verona, Trieste, Venezia, Bologna, Ancona, Pisa e Firenze. Restano inoltre sospesi i collegamenti Alitalia da e per Londra, Bruxelles, Parigi Amsterdam, Francoforte, Monaco, Vienna, Varsavia, Budapest, Bucarest, Ginevra, Mosca, San Pietroburgo e Kiev. A tutti i passeggeri coinvolti dalle cancellazioni, Alitalia ed Air One garantiscono il rimborso integrale del biglietto in caso di rinuncia a voli alternativi o la possibilità di riprogrammare il volo, senza alcuna penale, entro il 31 maggio.

- SITUAZIONE SENZA PRECEDENTI. Solo ieri, secondo i dati diffusi da Eurocontrol, sono stati cancellati 17.000 voli sui 22.000 che, in un sabato qualunque, attraversano i cieli europei. La quota di cancellazioni è così salita al 73%, contro il 63% registrato ieri, quando sono stati effettuati 10.400 collegamenti sui 28.000 previsti. Pesanti anche i disagi sulle rotte transatlantiche. Dei 300 voli che quotidianamente approdano in Europa sorvolando l'oceano Atlantico, ieri ne sono arrivati a destinazione solo 73. Ed anche decine di voli in partenza dall'Asia per scali europei sono stati cancellati.

- NO RISCHIO SALUTE MA PARTONO CONTROLLI. Non servono le mascherine: per evitare che l'arrivo della nube del vulcano islandese possa provocare preoccupazioni ingiustificate il ministero della Salute lancia un messaggio chiaro. "Non esistono rischi per la salute" spiega in una nota annunciando l'avvio di un monitoraggio, assieme al ministero dell'Ambiente e agli organismi preposti, per controllare ogni effetto sulla popolazione.

- SPAZI AEREI RESTANO CHIUSI. La nube formata dalle ceneri vulcaniche islandesi, secondo Eurocontrol, è destinata a restare più o meno stabilmente su gran parte dell'Europa anche nelle prossime ore. Le previsioni meteorologiche indicano che potrebbe esserci un suo granduale spostamento verso Sud-Ovest, cioé verso il Mediterraneo e i Pirenei. Ieri sono rimasti totalmente chiusi gli spazi aerei di Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Gran Bretagna, Lituania, Lettonia, Finlandia Ungheria, Olanda Norvegia, Polonia, Romania, Serbia, Slovenia, Slovacchia, Svezia, Svizzera, Ucraina. Ma anche quelli del Nord Italia, di gran parte della Francia e della Germania. A questi si sono poi aggiunti nel pomeriggio la Serbia, la Bosnia-Erzegiovina e il Montenegro. Al momento resta aperto solo lo spazio aereo sull'Europa meridionale in un'area che va dalla Spagna meridionale all'Italia del Sud alla Grecia e alla Turchia.

- GB, SPAZIO AEREO CHIUSO FINO A STASERA. E' stata prolungata fino alle 18 di oggi ora locale (le 20 in Italia) la chiusura dello spazio aereo della Gran Bretagna alla maggior parte dei voli, a causa della nube di cenere sprigionata da un vulcano islandese. Lo hanno annunciato le autorità per il controllo aereo.

- GERMANIA, SPAZIO AEREO CHIUSO FINO ALLE 20. La chiusura dello spazio aereo sui cieli tedeschi è stata prolungata fino alle 20:00 di oggi (ora locale e italiana) a causa delle ceneri derivanti dall'eruzione del vulcano islandese. Lo hanno annunciato fonti dell'Agenzia tedesca per la sicurezza aerea. Paralizzati quindi i 16 aeroporti internazionali di Germania con decine di migliaia di passeggeri che restano a terra.

- OLANDA, SPAZIO AEREO CHIUSO FINO ALLE 14. Lo spazio aereo dell'Olanda resterà chiuso oggi almeno fino alle 14:00 ora italiana a causa della nube di cenere sviluppatasi in seguito all'eruzione del vulcano islandese che sta attraversando - nel quarto giorno di emergenza - il continente europeo. Lo ha reso noto l'aviazione civile olandese.

- FINLANDIA, NIENTE VOLI FINO A 17 DI DOMANI. La Finlandia non autorizzerà alcun volo sul suo spazio aereo fino a domani alle 17:00 (ora italiana), ritenendo che la nube di ceneri vulcaniche sprigionatesi in seguito all'eruzione in Islanda, resterà al di sopra del paese per parecchi giorni. Lo ha annunciato Finavia.

- BULGARIA CHIUDE TUTTO SPAZIO AEREO. La Bulgaria ha chiuso per intero il suo spazio aereo a partire dalle 08:00 (ora italiana) a causa dell'eruzione del vulcano islandese. Lo ha annunciato il ministero dei Trasporti Ieri la chiusura era stata parziale e aveva interessato la zona a nord della catena dei Balcani, senza coinvolgere l'aeroporto di Sofia. Per questo motivo, ha annunciato la presidenza bulgara, il presidente Gheorghi Parvanov che avrebbe dovuto partecipare ai funerali del presidente polacco Lech Kaczynski a Cracovia, ha annullato la visita.

- DANIMARCA, SPAZIO AEREO CHIUSO FINO A 2. Lo spazio aereo danese restera' chiuso fino a questa notte alle 02:00 (ora locale e italiana) a causa della nube di cenere sprigionatasi dall'eruzione del vulcano islandese. Lo ha annunciato Naviair.

18 aprile 2010

 

 

 

 

2010-04-17

Cenere ancora nei cieli: chiude l'Italia del nord fino a lunedì

Non migliora la situazione meteorologica sui cieli del nord Italia, occupati da parte della nube di cenere vulcanica fuoriuscita dal vulcano islandese Eyjafjallajökull. Il blocco dei voli nel Nord Italia, che doveva terminare questa sera alle 20, è stato prorogato dall'Enac sino alle 8 di lunedì mattina, anche se fortunatamente non è necessario procedere all'allargamento del blocco per ulteriori spazi aerei italiani.

Restano dunque chiusi gli aeroporti situati nel Nord Italia, tra la Liguria e l'Emilia Romagna: nessuna chiusura si prospetta, invece, per l'aeroporto di Fiumicino, che resta aperto al traffico pur registrando un elevato numero di cancellazioni e ritardi dei voli: erano 198 nel primo pomeriggio tra arrivi e partenze, voli di Ciampino compresi. La nube di cenere vulcanica, infatti, non accenna a spostarsi e continua a ristagnare sopra l'Italia del Nord. Inoltre, spiega il dipartimento della protezione civile, che sta costantemente monitorando la situazione con un tavolo tecnico, il vulcano continua a "fare il suo" e quindi questa situazione potrebbe durare più del previsto.

Oltre agli aeroporti del Nord Italia, chiusi al traffico, pesanti disagi si registrano in tutti i principali scali italiani, che subiscono ripercussioni dovute alla chiusura degli scali del nord e di quelli europei: oltre le 198 cancellazioni tra Fiumicino e Ciampino, all'aeroporto internazionale di Catania 43 voli tra gli arrivi e 48 tra le partenze in direzione e dal nord Italia sono stati cancellati. Sette voli tra arrivi e partenze da e per il Nord Italia e le destinazioni europee sono stati cancellati all'aeroporto dello Stretto di Reggio Calabria e 27, sempre in totale, sono stati cancellati all'aeroporto di Lamezia Terme. Ancora, 104 al momento i voli cancellati, tra arrivi e partenze, all'aeroporto napoletano di Capodichino, mentre nell'aeroporto di Bologna, chiuso come tutti gli aeroporti del nord Italia su decisione dell'Enac fino alle 20 di oggi, a causa del perdurare della nube vulcanica emessa dal vulcano islandese, alle 12 circa erano stati cancellati 113 voli, di cui 51 in arrivo e 62 in partenza. La compagnia irlandese Ryanair ha cancellato tutti i voli di oggi, fatta eccezione per i voli interni spagnoli e per pochi altri, come quelli Tangeri-Madrid, Malta-Madrid, Porto-Bordeaux, Girona-Alghero, Porto Madrid, Bari-Valencia, Malta-Bari, Malta-Pisa e Girona-Trapani.

Oltre ai pesanti disagi per i cittadini, il blocco dei voli potrebbe causare danni ingenti anche all'economia italiana: in particolare, se non dovesse risolversi nel giro di tre quattro giorni, lo stop rischia di diventare una vera e propria "batosta" per il settore alimentare dell'import-export, spiega Claudio Rotti, presidente di Aice, l'associazione italiana commercio estero aderente a Confcommercio. E, secondo il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, il blocco dei voli negli aeroporti del Nord Italia ha delle conseguenze "immediate e rilevanti sulle compagnie aeree, sulla gestione aeroportuale o su alcuni settori che esportano via aereo merci deperibili". La Coldiretti lancia l'allarme per le merci più deperibili, come la mozzarella e le fragole, che in questo momento si stanno raccogliendo nei campi insieme alle altre primizie di stagione. Intanto, per decongestionare la circolazione e alleviare i disagi, le Ferrovie, di concerto con il ministero delle Infrastrutture e Trasporti, hanno potenziato, per questo fine settimana, i collegamenti tra il Nord Italia e il resto del Paese.

17 aprile 2010

il SOLE 24 ORE

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2010-08-04

Bp: "Pozzo chiuso definitivamente"

Cronologia articolo4 agosto 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2010 alle ore 09:03.

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L'operazione "static kill", finalizzata a tappare il pozzo di petrolio che ha originato la marea nera nel Golfo del Messico, ha raggiunto "l'obiettivo perseguito". Lo ha annunciato la British Petroleum (Bp). "La pressione del pozzo è ora contenuta dalla pressione idrostatica dei fanghi iniettati, che era l'obiettivo perseguito dall'operazione", ha dichiarato il gruppo in un comunicato. Il metodo "static kill" consiste nel pompare una miscela di fango e cemento per "stroncare" il pozzo Macondo, completando la messa in funzione dei pozzi di soccorso.

L'operazione prevede la chiusura definitiva del pozzo cementandolo dall'interno: senza rimuovere il tappo, i tecnici calano fango e cemento da una delle imbarcazioni che si trovano in superficie. Si tratta di una tecnica abituale per il settore petrolifero, ma mai sperimentata a queste profondità. L'operazione richiede un minimo di 24 ore per essere portata a compimento. Solo allora, quando il pozzo sarà "tappato" dall'interno, si potrà dire che la fuga di petrolio più grave di sempre ha smesso di far paura.

L'unità di crisi della Casa Bianca e i tecnici della BP, insieme al team di scienziati e ingegneri che da mesi lavorano sull'emergenza, ieri ha reso noto ufficialmente il bilancio definitivo dell'emergenza ambientale più grave di sempre, almeno per quanto riguarda le fughe di petrolio. Il comunicato parla di settecentottanta milioni di litri di petrolio: quasi 5 milioni di barili. Un mare. Nel Golfo del Messico è fuoriuscita una quantità pari a 53 mila barili di petrolio al giorno. Sgorgando dal fondo del mare ad una profondità di 1.500 metri, quella fuga di petrolio è continuata inesorabile dal 22 aprile (giorno in cui la Deepwater Horizon è affondata) fino al 15 luglio.

Quel giorno i tecnici della BP sono riusciti, dopo tre tentativi falliti, a mettere un "tappo" così forte da riuscire a contenere il greggio. Un tappo alto 16 metri e pesante 80 tonnellate. Da allora il petrolio ha smesso di uscire. Ma per i precedenti 85 giorni aveva rovesciato in mare dai 50 ai 60 mila barili di petrolio al giorno. Che hanno avvelenato acque e terre, paludi e spiagge, animali e uomini, obbligando le autorità a vietare la pesca e le attività turistiche. Inizialmente BP parlò di perdite contenute tra i 1.000 e i 5.000 barili. Oggi, a tre mesi di distanza, ecco le cifre ufficiali. Sono dieci volte superiori. "Si tratta della più grave fuga di petrolio conosciuta dall'uomo - ha commentato Ian R. MacDonald, professore di Oceanografia presso la Florida State University -. Temo che nell'ecosistema continueremo a pagare le conseguenze di questo disastro per il resto della nostra vita". Di quel petrolio sono stati recuperati circa 800mila barili, pari a 127 milioni di litri. Il resto è stato disperso dall'impiego di oltre 7 milioni di litri di solventi oppure è finito assorbito nell'ecosistema.

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2010-08-03

BP nel Mediterraneo. Quel mare sia davvero nostrum

Cronologia articolo03 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 08:05.

Ha ragione il ministro Prestigiacomo a dire che i 21 paesi che si affacciano sul Mediterraneo devono parlare "con una voce sola" sulle trivellazioni Bp al largo della Libia (si veda a pag. 11). L'unico antidoto a un eventuale, inauspicabile disastro in stile Deepwater, infatti, non può essere che fare massa critica. Lo richiedono due elementi. Da un lato il profilo geografico del contesto: il Mediterraneo è un piccolo lago al confronto del Golfo del Messico, nessuna corrente a spazzare eventuali perdite, irreversibili gli eventuali danni a flora e fauna. Il secondo elemento è che il Mediterraneo è res nullius, mare di tutti e di nessuno, luogo di mezzo tra Africa, Medio Oriente ed Europa.

Privo perciò di un'autorità regolatoria che possa attuare controlli e irrogare sanzioni. Un vuoto politico che lascia aperto un margine di rischio fin troppo elevato, come questo giornale per primo ha fatto notare. L'Europa si muova, dunque. E l'Italia stia in prima fila. Come per la nube che in aprile ha bloccato i cieli, è difficile mettere paletti agli elementi naturali, e far funzionare authority che esistono solo su carta. A maggior ragione se queste authority non esistono affatto.

 

 

 

 

2010-07-28

La marea nera si sta ritirando più in fretta del previsto

Cronologia articolo28 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2010 alle ore 16:08.

La macchia di petrolio che galleggia sulla superficie delle acque del Golfo del Messico si sta ritirando più in fretta del previsto. Restano chiazze sparse e palle di catrame flottanti, spiega un reportage del New york times, che ha sorvolato l'area.

Tra le persone intervistate c'è John Amos, presidente di SkyTruth, un gruppo ambientalista, stima che l'ampiezza della marea nera si sta riducendo e da circa due settimane la falla ha smesso di distribuire petrolio alle acque dell'oceano. "Il petrolio non ha vita infinita in superficie - ha spiegato dopo aver osservato le immagini del radar - la macchia si sta ritirando rapidamente".

La dissoluzione della marea nera potrebbe ridurre i danni agli animali e alle coste, ma restano un mare di incertezze. L'effetto sulla vita nelle acque di grandi quantità di petrolio dissolto sotto la superficie è ancora un mistero. Due rapporti del governo hanno trovato basse concentrazioni di composti tossici nelle acque profonde, ma sono rimaste questioni aperte, come un apparente declino dei livelli di ossigeno nell'acqua.

Gli scienziati ci metteranno anni a comprendere gli effetti della marea sulle coste che sono state colpite, tra cui le paludi costiere della Louisiana. I pescatori lungo la costa sono profondamente scettici su tutte le dichiarazioni di successo, esprimendo preoccupazione per gli effetti a lungo termine dei disperdenti chimici usati per combattere la fuoriuscita del petrolio e sugli effetti in profondità, in particolare sulle larve di gamberi e granchi che sono la base per le stagioni di pesca future.

Dopo 86 giorni di perdita, la falla è finalmente fermata il 15 luglio, quando Bè è riuscita a installare un cappuccio aderente sul fondo del mare, e poi, a poco a poco, ha chiuso una serie di valvole. La procedura per la chiusura completa, ovvero lo scavo di due pozzi adiacenti, sarà completata nelle prossime settimane. Fino a quel giorno il rischio c'è.

Gli scienziati avanzano diverse ipotesi sulla rapida ritirata del petrolio in superficie: le recenti tempeste, con forte vento, il lavoro fatto da Bp e il governo con 4mila barche e diverse operazioni, tra cui l'incendio del greggio in superficie, il lavoro naturale dei batteri. Le preoccupazioni per l'ecosistema del Golfo, comunque, restano. In particolare per i danni nelle acque profonde.

 

 

 

 

 

2010-07-26

L'Europa vara sanzioni severissime contro l'Iran nel tentativo di fermare la sua corsa al nucleare

di Antonio Pollio SalimbeniCronologia articolo26 luglio 2010Commenti (5)

Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2010 alle ore 20:18.

Stop a nuovi investimenti, assistenza tecnica o trasferimenti di tecnologie nei settori del gas e del petrolio, in particolare per la raffinazione e la liquefazione del gas; rafforzamento dei controlli del traffico merci sia aeree che navale; scambi commerciali più difficili; elenco dettagliato di banche, assicurazioni e società di trasporto con le quali sarà limitata l'operatività; autorizzazione speciale per transazioni finanziarie superiori a 40mila euro con l'Iran. Sono queste le novità delle sanzioni contro l'Iran decise oggi dai ministri degli esteri europei, sanzioni di un'ampiezza senza precedenti che vanno al di là di quanto già deciso dall'Onu.

L'obiettivo della stretta è riportare l'Iran a un negoziato serio sul programma di arricchimento dell'uranio per scongiurare il pericolo che si doti della bomba atomica. Il fatto che ieri Teheran abbia annunciato di essere pronta a riprendere immediatamente i negoziati a Vienna sulla proposta di scambio di combustibile nucleare avanzata in maggio con Turchia e Brasile, non ha convinto i ministri degli esteri a cambiare posizione. Quella proposta era già stata giudicata del tutto insufficiente e, in ogni caso, Stati Uniti e Australia hanno già preso misure simili a quelle europee, il Canada è atteso al nastro di partenza.

Per l'Iran le sanzioni nel settore del gas e del petrolio hanno, come è ovvio, un peso particolare: l'Iran è il quarto produttore mondiale di petrolio, ma importa fino al 40% della benzina di cui ha bisogno a causa della debolezza del settore raffinazione. Negli annessi alla decisione adottata oggi, ha indicato una fonte diplomatica, sono evidenziate "in modo estremamente dettagliato quali soggetti iraniani – banche, società di assicurazione, di trasporto navale e cargo – sono bloccati: una volta che sarà pubblicata scatta l'obbligo legale di rispettarla".

Il dibattito tra i ministri sul più importante "pacchetto" di sanzioni mai adottato contro l'Iran e qualsiasi altro paese dalla Ue è stato piuttosto intenso. Secondo Franco Frattini le sanzioni contro l'Iran sono "necessarie per persuadere Teheran" ad avviare nuovi negoziati, "non sono una punizione". Il ministro degli esteri svedese Carl Bildt, invece, ha accettato la decisione Ue con scetticismo indicando che "gli americani hanno avviato sanzioni dal 1979 senza molti risultati e ora noi andiamo oltre; le sanzioni hanno degli inconvenienti, tendono a rafforzare i "cattivi", in particolare le reti di contrabbando spesso vicini al regime".

 

 

 

 

 

La rivoluzione verde di Obama svanisce proprio mentre la Cina fa il suo gran balzo in avanti

di Luca SalvioliCronologia articolo26 luglio 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2010 alle ore 19:32.

Uscito sconsolato dalla riunione a porte chiuse con i democratici del Senato, il senatore John Kerry ha dovuto ammettere: "Non abbiamo i voti". La matematica non lascia scampo. Per fare passare al Senato il Clean Energy Jobs and American Power Act, approvato più di un anno fa dalla Camera con il nome Climate and Energy Bill, occorrevano 60 voti. "Non abbiamo trovato un solo repubblicano disposto a votare il provvedimento", ha aggiunto il capogruppo democratico Harry Reid.

La conta, nelle ultime settimane, è spesso cambiata, ma il risultato non ha mai raggiunto 60. Anche nelle file dei democratici diversi senatori (in particolare quelli degli stati dove si estrae carbone) non hanno dato la disponibilità. Al Senato arriverà una versione sostanzialmente vuota del pacchetto. Sparisce la parte più rilevante, ovvero il taglio delle emissioni di CO2 del 17%, rispetto ai valori del 2005, entro il 2020. Una cifra bassa rispetto al target europeo, che punta a una riduzione del 20% entro il 2020 ma partendo dai livelli del 1990, dove le emissioni erano inferiori al 2005. Comunque una svolta per un paese che proprio nel 1990 si rifiutò di ratificare il protocollo di Kyoto.

Richard Caperton, analista di politiche energetiche del think-tank liberal "Center for American Progress", in un'intervista al Sole24ore.com del 6 maggio scorso aveva sottolineato i rischi rappresentati della marea nera per la politica energetica di Obama. Il presidente degli Stati Uniti ha fatto della green economy uno dei principali cavalli di battaglia della campagna elettorale che l'ha portato alla Casa Bianca. E' stato preso come riferimento un po' in tutto il mondo per una trasformazione del paradigma energetico che facesse leva sul sole e sul vento per creare migliaia di posti di lavoro e ridurre la dipendenza dalle fonti fossili. Proprio il petrolio ha impelagato a sorpresa Obama nelle acque profonde del Golfo del Messico, dove l'esplosione della piattaforma di Bp ha disastrato le coste di Florida e Louisiana e assunto una valenza politica.

Per convincere i senatori più ostici, Obama aveva sospeso la moratoria sulle trivellazioni offshore imposta nel 1969 in America dopo un disastro ecologico in California. Svolta che sul piano energetico significava ridurre la dipendenza dal greggio importato dal Medioriente, migliorando la sicurezza energetica del paese. Con l'arrivo della marea nera, nel pacchetto fermo al Senato è comparso un capitolo per rendere più sicure le perforazioni al largo delle coste. Nella retorica dell'amministrazione la svolta delle energie pulite è diventata la chiave di volta per entrare in una nuova epoca e ridurre la dipendenza dal petrolio. La titubanza di Obama nelle prime settimane del disastro ha complicato le cose e i numeri, al Senato, non sono mai arrivati. Oggi il senatore Kerry ha detto che il pacchetto clima "non è morto", se ne riparlerà dopo le elezioni di Novembre. Nel frattempo, da quando è presidente, Obama ha dato il via libera a nuove centrali nucleari dopo trent'anni - parte della sua green economy - e elargito 36,7 miliardi di dollari all'energia (in particolare al risparmio energetico) tra i 787 miliardi del pacchetto di stimolo all'economia dopo la grande crisi finanziaria. Il tetto alle emissioni è però giudicato decisivo per dare l'impulso promesso in campagna elettorale alle energie pulite.

L'Europa su questo fronte è all'avanguardia. Non solo sul tetto alle emissioni. Di green economy, in Germania, si parla da qualche decennio. Quando però si guarda ai grandi numeri, la produzione, i trend di crescita e ai grossi investimenti nel green business tocca guardare, oltre agli Stati Uniti, anche alla Cina. L'inquinata Pechino l'anno scorso ha stanziato 30 miliardi di dollari per le energie rinnovabili all'interno del pacchetto nazionale di stimolo all'economia, giudicato il più "verde" al mondo. Nel 2009, secondo il recente Renewables 2010 Global Status Report, elaborato dal Renewables energy policy network for the 21st century (Ren 21), le energie pulite hanno continuato a crescere nel mondo con 79 gigawatt di nuove installazioni, 37 dei quali originati sul territorio cinese.

Per i prossimi dieci anni la National energy administation cinese (Nea) ha appena annunciato un programma di investimenti da 600 miliardi di euro in dieci anni per lo sviluppo energetico, prevalentemente rinnovabili, per ridurre le emissioni di gas serra. Da quando green ha cominciato a fare rima con business a Pechino hanno iniziato a fiorire start up, finanziamenti e aziende come Suntech, diventata leader mondiale nella produzione di pannelli fotovoltaici. Cina e Stati Uniti stanno gettando le basi per giocarsi la leadership di una delle industrie più promettenti per il futuro del pianeta. La Cina deve risolvere contraddizioni e destreggiarsi su una strada ancora tortuosa, ma oggi, perlomeno, ha il suo energy bill.

 

 

 

 

 

2010-07-25

Bp inizierà a breve nuove perforazioni nel Mediterraneo al largo delle coste libiche

Cronologia articolo24 luglio 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2010 alle ore 15:36.

Non bastano i calci in c...o promessi da Obama per fermare l'attività del gruppo petrolifero inglese. La British Petroleum ha annunciato che inizierà "entro alcune settimane" una nuova perforazione nel Mare Mediterraneo, a nord delle coste libiche, confermando così un'anticipazione del Financial Times. "Prevediamo di iniziare la prima perforazione nelle prossime settimane", ha detto David Nicholas, portavoce del gruppo BP a Londra.

Il gruppo ha ricevuto l'autorizzazione ad effettuare cinque perforazioni in virtù di un accordo firmato nel 2007 con le autorità libiche.

Queste nuove trivellazioni avranno luogo nel golfo di Sirte a "circa 5.700 piedi" (1.700 metri), ad una profondità dunque superiore a quella di Deepwater Horizon, la piattaforma al largo delle coste della Louisiana, la cui esplosione è all'origine della marea nera nel Golfo del Messico.

 

I retroscena di un accordo sospetto- L'accordo siglato da Bp con la Libia nel 2007 è oggetto di grande controversia negli Stati Uniti. Il gruppo petrolifero britannico è al centro delle polemiche sul presunto ruolo svolto per la liberazione del libico Abdelbaset al-Megrahi, condannato per la strage di Lockerbie. British Petroleum è accusato di avere esercitato pressioni sulle autorità britanniche per ottenere la liberazione di Megrahi in cambio di un contratto di esplorazione di idrocarburi al largo della Libia.

Megrahi era stato condannato nel 2001 alla prigione a vita per l'attentato dinamitardo perpetrato nel 1988 contro un Boeing 747 sopra la città scozzese di Lockerbie, che fece 270 morti. La Commissione Affari esteri del Senato americano esaminerà la vicenda Megrahi il 29 luglio prossimo per determinare l'eventuale ruolo di Bp nella liberazione di Megrahi nel 2009, per ragioni di salute.

Nessuna evidenza per il governo britannico- Intanto in una lettera i parlamentari Usa il ministro degli Esteri inglese William Hague ha ribadito che "non c'è evidenza" di un coinvolgimento del governo nell'affaire. Per quanto riguarda l'azione di lobby esercitata da Bp per il rilascio in cambio della concessione Hague ha spiegato che si tratta "di una normale e legittima pratica da parte di una società britannica".

 

Mentre non si placano le polemiche sulla marea nera nel Golfo del Messico, il gruppo petrolifero britannico British Petroleum ha annunciato che inizierà "entro le prossime settimane" una nuova perforazione al largo delle coste libiche, nel Golfo della Sirte, in pieno Mediterraneo. La notizia, anticipata dal Financial Times, è stata confermata oggi da un portavoce della compagnia, David Nicholas. Il portavoce ha ricordato che in virtù di un accordo con Tripoli siglato nel 2007, la Bp ha ottenuto l'autorizzazione ad effettuare cinque perforazioni. "Non le abbiamo ancora calendarizzate", ha tuttavia aggiunto, precisando che ogni perforazione necessita di "sei mesi o più".

Le nuove perforazioni avranno luogo ad una profondità di circa 5.700 piedi (1.700 metri), leggermente superiore a quella della Deepwater Horizon, la piattaforma situata al largo delle coste della Louisiana la cui esplosione lo scorso 20 aprile ha causato la gigantesca marea nera che infesta il Golfo del Messico e l'ondata di polemiche che ha investito la compagnia britannica.

Il tutto avviene mentre la commissione Esteri del Senato americano si prepara ad occuparsi (il prossimo 29 luglio) delle presunte pressioni che la Bp avrebbe esercitato sulle autorità britanniche per la liberazione di Abdelbaset al-Megrahi - il libico condannato per l'attentato di Lockerbie del 1988 - in cambio di un contratto di esplorazione al largo delle coste libiche. Al-Meghrai, condannato all'ergastolo nel 2001, è stato effettivamente liberato dalla Scozia nel 2009 per ragioni di salute.

 

 

 

2010-07-19

Nuova perdita sul fondale, gli Usa a Bp: togliete il tappo

Cronologia articolo19 LUGLIO 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2010 alle ore 08:49.

Il governo americano ha ordinato a British Petroleum (Bp) di fornire informazioni su una presunta nuova fuga di idrocarburi e su "altre anomalie" vicino al pozzo che ha dato origine alla marea nera nel Golfo del Messico. Una nuova perdita, infatti, sarebbe stata individuata sul fondo del Golfo e il coordinatore federale Thad Allen ha chiesto con una lettera a Bp di presentare un piano per riaprire in tempi rapidi il pozzo Macondo che è stato chiuso da alcuni giorni da una struttura di contenimento.

"Vi chiedo di fornirmi una procedura scritta per potere aprire la valvola di strangolamento quanto più rapidamente possibile senza danneggiare il pozzo, nel caso in cui la fuga di idrocarburi accanto al pozzo dovesse essere confermata", ha scritto l'ammiraglio Allen nella lettera indirizzata al direttore di Bp, Bob Dudley.

A quasi tre giorni dalla chiusura del "tappo" che ha fermato la fuoriuscita di greggio, che ha formato un'autentica marea nera, ieri trapelava un cauto ottimismo; i risultati dei test di controllo richiedevano però analisi più approfondite.

Bp aveva inizialmente previsto di effettuare prove per 48 ore dopo essere riuscita ad arginare la fuoriuscita chiudendo i "tappi" di un "imbuto" collocato sul pozzo. La possibilità che, imprigionato nel pozzo otturato da un gigantesco imbuto, il petrolio compresso finisca per creare falle e spargersi ancora nell'Oceano rappresentano la principale preoccupazione delle autorità e degli ingegneri di Bp.

L'Agenzia internazionale dell'energia (Aie) ritiene che ci siano ora tra i 2,3 e i 4,5 milioni di barili di greggio sparsi in mare. A testimonianza delle difficoltà ad arginare i problemi causati dalla marea nera, un'enorme nave-cisterna taiwanese che doveva permettere di recuperare grandi quantità di petrolio sulla superficie dell'acqua è stata rispedita indietro in mancanza di risultati apprezzabili.

A seguito del naufragio il 22 aprile della piattaforma di BP Deepwater Horizon, la marea nera ha creato gravi ripercussioni sulla vita di tutti gli abitanti delle zone colpite (Texas, Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida), che vivono di pesca e di turismo. La marea nera è già costata a Bp 3,5 miliardi di dollari e le richieste risarcimenti al gruppo petrolifero potrebbero ammontare a una cifra dieci volte superiore.

 

 

 

 

 

2010-07-15

Chiusa la falla: bloccata, per la prima volta, la fuoriuscita di petrolio dal pozzo della Bp

dal nostro corrispondente Mario PlateroCronologia articolo15 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 23:01.

Lo "spill" è cessato: per la prima volta in molti mesi, da quando la piattaforma Deepwater Horizon è esplosa nel Golfo del Messico al largo della Luisiana il 20 aprile scorso, non c'è più una goccia, di greggio a contaminare le acque del Golfo in uscita dal pozzo distrutto della BP. L'annuncio è giunto ieri dalla BP, alle 2.45 del pomeriggio ora locale. Ma la compagnia petrolifera ha precisato che si tratta comunque di un test, di un collaudo, che consente di avere certezze per un periodo compreso fra le 6 e le 48 ore, poi, per il passaggio definitivo, si dovrà ancorare il nuovo "tappo" alla superficie marina. Operazione che comporta rischi di nuove fuoriuscite del greggio inquinante.

Resta il fatto che la chiusura, seppure temporanea, della falla, ha generato entusiasmo per tutti. Per la popolazione civile, che finalmente può vedere in modo concreto le premesse per chiudere il più grave disastro ecologico della storia americana. Per le autorità locali, che vedono in prospettiva la chiusura di un incubo:"Halleluja…speriamo che sia vero, l'economia ha sofferto in tutta la regione del Golfo", ha detto il Senatore democratico della Florida. Per l'amministrazione Obama, che ha sofferto enormemente in termini politici per questa inarrestabile marea nera "solo domani farò un annuncio formale" ha detto Obama dopo la notizia. E per la BP, che ha subito gravissime perdite in borsa e resta esposta a risarcimenti danni che potrebbero superare i 30-40 miliardi di dollari.

Ma la compagnia petrolifera, dopo mille delusioni, preferisce mantenere un atteggiamento "realistico". Non vi sono ancora toni trionfalistici. "Abbiamo ancora molta strada davanti a noi, abbiamo fatto progressi, ma vi sono sia incertezze che rischi per il cattivo tempo…con l'estate che arriva abbiamo pericoli di uragani, ma siamo pronti anche a quello, abbiamo messo a punto nuovi sistemi per restare più a lungo sui vascelli…abbiamo speso 7 miliardi di dollari e abbiamo migliaia di persone al lavoro, e saremo qui per tutto il tempo necessario…" ha detto Doug Suttles, il chief operating officer della BP. Lo stesso vale per le autorità americane. L'Ammiraglio della Guardia Costiera Thad Allen il responsabile delle operazioni governative ha detto che la "cupola" piazzata per coprire il buco, è un "precursore" al contenimento definitivo. Consente in sostanza di bloccare il flusso, ma anche, se necessario, di raccogliere e redistribuire attraverso quattro grosse tubature i circa 35.000-60.000 barili di greggio al giorno potenzialmente in fuoriuscita dal buco generato dall'espolosione. Uno dei test chiave sarà quello di continuare a controllare che non vi sono aumenti di pressione sulla cupola che ostruisce e controlla la fuoriuscita del greggio :"E' come mettere un pollice alla fine di un tubo per inaffiare il giardino…la pressione aumenta sul pollice quando chiudiamo il buco…ma se non dovesse aumentare secondo le attese significa che vi sono altri buchi nel tubo….quando avremo la certezza che non vi sono altre fuorisucite, allora potremo chiudere del tutto il buco…"ha detto ancora Allen.

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2010-07-04

Il Veneto insegue l'autonomia energetica (con il carbone) ma riparte dall'idrogeno

di Silva MenettoCronologia articolo12 luglio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2010 alle ore 20:48.

Fuori la chimica sporca e dentro l'idrogeno. Il futuro del polo chimico di Marghera sembra andare in questa direzione, almeno a giudicare dall'inaugurazione in grande stile per la prima centrale elettrica ad idrogeno al mondo, costruita dall'Enel proprio a Fusina, nella gronda lagunare, dove si affacciano gli impianti - per lo più dismessi - del maggiore polo chimico europeo.

A Fusina c'era già la centrale termoelettrica "Palladio" dell'Enel; a due passi gli impianti del Petrolchimico che come elemento di risulta dei processi industriali producono proprio l'idrogeno. Ironia della sorte: allo stato attuale della ricerca, se le industrie chimiche non producessero idrogeno come "scarto" di lavorazione, questo tipo di energia pulita non esisterebbe perché totalmente diseconomico.

LA CENTRALE AD IDROGENO

Cinquanta milioni di euro di investimento (5-6 volte il costo di una centrale normale), cinque anni di lavoro, una potenza di 16 Megawatt totali (12 prodotti dalla turbina ed altri 4 Mw recuperati sfruttando il calore dei fumi di scarico); con i suoi 60 milioni di chilowattora l'anno di energia l'impianto di Fusina può soddisfare il fabbisogno di 20mila famiglie e – questa è la parte migliore - senza emissioni in atmosfera. Con quest'opera Enel partecipa al progetto "Hydrogen Park" voluto dagli Industriali di Venezia col supporto di Regione Veneto e Ministero dell'Ambiente. Obiettivo è creare il più grande parco sperimentale per la realizzazione di un'economia basata sull'idrogeno. Marghera insomma dovrebbe diventare uno dei punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca sull'energia pulita.

AUTONOMIA ENERGETICA

All'inaugurazione della nuova centrale di Fusina gli amministratori locali hanno fatto a gara per esserci, perché la questione energetica in Veneto è una partita importante: il fabbisogno elettrico della regione si è attestato, nel 2009, intorno ai 30mila Gigawattora, metà dei quali prodotti in loco attraverso centrali termo ed idroelettriche e uno 0,2 per centro da fonti rinnovabili come l'eolico e il fotovoltaico. Ma il governatore Luca Zaia, seguendo le sue aspirazioni federaliste anche in materia energetica, ha posto già lo sguardo oltre la nuova centrale ad idrogeno per concentrare l'attenzione su quella ben più potente di Porto Tolle, nel rodigino.

 

 

 

 

 

2010-07-01

Effetto Bp sul governo: stop alle trivellazioni lungo le coste

Cronologia articolo30 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 19:50.

Giro di vite del Governo a difesa dell'ambiente sulle trivellazioni in mare, anche visto quanto accaduto nel Golfo del Messico, che saranno vietate nelle riserve e in una fascia di 12 miglia attorno al perimetro delle zone protette. Non solo, le attività di ricerca ed estrazione di petrolio saranno vietate nella fascia marina di 5 miglia lungo l'intero perimetro costiero nazionale. Nello schema di decreto di riforma del codice ambientale, approvato dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, sono state inserite una serie di norme che riformano il sistema delle autorizzazioni per la ricerca e l'estrazione degli idrocarburi.

È stato introdotto il divieto assoluto di ricerca, prospezione e estrazione di idrocarburi all'intero delle aree marine e costiere protette e per una fascia di mare di 12 miglia attorno al perimetro eterno delle zone di mare e di costa protette. Inoltre, le attività di ricerca ed estrazione di petrolio sono vietate nella fascia marina di 5 miglia lungo l'intero perimetro costiero nazionale. Al di fuori di queste aree in cui vige il divieto, le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi saranno tutte sottoposte a Valutazione di Impatto Ambientale. La norma adottata dal Consiglio dei ministri, precisa il ministero, si applica anche ai procedimenti autorizzativi in corso. Quindi anche all'ipotesi di rilascio per 30 autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi al largo delle coste siciliane, come raccontato dal Sole 24 Ore.

Soddisfatto il ministro Stefania Prestigiacomo: "Abbiamo inserito norme chiare a difesa del nostro mare e dei nostri gioielli naturalistici - spiega in una nota - colmando una opacità legislativa che nel recente passato ha suscitato timori nelle comunità locali di zone che attorno alle riserve marine stanno costruendo un modello di sviluppo basato sulla valorizzazione dei beni ambientali. L'impegno del governo a difesa dei propri "giacimenti naturali" è pieno. Lo sviluppo delle attività produttive - conclude - è altresì sostenuto in un ambito di regole chiare che pongono in primo piano la tutela ambientale".

 

 

 

2010-06-22

La Corte Costituzionale boccia il ricorso delle Regioni sul nucleare

Cronologia articolo23 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2010 alle ore 19:57.

La Corte costituzionale ha dichiarato "in parte infondate e in parte inammissibili" le censure contenute nel ricorso di 11 Regioni sul riparto della competenza legislativa con lo Stato sul nucleare. Le Regioni, ricorda una nota della Consulta, ritenevano costituzionalmente illegittime alcune disposizioni contenute nella legge delega del 2009. La motivazione verrà depositata nelle prossime settimane.

Più nel dettaglio, la corte costituzionale è stata chiamata a giudicare su questioni relative al riparto della competenza legislativa fra stato e regioni in tema di produzione dell'energia elettrica nucleare, per quel che riguarda il contenuto della legge sviluppo. In una nota la Consulta spiega che "le ricorrenti ritenevano costituzionalmente illegittime alcune disposizioni contenute nella legge di delega n. 99 Del 2009".

I commenti. "La decisione della Consulta sgombra il campo da polemiche pretestuose: il Governo intende fare il nucleare nel rispetto della Costituzione e delle Regioni". È questo il commento di Stefano Saglia, sottosegretario dello Sviluppo economico, con delega all'energia. Tra le voci contrariate quella di Antonio di Pietro, leader dell'Itaila dei Valori, che rilancia: "Come volevasi dimostrare il referendum è l'unica arma per bloccare la costruzione delle centrali nucleari"

 

 

 

 

 

2010-06-17

Sì di Bp al fondo da 16 miliardi

Dal nostro corrispondente Mario PlateroCronologia articolo17 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 08:17.

NEW YORK. - "Sono felice di annunciare che Bp ha acconsentito a versare 20 miliardi di dollari (poco più di 16 miliardi di euro, ndr) in un fondo blindato gestito in modo indipendente, equo e imparziale da Kenneth Feinberg". Barack Obama ha vinto. Aveva già anticipato nel discorso di martedì notte quale sarebbe stato il tono del suo incontro di ieri con i vertici della Bp. E quando gli executive della British Petroleum si sono presentati alla Casa Bianca sapevano già che non potevano far altro se non accogliere senza discussioni le richieste del presidente. Non c'è stato dibattito. Non sono state ammesse deroghe alle richieste dell'amministrazione. Soltanto la certificazione della documentazione e l'impegno da parte del colosso petrolifero a rispettare alla lettera il diktat che Obama ha imposto al presidente della compagnia petrolifera, Carl-Henric Svanberg, e all'amministratore delegato Tony Hayward.

Le imposizioni sono dure: 20 miliardi di dollari,da depositare in un conto su cui la Bp non avrà alcuna autorità di gestione, gestito da un fiduciario indipendente, Kenneth Feinberg, uomo di straordinaria integrità ed esperienza, che gestì la mediazione per il risarcimento danni alle vittime dell'11 settembre. La Bp inoltre ha acconsentito alla sospensione del pagamento dei dividendi da qui alla fine dell'anno e alla costituzione di un fondo speciale da 100 milioni di dollari per compensare i lavoratori della regione che operano nel settore delle trivellazioni petrolifere che si trovano oggi senza lavoro per la moratoria di sei mesi imposta dal presidente americano a operazioni di esplorazione e trivellazione.

Questo era uno dei punti su cui la Bp non voleva cedere. "La sospensione non ha nulla a che fare con noi, è stata una decisione unilaterale della Casa Bianca", aveva protestato fino a pochi giorni fa Tony Hayward. La Bp inoltre continuerà a gestire le operazioni di ripulitura che secondo dati interni sono già costate fra un miliardo e mezzo e due miliardi di dollari.

Il pacchetto può sembrare vessatorio. Ma per la Bp si tratta di una liberazione. La fine di un periodo di incertezza prolungata sulla portata dei danni e la fine di una polemica sgradevole e sgraditissima a Londra: essere in un confronto duro e diretto con il presidente Usa.

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"Oggi abbiamo avuto un incontro molto costruttivo con il presidente, noi apprezziamo la sua profonda preoccupazione, e apprezziamo la sua profonda preoccupazione per la gente della regione. Credo anche che durante l'incontro il presidente abbia capito la tristezza e il dispiacere che proviamo per questo tragico incidente che non sarebbe mai dovuto succedere. Bp rispetterà sempre i propri obblighi e le proprie responsabilità in modo totale". Svanberg ha detto che la struttura concordata ieri è equa sia per gli aiuti da concedere alla popolazione sia per la Bp che potrà "razionare" in diversi mandati il contributo al fondo. Per non ridurre in modo repentino il flusso di cassa e per non mettere a repentaglio la stabilità finanziaria della società, Bp verserà il denaro nell'arco di quattro anni (5 miliardi all'anno a partire già dal 2010). La cifra, come si legge in una nota della Casa Bianca, "non rapprensenta né una base né un tetto massimo sulle responsabilità di Bp".

E difatti proprio ieri le stime dei danni sono già salite secondo Merrill Lynch a circa 35-40 miliardi di dollari. I maligni dicono che gli Stati Uniti approfittano di questa situazione per organizzare una piccola "manovra" di stimolo a spese del colosso britannico. Ma i dati ufficiali confermano sia la percezione di negligenza da parte della Bp che una misura molto più grande di quella conosicuta finora per la fuoriuscita di petrolio dal pozzo danneggiato: oltre 60mila barili di petrolio al giorno. Un ammontare equivalente a un disastro Exxon Valdez ogni quattro giorni. La Bp aveva chiarito che avrebbe fatto fronte a tutte le sue responsabilità fin dall'inizio. Aveva anche però chiarito che non avrebbe necessariamente avuto a disposizione il contante necessario per i versamenti sul conto speciale. Ma l'azienda è oggi favorita da un prezzo del greggio che viaggia al di sopra dei 75 dollari al barile, che ha generato l'anno scorso cash per 27,7 miliardi di dollari e alla fine del 2009 la società aveva a livello globale un patrimonio stimato in 63 miliardi di barili, inclusi oltre 18 miliardi di riserve provate. L'anno scorso Bp aveva un debito da 26 miliardi di dollari, con un rapporto indebitamento/patrimonio circa del 20% (secondo la società, potrebbe salire anche al 30% senza intaccare la flessibilità finanziaria del gruppo).

"Oggi abbiamo concordato con il presidente una struttura che dovrebbe assicurare al popolo americano che noi intendiamo, quello che diciamo. Ci prenderemo cura delle persone colpite e ripareremo i danni ambientali ed economici subiti da questa regione e dall'economia". La "fase due" per il futuro del Golfo, preannunciata da Obama l'altra notte, è partita.

 

 

 

Hayward (Bp) al parlamento Usa: "Serie di errori senza precedenti"

Cronologia articolo17 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2010 alle ore 08:50.

L'amministratore delegato di British Petroleum (Bp), Tony Hayward, si presenterà oggi alla Camera dei Rappresentanti Usa "personalmente devastato", per spiegare come la marea nera nel Golfo del Messico sia stata il risultato di una serie di errori "senza precedenti". È quanto emerge dal testo che il top manager di Bp - il giorno dopo l'incontro con il presidente Obama durante il quale è stata decisa la creazione di un fondo da almeno 20 miliardi di dollari per rimediare ai danni - leggerà durante l'audizione alla Commissione Energia e Commercio della Camera e di cui i media statunitensi hanno ottenuto una copia. L'amministrazione Usa intanto ha ottenuto da Bp la promessa di 20 miliardi di dollari da destinare a un fondo controllato in maniera indipendente per i risarcimenti.

"Capisco che la gente vuole avere una risposta semplice riguardo ciò che è accaduto e su chi è responsabile", affermerà Hayward. "La verità, tuttavia, è che si è trattato di un incidente complesso, causato da una combinazione di errori senza precedenti. Molte imprese sono implicate, tra cui Bp, ed è semplicemente ancora troppo presto per identificare le cause", affermerà Hayward.

Nelle sue osservazioni ai parlamentari, l'amministratore delegato del gruppo britannico spiegherà inoltre che l'indagine interna di Bp si è concentrata sui problemi accusati da sette meccanismi determinanti per la sicurezza della piattaforma 'Deepwater Horizon', dalla quale il petrolio si è riversato in mare. Questi sistemi, dirà Hayward, "avrebbero dovuto impedire questo incidente o limitare l'impatto del flusso di petrolio".

Fra i meccanismi citati da Hayward nel testo ottenuto dai media appaiono la 'casseratura' del pozzo, i test di pressione che puntano a verificare se il pozzo è chiuso bene, le procedure per individuare e controllare gli idrocarburi nel pozzo o l'utilizzo e la manutenzione di valvole di sicurezza. "L'esplosione e l'incendio a bordo della piattaforma Deepwater Horizon e la marea nera che ne è seguita nel Golfo del Messico non avrebbero mai dovuto verificarsi e sono profondamente devastato", dichiarerà il responsabile di Bp. "Nessuno di tra noi sa perché tutto ciò è accaduto. Ma qualunque sia la causa, a Bp faremo ciò che possiamo per essere sicuri che questo incidente non si produrrà mai più".

 

 

 

 

 

2010-06-16

Obama parla alla nazione sulla marea nera: "Bp pagherà. Il futuro sono le energie pulite"

dal nostro corrispondente Mario PlateroCronologia articolo16 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 08:30.

Presidenziale, deciso, pronto a giocare al rilancio partendo da una posizione di debolezza, Barack Obama ha parlato ieri notte per la prima volta agli americani dall'intimità dell'Ufficio Ovale, per chiamarli a raccolta nella battaglia contro la marea nera. Una battaglia con tre fronti ben definiti. Il primo riguarda la sfida per ripulire le acque e le coste e le paludi e gli uccelli coperti di petrolio appicicaticcio. Il presidente ha promesso che entro le prossime settimane si dovrebbe poter "catturare" almeno il 90% del petrolio che fuoriesce dal "buco" nelle profondità dell'oceano.

Una promessa virtuale perché le stime della fuoriuscita continuano ad aumentare e ieri sono passate addirittura a 60.000 barili al giorno. Il secondo fronte aperto da Obama ieri notte riguarda la sicurezza per chi ha perso il lavoro, abitudini, passioni e uno stile di vita "a cui si erano abituati da generazioni". In questo caso il messaggio è stato chiarissimo e duro: "Pagherà la Bp… gli dirò che cosa mi aspetto da loro", ha tagliato corto il presidente senza neppure ipotizzare una possibilità di dialogo con il colosso petrolifero che starà semplicemente ad ascoltare le imposizioni finanziarie e organizzative della Casa Bianca.

E' chiaro che se Barack Obama si permette di puntare l'indice contro questa grande compagnia petrolifera, senza darle una possibilità d'appello in un paese garantista come l'America significa che la BP l'ha fatta grossa. Una ricostruzione del Congresso dimostra che pochi giorni dopo l'esplosione il colosso petrolifero britannico, per risparmiare, ha prima ignorato le raccomandazioni scritte della Halliburton, favorevoli all'impiego di un maggior numero di stabilizzatori e poi altre regole seguite normalmente dalle compagnie petrolifere in circostanze simili. E dunque dall'incontro di oggi alla Casa Bianca i vertici della British Petroleum usciranno con la coda fra le gambe, saranno quasi certamente disponibili a congelare i dividendi e a stanziare un fondo le cui dimensioni potrebbero raggiungere i 20 miliardi di dollari per rimborsare le vittime del disastro, un fondo "esterno" alla Bp, gestito da persone nominate dal governo americano.

il tentativo sornione e tipico della personalità di Obama di trasformare una situazione difficile in una possibile vittoria. Così in condizioni politiche difficili, con le lobby petrolifere scatenate contro di lui furibonde per la moratoria di sei mesi sulle trivellazioni e persino molti senatori democratici contrari a far avanzare il dibattito in Parlamento Obama ha giocato al rilancio rilanciato la sua sfida poter passare quasi subito un nuovo progetto di legge che fra la altre cose dovrebbe introdurre una tassa per chi eccede certi limti di inquinamento.

Il presidente ha parlato alle otto in punto, ha esordito ricostruendo in modo dettagliato le dinamiche che hanno portato all'incidente del 20 di aprile scorso. Ha raccontato di essere appena tornato dalla regione, di aver visto la tragica impronta del disastro nei volti della gente, nella natura, nella fauna. Ha detto di aver visitato non solo la Louisiana giorni fa, ma anche il Mississippi, l'Alabama, la Florida e di aver promesso iniziative di protezione su ogni fronte. Ha confermato ad esempio che il governo federale pagherà il conto per la mobilitazione di 17.000 membri della Guardia nazionale statale, che sarà gestita sotto l'autorità dei singoli stati. Ha annunciato la nomina di Michale Bromwich, un noto avvocato di Washington alla guida della Mineral Management Services, l'agenzia di controllo del settore petrolifero: "Ha l'incarico di far si che la MMS non sia più un partner delle compagnie petrolifere, ma il suo cane da guardia", ha detto Obama. E ha promesso che costringerà la Bp a "risarcire fino all'ultimo centesimo i danni subiti".

Protezione e populismo dunque. È stata questa la parte "intima" del discorso, con la promessa di un ruolo forte e rassicurante di uno stato che per molti americani è stato assente: "Non ce ne andremo, la mia amministrazione farà tutto il necessario per tutto il tempo necessario. Sarò personalmente il fiero difensore di coloro che per generazioni hanno chiamato casa la regione del Golfo". Il presidente, nel tono, nelle promesse, ha cercato di riparare il danno di immagine che ha subito nei giorni e nelle settimane immediatamente successivi alla devastante esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon della Bp. L'accusa: quella di essere stato assente.

Ma Obama ha cercato anche disperatamente di rilanciare. Più rigido di un Ronald Reagan figura paterna e dolce per il grande pubblico o di Bill Clinton pervaso di empatia che sembrava sempre sincera in questo suo primo discorso alla Nazione dall'ufficio Ovale (Reagan nello stesso periodo ne aveva già fatti cinque!) ha passato l'esame, ma non necessariamente a pieni voti. Nella parte politica, ha incalzato i repubblicani a reagire con lui davanti a questo disastro per migliorare "il futuro dell'America" e ha chiesto l'approvazione del progetto di riforma energetica che langue in parlamento. Il presidente ha detto che questa è l'occasione per ridurre la dipendenza del paese dall'energia petrolifera, ha chiesto misure per migliorare il ricorso a fonti energetiche alternative, ha promesso l'introduzione del "carbon cap and trade": ci saranno dei limiti all'inquinamento e chi avrà inquinato meno potrà commercializzare i suoi "risparmi" ambientali in mercati appositi.

Obama sa che i repubblicani resistono. Ma sa anche che se i repubblicani non lo seguiranno si schiereranno – come già capitò per la riforma del sistema bancario – dalla parte sbagliata delle barricate. In questo Obama è aiutato dal Congresso. Ieri, durante audizioni durissime, il capo della Commissione Energia Henry Waxman è arrivato a dire che "Exxon, Mobil, Chevron, ConocoPhillips e Royal Dutch Shell (tutte convocate, ndr) non sono meglio preparate di Bp a fare fonte a una fuoriuscita di grandi dimensioni. Bp ha fallito miseramente quando ha dovuto fare fronte a una vera falla, Exxon e le altre società non farebbero meglio". Gli amministratori delegati delle "grandi sorelle" si sono difesi isolando Bp: Rex Tillerson, numero uno di Exxon, ha attribuito l'esplosione del 20 aprile scorso e il successivo collasso in mare della piattaforma Deepwater Horizon a "un drammatico allontanamento dalle norme dell'industria petrolifera sulle trivellazioni".

Anche John Watson, numero uno di Chevron, ha implicitamente puntato l'indice contro Bp, dicendosi convinto che le indagini in corso "mostreranno che questa tragedia era evitabile, è un incidente che non si può ripetere – ha detto – perché le trivellazioni in profondità sono sicure e adeguate". Intanto, a complicare le operazioni di bonifica nel Golfo del Messico, ieri un fulmine ha colpito la nave che raccoglie il petrolio, causando un piccolo incendio, dopo una breve sospensione, le operazioni di recupero sono riprese.

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Infine, terzo fronte, l'affondo politico

 

 

 

 

 

2010-06-15

Le nove domande alla marea nera di Bp (in attesa di Obama dallo studio Ovale)

a cura di Luca SalvioliCronologia articolo15 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2010 alle ore 22:45.

Sono passati quasi due mesi dal disastro nei mari del Golfo del Messico, eppure le domande senza risposta sono ancora tante. Nella notte Obama farà un discorso dallo Studio Ovale, dove, secondo le anticipazioni, dovrebbe spingere il Climate nd Energy bill - fermo al Senato - come soluzione per andare "oltre il petrolio" e nominare un nuovo capo del Minerals Management Service, l'agenzia che controlla le perforazioini. Sulla falsariga dell'inchiesta di Businessweek ecco i principali quesiti (e i tentativi di risposta) ancora attuali sulla marea nera di Bp.

Il Golfo è compremesso? Le fuoriuscite di petrolio del passato servono poco per capire cosa sta succedendo nel mare dove è sprofondata la Deepwater Horizon, perchè sono avvenute a profondità molto inferiori. Questa volta il greggio raggiunge con maggiore difficoltà la superficie, solo che nelle acque profonde nascono dei pennacchi di petrolio che formano dense nuvole nere. Il 6 giugno il Ceo Tony Hayward negava l'esistenza di queste nubi nere, mentre due giorni dopo il National Oceanic & Atmospheric Administration lo smentiva. I biologi hanno poca esperienza con questi "pennacchi" e potrebbe essere la triste occasione per fare delle scoperte. I microbi che si nutrono di petrolio, prevedono gli scienziati, ne consumeranno gran parte, solo che nel farlo bruciano ossigeno vitale per le altre specie animali. A 21 anni di distanza dal disastro Exxon Valdez la fauna marina deve ancora tornare ai livelli precedenti.

Funzioneranno i due pozzi? La data cruciale è agosto. E' stata invocata a più riprese, quantomeno dopo ogni tentativo di chiusura della falla andato in fumo. La costruzione di due nuovi pozzi che raggiungano da sotto la perdita per chiuderla con il cemento sembra l'uovo di colombo. E' così? Se lo augura Bp, il governo americano e il mondo intero. Solo che i tempi sono tutt'altro che certi. Un tentativo simile è stato fatto in Australia e, per andare a buon fine, ha richiesto cinque tentativi. Se i due pozzi raggiungeranno quello incriminato ci vorrano comunque altre due settimane per le operazioni. A essere ottimisti.

Qualcuno finirà in prigione? Molti americani, sfiancati dalla crisi finanziaria e ora anche dall'infinita marea nera, vorrebbero vedere i colpevoli con le manette. Ma secondo Noah Hall, un professore di legge della Wayne State University di Detroit ed ex procuratore della National Wildlife Federation, in casi come questo la detenzione è "molto rara". Il primo di giugno ministro della Giustizia americano Eric Holder ha annunciato una causa civile e criminale per potenziali violazioni del clean water act e di altre leggi ambientali. Ma non ha detto contro quali aziende. Per il carcere, inoltre, devono essere dimostrate "azioni intenzionali". La legge americana sul clima passerà? Ironia (tragica ironia) della sorte. Obama sin dai primi giorni della campagna elettorale per le presidenziali ha insistito sulla necessità di una nuova politica energetica e ambientale per gli Stati Uniti, descrivendola come un volano per la crescita all'insegna della green economy. Uno dei pilastri è il climate and energy bill, già approvato alla Camera e ora in discussione al Senato americano. Obama, per convincere i senatori repubblicani contrari al pacchetto, aveva inserito la possibilità di effettuare nuove trivellazioni offshore in cerca di combustibili fossili per rendere più autonomi, da un punto di vista energetico, gli Stati Uniti. La falla di Bp ha cambiato completamente lo scenario. Ora negli Usa - come detto da Richard Caperton, analista di politiche energetiche del think-tank liberal "Center for American Progress in un'intervista al Sole24ore.com - nessuno vuole più sentire parlare di nuove trivellazioni. I democratici hanno cambiato il testo inserendo l'obbligo di maggiori garanzie sulle nuove perforazioni. Però il passaggio della legge, soprattutto il taglio alle emissioni di CO2 - novità assoluta per gli Usa - non è affatto scontato.

La marea nera raggiungerà l'East Coast americana? Ecco una domanda con una risposta quasi definitiva: sì. Almeno stando alle simulazioni del National Center for Atmospheric Research di Boulder. Secondo le animazioni le chiazze di petrolio, alla velocità di 100 miglia al giorno, dopo la Florida (dove sono già arrivati i primi divieti di balneazione) toccheranno le spiagge della East coast, come Cape Hatteras (N.C.). I "pennacchi" di petrolio andranno poi in mare aperto, nell'Atlantico, fino a raggiungere l'Inghilterra, casa nativa di Bp.

Com'è potuto succedere? Chi mente? Gli investigatori stanno cercando di capire quali siano le responsabilità della catena di eventi che ha portato al disastro del 20 aprile. In realtà la cosa più difficile da capire è chi all'interno di Bp e del governo federale abbia preso le decisioni sbagliate. Bp chiese e ricevette il permesso di utilizzare tubi e guaine diverse dalla tradizionale policy aziendale. L'aziende ottenne inoltre il via libera per una serie di test a una pressione inferiore a quella prevista dalle regole federali. Bp ha spinto per andare avanti nonostante gli avvertimenti via mail di alcuni dipendenti inviate sei settimane prima del disastro.

Bp potrebbe fallire? L'agenzia di rating Fitch ha abbassato di 6 livelli il rating di Bp a "BBB" da "AA" e ha ridotto la valutazione di breve termine a "F3" da "F1+". La pesante bocciatura del 15 giugno è stata decisa a fronte dei maggiori costi previsti nel breve termine per il risarcimento dei danni del disastro ambientale. Allo stesso tempo anche il costo assicurativo contro il rischio default - sintetizzato dai credit default swap (cds) - è aumentanto: gli spread sui Cds a 5 anni sono aumentati e di molto. Il Ceo Tony Hayward ha detto che l'azienda ha cassa sufficiente per affrontare la crisi. Secondo diversi analisti il fallimento non sarà necessario. Altri sottolineano il rischio delle eventuali sanzioni che Bp si troverà a pagare. In quel caso - prevedono gli analisti - sarebbe possibile un passaggio dal Chapter 11, la procedura di fallimento americana, per alcuni rami di azienda.

Come procederrano le cause legali? Le centinaia di cause già depositate sulla vicenda potrebbero essere raggruppate in una o più grosse cause. Chi sarà il giudice? Una possibilità è Carl J. Barbier della Louisiana. Da decidere, in una delle vicende legali più lunghe e intricate della storia americana, anche il Tribunale dove si svolgerà il processo.

Resisterà Tony Hayward? Il Ceo di Bp ha assunto la guida del gruppo petrolifero da Lord Browne, storico ceo travolto dagli scandali. Sperava di riuscire a imporre un marchio di rigore al suo marchio alla, invece rischia di passare alla storia per le sue gaffe (si legga il ritratto scritto da Leonardo Maisano). "Voglio indietro la mia vita", aveva detto settimane fa ai cronisti. E' probabile che venga soddisfatto. La rosa dei papabili è lunga, dal responsabile del marketing Iain Conn al capo della divisione gas Frank Chapman. Una cosa è certa. Il sostituto di Hayward, chiunque esso sia, si troverà a gestire uno dei più grandi danni di immagine della storia del capitalismo americano.

 

 

 

2010-06-06

L'"esercito" che sfida la marea: i pescatori della Louisiana assunti dalla Bp per ripulire

dal nostro corrispondente Mario PlateroCronologia articolo06 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2010 alle ore 08:03.

John Wunstell faceva il pescatore di gamberi. Adesso è stato assunto dalla British Petroleum per ripulire l'inquinamento della marea nera che gli ha tolto il lavoro. Gli uomini con le tute bianche, con i guanti, con gli occhialoni protettivi che vediamo sulle spiagge della Louisiana o al largo, sui loro pescherecci trasformati in aspiratori di greggio, sono diventati l'altra faccia della marea nera. Li chiamano "spill workers". La Bp, che assume attraverso società appaltatrici, è il datore di lavoro principale, ma non il solo: Obama, ormai disperato sul piano politico, ha detto ieri di aver autorizzato lo schieramento di 17.500 uomini della Guardia nazionale.

Ma a parte i grandi numeri, conta la prima linea. Le tute bianche - o gialle - appunto. E le notizie che giungono dal fronte sono drammatiche: molti lavoratori si sono ammalati, con ospedali pieni, problemi giuridici e cause in "class action".

L'unica nota positiva è giunta ieri dalla cupola metallica calata dalla Bp, che è riuscita a catturare 6mila barili di petrolio, circa un terzo delle perdite quotidiane. Obama ha espresso solidarietà ai pescatori della Lousiana: "Vi aiuterò fino a quando non vi sarete completamente ripresi", ha promesso. Intanto però un terzo delle acque del Golfo, pari a 202mila chilometri quadrati, sono chiuse alla pesca. E i pescatori cambiano mestiere.

La vasta maggioranza, con le pale sulla spiaggia o a bordo delle piccole navi a manovrare le boe, sono afroamericani. Alcuni vengono da St. Bernard Parish, altri dalle sponde che si affacciano su George Isle o dalle piccole comunità nate dietro le paludi. La radice è comune: piccole case, grandi famiglie, vita povera. Quella di Wunstell, pescatore trasformato in spazzino è la stessa storia di George Jackson, 53 anni, e di mille altri che sulle coste della Louisiana formano questa nuova forza lavoro non ancora iscritta nelle statistiche del collocamento. Jackson racconta di essere stato un pescatore da sempre, "da quando ero un ragazzino, da quando avevo 12 anni". Racconta di aver subito risposto alle offerte di assunzione della Bp, che prometteva mari e monti, dopo essere stato costretto alla chiusura delle sue attività di pesca. E di aver avuto gli occhi umidi quando sopra la sua maglietta ha dovuto infilare la tuta di plastica.

Qualcuno riesce a scherzare: "Stiamo vedendo uno dei più efficaci esempi di trasformazione di forza lavoro", ci dice la signora Jane Breton Sound Marina, al numero 7.600 di Hospedale Highway nella località St. Bernard. Poi si fa seria: "Noi ancora non siamo stati colpiti ma i flussi della marea nera sono imprevedibili, a Venice, più a sud hanno problemi gravi... ormai di pescatori non se vedono più, sono spariti. Alcuni partivano da qui...".

George Arnesen è uno dei pochi che aveva rifiutato di gettare la spugna. Ostinato, deciso a continuare la sua vita, a difendere la sua tradizione e il suo "business di padroncino", ha continuato a uscire al largo per gettare le reti per la pesca di gamberi. Poi anche lui ha rinunciato: una mattina di qualche giorno fa, quando si era messo al lavoro all'alba vicino a Grand Isle ha visto centinaia di pesci morti galleggiare sulla superficie dell'acqua. Un'acqua che ricorda come "scura, inquinata, pestilenziale". Ha buttato un secchio in mare e ha raccolto fanghi melmosi. Poco dopo si è sentito svenire: giramenti di testa, congestione, tosse. È riuscito a tornare a terra. Quando si rimetterà non gli resterà che entrare a far parte dell'esercito degli "spill workers".

Arnesen non è il solo. Jackson racconta che mentre stava lavorando ha visto una sostanza scura che galleggiava sull'acqua e i suoi occhi hanno iniziato a bruciare. Wunstell faceva parte di un equipaggio con il compito di bruciare il petrolio e sostiene che alcuni aerei della Bp abbiano rilasciato sostanze chimiche per disperdere il petrolio in acqua: "Ho cominciato a sentire male dappertutto - ha detto Wunstell - e ho temuto di essere gravemente malato". La nuova frontiera del disastro in Lousiana è dunque una vera e propria epidemia tossica.

Il fenomeno ha costretto la Guardia costiera a richiamare a terra 125 battelli dalla missione anti-inquinamento. Il sindacato dei pescatori di St. Bernard ha organizzato una protesta. E Wunstell è entrato a far parte di una class-action. Ma gli altri continuano a lavorare: l'unica fonte di reddito è ormai la ripulitura del disastro. Intanto il vice presidente del gigante petrolifero, Darryl Willis, ha indirettamente replicato a Barack Obama che venerdì aveva accusato la società di concentrarsi sui ricchi dividendi. Per Willis Bp pagherà tutti "i danni e le perdite, per tutto il tempo necessario".

 

 

 

 

"Il tappo di Bp raccoglie mille barili al giorno"

Cronologia articolo4 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 15:52.

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Il tappo di contenimento che la Bp è riuscita a piazzare sulla tubatura da cui fuoriesce il greggio, nel Golfo del Messico, attualmente riesce a raccogliere 1.000 barili al giorno. La stima è della Guardia Costiera statunitense che sta sorvegliando il nuovo tentativo della compagnia petrolifera britannica di porre un rimendio, anche se provvisorio, al disastro ambientale.

Il petrolio catturato è ancora ben poca cosa rispetto alla quantità che sta continuando a uscire (si calcola fino a 19mila barili giornalieri, secondo le stime del governo Usa); ma potrebbe aumentare - ha spiegato l'ammiraglio Thad Allen, coordinatore nazionale per le operazioni di contenimento - man mano che la Bp procederà a chiudere ulteriormente il foro. "Ad un certo punto della giornata - ha aggiunto l'ammiraglio della Guardia Costiera - saremo in grado di dare una valutazione approssimativa di quanto greggio stiamo catturando".

Bp spera con questo parziale successo ("dovrebbe funzionare", ha detto il capo delle operazioni della compagnia, Doug Suttles, convinto che nelle prossime ore si riuscirà a intercettare e fermare almeno "il 90% del flusso di greggio") di calmare un rabbioso Barack Obama, che ha cancellato il suo viaggio in Indonesia per andare nuovamente in Louisiana. Più prudente il ceo, Tony Hayward, secondo cui per avere un dato stabile ci vorranno 48 ore.

I tecnici sono riusciti, con una gigantesca cesoia manovrata da robot sottomarini, a tagliare la tubatura a 1.600 metri di profondità da cui fuoriesce il petrolio. Il taglio è però molto irregolare e per questo non è chiaro se il tappo-imbuto che gli è stato apposto reggerà. L'imbuto, collegato a un tubo, dovrebbe permettere di pompare il petrolio verso una nave cisterna in superficie ma c'è il rischio che non sia stato posizionato correttamente. La Bp sta anche lavorando alla realizzazione di due pozzi di soccorso per bloccare definitivamente la fuoriuscita, che però saranno operativi solo a metà agosto.

Il presidente americano arriva in Louisiana mentre grumi di greggio si avvicinano alle coste della Florida e sono a pochi chilometri dalle famose spiagge di sabbia bianca di Pensacola.

 

 

 

 

La sfida alla profondità dei nuovi pozzi offshore

di Sissi BellomoCronologia articolo04 giugno 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 08:03.

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Circa 80 chilometri dalla costa, 1.500 metri sotto il pelo dell'acqua. I "numeri" di Macondo fanno impressione: appena dieci anni fa l'idea di estrarre petrolio in alto mare, a profondità così elevate, era semplicemente fantascienza. Eppure, di fronte al maggiore disastro ecologico nella storia dell'industria petrolifera, c'è un commento che ricorre con particolare frequenza tra gli esperti: "Bp non era alle prese con un pozzo difficile".

Nel giro di una manciata di anni, il progresso delle tecnologie offshore è stato così grande da consentire la realizzazione di imprese ai limiti dell'impossibile, di fronte alle quali Macondo sembra quasi un esercizio da dilettanti. La stessa Deepwater Horizon, la piattaforma esplosa il 20 aprile, aveva appena battuto il record di trivellazione sottomarina, identificando – sempre per conto di Bp e sempre nel Golfo del Messico – il giacimento Tiber, a 10,6 km dal livello del mare, di cui oltre 9 sotto il fondale.

Di impianti offshore impegnati ad esplorare i fondali a profondità uguali o superiori a quelle di Macondo solo negli Stati Uniti ce n'erano altri 33. Dopo l'incidente di Macondo, la Casa Bianca ha ordinato che si fermassero tutti per sei mesi, in attesa di un giro di vite sulle condizioni di sicurezza. Il numero complessivo delle trivelle nel Golfo del Messico è però molto più alto: secondo le statistiche di Rigzone, in aprile ce n'erano 243, di cui circa la metà in uso (nel mondo erano invece 578). Quanto al numero di pozzi, i fondali davanti a Texas e Louisiana sono letteralmente costellati di buchi: si stima che ce ne siano circa 3.500, scavati con frenesia crescente man mano che la ricerca di greggio sulla terraferma si è fatta più difficile, a causa del declino dei giacimenti più "a portata di mano" e del diffondersi del cosiddetto nazionalismo delle risorse. La tecnologia ha permesso di fare di necessità virtù, con un progresso che negli ultimi anni ha subito un'accelerazione davvero vertiginosa.

Il petrolio venne cercato per la prima volta nell'acqua nel 1938, a una profondità di appena 4 metri, a poche bracciate di nuoto dalla Louisiana. Il primo pozzo davvero "offshore", 17 km al largo dello stesso stato, risale invece al 1947: la piattaforma non era più grande di un campo da tennis (la Deepwater Horizon aveva invece le dimensioni di un paio di campi da calcio) e il greggio veniva trasportato a terra con delle chiatte rilevate dalla Marina militare alla fine della Seconda guerra mondiale.

 

 

 

 

2010-06-03

La marea nera verso le coste dell'Alabama

Cronologia articolo1 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2010 alle ore 16:20.

A Londra giornata pesantissima per Bp, con perdite del 15%. Il colosso petrolifero è sfiancato dalla vicenda della "Marea nera" nel Golfo del Messico che, spinta dai venti, ora minaccia anche le coste dell'Alabama e del Mississipi e, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration, non tarderà a incombere anche sulla Florida, su Cuba e sul Messico.

Stamane la compagnia petrolifera ha di nuovo fatto i conti delle spese sostenute per arginare il disastro da lei provocato: pari a 990 milioni di dollari contro la cifra di 930 milioni diffusa venerdì.

 

Su quello che ormai viene considerato un disastro epocale, superiore per gravità a quello di Exxon Valdez nel 1989, oggi Obama farà il punto con i vertici della speciale Commissione di inchiesta istituita per esaminare le cause e le responsabilità dell'incidente che ancora continua a riversare nei mari petrolio. La Commissione è simile a quelle che si sono occupate dell'esplosione dello shuttle Challenger nel 1986 e dell'incidente nucleare a Three Mile Island nel 1979. Il presidente Usa incontrerà l'ex senatore Bob Graham e l'ex capo dell'Epa, l'agenzia per la protezione ambientale, William Reilly.

 

La Bp intanto, dopo il fallimento di 'top kill' ha deciso di riprovarci con il Lower Marine Riser Package, di fatto un "cappuccio" da posizionare sopra la super-valvola collegato a una nave in superficie con cui catturare la maggior parte del greggio in fondo al mare.

 

 

 

Obama promette una legge sull'energia verde "nei prossimi mesi"

Cronologia articolo2 giugno 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2010 alle ore 19:44.

Il presidente americano Barack Obama si è impegnato a superare le divergenze in Congresso e a trovare i voti necessari per fare approvare la legge sull'energia "nei prossimi mesi", in modo che gli Stati Uniti "facciano totale affidamento sulle tecnologie verdi", riducendo il rischio che "catastrofi" come quella nel Golfo del Messico si verifichino di nuovo in futuro. Parlando dalla Carnegie Mellon University, in Pennsylvania, Obama ha ribadito che "bisogna riconoscere che trivellando 4 miglia sotto la superficie terrestre i rischi collegati all'estrazione petrolifera sono destinati ad aumentare", motivo per cui "una volta per tutte bisogna andare verso un futuro ecologico". Parlando di Bp e delle indagini penali e civili che saranno avviate, ha sottolineato che la fuoriuscita potrebbe essere stata causata da un errore umano "o dal fatto che sono state prese pericolose scorciatoie che hanno compromesso la sicurezza". (Il Sole 24 Ore - Radiocor)

 

 

 

 

 

"La marea nera è la peggiore catastrofe ecologica americana". Ultimo tentativo Bp

Cronologia articolo31 maggio 2010

articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2010 alle ore 09:25.

Senza mezzi termini la Casa Bianca definisce la marea nera nel Golfo del Messico la catastrofe ecologica più grande della storia degli Stati Uniti, e per il presidente Barack Obama, dopo il fiasco dell'operazione 'Top Kill' che avrebbe dovuto sigillare definitivamente il pozzo della Bp, le cose si fanno sempre più difficili.

Super tappo. In attesa dell'avvio della nuova operazione nei prossimi giorni, il collocamento di un tappo sulla supervalvola del pozzo che non funziona, è la responsabile per l'ambiente della Casa Bianca, Carol Browner a scendere in campo.

La Browner ha difeso oggi l'operato dell'Amministrazione Usa, accusata di non avere capito immediatamente l'urgenza del dramma, di avere reagito con lentezza e di essersi fidata delle parole della Bp, davanti alle telecamere dei seguitissimi talk show domenicali.

La marea nera "è verosimilmente la peggior catastrofe ecologica degli Stati Uniti", ha spiegato l'esperta al talk show 'Meet the Press' del Nbc, aggiungendo che si tratta "senza dubbio della peggior marea nera degli Usa. Ci• significa che ci sono maggiori quantit… di petrolio che stanno inquinando il Golfo del Messico, rispetto a qualsiasi altro momento della nostra storia. E ci• significa che c'‚ pi— petrolio", rispetto al dramma dell'Exxon Valdez, la petroliera naufragata nel 1989 in Alaska. Ad un'altra emittente l'ex responsabile dell'Epa (l' equivalente del nostro ministero dell'ambiente) ai tempi di Bill Clinton, ha detto che il petrolio potrebbe continuare a riversarsi fino ad agosto e che il governo "si sta preparando al peggio". La Browner non è stata più precisa di così, ma si pensa immediatamente alle conseguenze che potrebbe avere un uragano come Katrina, che nell'agosto 2005 mise in ginocchio New Orleans e i suoi dintorni.

Obama si trova a Chicago, la sua città, per il ponte del Memorial Day che domani segnerà l'inizio dell'estate e, secondo i giornalisti al suo seguito, il presidente ha passato oltre un'ora nel centro sportivo 'Natural Fit' che appartiene a Cornell McClellan, noto nella citt… come personal trainer della first lady Michelle. Una notizia che non lo ha di certo aiutato, e che rimanda a George W.Bush. Il 30 agosto 2005, mentre a New Orleans morivano in centinaia, Bush si faceva fotografare nella base navale californiana di Coronado con una chitarra in mano per i 60 anni della vittoria contro i giapponesi, il V-J Day. Al talk show 'This Week' della Abc ha avuto oggi parole dure contro Obama il Governatore della Lousiana, Bob Jindal, secondo cui al presidente è mancata "la percezione dell'urgenza".

Jindal chiede maggiori poteri locali e che le unità della Guardia Costiera presenti in loco siano messe direttamente sotto il potere delle contee della Lousiana.

Il Governatore ha anche riposto alle accuse di un editorialista di spicco come Frank Rich del New York Times, che teme per Obama uno scandalo alla Katrina in peggio, ma critica repubblicani e tea party anti-tasse che vogliono meno Stato ma criticano il governo se non interviene. "Credo in un governo efficace e competente in quello che fa - ha detto Jindal - Abbiamo bisogno di un governo federale, del nostro governo federale, in crisi esattamente come questa". Sembra vacillare, infine, con la marea nera, la fiducia quasi cieca degli americani nella scienza. Secondo un esperto come Andrew Kohut del Pew Research Center un numero crescente di americani sta cambiando idea non essendo più convinto come prima che "qualunque cosa succeda troveremo un modo di ripararlo".

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I tre sistemi già falliti per arginare la marea nera

Cronologia articolo30 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 19:28.

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Sono tre i sistemi già falliti per tentare di bloccare il riversamento di greggio in mare dal pozzo petrolifero sottomarino dopo il crollo della piattaforma petrolifera "Deepwater Horizon", noleggiata dalla British Petroleum.

La cupola - Il 5 maggio, si tenta con una cupola di bloccare la fuoriuscita di petrolio. Si tratta di una struttura gigantesca ed un'operazione senza precedenti. È infatti la prima volta che una struttura del genere viene installata a 1.500 metri di profondità. Pesante 98 tonnellate, la struttura è costituita da un container rettangolare di acciaio alto più di 12 metri e sormontato da una cupola. L'azienda prevede di utilizzare tre strutture di questo tipo (quante sono le falle) per incanalare il petrolio verso la stiva di una nave e la Bp conta di catturare l'85% del petrolio che sgorga dal pozzo sottomarino. In realtà non entra mai in funzione a causa di problemi tecnici dato che si forma una crosta di ghiaccio sul tetto del dispositivo.

Il siringone - Il 15 maggio, la Bp tenta una nuova tecnica per arginare il flusso di greggio con l'inserimento di una sorta di siringa telecomandata nel braccio flessibile del pozzo per pompare in superficie il petrolio. Il cosiddetto "siringone" possiede una sorta di valvola per impedire, almeno teoricamente, che il flusso di greggio finisca in mare. Il sistema sulle prime sembra funzionare, ma si capisce che nonostante il recupero di piccole quantità di petrolio, non può essere risolutivo. Inoltre è necessaria una grande cautela per evitare che il siringone si stacchi dal tubo flessibile.

Top Kill - Il 26 maggio, si tenta con l'operazione 'Top Kill', che si svolge in due tempi e ha una durata prevista minima di una decina di ore visto che le operazioni, sorvegliate da robot, si svolgono alla profondità di 1.500 metri circa. In un primo tempo da una nave in superficie vengono immessi con fortissima pressione i cosiddetti fanghi (un mix di acqua, di materie solide e di barite, un minerale) attraverso due canali laterali (la "kill line" e la "choke line") per arginare la fuoriuscita di greggio e di gas naturale attraverso la super-valvola, il cosiddetto "Blowout Preventer" (Bop), secondo alcuni esperti difettosa fin dall'inizio. La Bp, che stimava intorno al 60-70% le possibilità di successo, si è dovuta arrendere ieri: anche il terzo sistema tentato non ha funzionato.

 

 

 

 

Top Kill non ha funzionato, nuove accuse a Bp

Cronologia articolo30 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 15:30.

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La marea nera nel Golfo del Messico è l a peggior catastrofe ecologica della storia degli Stati Uniti. S è espresso così Carol Browner, responsabile della Casa Bianca per l'ambiente, al talk show 'Meet The Press' della Nbc. Secondo la Browner, quella della Deepwater Horizon, la piattaforma della Bp esplosa il 20 aprile "è senza dubbio la peggior marea nera degli Usa. Ciò significa che ci sono maggiori quantità di petrolio che stanno inquinando il Golfo del Messico rispetto a qualsiasi altro momento della nostra storia. E ciò significa che c'è più petrolio", rispetto all'incidente che coinvolse la Exxon Valdez, la petroliera naufragata nel 1989 in Alaska.

E anche l'ultimo tentativo di fermare la marea nera causata dalla Deepwater Horizon è andato in frantumi. Top Kill ha ufficialmente fallito. Tre giorni dopo l'inizio del tentativo di bloccare il petrolio all'origine della marea nera nel Golfo del Messico, British Petroleum ha annunciato il fallimento dell'operazione. La società sta già pensando a un nuovo piano di intervento, che però richiederà qualche giorno. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha nuovamente espresso la sua grande preoccupazione e ha avvertito sui rischi di una nuova opzione.

Intanto il New York Times, questa mattina, ha gettato altra benzina sul fuoco: già molto tempo prima dell'esplosione della Deepwater Horizon, British Petroleum sarebbe stata a conoscenza di seri problemi e temeva fortemente per la sicurezza della piattaforma, ha riferito il quotidiano statunitense.

"Abbiamo deciso di provare con un'altra opzione", ha detto il direttore delle operazioni, Doug Suttles, annunciando il fallimento di 'Top Kill', l'operazione altamente delicata e senza precedenti a questa profondità (1.500 metri) consistita nell'inviare nel pozzo 35mila barili di liquidi e fango per bloccare e il flusso di petrolio e poi cementare la falla. Tutte le speranze adesso sono riposte nella nuova opzione che i tecnici di Bp stanno cercando di mettere a punto. Si tratta, in particolare, di sistemare una sorta di tappo o di mini valvola sopra la super-valvola che non ha funzionato nello scorso mese di aprile, collegandolo alla nave di appoggio in superficie con cui si spera di catturare gran parte del greggio e del gas in uscita dal pozzo danneggiato 40 giorni fa.

Un'operazione molto complessa. "È una manovra non priva di rischi, e questa è la ragione per cui non è stata tentata prima", ha però avvertito Obama da Chicago, dove si trova con la famiglia. Il presidente continua ad esercitare una forte pressione sulla compagnia petrolifera, assieme all'opinione pubblica, provando anche ad allontanare ogni paragone con la gestione dell'uragano Katrina da parte del suo predecessore George W.Bush. Venerdì Obama è volato nuovamente in Louisiana, lo Stato più colpito dalla marea nera, da dove ha annunciato che "triplicherà gli effettivi", dispiegati nelle regioni costiere investite dalla catastrofe ecologica. Il presidente ha anche promesso agli abitanti della Louisiana che "non saranno lasciati soli" e che il governo lavorerà fino a quando la fuoriuscita non sarà fermata e tutte le spiagge ripulite.

Secondo alcuni documenti riservati di Bp, di cui riferisce il New York Times, il gruppo petrolifero sarebbe stato a conoscenza da tempo dei rischi e dei problemi di sicurezza della piattaforma, in particolare per quel che riguarda il rivestimento del pozzo e il dispositivo messo a punto contro le esplosioni. Già un anno fa, gli ingegneri di Bp avevano manifestato perplessità sul rivestimento che il gruppo petrolifero avrebbe voluto utilizzare. E nello scorso mese di marzo il colosso del petrolio aveva registrato "difficoltà nell'attività di controllo del pozzo". Nonostante il rivestimento non rispondesse ad alcuni standard di sicurezza, rivela il quotidiano senza motivare la decisione, BP concesse ugualmente le autorizzazioni a poterlo utilizzare.

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"Top Kill non ha funzionato"

di Daniela RovedaCronologia articolo30 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 08:04.

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LOS ANGELES - In nottata Bp ha ammesso ufficialmente che Top Kill è fallita e non è stata stabilizzata la pressione della sorgente petrolifera sottomarina provocata dall'incidente alla piattaforma nel Golfo del Messico. La condizione era indispensabile per poter iniettare cemento e sigillare del tutto il "buco maledetto", aveva detto già ieri un tecnico Bp al New York Times, quando la società ha iniziato a mettere le mani avanti.

 

Stanno arrivando intanto le prime valutazioni del disastro ecologico vicino ai fondali, quello che non è visibile a occhio nudo. Il petrolio in profondità è così denso da oscurare le luci di un sottomarino, ha scoperto ieri un gruppo di ricercatori dell'università della Louisiana. "Ci sono diverse tipologie di petrolio che hanno differenti densità e in funzione di esse il greggio può risalire in superficie o in parte scendere verso il fondale" spiega Giuseppe Caselli, chief operating officer delle attività di perforazione della Saipem. Il petrolio che si deposita sui fondali fa morire il sistema anaerobico e danneggia quindi la prima fascia della catena alimentare, con ripercussioni devastanti e durature sull'intero ecosistema marino. Occorrono in genere dai 30 ai 50 anni per biodegradare il petrolio in profondità.

Con questi nuovi dati alla mano, è ormai chiaro che il disastro ambientale è ormai a livelli apocalittici dopo che il geyser di petrolio da 41 giorni sta riversando greggio al ritmo di 12mila-19mila barili al giorno a una profondità di 1.500 metri sotto il livello del mare. E la sensazione di una nuova sconfitta di Bp era già palpabile nelle vaghe assicurazioni del direttore operativo Doug Suttles nel corso di una conferenza stampa improvvisata sulle spiagge inquinate della Louisiana. Né la densa sostanza fluida inserita nella sorgente né i detriti sparati nella valvola di sicurezza per otturarla (l'operazione junk shot) hanno interamente controbilanciato la pressione del petrolio in uscita e Bp non è in grado quindi di inserire un sigillo di cemento. L'operazione-tampone - già ventilata da Bp - consiste ora nel tagliare la tubatura che fuoriesce dal pozzo per inserirne un'altra e catturare almeno una parte del greggio.

Da Washington sono uscite intanto indiscrezioni sull'imminente avvio di un'inchiesta penale sulle cause dell'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon il 20 aprile scorso e sulle responsabilità di Bp nell'incidente che ha causato il più grave disastro ecologico della storia americana e la morte di 11 operai. Dalle testimonianze raccolte tra i tecnici sopravvissuti e da una serie di documenti raccolti dal New York Times emerge che Bp era al corrente dei rischi nella trivellazione di quella sorgente "problematica" ma non ha mai preso misure di sicurezza.

L'amministrazione Obama ha stanziato 10 milioni di dollari per condurre l'inchiesta, ma le critiche nei confronti del presidente stanno piovendo da tutte le parti. Parecchi commentatori sembrano ormai convinti che la popolarità di Obama non sopravviverà alla crisi del Golfo. Nell'era dei Tea Parties e delle proteste contro il "big government", l'incompetenza e l'impreparazione del governo nella catastrofe del Golfo non può che rafforzare l'opposizione.

Negli stati del Golfo continua la battaglia per tenere a bada la marea rossastra spinta dalle onde verso le coste, una battaglia senza fine, almeno fino a che la falla sottomarina non sarà chiusa. Gli ultimi rilevamenti indicano tuttavia che la battaglia in profondità potrebbe essere assai più complessa e pericolosa di quella in superficie. "È troppo presto per affermare che ci siano strisce di petrolio sospese ad elevate profondità" ha detto Russell Brown, responsabile di un vascello di ricercatori inviato dalla National oceanographic and atmospheric administration.

Ma le prove dell'esistenza di petrolio in profondità sono state raccolte finora dall'università della Louisiana, da un vascello della National science foundation e da un gruppo di ricercatori dell'University of Georgia. I campioni d'acqua devono essere ora passati al setaccio per stabilire la presenza di quelle minuscole goccioline di petrolio misto a gas che potrebbero seminare morte negli abissi. "L'unico modo per far affiorare in superficie le goccioline - dice Caselli - è con l'uso di additivi e emulsionatori che alleggersicono il liquido e lo portano a galla".

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LA CRISI

L'incidente

Il 20 aprile al largo delle coste della Louisiana esplode la piattaforma Deepwater Horizon gestita da British Petroleum di proprietà della Transocean. Da quel momento in poi dal buco delle profondità marine sgorga greggio che crea un disastro ambientale di proporzioni gravissime. Nel giro di qualche settimana la marea nera tocca le coste della Louisiana

I tentativi

In questo mese e mezzo Bp le prova tutte per tappare la falla. Prima con una cupola d'acciaio, poi con un siringone, infine qualche giorno fa con una colata di fango e cemento che i media americani battezzano Top kill. In queste ore sembra che anche quest'ultimo tentativo stia fallendo

La reazione di Obama

Il presidente americano segue passo passo l'evolversi della vicenda. Pochi giorni fa sbotta contro British Petroleum: "Tappate quel dannato buco!". Ora gli editorialisti americani valutano le conseguenze politiche del disastro sul mandato di Obama alla luce delle elezioni di novembre

I precedenti

Il 24 marzo di 21 anni fa vi fu l'incidente che generò la più grande catastrofe ambientale americana, fino a ieri: la petroliera Exxon Valdez si incagliò in una scogliera nel golfo di Alaska, disperdendo in mare 41 milioni di litri di greggio. La società fu condananta a un miliardo di risarcimenti. La marea nera uccise 250mila uccelli marini, 2.800 lontre, 300 foche e molte altre specie

 

 

 

 

Bp in lotta con il petrolio nel Golfo usa anche palle da golf

Cronologia articolo29 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2010 alle ore 19:14.

Prosegue lo sforzo di contenimento della fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico da parte di Bp, che da quasi tre giorni sta iniettando fango e liquidi nel pozzo (ma anche palle da golf e rottami di ferro) all'origine della marea nera. Bp oggi ha chiesto agli americani di pazientare in attesa dei risultati dell'operazione ribattezzata "top kill". La manovra prosegue e i risultati potranno conoscersi domani, ha dichiarato oggi all'Afp un portavoce del gigante petrolifero britannico, Robert Wine.

"Non lavoriamo in funzione del tempo, ma in funzione di quello che constatiamo a livello del pozzo. L'elemento decisivo, è la pazienza", ha dichiarato, da parte sua, uno degli executive di Bp, Doug Suttles. Lanciata mercoledì, l'operazione altamente delicata e senza precedenti a questa profondità (1.500 metri) consiste nell'inviare nel pozzo un melange di liquidi e fango. Una volta bloccato il flusso di petrolio, si tratterà di cementare il pozzo. In caso di fallimento "abbiamo una altra soluzione in stock, che consiste nel posare un coperchio di contenimento sulla perdita", ha detto ancora il portavoce di Bp.

Il gigante americano è sottoposto ad una forte pressione da parte dell'opinione pubblica americana e dall'amministrazione Obama, che sta tentando in ogni modo di allontanare ogni paragone con la gestione dell'uragano Katrina da parte del suo predecessore George W. Bush. Il presidente Barack Obama ieri è volato nuovamente in Louisiana, lo Stato più colpito dalla marea nera da dove ha annunciato che "triplicherà gli effettivi" dispiegati nelle regioni costiere investite dalla catastrofe ecologica. Obama ha anche promesso agli abitanti della Louisiana che "non saranno lasciati soli" e che il governo lavorerà fino a quando la fuoriuscita non sarà fermata e tutte le spiagge ripulite.

Il disastro è cominciato lo scorso 20 aprile dopo l'esplosione della piattaforma off-shore Deepwater Horizon, di proprietà di Bp. Il colosso petrolifero ha da allora stimato la fuoriuscita in circa 800mila litri di petrolio al giorno, ma un rapporto del governo diffuso due giorni fa ha trovato che l'entità del danno sarebbe molto più grave, da due a cinque volte tanto.

 

 

 

Obama in Louisiana: fermeremo il greggio non vi lasceremo soli

di Daniela RovedaCronologia articolo29 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2010 alle ore 08:03.

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LOS ANGELES - "Popolo della Louisiana, non ti abbandoneremo". Questa vaga promessa è quanto il presidente Barack Obama ha potuto offrire ieri alla nazione durante il suo secondo viaggio nel Golfo, avvenuto nel 40esimo giorno del più grave disastro ecologico della storia americana. Il disastro è ancora senza soluzione, perché la complessa operazione Top kill iniziata mercoledì sera dalla Bp per arginare la falla sottomarina di petrolio non sarà completata per almeno un altro giorno, forse due, e in ogni caso ha una probabilità di riuscita del 60-70% a detta della stessa Bp.

Obama si è precipitato in Louisiana per riparare il danno di immagine che la crisi del Golfo ha inflitto alla sua amministrazione, e ieri ha ispezionato le spiagge macchiate di nero, ha incontrato le autorità locali per capire meglio ciò di cui hanno bisogno, ha promesso l'invio di personale in misura tripla rispetto a quella attuale. Ormai è chiaro tuttavia che il governo non ha le risorse tecnologiche per prendere in mano la gestione delle operazioni di riparazione della falla subacquea, e oltretutto non sembra nemmeno essere del tutto al corrente dell'operato di Bp.

Ciò che si sa dell'andamento dell'intervento Top kill è infatti quanto la società inglese decide di comunicare. La prima fase dell'operazione, l'inserimento di dense sostanze fluide nella sorgente e di detriti di gomma nella valvola di sicurezza per stabilizzare la pressione, è stata completata e la fuoriuscita è bloccata ma occorre aspettare che la situazione si sia stabilizzata per procedere con la seconda fase, l'inserimento di cemento per sigillare la falla.

Il solo pensiero che questa ultima carta nella manica di Bp non funzioni è agghiacciante: in caso di fallimento bisognerà aspettare almeno fino all'inizio di agosto prima di poter completare la soluzione permanente, ovvero la trivellazione del pozzo sottomarino in un altro punto del fondale. La dimensione della catastrofe del Golfo, che ha ormai superato per dimensione quella della Exxon Valdez, potrebbe avvicinarsi in quel caso a quella del più grave disastro petrolifero di tutti i tempi, verificatosi sempre nel Golfo del Messico in acque messicane nel 1979. Quella volta la sorgente sottomarina riversò nel mare 12mila barili al giorno per dieci mesi, un totale di 454mila barili; l'entità della perdita causata dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon il 20 aprile scorso non è stata accertata del tutto, e varia dai 12mila ai 65mila barili al giorno.

In un'atmosfera di rabbia, frustrazione e desiderio di vendetta, si stanno moltiplicando intanto gli inviti al boicottaggio del colosso petrolifero inglese. L'ha proposto Democracy for America, organizzazione progressista americana. "Fategli pagare tutto, colpiteli dove fa più male, nel portafoglio" ha implorato in parlamento Keith Jones, padre di uno degli 11 operai morti nell'esplosione.

Ieri Obama ha ripetuto che Bp dovrà pagare tutto, la pulizia dell'ambiente, le spese sostenute dal governo, i danni subiti dall'economia, i costi sanitari per chi ha già iniziato a sentirsi male dopo l'inalazione dei fumi di petrolio che galleggia nel mare. Ma i dubbi sul reale intento di Bp di pagare tutto restano. La società ha detto di avere già distribuito 25 milioni di dollari a 37mila cittadini della Louisiana direttamente colpiti dalle conseguenze economiche del disastro ecologico, ma la media ammonta a 675 dollari, un insulto secondo i pescatori. Saranno i tribunali, in ultima istanza, a decidere le responsabilità di Bp.

Ieri però Barack Obama ha insistito che il governo è pronto già oggi a dare assistenza finanziaria a chi ne ha bisogno. "Visitate il sito Whitehouse.org per saperne di più - ha detto durante una breve conferenza stampa - e se volete chiederlo a me personalmente, mandatemi un messaggio". Il presidente ha ribadito che anche se la colpa è della società petrolifera, la responsabilità politica è solo sua. "Lo scaricabarile si ferma con me" ha detto. Ormai solo il 46% degli americani approva l'operato del presidente nel fronteggiare la crisi del Golfo; secondo un sondaggio pubblicato giovedì una percentuale più bassa, il 35%, approva l'operato del governo e solo il 24% quello di Bp.

 

 

 

Obama si sporca le mani di catrame e promette rinforzi

Cronologia articolo28 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 22:45.

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Lo spettro di ciò che Katrina ha significato per George W. Bush incombe su Barack Obama per colpa di Bp e della marea nera nel Golfo del Messico. Così, per dare un segnale forte, ancorché forse tardivo (il disastro risale ormai al cinque settimane fa e il danno per l'ecosistema è incalcolabile oltre che irrimediabile per lungo tempo) il presidente degli Stati Uniti è volato nuovamente in Louisiana.

Parlando da Grand Isle, Obama ha detto che la fuoriuscita è "un attacco alla costa, al popolo e all'economia della regione", ha promesso agli abitanti della Louisiana che "non saranno lasciati soli" e che il governo lavorerà fino a quando la fuoriuscita non sarà fermata e tutte le spiagge ripulite. Obama ha visitato una spiaggia a sud di New Orleans che è minacciata dalla marea nera, si è sporcato le mani con il catrame ed ha annunciato che sarannio triplicati gli uomini per rispondere alla catastrofe ecologica. Il presidente si è fermato sulla riva per osservare l'orizzonte, dove erano visibili delle piattaforme petrolifere, che oggi appaiono minacciose almeno quanto l'ormai famigerata Deepwater Horizon, sulla quale, inseguito a un'esplosione, hanno perso la vita 11 persone.

Intanto, prosegue lo sforzo di contenimento della fuoriuscita di greggio sul fondale da parte di Bp. Da quasi tre giorni sono iniettati fango e liquidi ad alta densità nel pozzo sul fondo del mare. La manovra, nota come Top kill, non è mai stata tentata a queste profondità (1.500 metri) e, sebbene la Guardia Costiera e Bp abbiano registrato un certo successo, gli sviluppi delle prossime ore saranno "cruciali" e, come detto dall'amministratore delegato di Bp Tony Hayward, non ci saranno certezze prima di altre 48 ore.

Obama ha detto che un gruppo di esperti è pronto ad intervenire se Bp non produrrà risulati. Giovedì il presidente ha tenuto una confernza stampa alla Casa Bianca dove si è detto "arrabbiato e frustrato" per il prolungarsi della situazione, ma ha difeso l'operato del governo nella gestione della crisi. Ha rifiutato le accuse alla sua amministrazione di aver lasciato il controllo delle operazioni di emergenza nelle mani di Bp, dicendo che ogni mossa della società viene approvata dalla Casa Bianca in anticipo.

"Bp opera sotto la nostra direzione", ha assicurato Obama. Che però ha ammesso di non avere a disposizione il "silver bullett", la risposta definitiva a questa immane tragedia ambientale. "Ogni azione o decisione chiave che prendono deve essere prima approvata da noi". Il colosso petrolifero "è responsabile di questo orribile disastro" e dovrà ripagare "fino all'ultimo centesimo" per i danni causati. Il colosso petrolifero ha stimato la perdita in circa 800mila litri di petrolio al giorno, ma un rapporto del governo diffuso ieri ha trovato che l'entità del danno sarebbe molto peggiore, da due a cinque volte tanto.

 

 

 

Per Top Kill decisive le prossime 48 ore

Cronologia articolo28 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 17:29.

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Il numero uno di Bp, Tony Hayward, ha dichiarato che l'operazione Top Kill per chiudere la disastrosa perdita di petrolio dal pozzo nel Golfo del Messico esploso il 20 aprile "sta andando abbastanza bene". Tuttavia serviranno altre 48 ore per sapere la chiusura della falla avrà avuto successo. Per l'ammiraglio della Guardia Costiera, Thad Allen, saranno cruciali le prossime 12-18 ore. Dopo una sospensione di 16 ore perchè i risultati non apparivano sufficienti, l'operazione Top kill è ripresa nella notte. (qui le immagini live dal sito di Bp)

Intervenendo alla trasmissione della Abc Good Morning America, Hayward ha spiegato che nel pozzo sono stati immessi gomma e altri materiali e altro fango sarà pompato nel corso della giornata. Il gruppo Bp ha aggiornato a 930 milioni di dollari, oltre 750 milioni di euro, il costo che ha dovuto sopportare per la marea nera fuoriuscita dopo l'affondamento della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon.

Oggi il presidente americano Barack Obama arriva per la seconda volta in meno di un mese in Louisiana per verificare l'andamento delle operazioni per bloccare la falla e arginare la marea nera. Il presidente americano ha annunciato una moratoria di sei mesi sulle trivellazioni offshore in acque profonde,la sospensione delle attività di 33 pozzi di esplorazione attualmente in corso nel Golfo del Messico e ha ribadito che la Bp pagherà fino all'ultimo centesimo.

 

 

 

 

Marea nera: "Top kill" funziona

di Daniela RovedaCronologia articolo28 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 08:37.

LOS ANGELES - L'ultimo tentativo di chiudere la falla nel pozzo sottomarino del Golfo del Messico sta funzionando. Finalmente, ma non è ancora il momento di tirare un sospiro di sollievo ha avvertito anche il presidente Barack Obama che ieri ha accusato per l'ennesima volta Bp di avere causato un disastro ambientale ed economico "senza precedenti". Bp ieri è riuscita a fermare temporaneamente il torrente di petrolio che da 38 giorni sputa con violenza dai 2 ai 4 milioni di litri di greggio nel Golfo del Messico, ma quest'operazione molto rischiosa e mai tentata prima non sarà conclusa prima di oggi o domani. Nel frattempo il governo Usa ha annunciato che la catastrofe ambientale ha ormai ufficialmente raggiunto per gravità quella causata dalla petroliera Exxon Valdez in Alaska nel 1989. Secondo le stime più ottimistiche dell'Us Geological Survey, infatti, la sorgente sottomarina avrebbe già riversato 260mila barili nel mare e nella più pessimistica la perdita totale potrebbe avere raggiunto i 540mila barili, il doppio della Exxon Valdez. Secondo le stime dell'Usgs, dalla falla sono usciti ogni giorno tra 12mila e 19mila barili ben oltre il doppio dei circa 5mila ammessi all'inizio da Bp.

La cifra potrebbe aumentare ancora se dovesse fallire anche quest'ultima operazione nota come "Top kill", una soluzione che secondo la stessa Bp ha una probabilità di successo del 60 per cento. La tecnica consiste nell'inserimento di una densa sostanza fluida nella sorgente per ridurre a zero la pressione del petrolio e del gas in uscita e, una volta stabilizzata la pressione, nell'inserimento di cemento per sigillare la sorgente. Solo fra un giorno o due si saprà se la cementazione sarà stata sufficiente a chiudere il rubinetto. In caso contrario Bp potrebbe giocare la sua ultima carta: l'otturazione della valvola situata alla bocca della sorgente con detriti di gomma, un'operazione nota come "junk shot". Né il top kill né il junk shot sono comunque soluzioni permanenti: il pericolo sarà interamente eliminato non prima di agosto, quando dovrebbero concludersi i lavori di trivellazione del pozzo sottomarino in un altro punto del fondale per ridurre del tutto la pressione vicino alla falla.

Il presidente Obama ha fatto cadere ieri la prima testa, quella della direttrice della Mining management services Elizabeth Birnbaum, responsabile del l'agenzia incaricata di concedere le licenze per la trivellazione offshore e di condurre le ispezioni delle piattaforme. Una serie di rivelazioni sul rapporto incestuoso tra i dirigenti delle grandi compagnie petrolifere e gli ispettori incaricati della loro supervisione sono emerse negli ultimi giorni ma le critiche hanno raggiunto ormai molti altri organi federali e statali. Nel mirino delle critiche è finito in particolare il responsabile della guardia costiera per non avere ordinato interventi repentini e massicci nelle operazioni di pulizia del mare nel Golfo.

Il petrolio copre ormai cento chilometri di spiagge in Louisiana e una marea di 90mila chilometri quadrati resta sospesa nel Golfo del Messico in balia dei venti. Se non fosse stato per il continuo cambio di direzione dei venti, la massa di greggio sarebbe arrivata a riva settimane fa provocando danni ancor più gravi; invisibile a occhio nudo è il danno sotto la superficie del mare, dove strisce di petrolio si stanno depositando sui fondali.

La rabbia impotente della popolazione si sta intanto riversando su Bp man mano che emergono nuovi dettagli sulle sue responsabilità nell'incidente del 20 aprile in cui hanno perso la vita 11 operai. Secondo una preliminare ricostruzione dei fatti, Bp avrebbe sacrificato la sicurezza delle operazioni sulla piattaforma Deepwater Horizon, presa in leasing dalla svizzera Transocean, per risparmiare sui costi. Nella fretta di concludere nel più breve tempo possibile il sigillo della sorgente, un'operazione che aveva già sfondato il budget, Bp aveva ignorato le avvertenze di una possibile presenza di gas nelle tubature. L'espansione del gas affiorato poi in superficie ha causato l'esplosione.

Bp è stata criticata per avere grossolanamente sottostimato la dimensione della perdita e per avere minimizzato l'entità del danno ambientale. I suoi titoli hanno perso il 25% dal 20 aprile a oggi, ma ieri il rinnovato ottimismo li ha spinti al rialzo del 6% in Borsa.

IL PRECEDENTE

Il disastro del 1989

Il 24 marzo di 21 anni fa vi fu l'incidente che generò la più grande catastrofe ambientale americana, fino a ieri: la petroliera Exxon Valdez (nella foto) si incagliò in una scogliera dello stretto di Prince William, una insenatura del golfo di Alaska, disperdendo in mare 41 milioni di litri di greggio

Condanna da un miliardo

La marea nera uccise 250mila uccelli marini, 2.800 lontre, 300 foche e molte altre specie. Il governo Usa irrigidì le regole legate alla sicurezza delle petroliere e assegnò i costi delle operazioni di pulizia della costa alle major. Nel 1991 la Exxon Mobil fu condannata in sede civile e penale a pagare oltre un miliardo di dollari

 

 

 

 

Bp stanzia 500 milioni per studi sulla marea nera

di Daniela RovedaCronologia articolo

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 12:37.

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"Non molleremo, la Bp dovrà risolvere il problema sotto la supervisione del governo americano e pagare tutto". Così ha proclamato ieri il ministro dell'Homeland Security, Janet Napolitano, inviato per la quarta volta in Louisiana dal presidente Obama insieme al ministro degli interni Ken Salazar per dimostrare alla nazione l'impegno del governo nella catastrofe del Golfo.

 

Lo spiegamento di risorse per fronteggiare l'emergenza è il più massiccio della storia americana: 22mila uomini, mille motonavi, centinaia di chilometri di barriere galleggianti per impedire al petrolio di raggiungere le coste. Ma l'impazienza e la rabbia della popolazione per l'incapacità della Bp di chiudere la falla di petrolio e per il ruolo del governo Usa nella gestione del disastro ambientale ed economico sta crescendo rapidamente. A 34 giorni dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon il greggio continua a riversarsi nel Golfo del Messico al ritmo di almeno 5mila barili al giorno, forse il doppio o il triplo se si ascoltano diversi scienziati, e la Bp pare a corto di idee per fermarlo.

Ieri il comandante della Guardia costiera, Thad Allen, ha difeso l'amministrazione Obama dall'accusa di passività nella gestione della spaventosa crisi spiegando che la legge americana affida l'intera responsabilità operativa e legale alla Bp, la società che ha preso in leasing la porzione di fondale per trivellare petrolio e che dunque ha accesso esclusivo all'area sottomarina dove è situata la sorgente. La responsabilità del governo è limitata alla supervisione e all'assistenza.

 

Ma le critiche continuano a piovere per numerosi altri motivi: la Bp continua per esempio a ignorare l'ordine dell'Environmental Protection Agency di non usare la sostanza chimica dispersiva Corexit, giudicata estremamente tossica e dannosa per l'ecosistema. Il governo Usa è stato criticato invece per avere continuato a concedere licenze per le trivellazioni offshore anche dopo la moratoria annunciata dal presidente Obama il mese scorso.

Cresce anche la frustrazione per la lentezza delle operazioni Bp, che ieri ha rimandato di un altro giorno, a mercoledì, il cosiddetto intervento "top kill" per otturare la valvola di sicurezza alla bocca della sorgente con una densa sostanza fluida e fermare la fuoriuscita di greggio. L'operazione non è mai stata tentata a 1.500 metri sotto il livello del mare e potrebbe fallire, proprio come sono falliti i tre precedenti tentativi di interrompere il flusso di petrolio. La Bp sostiene di avere almeno altre tre alternative: otturare la valvola con detriti solidi, appoggiare un'altra valvola sopra quella già esistente (e malfunzionante) o tagliare la tubatura che fuoriesce dalla valvola e coprire l'apertura con una piccola cupola per intrappolare il petrolio. L'unica altra opzione restante, la trivellazione della sorgente sottomarina in un altro punto del fondale, non sarà disponibile prima di agosto.

Oltre ad esprimere la propria contrizione a parole, la Bp ha annunciato ieri la creazione di un fondo da 500 milioni di dollari per la ricerca sugli effetti del disastro petrolifero sull'ambiente.La dimensione del danno ecologico è comunque già oggi incalcolabile. Il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, ha annunciato che ormai 100 chilometri di spiagge sono macchiate di nero, e che il petrolio si è insinuato nelle paludi per almeno 20 chilometri verso l'interno. Il bambardamento di immagini di animali morti e di minacciose macchie rossastre galleggianti si sta intensificando, ma gli scienziati avvertono che il danno maggiore non è visibile a occhio nudo. È sotto la superficie, dove strisce di petrolio si stanno depositando sui fondali soffocando la flora e la fauna acquatica in profondità.

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"II tappo funziona" contro la marea nera

Cronologia articolo28 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2010 alle ore 19:05.

Oggi Barack Obama torna nel Golfo del Messico, dove la Bp ha ripreso l'operazione "Top kill", sospesa per qualche ora. La fuoriuscita di greggio sembra bloccata al momento, ma "è troppo presto per cantare vittoria" e i tecnici hanno ripreso a pompare fango e cemento nel pozzo.

Obama assume il comando

Il presidente degli Stati Uniti ha sottolineato come la sua amministrazione abbia preso il comando della situazione, "una catastrofe terribile", sicuramente la più grave nella storia degli Stati uniti. E' ormai accertato che dalla falla del pozzo fuoriescano due-tre milioni di litri di greggio al giorno, non 800mila come stimato inizialmente. "Mi assumo la piena responsabilità" della situazione, ha detto il presidente Obama nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca prima della sua partenza: "E' mio dovere assicurare che venga fatto tutto il possibile per chiudere la falla".

68 milioni di litri in mare

Il riversamento di greggio in mare dal 20 aprile scorso, anche in base alla migliore delle stime, è ormai complessivamente di 68 milioni di litri, una quantità superiore a quella della Exxon Valdez in Alaska, considerata finora la peggiore catastrofe ambientale negli Stati Uniti (allora furono 42 milioni di litri di greggio a riversarsi in mare). Obama ha anche detto che il colosso petrolifero British Petroleum "è responsabile di questo orribile disastro" e che dovrà "ripagare fino all'ultimo centesimo per i danni causati"

Top kill

Grazie all'operazione "Top Kill", in corso nel Golfo del Messico per sigillare il pozzo petrolifero della Bp, la fuoriuscita di greggio si è per il momento fermata. Lo ha detto l'Ammiraglio Thad Allen, responsabile per le operazioni di contenimento, precisando però che è troppo presto ancora per cantare vittoria. Alla tv della Lousiana WWL, Allen ha indicato che "hanno fermato il flusso di idrocarburi, sono stati in grado di stabilizzare la testa del pozzo e stanno immettendo fanghi" nel pozzo con forte pressione. Se l'operazione andrà in porto dopo i fanghi, la Bp intende immettere cemento per chiudere definitivamente il pozzo che ha provocato una delle maree nere più devastanti della Storia. L'operazione "top kill", come è stata ribattezzata, dovrebbe durare fino a due giorni . Prevede che la falla sia coperta con un getto di fango ad alta pressione e poi sigillata con un tappo in cemento (dal sito di BP le immagini live). Per l'amministratore delegato del gruppo petrolifero, Tony Hayward, le possibilità di successo sono "intorno al 60-70%" anche se c'è l'incognita di un'operazione mai tentata prima a simili profondità.

 

 

 

 

Gli Usa "molto arrabbiati" con la Bp per la marea nera

Cronologia articolo23 maggio 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 21:20.

Il ministro dell'Interno americano, Ken Salazar, si è detto "molto arrabbiato e molto frustrato" con il gruppo petrolifero britannico BP, responsabile della marea nera nel Golfo del Messico,che dopo essere fuoriuscita da una piattaforma incendiata ha provocato un enorme danno ambientale.

Salazar - che ha tenuto una conferenza stampa in Louisiana - ha accusato la BP di venir meno "scadenza dopo scadenza" agli impegni presi. "Se la BP non onorerà gli impegni assunti - ha affermato Salazar - se scopriremo che non sta facendo ciò che si suppone debba fare, la metteremo da parte".

Una delegazione di alto livello dell'amminstrazione Obama si è recata nel pomeriggio sulle coste del Golfo del Messico per valutare di persona le conseguenze della marea nera. Ne fanno parte, oltre allo stesso Salazar, il ministro della Sicurezza interna, Janet Napolitano, e il direttore dell'Epa, l'Agenzia per la protezione dell'Ambiente, Lisa Jackson. Un sopralluogo aereo è previsto per domani. Per Salazar, la marea nera rappresenta per il gruppo petrolifero Bp una vera e propria "crisi esistenziale".

 

Sempre oggi un portavoce della Bp, John Curry, ha detto che il quantitativo di greggio pescato dal tubo inserito nel pozzo sottomarino sta diminuendo in modo significativo (guarda in diretta la fuoriuscita). Il sifone sarebbe riuscito a succhiare nelle ultime 24 ore circa 216mila litri di petrolio. Prima invece il tubo - lungo circa 1,6 chilometri che trasporta il greggio verso una nave serbatoio - era in grado di raccogliere circa 350mila litri di greggio al giorno.

 

 

2010-05-14

Bp: "Avremmo potuto fare di più"

di Daniela Roveda

14 Maggio 2010

Bp: "Avremmo potuto fare di più"

"Dai nostri archivi"

Obama alza la tassa sul petrolio

Bp alle corde nel Golfo del Messico chiede aiuto al web

La California vieta le trivellazioni

Cupole, valvole e robot Bp cerca di tappare le falle

Il petrolio? Ora è a 10 km sotto il fondo del mare

LOS ANGELES - "Avremmo potuto fare di più". Per la prima volta l'a.d. di Bp Tony Hayward ha ammesso che la sua società non era preparata a fronteggiare un'emergenza della portata di quella causata dall'esplosione di una piattaforma offshore che trivellava a 1.500 metri di profondità. Nel frattempo le autorità federali si stanno preparando a far causa in sede penale alla Bp per negligenza: se condannato, il colosso inglese rischia di dover pagare il doppio dei danni ambientali ed economici causati dalla perdita sottomarina che secondo le stime ha finora riversato 18 milioni di litri di petrolio nel Golfo del Messico.

Questi eventuali risarcimenti andrebbero a sommarsi ai costi di bonifica ambientale (la Bp ha speso finora 450 milioni di dollari) e ai risarcimenti richiesti in sede civile da tutte le parti lese nell'incidente: i pescatori, l'industria del turismo, gli enti locali penalizzati da un calo del gettito fiscale e così via. Il tetto di 75 milioni di dollari imposto per legge sul totale dei risarcimenti civili (e peraltro contestato da Transocean, la società proprietaria della piattaforma, che chiede di abbassarlo a 27 milioni, in ottemperanza a una vecchia legge) è nullo in caso di "grossolana negligenza" da parte della Bp, un elemento che a questo punto non dovrebbe essere difficile da dimostrare. Sui risarcimenti in sede penale non vi è limite, anche se in passato la cifra è stata fissata dai tribunali al doppio dei danni.

Prima di poter investire le sue risorse in una guerra legale su più fronti, la Bp nell'immediato deve riuscire a chiudere la falla subacquea. Tutti i tentativi sono finora falliti: la valvola di sicurezza che copre la sorgente non ha funzionato né i tentativi di aggiustarla con robot subacquei. La cupola d'acciaio che domenica scorsa avrebbe dovuto coprire la falla si è intasata immediatamente con cristalli di metano formatisi sulle pareti interne. E lo stesso problema si sarebbe verificato con la cupola più piccola: ieri, dopo che si erano susseguite voci contrastanti sulla tempistica, il portavoce di Bp, John Crabtree, ha dichiarato che l'ipotesi era tramontata per essere rimpiazzata da un piano per inserire nella tubatura lacerata un tubo di diametro inferiore per convogliare il petrolio in superficie. Restano altre due possibilità: l'iniezione di detriti di gomma e palline da golf per intasare la valvola e impedire la fuoriuscita di greggio; montare una seconda valvola sopra quella esistente per chiudere il flusso. Vi è un'ultima opzione, trivellare in un altro punto il fondale per pompare il petrolio e abbassare la pressione nella falla, ma non sarà attuabile prima di fine luglio.

Tutte queste tecniche sono state utilizzate con successo in passato, ma mai a tali profondità. L'incompetenza, l'impreparazione e l'apparente negligenza della Bp, la più grande compagnia petroliera nel segmento dell'offshore drilling a elevate profondità, sono emerse con chiarezza nel corso di diverse interrogazioni parlamentari questa settimana. La società aveva ignorato numerosi segnali preoccupanti, per esempio l'aumento di pressione all'interno delle tubature della trivella e la perdita di fluido dai meccanismi idraulici della valvola di sicurezza. Molti interrogativi stanno emergendo intanto sul ruolo nella tragedia della Minerals Management Services, il braccio del ministero degli Interni incaricato di regolamentare l'offshore. L' Mms aveva esonerato la piattaforma Bp da un'inchiesta di routine sulla sicurezza ritenendo che i rischi per l'ambiente fossero trascurabili; e persino dopo l'esplosione del 20 aprile in cui sono morti 11 operai ha esonerato altre 27 piattaforme, inclusa una della Andarko a 2.700 metri sotto il livello del mare.

VIDEO / La falla principale del pozzo Bp

Dalla Puglia una macchina per separare l'acqua dal greggio

Da Brescia chilometri di barriere per cercare di arginare la marea

14 Maggio 2010

 

 

 

 

 

 

2010-05-11

Obama tassa il barile di greggio

per prevenire altri ecodisastri

12 maggio 2010

Obama tassa il barile di greggio per prevenire altri ecodisastri

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In seguito al disastro ecologico causato dalla piattaforma esplosa nel Golfo del Messico, l'amministrazione Obama ha deciso di incrementare di un centesimo al barile le tasse a carico delle compagnie petrolifere per creare un fondo speciale con cui far fronte a catastrofi simili alla marea nera che sta affliggendo la Louisiana e gli altri Stati affacciati sul Golfo. Il governo propone in sostanza di alzare da otto a nove centesimi il contributo al fondo di responsabilità per le perdite di petrolio attualmente dalle compagnie petrolifere. La tassa aumenterebbe poi a dieci centesimi nel 2017. I fondi supplementari che arriveranno con la nuova tassa sono stimati intorno a 118 milioni di dollari l'anno. Il presidente Barack Obama ha inoltre chiesto al Congresso di alzare a 1,5 miliardi di dollari il tetto di responsabilità delle compagnie petrolifere per danni ambientali.

Sulla marea nera Bp prepara lo "scaricabarile"

La marea nera mette a rischio la green economy di Obama

Bp alle corde nel Golfo del Messico chiede aiuto al web (di Daniela Roveda)

12 maggio 2010

 

Sulla marea nera Bp prepara lo "scaricabarile"

11 maggio 2010

Sulla marea nera Bp prepara lo "scaricabarile"

La responsabilità dell'esplosione della piattaforma nel golfo del Messico, che ha riversato tonnellate e tonnellate di greggio nell'oceano atlantico è della Transocean, la società che per conto di Bp gestiva l'impianto. È questa la strategia difensiva che il presidente della società britannicaLamar McKay intende adottare al Congresso di Washington, dove è chiamato a spiegare i rischi e le conseguenze dell'esplosione del 20 aprile scorso, che ha fatto 11 morti. Un disastro ecologico ancora in atto, che potrebbe diventare il più grave di sempre per l'America.

Mckay ha detto che la società sta investigando su quanto accaduto, anche se è ancora troppo presto per diffonderne i dettagli. Il numero uno della Bp ha comunque fatto sapere che, nei giorni precedenti all'esplosione, si era registrata "una pressione anomala" nelle tubature. "Transocean era responsabile della sicurezza dell'impianto" ha detto ventilando un prevedibile "scaricabarile" che potrebbe riguardare anche la Halliburton, che ha costruito l'impianto. Solo sette delle 126 persone che erano al lavoro sulla piattaforma al momento dell'esplosione erano dipendenti di Bp.

La marea nera mette a rischio la green economy di Obama

Bp alle corde nel Golfo del Messico chiede aiuto al web (di Daniela Roveda)

11 maggio 2010

 

 

Bp alle corde nel Golfo del Messico chiede aiuto al web

di Daniela Roveda

11 Maggio 2010

Bp alle corde nel Golfo del Messico chiede aiuto al web (Epa)

"Dai nostri archivi"

La cupola di Bp calata sul fondale

La California vieta le trivellazioni

Cupole, valvole e robot Bp cerca di tappare le falle

Il petrolio? Ora è a 10 km sotto il fondo del mare

Il mare nostrum è malato di petrolio, altro che Louisiana

LOS ANGELES - Aiutateci, non sappiamo più cosa fare. La British Petroleum potrebbe ridursi a cospargere di capelli la superficie del mare per meglio scremare il petrolio che galleggia da venti giorni nel Golfo del Messico, un'idea suggerita alla Bp da un'organizzazione ambientalista. Incapace di chiudere la falla che da 20 giorni sputa almeno 5mila barili di greggio al giorno, il colosso inglese sta usando un sito internet, deepwaterhorizonresponse.com, per chiedere suggerimenti alla popolazione su come arginare il danno all'ambiente, e le proposte stanno arrivando numerose; ma sul piano tecnologico le idee sono ormai esaurite e un palpabile senso di panico si sta spargendo rapidamente.

Anche l'ultimo tentativo di coprire la sorgente rimasta aperta dopo l'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon il 20 aprile scorso con una cupola di acciaio è fallito domenica per la profondità dei fondali: a quelle temperature si è formato un addensamento di idrati di metano che ha intasato l'apertura da cui il petrolio avrebbe dovuto essere pompato in superficie. A metà settimana la Bp ritenterà con una cupola più piccola, e potrebbe anche provare a chiudere la falla temporaneamente con della gomma. Nel frattempo ha ottenuto l'autorizzazione dall'agenzia americana per la protezione dell'ambiente a spargere solventi in profondità e continua a trapanare il fondale per creare una seconda apertura nella sorgente sottomarina e abbassare la pressione nella falla, una soluzione permanente realizzabile nel giro di due mesi ma mai sperimentata a un chilometro e mezzo di profondità.

Cresce intanto a vista d'occhio il costo in dollari per ripulire l'ambiente: finora la Bp ha sborsato 350 milioni di dollari e il conto potrebbe salire rapidamente a un miliardo. Questa cifra non include tra l'altro i risarcimenti già chiesti dalle famiglie degli 11 operai morti nell'esplosione, dai pescatori della Louisiana e da diversi individui e aziende penalizzati dal disastro ecologico: un totale stimato in altri 10 miliardi di dollari.

Ieri per la prima volta anche un'azionista della Bp, Katherine Firpo della Pennsylvania, ha fatto causa all'amministratore delegato Anthony Hayward e ad altri dirigenti per non avere preso adeguate misure di sicurezza che avrebbero potuto impedire la catastrofe. La signora chiede un risarcimento per il crollo del valore delle azioni Bp (-15% dal giorno dell'esplosione) e cita in giudizio anche la Transocean, proprietaria della piattaforma presa in leasing dalla Bp; la Cameron International, produttore della valvola di sicurezza malfunzionante; e la Halliburton Energy Services, la società che aveva cementato l'apertura della sorgente poco prima dell'esplosione (il giacimento, scoperto dalla Transocean, avrebbe dovuto essere chiuso e riaperto successivamente per l'estrazione).

Man mano che i dettagli sulle cause dell'incidente stanno venendo alla superficie, le polemiche stanno infuriando. Sotto accusa è l'operato della Minerals Management Services, l'agenzia federale che ha continuato ad approvare progetti di offshore drilling a profondità sempre più elevate senza richiedere misure di sicurezza più stringenti; sotto accusa anche tutti i parlamentari che hanno incoraggiato le attività di trivellazione ricevendo nel frattempo laute donazioni dalla Bp. Il colosso inglese ha speso l'anno scorso 16 milioni di dollari per fare lobbying in Parlamento.

Nell'immediato tuttavia tutte le risorse private e pubbliche sono investite nei tentativi di chiudere la falla e limitare i danni ambientali. La marea nerastra è approdata ormai su diverse isolette di fronte alle coste della Louisiana, palle di catrame sono già comparse sulle spiagge dell'Alabama, e i venti ora stanno spingendo questa macchia di petrolio di 12mila chilometri quadrati verso le coste occidentali della Louisiana e del Texas.

Idee online

C'è chi ha suggerito di usare un grande tappo di sughero per chiudere la falla; chi di cucire insieme un salsicciotto di cuscini e usarlo per assorbire il petrolio; chi ha pensato di usare esplosivi per coprire di detriti il fondale. Molte le idee peregrine, ma via web alla Bp arriva anche qualche suggerimento sensato. In Florida vogliono cospargere il mare con del fieno per assorbire il greggio e rastrellare la superficie. In Alabama spruzzare una soluzione a base di biossido di carbonio per surgelare le particelle di petrolio, rastrellarle e riutilizzarle per la raffinazione. La Matteroftrust.com intanto ha già ricevuto montagne di scatole piene di capelli con cui riempire calze di nylon e assorbire il petrolio affiorato in superficie.

 

 

2010-05-09

 

MONDO

ILSOLE24ORE.COM > Notizie Mondo ARCHIVIO

La cupola di Bp calata sul fondale

7 maggio 2010

La cupola di Bp calata sul fondale (Reuters)

Una mega-operazione nelle acque del Golfo del Messico: è quanto ha provato a fare la British Petroleum (Bp), la multinazionale petrolifera britannica che ha calato in mare la cosiddetta cupola di contenimento, nella speranza di catturare, prima che arrivi in superficie, il greggio che sta inquinando una vastissima area tra Louisiana e Florida. Il petrolio sgorga incontrollato (5.000 barili al giorno) dal pozzo sottomarino danneggiato dall'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon.

Ben dieci le ore necessarie per terminare la complicata manovra, con la posa della gigantesca struttura in acciaio e cemento - alta 12 metri, con un peso pari a 100 tonnellate - a circa 1.500 metri di profondità negli abissi del mare, ad una distanza di 80 chilometri dalla costa. Il mega-imbuto sarà poi collegato ad una nave in superficie che immagazzinerà il greggio. Bp spera di avere completato le operazioni preliminari entro lunedì. Per il gruppo petrolifero, che si prepara d'altra parte a staccare lauti assegni per i risarcimenti dell'incidente, le difficoltà tecniche sono infinite: gli ingegneri Bp dovranno infatti manovrare dei robot sub-acquatici in mezzo alla totale oscurità, tra forti correnti marine e l'alta pressione.

7 maggio 2010

 

 

 

La marea nera mette a rischio

la green economy di Obama

di Luca Salvioli

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6 maggio 2010

La marea nera mette a rischio la green economy di Obama

La marea nera del golfo del Messico potrebbe insidiare la green economy di Obama. Uno dei pilastri della riforma energetica proposta dal presidente degli Stati Uniti è il climate and energy bill, fermo al Senato, che, tra le altre cose, vuole mettere un tetto alle emissioni di gas serra. Muovendosi tra difficili equilibri, Obama, più di un mese fa, ha annunciato di voler sospendere la moratoria sulle trivellazioni offshore imposta nel 1969 in America dopo un disastro ecologico in California, cercando, con questa sorta di compromesso, nuovi consensi, tra repubblicani e democratici, per il pacchetto clima. Dopo il disastro ambientale il presidente ha temporaneamente bloccato le esplorazioni e avviato un'indagine sulla sicurezza degli impianti. Ancora non è chiaro quale sarà la scelta finale, certo è che "con il disastro ambientale nel golfo del Messico, nessuno vuole sentire parlare di nuove trivellazioni" spiega Richard Caperton, analista di politiche energetiche del think-tank liberal "Center for American Progress". E dunque il Climate and Energy Bill potrebbe fare più fatica del previsto. Caperton lavora a fianco dell'amministrazione Obama fornendo studi e proposte per la nuova politica energetica. Trascorre qualche giorno in Italia per esporre la politica energetica dell'amministrazione americana.

In che modo si inserisce la legge sul clima nella rivoluzione energetica annunciata da Obama?

Per compiere questo percorso occorrono diversi interventi legislativi, uno dei quali è l'approvazione del Climate Bill, con un taglio delle emissioni del 17%, rispetto ai valori del 2005, entro il 2020. Certamente questo non basta, non si può mettere un tetto alla CO2 e poi dire "buona fortuna". Per il cambiamento occorre sostegno finanziario, interventi sulle infrastrutture di rete, educazione dei cittadini e domanda.

La marea nera complica le cose, come finirà?

Molto si capirà nelle prossime settimane. Il disastro ambientale ha fatto lievitare enormemente il numero di persone contrarie alle nuove trivellazioni. Il Climate Bill, per essere approvato, deve cercare un compromesso tra diverse anime: chi sostiene il nucleare, chi, come me, le energie rinnovabili e chi le nuove perforazioni. Si tratta di senatori democratici e repubblicani, dipende anche dagli interessi dei singoli stati, non solo dalla parte politica. La partita si gioca sui numeri: se togli le trivellazioni perdi dei voti, ma lo stesso può succedere mantenendoli.

Quali passi ha compiuto sinora la green economy americana?

Il "recovery act" (pacchetto di stimoli da 787 miliardi di dollari varato oltre un anno fa) ha elargito 36,7 miliardi di dollari all'energia, la maggior parte dei quali sono andati alla promozione dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Il resto alla promozione di start-up innovative, progetti di ricerca, cattura e sequestro della CO2, reti elettriche di nuova generazione (smart grid). L'anno scorso è cresciuto moltissimo l'eolico, creando 87mila posti di lavoro. Sono in via di definizione la "green bank", per i finanziamenti alle aziende e tecnologie innovative, e un programma per le reti intelligenti.

Quali saranno le tecnologie più importanti nei prossimi anni?

Puntiamo allo sviluppo di un'intera filiera industriale, per questo non parliamo solo di green energy, ma di green economy come grande opportunità di sviluppo riducendo la CO2 in atmosfera. Il che significa ricerca e nuove installazioni di eolico, solare, biomasse e geotermia.

Obama è tornato a finanziare le centrali nucleari dopo trent'anni, definendo l'atomo green energy.

Oggi un quinto dell'energia prodotta negli Usa viene dal nucleare. È una energia a bassissima produzione di carbonio, dunque pulita, con le scorie conservate in posti sicuri. Ha ottime possibilità occupazionali. E' una fonte pulita, ma non come il sole e il vento. Credo non assisteremo, negli Stati Uniti, a una grande proliferazione di centrali atomiche. Poche unità.

Quali sono gli stati americani con le politiche più avanzate nella promozione delle rinnovabili?

E' difficile, però sono misure molto diverse. Dovendo scegliere, dico Colorado, California e New Jersey.

I grossi investimenti, oggi, sono in Cina e Stati Uniti.

Per quanto riguarda la produzione certamente il nostro concorrente è la Cina. Stiamo studiando anche le politiche messe in atto da Germania e Spagna. Hanno forti politiche nazionali e di lungo termine che per noi possono essere da esempio. Quanto all'Italia, è molto interessante l'utilizzo di feed-in tariff (come il "conto energia" fotovoltaico, che prevede un contributo economico per kw prodotto). Garatiscono trasparenza e stabilità. Per gli Usa, con il più grosso mercato elettrico al mondo, sarebbe troppo costoso. Per il momento vengono utilizzati gli incentivi fiscali.

La Russia guarda la marea nera sospesa tra ansia e opportunità

Bp chiude una delle tre falle nel Golfo

Cupole, valvole e robot Bp cerca di tappare le falle

Una big oil sopravvissuta a esplosioni in Texas e scandali a luce rossa

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6 maggio 2010

 

 

 

2010-05-04

Il petrolio? Ora è a 10 km sotto il fondo del mare

di Sissi Bellomo

4 maggio 2010

Il disastro ambientale provocato dall'esplosione della piattaforma di Bp getta un'ombra sul futuro delle perforazioni nelle acque profonde del Golfo del Messico: una delle aree considerate più promettenti dall'industria petrolifera

Il disastro ambientale provocato dall'esplosione della piattaforma di Bp getta un'ombra sul futuro delle perforazioni nelle acque profonde del Golfo del Messico: una delle aree considerate più promettenti dall'industria petrolifera. L'emergere di nuove tecnologie di estrazione, che permettono di raggiungere falde petrolifere oltre 10 chilolometri sotto il fondo del mare, ha fatto risorgere negli ultimi anni le prospettive di quello che i geologi e gli ingegneri petroliferi avevano ormai ribattezzato "Mar Morto". Il Golfo del Messico è tutt'altro che morto, come hanno dimostrato recenti esplorazioni di cui proprio Bp è una dei maggiori protagonisti: gli esperti ritengono che che nei suoi abissi vi possano essere oltre 50 miliardi di barili equivalenti petrolio ancora da scoprire, impresa oggi divenuta possibile grazie ad attrezzature come quelle coinvolte nel recente disastro. Già nel 2013, secondo stime recenti dello Us Minerals Management Service – ente governativo che concede le licenze operative nel Golfo del Messico – la produzione di greggio da questa zona potrebbe salire da 1,2 a 1,9 milioni di barili al giorno.

La Deepwater Horizon, la piattaforma affondata lo scorso 22 aprile al largo della Louisiana, era una delle più all'avanguardia nelle trivellazioni offshore ultra-profonde, quelle cioè che superano i 5mila piedi (1.524 metri) di profondità. Impianto mobile e semi-sommergibile, per resistere meglio alle correnti marine e all'eventualità di uragani, la Deepwater Horizon stava lavorando solo da pochi mesi nel Mississippi Canyon. Nel settembre 2009 si trovava in un altro settore del Golfo del Messico, dove aveva realizzato un'impresa da record: il pozzo sottomarino più profondo mai scavato nella storia, oltre 10 chilometri dal livello del mare, consentendo a Bp di identificare il giacimento gigante di Tiber.

"Difficile tappare la falla che crea la marea nera"

Cupole, valvole e robot. I piani Bp per tappare le falle

Schwarzenegger sospende perforazioni dopo la marea nera

LA STORIA / Una big oil sopravvissuta a esplosioni in Texas e scandali a luce rossa

"Catastrofe senza precedenti". Bp pagherà i danni

VIDEO / La marea nera sulle coste degli Stati Uniti

La marea di petrolio vista dal satellite

VIDEO / I robot al lavoro

Fotogallery / I soccorsi

4 maggio 2010

 

 

"Impianti troppo profondi. Difficile tappare la falla"

di Marco Magrini

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4 Maggio 2010

"Impossibile tappare la falla così in basso" (Reuters)

"Sono 41 anni che mi occupo di petrolio e non ho mai visto nulla del genere. Il che depone bene per la generale sicurezza delle piattaforme sul Golfo del Messico. Ma, a mio parere, le proporzioni di questa tragedia finiranno per andare al di là di ogni immaginazione".

In 41 anni, Matthew Simmons ha messo in piedi la Simmons & Company, banca texana d'investimenti specializzata in energia. È stato consulente di George W. Bush, è membro del National Petroleum Council e del Council on Foreign Relations. Ma ha anche fama di vedere nero sul futuro dell'energia: il suo libro "Twilight in the desert", che profetizza un imminente crollo della produzione petrolifera saudita, è riuscito a mandare su tutte le furie la casa reale di Riad.

A suo dire, il problema non sta nella sicurezza delle piattaforme offshore. Ma nel fatto che il petrolio "facile" al largo della Louisiana e del Texas sta continuando ad esaurirsi, spingendo le compagnie a uno sforzo tecnologico alle soglie dell'impossibile: la ricerca del greggio a grandi profondità.

"Il primo pozzo offshore risale al 1947", racconta Simmons, raggiunto per telefono nella sua abitazione di Houston. "Fino alla fine degli anni Ottanta, la produzione è rimasta in acque superficiali. Poi, visto che l'output calava, le major si sono spinte sempre più in là. Nel 1995, da sei impianti deepwater uscivano 186mila barili al giorno. Nel 2003 il record: 20 piattaforme e 737mila barili. Due anni fa, seppur con 24 impianti, eravamo tornati sotto i 600mila. Puntualmente aumentando la profondità, ben oltre i tre chilometri". Fra i petrolieri, la nuova parola di moda era diventata: ultra-deepwater.

Certo, è stato un incidente. "Irripetibile, come l'esplosione dello shuttle Challenger. Fatalmente, l'impianto Deepwater Horizon della Bp era fra i più tecnologicamente avanzati che ci siano. Però non "pescava" soltanto sotto a 1,6 chilometri di mare, ma si spingeva per altri 3,5 chilometri sotto la crosta terrestre: il profilo di rischio era altissimo, bisogna ammetterlo".

Purtroppo, i rischi non sono ancora finiti. "Nessuno sta dicendo la verità, sulla gravità della situazione. Credo che ci sia il serio rischio che a quella profondità, a quella pressione, a quella temperatura (gelido il mare e caldissimi gli idrocarburi) e senza visibilità, sarà impossibile tappare la falla". Scusi, che intende dire? "Voglio dire che la perdita potrebbe anche andare avanti finché il greggio non si esaurisce".

Simmons cita il caso del pozzo messicano Ixtoc, che nel 1979 rilasciò petrolio nel Golfo per nove mesi, "finché il greggio non si esaurì". Altre fonti sostengono che versò per nove mesi, ma che la falla fu richiusa. Tuttavia, anche solo nove mesi con la Deepwater Horizon che riversa in mare almeno 5mila barili al giorno, sarebbero una bella tragedia.

"Dalle prime analisi pare che sia petrolio leggero, ma carico di asfaltene, la materia prima dell'asfalto. Se la perdita dovesse andare avanti a lungo, potrebbe impedire il passaggio delle grandi petroliere e tagliare drasticamente le importazioni americane". Sembra assurdo, ma è vero: il Loop, il porto petrolifero della Lousiana, è l'unico in grado di accogliere le petroliere più grandi e collega il 50% del petrolio trattato dalle raffinerie negli Stati Uniti.

La sete di petrolio, "ci ha portati troppo in basso nell'oceano e troppo vicini, o forse troppo oltre, alla soglia di rischio", conclude il banchiere texano. È l'eterna rincorsa al mito americano della sicurezza energetica, che aveva spinto Obama a lanciare una campagna di perforazioni lungo la costa orientale, ormai sonoramente ritrattata. "La sicurezza energetica è un ossimoro", dice Simmons. "Semmai, abbiamo un problema di insicurezza energetica".

4 Maggio 2010

 

 

 

Cupole, valvole e robot

Bp cerca di tappare le falle

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3 maggio 2010

Cupole, valvole e robot. I piani Bp per tappare le falle (Ap)

"Dai nostri archivi"

I robot, ultima frontiera dell'emergenza

"Impianti troppo profondi. Difficile tappare la falla"

Obama vola in Louisiana "Catastrofe senza precedenti" E Bp pagherà tutti i danni

Una big oil sopravvissuta a esplosioni in Texas e scandali a luce rossa

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

La compagnia petrolifera britannica BP spera di riuscire a installare oggi una valvola che chiuda una delle tre falle sotto la piattaforma affondata nel Golfo del Messico, per ridurre la fuoriuscita di petrolio che minaccia le coste meridionali degli Stati Uniti. Lo ha spiegato al New York Times il coordinatore degli interventi per conto della compagnia, Bob Fryar.

Quest'ultimo, vicepresidente delle operazioni in Angola, è stato trasferito a Houston per guidare lo sforzo tecnico per chiudere le perdite sul fondale a 1.500 metri di profondità. La compagnia spera di riuscire a installare oggi una valvola di arresto su una delle falle, per bloccare una parte della perdita.

La fuoriuscita maggiore viene dalla sommità del tubo spezzato che collegava il pozzo con la piattaforma. Entro sei giorni, la BP conta di calare sopra la perdita una cupola di cemento con una tubazione in cima e pompare in superficie il greggio che esce. La terza falla si trova alla base del tubo, vicino alla bocca del pozzo. La compagnia pensa di calare un'altra cupola di contenimento sopra questa perdita, dai due ai quattro giorni dopo aver calato la prima.

Sul fondale alla bocca del pozzo si trova una gran quantità di impianti (valvole, leve, serbatoi, incastellature, tubazioni) che avrebbero dovuto bloccare il flusso in caso di incidente e che non hanno funzionato. "Il dispositivo anti-perdite ha un sacco di sistemi di emergenza, ci sono molte opzioni per chiudere - ha detto Fryar -. Nessuna di queste ha funzionato".

Per eliminare definitivamente la fuoriuscita, la BP ha progettato di tagliare il tubo spezzato alla base e piazzare una valvola sopra il foro. La manovra dovrebbe essere eseguita da robot collegati con le navi appoggio in superficie ed è estremamente rischiosa. La pressione con la quale il petrolio esce è molto forte: tagliando il tubo, il flusso di greggio potrebbe aumentare di molto. A breve sul pozzo sarà installato un misuratore di pressione che dirà se l'operazione è possibile.

La BP conta anche di scavare nuovi pozzi sul fondale per iniettare liquido pesante nella cavità del giacimento per bloccare la fuoriuscita. Lo scavo del primo di questi pozzi comincerà "appena il tempo lo permetterà", ha detto Fryar. Il secondo comincerà nel giro di due settimane. L'operazione richiederà comunque mesi.

Per il secondo giorno viene gettato un solvente chimico sul petrolio appena esce dalla perdita principale. Il solvente (di solito usato sulla superficie) spezza il greggio in piccole gocce e favorisce la sua caduta sul fondo. La BP spera di riuscire a iniettare il solvente direttamente nel tubo spezzato, per farlo mescolare meglio col petrolio. Ieri il maltempo ha impedito tuttavia agli aerei di gettare questa sostanza sulla chiazza in superficie. "Pensiamo che questo solvente sia molto efficace - ha detto Fryar -. Speriamo che il greggio non raggiunga la superficie". L'impatto sull'ambiente dei prodotti chimici usati per la bonifica tuttavia non è noto.

3 maggio 2010

 

 

Una big oil sopravvissuta a esplosioni in Texas e scandali a luce rossa

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3 maggiio 2010

Una big oil sopravvissuta a esplosioni in Texas e scandali a luce rossa (Ap)

La Bp plc (già British Petroleum) è una delle grandi compagnie del petrolio del mondo. Il gruppo è la prima azienda del Regno Unito, la numero 3 tra le compagnie del settore energia. Il suo quartier generale è nella zona di St. James a Westminster, Londra. È nata nel 1909, quando si chiamava Anglo-Persian oil company. Nel 1954 è diventata British Petroleum Company e dal 2000, con la fusione con Amoco ed Arco, semplicemente BP.

L'azienda, oltreché nel settore estrazione e produzione legata a petrolio e derivati, controlla la rete di stazioni di servizio con il marchio Bp, la Air Bp aviation fuels, la Castrol motor oil, le stazioni di servizi Arco, i supermarket ad essi connessi, le stazioni di servizio Aral, ed è attiva nella produzione di pannelli solari. Ha 92.000 dipendenti. Nel 2009 il fatturato di Bp è stato di 246,1 miliardi di dollari.

Per il gruppo inglese, coinvolto nel disastro dell'esplosione della piattaforma al largo del Golfo del Messico, non si tratta purtroppo dei primi problemi dall'altra parte dell'oceano Atlantico.

Nel marzo 2005, ci fu un'esplosione nella raffineria di Bp a Texas City dove morirono 15 persone e 180 furono ferite. Per la vicenda la società ha ricevuto una multa di 21,3 milioni di dollari a causa della violazione delle norme di sicurezza.

Sempre nel 2005 una grande piattaforma - nel Golfo del Messico oggi tragicamente colpito - fu oggetto di un problema con fuoriuscita di petrolio. Un evento che suona, alla luce dei fatti, come un triste presagio.

Un anno dopo, nel 2006, British Petroleum fu costretta a chiudere parte dei suoi campi di estrazione in Alaska, nella baia di Prudhoe. In quel caso le pipeline, cioè i tubi dove scorre l'oro nero, erano diventati inutilizzabili a causa della corrosione. Anche in quel caso ci fu fuoriuscita di greggio e British petroleum fu costretta a pagare 12 milioni di dolllari per violazione della legge federale: il Water Pollution Control Act.

Infine, nel 2007 si arriva alle dimissioni di John Browne, l'artefice della grande BP. Un'uscita di scena per avere mentito in tribunale sui suoi rapporti con un giovane studente canadese. Al termine di una relazione omosessuale durata dal 2002 al 2006, lo studente aveva deciso di vendere la sua storia a un tabloid inglese. Contattato dal giornale, Browne aveva annunciato le sue dimissioni, anticipandole dal 2008 al luglio 2007, e si era poi rivolto al tribunale per impedire la pubblicazione della storia. Nella sua testimonianza al giudice, Browne aveva tra l'altro dichiarato sotto giuramento di avere incontrato Chevalier mentre faceva jogging in un parco londinese, invece di rivelare che lo aveva conosciuto tramite un'agenzia di escort gay. Fu questa bugia a danneggiarlo.

Tuttavia quest'ultimo affaire appare veramente "minore" rispetto ai problemi che BP deve affrontare ora. L'esplosione della piattaforma, che potrebbe essere il più grande disastro ambientale nella storia degli Stati Uniti, è una brutta tegola proprio per quel successore di Browne, Tony Hayward, che faticosamente era riuscito a far risalire l'immagine di BP dai "bui" 2005-2007.

3 maggiio 2010

 

 

 

Una big oil sopravvissuta a esplosioni in Texas e scandali a luce rossa

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3 maggiio 2010

Una big oil sopravvissuta a esplosioni in Texas e scandali a luce rossa (Ap)

La Bp plc (già British Petroleum) è una delle grandi compagnie del petrolio del mondo. Il gruppo è la prima azienda del Regno Unito, la numero 3 tra le compagnie del settore energia. Il suo quartier generale è nella zona di St. James a Westminster, Londra. È nata nel 1909, quando si chiamava Anglo-Persian oil company. Nel 1954 è diventata British Petroleum Company e dal 2000, con la fusione con Amoco ed Arco, semplicemente BP.

L'azienda, oltreché nel settore estrazione e produzione legata a petrolio e derivati, controlla la rete di stazioni di servizio con il marchio Bp, la Air Bp aviation fuels, la Castrol motor oil, le stazioni di servizi Arco, i supermarket ad essi connessi, le stazioni di servizio Aral, ed è attiva nella produzione di pannelli solari. Ha 92.000 dipendenti. Nel 2009 il fatturato di Bp è stato di 246,1 miliardi di dollari.

Per il gruppo inglese, coinvolto nel disastro dell'esplosione della piattaforma al largo del Golfo del Messico, non si tratta purtroppo dei primi problemi dall'altra parte dell'oceano Atlantico.

Nel marzo 2005, ci fu un'esplosione nella raffineria di Bp a Texas City dove morirono 15 persone e 180 furono ferite. Per la vicenda la società ha ricevuto una multa di 21,3 milioni di dollari a causa della violazione delle norme di sicurezza.

Sempre nel 2005 una grande piattaforma - nel Golfo del Messico oggi tragicamente colpito - fu oggetto di un problema con fuoriuscita di petrolio. Un evento che suona, alla luce dei fatti, come un triste presagio.

Un anno dopo, nel 2006, British Petroleum fu costretta a chiudere parte dei suoi campi di estrazione in Alaska, nella baia di Prudhoe. In quel caso le pipeline, cioè i tubi dove scorre l'oro nero, erano diventati inutilizzabili a causa della corrosione. Anche in quel caso ci fu fuoriuscita di greggio e British petroleum fu costretta a pagare 12 milioni di dolllari per violazione della legge federale: il Water Pollution Control Act.

Infine, nel 2007 si arriva alle dimissioni di John Browne, l'artefice della grande BP. Un'uscita di scena per avere mentito in tribunale sui suoi rapporti con un giovane studente canadese. Al termine di una relazione omosessuale durata dal 2002 al 2006, lo studente aveva deciso di vendere la sua storia a un tabloid inglese. Contattato dal giornale, Browne aveva annunciato le sue dimissioni, anticipandole dal 2008 al luglio 2007, e si era poi rivolto al tribunale per impedire la pubblicazione della storia. Nella sua testimonianza al giudice, Browne aveva tra l'altro dichiarato sotto giuramento di avere incontrato Chevalier mentre faceva jogging in un parco londinese, invece di rivelare che lo aveva conosciuto tramite un'agenzia di escort gay. Fu questa bugia a danneggiarlo.

Tuttavia quest'ultimo affaire appare veramente "minore" rispetto ai problemi che BP deve affrontare ora. L'esplosione della piattaforma, che potrebbe essere il più grande disastro ambientale nella storia degli Stati Uniti, è una brutta tegola proprio per quel successore di Browne, Tony Hayward, che faticosamente era riuscito a far risalire l'immagine di BP dai "bui" 2005-2007.

3 maggiio 2010

 

 

 

Obama vola in Louisiana

"Catastrofe senza precedenti"

E Bp pagherà tutti i danni

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2 maggio 2010

Obama arriva in Louisiana Bp responsabile, pagherà"

"Dai nostri archivi"

La marea nera minaccia anche il delta del Mississipi

Stato di emergenza in Florida Obama: stiamo facendo il possibile

Cupole, valvole e robot Bp cerca di tappare le falle

Al rogo la marea nera della piattaforma Bp al largo della Louisiana

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

La marea nera riversatasi nel Golfo del Messico dopo l'esplosione di una piattaforma offshore della Bp "è una catastrofe senza precedenti" e la compagnia petrolifera britannica "pagherà": lo ha affermato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, giunto in Louisiana per visitare le zone colpite.

"Credo che gli americani si rendano conto che siamo di fronte ad una catastrofe ecologica forse senza precedenti: le cose siano chiare, la Bp è responsabile di quanto accaduto. Ma, come Presidente, non risparmierò alcuno sforzo per affrontare questa crisi", ha concluso Obama. Poco dopo la conferma del gruppo petrolifero britannico. L'amministratore delegato della British Petroleum, Tony Hayward, ha dichiarato che la compagnia è "assolutamente responsabile" per la ripulitura del disastro della marea nera nel Golfo del Messico.

La autorità federali statunitensi hanno vietato la pesca dal delta del Mississippi fino alla Florida. Il disastro non potrà venire arginato prima di almeno una settimana, secondo quanto reo noto da Bp. Si tratta dello scenario più ottimistico, dato che si basa su una tecnica di recupero del greggio utilizzata fino ad ora in acque basse e mai su un pozzo situato ad oltre 1.500 metri di profondità; se non dovesse funzionare, occorrerà scavare un secondo pozzo che tagli fuori il primo, operazione che potrebbe portare dei mesi.

2 maggio 2010

 

2010-05-02

La marea nera si è triplicata. Oggi Obama in Louisiana

2 maggio 2010

La marea nera si è triplicata. Obama arriva in Louisiana (AP Photo)

"Dai nostri archivi"

La marea nera minaccia anche il delta del Mississipi

Stato di emergenza in Florida Obama: stiamo facendo il possibile

Al rogo la marea nera della piattaforma Bp al largo della Louisiana

La Casa Bianca ci ripensa. Verso blocco trivellazioni off shore

Le trivellazioni in fondo al mare arrivano anche in puglia

Barack Obama arriva oggi in visita nella regione del Golfo del Messico investita dalla marea nera che rischia di provocare il più grave disastro ambientale nella storia degli Stati Uniti. Le ultime notizie non sono confortanti: l'estensione della macchia fuoriuscita dalla piattaforma Deepwater Horizon si è triplicata, ora è lunga 130 miglia e larga 70, e i venti hanno reso inevitabile il suo arrivo sulle coste della Louisiana. In tutto si stima che siano finiti in mare più di sei milioni di litri di greggio. Inoltre un esperto ha evocato la possibilità che la marea nera possa lasciare il Golfo e arrivare in Atlantico.

L'arrivo del presidente americano è atteso per le 11, le 17 in Italia e punta a fugare il timore che l'Amministrazione si stia muovendo in ritardo, come era avvenuto a suo tempo con George W. Bush nella stessa Louisiana quando ci fu l'uragano Katrina. La marea nera "minaccia del nostre coste, la nostra cultura e il nostro modo di vita", ha affermato il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, un repubblicano emergente che potrebbe sfidare Obama nel 2102: "Sono stanco di aspettare che Bp tiri fuori un piano e che la Guardia Costiera lo approvi".

Il programma del viaggio di Obama nel Golfo è stato studiato proprio per evitare un bis di Bush nel 2005, quando si limitò a sorvolare con l'Air Force le aree colpite dall'uragano. Oltre alla Luisiana, è stato proclamato lo stato d'emergenza anche in Florida e Alabama.

Si accorciano i tempi per tappare la falla nel Golfo del Messico. La gigantesca cupola d'acciaio costruita dalla Bp per contenere la perdita di greggio potrebbe essere installata entro "sei od otto giorni", molto meno delle 2-4 settimane originariamente previste. Lo ha annunciato il capo delle operazioni del gigante petrolifero britannico, Lamar McKay. Se i robot sottomarini non riusciranno a bloccare la valvola difettosa, che automaticamente avrebbe dovuto bloccare il greggio, la cupola contenitiva è considerata dagli esperti l'alternativa migliore a breve termine. Calata sulle tre falle impedirà al greggio di disperdersi in acqua e aspirerà il petrolio portandolo in superficie. Il tutto in attesa che venga installata un'altra piattaforma che, effettuando un'altra trivellazione, potrà intercettare il flusso di greggio.

La marea nera minaccia anche il delta del Mississipi

Stato di emergenza in Florida Obama ordina un'inchiesta

La Casa Bianca ci ripensa. Verso blocco trivellazioni off shore

Le trivellazioni in fondo al mare arrivano anche in puglia

Un ecosistema che rischia di scomparire

VIDEO / La marea nera raggiunge le coste degli Stati Uniti

La marea di petrolio vista dal satellite

VIDEO / I robot al lavoro

Onda nera nel Golfo del Messico

Fotogallery / I soccorsi

Esplode piattaforma petrolifera

VIDEO / La piattaforma in fiamme

2 maggio 2010

 

 

La marea nera si è triplicata. Oggi Obama in Louisiana

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2 maggio 2010

La marea nera si è triplicata. Obama arriva in Louisiana (AP Photo)

"Dai nostri archivi"

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Al rogo la marea nera della piattaforma Bp al largo della Louisiana

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Barack Obama arriva oggi in visita nella regione del Golfo del Messico investita dalla marea nera che rischia di provocare il più grave disastro ambientale nella storia degli Stati Uniti. Le ultime notizie non sono confortanti: l'estensione della macchia fuoriuscita dalla piattaforma Deepwater Horizon si è triplicata, ora è lunga 130 miglia e larga 70, e i venti hanno reso inevitabile il suo arrivo sulle coste della Louisiana. In tutto si stima che siano finiti in mare più di sei milioni di litri di greggio. Inoltre un esperto ha evocato la possibilità che la marea nera possa lasciare il Golfo e arrivare in Atlantico.

L'arrivo del presidente americano è atteso per le 11, le 17 in Italia e punta a fugare il timore che l'Amministrazione si stia muovendo in ritardo, come era avvenuto a suo tempo con George W. Bush nella stessa Louisiana quando ci fu l'uragano Katrina. La marea nera "minaccia del nostre coste, la nostra cultura e il nostro modo di vita", ha affermato il governatore della Louisiana, Bobby Jindal, un repubblicano emergente che potrebbe sfidare Obama nel 2102: "Sono stanco di aspettare che Bp tiri fuori un piano e che la Guardia Costiera lo approvi".

Il programma del viaggio di Obama nel Golfo è stato studiato proprio per evitare un bis di Bush nel 2005, quando si limitò a sorvolare con l'Air Force le aree colpite dall'uragano. Oltre alla Luisiana, è stato proclamato lo stato d'emergenza anche in Florida e Alabama.

Si accorciano i tempi per tappare la falla nel Golfo del Messico. La gigantesca cupola d'acciaio costruita dalla Bp per contenere la perdita di greggio potrebbe essere installata entro "sei od otto giorni", molto meno delle 2-4 settimane originariamente previste. Lo ha annunciato il capo delle operazioni del gigante petrolifero britannico, Lamar McKay. Se i robot sottomarini non riusciranno a bloccare la valvola difettosa, che automaticamente avrebbe dovuto bloccare il greggio, la cupola contenitiva è considerata dagli esperti l'alternativa migliore a breve termine. Calata sulle tre falle impedirà al greggio di disperdersi in acqua e aspirerà il petrolio portandolo in superficie. Il tutto in attesa che venga installata un'altra piattaforma che, effettuando un'altra trivellazione, potrà intercettare il flusso di greggio.

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Esplode piattaforma petrolifera

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2 maggio 2010

 

 

 

 

Le trivellazioni in fondo al mare arrivano anche in puglia

2 MAGGIO 2010

"Dai nostri archivi"

Stato di emergenza in Florida Obama: stiamo facendo il possibile

La marea nera si è triplicata. Oggi Obama in Louisiana

La Casa Bianca ci ripensa. Verso blocco trivellazioni off shore

Benzina: indagine Antitrust su 9 compagnie per cartello sui prezzi

La paura della marea nera arriva in Puglia, dove ha suscitato allarme tra le popolazioni locali e le associazioni ambientaliste il permesso ottenuto dalla compagnia Shell Italia, il 30 aprile scorso, dal ministero dello Sviluppo economico, di ricerca petrolifera offshore nel Golfo di Taranto che si allarga nel mar Jonico. Si paventa il rischio ambientale ma anche la mortificazione della vocazione turistica dell'area. Oltre al Golfo di Taranto, nell'interesse delle compagnie petrolifere anche i fondali al largo delle isole Tremiti (Foggia) e della costa di Monopoli (Bari). Proprio per le Tremiti, solo alcuni giorni fa c'è stata una mobilitazione contro il progetto presentato dalla società irlandese Petroceltic Elsa per ricerche di idrocarburi e trivellazioni nei fondali del Gargano, a pochi chilometri dall' Arcipelago dell'area marina protetta. La richiesta di autorizzazione avanzata al ministero dell'Ambiente ha ottenuto qualche settimana fa il via libera dalla commissione tecnica della direzione ministeriale ma non ancora la firma del ministro. Un'altra società petrolifera, la britannica Northern Petroleum qualche mese fa era stata autorizzata ad avviare ricerche al largo di Monopoli. Anche in questo caso si è verificata una mobilitazione popolare e del mondo politico (in piena campagna elettorale per le regionali) contro la realizzazione di una piattaforma al largo di una delle coste più belle della regione.

2 MAGGIO 2010

 

 

Un ecosistema che rischia di scomparire

30 aprile 2010

"Dai nostri archivi"

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

Stato di emergenza in Florida Obama: stiamo facendo il possibile

Grave incidente negli Stati Uniti: esplode una piattaforma petrolifera

L'uragano Rita declassato a forza 1, ingenti i danni

Le spiagge della Louisiana sono bianche come lo zucchero, vi abitano tartarughe marine, pellicani, aironi, rondini di mare, sterne e piviere che si nutrono delle ostriche di cui sono coperti i fondali. Il mare è pieno di balene e delfini, e anche di tonni e di gamberi su cui si regge l'industria ittica, quella resa famosa dal peschereccio Bubba Gump del film Forrest Gump. Tutto questo patrimonio ecologico rischia di essere annientato da una gigantesca macchia di petrolio spinta da venti a 20 nodi verso le coste e le oasi ambientali del delta del Mississippi, parchi nazionali designati dalla Audubon Society come aree ornitologiche protette: le isole Chandeleur, il Breton National Life Refuge, le Gulf Islands National Seashore in Louisiana e in Mississippi, il Delta National Wildlife Refuge e il Pass-a-Loutre Wildlife Management Area.

L'ecodisastro non poteva arrivare in un momento peggiore, ovvero all'inizio della stagione di riproduzione di tutte le specie ornitologiche e ittiche, alcune delle quali (il tonno e l'airone per esempio) sono a rischio di estinzione in queste zone. La marea nera potrebbe avvolgere e soffocare i nidi delle tartarughe e degli uccelli a riva, e le uova di pesce e le larve che galleggiano sulla superficie del mare. Un danno incalcolabile per l'ambiente.

L'ecosistema del delta, una zona paludosa con 25mila chilometri di coste e dimora per 5 milioni di uccelli migratori, oltre che tartarughe e alligatori, è unico nel suo genere e le conseguenze dell'inquinamento petrolifero potrebbero essere particolarmente disastrose e durature. Questa zona protetta, dove sorgono allevamenti ittici controllati, contribuisce a circa la metà del giro d'affari dell'industria ittica dello stato della Louisiana, 962 milioni su un totale di 1,8 miliardi di dollari.

Il danno è quindi ingente anche per l'industria ittica, per cui il mese di aprile marca l'inizio della stagione di pesca per molte specie. Soprattutto per i gamberi e per il pesce noto come breevortia, impiegato nella produzione di farina di pesce e di olio di pesce. La stagione delle ostriche inizia invece il primo maggio.

Ieri i pescatori di gamberi hanno fatto causa contro la British Petroleum chiedendo 5 milioni di dollari, sostenendo che la contaminazione delle acque del Golfo ha causato e continuerà a causare perdita di reddito per l'industria; alla causa possono unirsi non solo i pescatori ma anche chi verrà danneggiato indirettamente dalla sospensione della pesca di gamberi, dai mercati del pesce ai ristoranti.

Oltre ad essere sede della più grande industria ittica d'America, ad eccezione dell'Alaska e delle Hawaii, la Louisiana conta su un altro miliardo di dollari di reddito dalla pesca sportiva e 5,2 dal turismo in generale. Il danno per il turismo è per ora incalcolabile, ma a rischio non è solo la Louisiana: tutti gli stati che si affacciano sul Golfo - Florida, Texas, Alabama e Mississippi - stanno iniziando a tremare. (D.Ro.)

30 aprile 2010

 

 

 

 

 

Stato di emergenza in Florida

Obama: stiamo facendo il possibile

30 aprile 2010

La marea nera minaccia <br/>New Orleans. Arrivano i marines

"Dai nostri archivi"

La marea nera minaccia anche il delta del Mississipi

La Casa Bianca ci ripensa. Verso blocco trivellazioni off shore

Al rogo la marea nera della piattaforma Bp al largo della Louisiana

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

Il Governatore della Florida, Charlie Crist, ha dichiarato lo stato di emergenza nelle zone costiere del Panhandle per la chiazza di petrolio fuoriuscita da una piattaforma nel Golfo del Messico. La marea nera, ha detto, "si dirige a nord e minaccia la nostra costa".

Il presidente degli Usa Barack Obama, parlando del disastro, ha sottolineato che il Governo "sta facendo tutto il necessario" per gestire nel modo migliore la situazione e che "è assolutamente preparato" per aiutare le città che si affacciano sul golfo a fare fronte a un peggioramento della crisi. Obama, ribadendo che "le trivellazioni petrolifere sono importanti, ma devono essere effettuate in modo responsabile", ha sottolineato che Bp, la società petrolifera britannica che gestiva la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, è "in definitiva responsabile della crisi". Il presidente americano ha ordinato un'inchiesta che vada a fondo sull'incidente e si aspetta di vederne i risultati entro 30 giorni.

La Bp risarcirà tutti coloro che verranno danneggiati dall'incidente, ha detto l'amministratore delegato Tony Hayward, intervistato dall'agenzia Reuters. "Ci assumiamo la piena responsabilità per la fuga di petrolio, lo ripuliremo e ovunque le persone chiedano il rimborso legittimo di danni, noi li compenseremo. Saremo molto aggressivi su questo", ha detto Hayward.

Le prime chiazze di petrolio hanno cominciato stamane a toccare le coste della Louisiana, non lontano dall'estuario del Mississippi. Billy Nungesser, presidente del distretto di Plaquemines, ha detto che le prime strisce lucenti di petrolio hanno raggiunto le paludi costiere nella notte italiana e adesso minacciano il delicato ecosistema palustre della regione, che costituisce anche un'importante riserva ittica per il Paese (i pescatori di gamberi degli Stati Usa che si affacciano sul Golfo hanno gia' annunciato una class-action per chiedere i danni alla Bp).

In pericolo gli uccelli migratori, i pellicani che nidificano proprio in questa stagione, le lontre di fiume e centinaia di specie di ittiche. Non sono bastate dunque le barriere gonfiabili che erano state poste al largo delle coste sud-orientali degli Stati Uniti per bloccare il petrolio, anche perchè nelle ultime ore le onde nella zona hanno raggiunto più di un metro e mezzo d'altezza. Adesso è lotta contro il tempo per evitare che il petrolio che fuoriesce dal pozzo sottomarino (cinque volte superiore alle stime inizialmente annunciate) provochi una catastrofe ecologica simile a quella che, nel 1989, creò la Exxon Valdes in Alaska: le conseguenze di quel disastro durano fino a oggi, a distanza di oltre 20 anni, e continueranno per decenni.

Barack Obama, che si è impegnato a usare "ogni risorsa disponibile" e ha mobilitato l'esercito, ha mandato i suoi piu' stretti collaboratori per coordinare le operazioni di contenimento: il ministro per la Sicurezza nazionale, Janet Napolitano, è partita per sorvolare in elicottero le coste del Golfo del Messico insieme ai ministri dell'Ambiente e il responsabile dell'istituto geologico Usa. Due C-130 sono pronti per spruzzare spray chimico sulla chiazza. In programma anche un incontro con i responsabili della compagnia petrolifera Bp, proprietaria della piattaforma, su cui giovedi' Obama ha puntato le responsabilità. "Pagheremo i danni", ha affermato la compagnia petrolifera. La Casa Bianca ha annunciato che non verranno autorizzate trivellazioni petrolifere off-shore in nuove aree fino a una valutazione del disastro nel Golfo del Messico: pressata da un'opinione pubblica che teme un disastro ecologico senza precedenti, l'amministrazione Obama ha deciso di sospendere tutte le nuove trivellazioni off-shore.

 

La Casa Bianca ci ripensa. Verso blocco trivellazioni off shore

Un ecosistema che rischia di scomparire

VIDEO / La macchia di petrolio arriva in Louisiana

La marea di petrolio vista dal satellite

VIDEO / I robot al lavoro

Onda nera nel Golfo del Messico

Fotogallery / I soccorsi

Esplode piattaforma petrolifera

VIDEO / La piattaforma in fiamme

30 aprile 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-04-30

Marea nera verso New Orleans. Emergenza sottovalutata

30 aprile 2010

La marea nera minaccia <br/>New Orleans. Arrivano i marines

"Dai nostri archivi"

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

Un ecosistema che rischia di scomparire

Obama esplora davanti alle coste della Virginia per trovare petrolio e gas

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ordinato la mobilitazione di "tutti i mezzi disponibili", inclusi quelli militari, per affrontare l'emergenza determinata dalla marea nera nel Golfo del Messico. La stessa amministrazione ha definito l'emergenza determinata dalla marea nera nel Golfo del Messico "catastrofe nazionale". Il governo americano ha detto di ritenere "responsabile" la British Petroleum per quanto accaduto. "Come affermato dal presidente e dalla legge", ha detto Janet Napolitano, ministro dell'Interno, "dovrà risarcire i costi dell'emergenza e delle operazioni di bonifica". Secondo la guardia costiera la macchia di petrolio raggiungerà le coste statunitensi oggi. Il governatore della Lousiana ha decretato lo stato di emergenza. Dopo l'uragano Katrina la città diNew Orleans è minacciata da una nuova catastrofe.

Gli Stati Uniti hanno ordinato ispezioni su tutte le piattaforme nel Golfo del Messico: il ministro dell'interno Ken Salazar, che si trova in Louisiana, ha incontrato i vertici delle società petrolifere che operano off-shore. Un alto funzionario dell'amministrazione Usa non ha escluso una battuta d'arresto nel piano per le trivellazioni annunciato qualche settimana dal presidente Barack Obama. David Hayes, alto funzionario del ministero dell'Interno, non ha escluso una pausa nelle operazioni offshore fintanto che le società petrolifere non dimostreranno che sanno controllare perdite come quelle originate dalla Deepwater Horizon.

Bp ha accettato l'aiuto delle forze armate Usa per contenere la marea nera che minaccia la Louisiana: lo ha detto Doug Suttles, Chief Operating Officer del gigante petrolifero britannico. "Accettiamo qualsiasi aiuto", ha detto Suttles. Una dichiarazione che ha il sapore di una resa, davanti a un evento inarrestabile che nonsi è riusciti a controllare e che forse è stato sottovalutato dalle autorità americane. Come l'emergenza della Grecia per l'Europa, scrive oggi il Washington Post. Ancora non si sa in che termini sarà il contributo delle forze armate. Il tempo stringe dopo la scoperta di una terza falla nel pozzo petrolifero che da sabato butta greggio in mare. La marea nera potrebbe arrivare già oggi sulle coste minacciate, con un giorno di anticipo sulle previsioni dei meteorologi. Ora la fuoriuscita di greggio è di 5mila barili al giorno, cinque volte in più di quella che era stata precedentemente stimata.

La chiazza di petrolio, estesa lungo un fronte di 160 chilometri per 70 di ampiezza, si muove inarrestabile, e come detto minaccia New Orleans. I robot sottomarini non sono riusciti a tamponare le falle e non è stato risolutivo l'intervento di ieri delle squadre speciali che hanno proceduto a un "incendio controllato" di chiazze di greggio.

Charlie Henry, uno dei coordinatori scientifici del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Admnistration), ha detto che è estremamente probabile che i forti venti da sud-est spingano il petrolio dentro il delta del Mississippi. Se il greggio sarà sospinto nelle paludi della Louisiana, ripulirlo sarà praticamente impossibile: un disastro per le riserve naturali. Secondo

Silvio Greco, dirigente di ricerca dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) sentito dall'Ansa, "questo rischia di essere il più grande disastro naturale della storia, il problema principale è che la macchia di petrolio sta per raggiungere un'area molto vasta, ed è impossibile fermarla con i metodi tradizionali. Fra gli effetti sulle coste e quelli sui fondali l'ecosistema impiegherà almeno 50 anni per riprendersi dalla catastrofe".

La marea di petrolio vista dal satellite

VIDEO / I robot al lavoro

Onda nera nel Golfo del Messico

Fotogallery / I soccorsi

Esplode piattaforma petrolifera

VIDEO / La piattaforma in fiamme

30 aprile 2010

 

 

 

Al rogo la marea nera della piattaforma Bp al largo della Louisiana

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Giovedí 29 Aprile 2010

"Dai nostri archivi"

Marea nera verso New Orleans. Emergenza sottovalutata

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

Bp, utili in crescita sul rialzo dei prezzi

BUONE NOTIZIE SULLE news

Guido Romeo

Nel Golfo del Messico, la Guardia costiera statunitense ha avviato le operazioni per incendiare in maniera controllata il greggio che continua a fuoriuscire dal pozzo di trivellazione sottomarino della Bp dopo l'affondamento della DeepWater Horizon, la piattaforma galleggiante esplosa la settimana scorsa e nella quale hanno perso la vita 11 mebri dell'equipaggio."L'incendio controllato è molto efficace per ridurre in maniera significativa e rapidamente la quantità del greggio disperso" sottolinea il vice-ammiraglio della Guardia Costiera Usa Mary Landry.

Le autorità americane hanno deciso di ricorrere all'incendio controllato come extrema-ratio perché potrebbero passare ancora tre mesi prima che il pozzo sia sigillato e messo in sicurezza. Dalla falla sottomarina continuano a fuoriuscire quotidianamente 1000 barili di greggio e l'incidente potrebbe degenerare nel peggior disastro dell'industria petrolifera nordamericana.

Nonostante le imponenti misure di contenimento che coinvolgono 50 imbarcazioni, diversi aerei e oltre 1.100 persone, ieri sera la superficie della macchia nera, visibile anche dai satelliti, ha raggiunto i 75mila chilometri quadrati e rischia di coprire i 32 chilometri che la separano dalle coste americane e da diverse oasi naturalistiche entro la fine della settimana. Il costo delle operazioni di bonifica e contenimento ha già raggiunto i sei milioni di dollari al giorno per BP, senza conteggiare le risorse messe a disposizione dalle autorità Usa.

L'incendio controllato è una procedura collaudata, ma tutt'altro che semplice. A partire da ieri pomeriggio le imbarcazioni della Guardia Costiera hanno cominciato a raccogliere la parte più densa della marea nera con una serie di barriere galleggianti lunghe 150 metri. Il greggio verrà trainato verso il mare aperto dove sarà incendiato in piccoli volumi grazie a gel infiammabili e inneschi chimici. "L'incendio controllato può permetterci di consumare dal 50 al 95% del greggio raccolto in ogni barriera", spiega Landry. "Il rovescio della medaglia è il grande pennacchio di fumo nero, ricco di particolato e inquinanti che produce". Il meteo dovrebbe però favorire le operazioni perché si prevede che i venti dominanti spingeranno il fumo lontano dalle coste.

Le condizioni dovrebbero permettere di bruciare in maniera controllata alcune migliaia di litri ogni ora, e interromperli nel caso l'Epa - l'Agenzia Usa per l'ambiente che monitorerà in continuamente la qualità dell'aria - segnalasse un rilascio eccessivo di inquinanti nell'atmosfera. Una volta bruciato, ciò che rimane del greggio si condenserà in barre solide di bitume che, galleggiando in superficie, potranno essere raccolte o aspirate dalle attrezzature di bonifica. "Rispetto a veder arrivare il greggio sulle coste l'impatto ambientale si annuncia veramente ridotto – osserva Greg Pollock, responsabile della divisione per le perdite di greggio dello stato del Texas – perché il petrolio non entrerà in contatto con animali e tutti gli elementi volatili vengono consumati".

La raccolta nelle barriere e l'incendio controllato riguarderà la parte più densa, e perciò più facile da incendiare, della chiazza di greggio e non interferirà con le altre operazioni. Diversi aerei e imbarcazioni sono infatti all'opera sulla parte più estesa e sottile della macchia nera sulla quale sono stati finora applicati oltre 200mila litri di solventi, mentre i mezzi aspiratori hanno raccolto oltre un miliardo di litri di greggio misto ad acqua di mare.

Sul fondo marino prosegue intanto il lavoro dei Rov, i robot telecomandati che stanno cercando di chiudere le grandi valvole di sicurezza alla base del pozzo per arrestare la fuoriuscita di greggio. Nelle prossime settimane verrà inoltre approntato un sistema di raccolta in profondità composto da una campana d'acciaio di alcuni metri di diametro che dovrebbe permettere di catturare gran parte del greggio già in prossimità del punto di fuoriuscita e pomparlo in superficie.

Gli specialisti di Bp stanno preparando anche una nuova trivellazione per installare, tra due o tre mesi, una nuova condotta in grado di drenare il greggio e ridurne la pressione interna. Il gruppo petrolifero britannico ha già avviato la propria inchiesta sull'incidente e assicura la massima collaborazione agli Stati Uniti.

Washington ha infatti avviato due indagini sull'affondamento della piattaforma che Bp aveva in leasing dal gruppo svizzero Transocean: una condotta dai ministeri dell'Interno (che ha competenze ambientali) insieme alla Homeland Security, l'altra su iniziativa delle commissioni per l'Energia e per il Commercio della Camera.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lotta contro il tempo

I PRECEDENTI

Golfo Messico, 3 giugno 1979

Oltre un milione di tonnellate di greggio si riversano nel Golfo del Messico dopo l'esplosione del pozzo petrolifero Ixtoc Uno: nove mesi di lavoro per arginare la perdita

Al rogo la marea nera della piattaforma Bp al largo della Louisiana

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Giovedí 29 Aprile 2010

"Dai nostri archivi"

Marea nera verso New Orleans. Emergenza sottovalutata

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

Bp, utili in crescita sul rialzo dei prezzi

BUONE NOTIZIE SULLE news

"... PAGINA PRECEDENTE

Alaska, 24 marzo 1989

Naufragio della petroliera statunitense Exxon Valdez al largo delle coste dell'Alaska: si spandono in mare 50mila tonnellate di petrolio su 1.300 chilometri di coste americane: solo un quarto della fauna sottomarina sopravvive al disastro ambientale

Galles, 16 febbraio 1996

Naufragio della petroliera liberiana Sea Empress al largo delle coste gallesi: riversate in mare 147mila tonnellate di greggio

Galizia, 19 novembre 2002

Naufragio della petroliera liberiana Prestige al largo delle coste spagnole: il mare si riempie di oltre 50mila tonnellate di greggio, migliaia di chilometri di costa contaminati in Spagna, Francia e Portogallo

California, 7 novembre 2007

Una nave sudcoreana urta un pilone del Bay Bridge di San Francisco, riversando nella baia 220mila litri di combustibile

Giovedí 29 Aprile 2010

 

 

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

di Daniela Roveda

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27 Aprile 2010

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

"Dai nostri archivi"

Marea nera verso New Orleans. Emergenza sottovalutata

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

LOS ANGELES - Una nuova catastrofe ambientale si sta per abbattere sulla Louisiana, distrutta cinque anni fa dall'uragano Katrina, e solo una manciata di robot subacquei telecomandati potrebbe prevenirla. La compagnia petrolifera inglese British Petroleum sta cercando di rimediare al disastro causato dall'esplosione di martedì scorso su una piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico a 50 chilometri dalla costa americana.

Due squarci aperti nel condotto che congiunge la piattaforma al fondale stanno riversando nel mare mille barili di greggio al giorno. Un'immensa macchia di petrolio, lunga 45 chilometri e larga 30, sta avanzando verso la costa e secondo le previsioni dovrebbe arrivarci nei prossimi due giorni. Nell'esplosione sono morti sette operai, mentre le ricerche degli 11 dispersi sono ormai state interrotte.

I robot subacquei della Bp stanno tentando di attivare una valvola di sicurezza da 450 tonnellate per interrompere il flusso di greggio, ma le operazioni sono complicate dalle condizioni atmosferiche e dalla profondità della valvola, che si trova a quasi 1.600 metri sotto il livello del mare (nella migliore delle ipotesi, l'operazione richiederà un giorno e mezzo); la Bp sta inoltre valutando l'impiego di un'altra trivella per perforare in un altro punto il giacimento sottomarino; contemporaneamente potrebbe iniettare delle sostanze molto dense nel foro originario per fermare o almeno arginare la perdita (ma questa seconda operazione potrebbe durare due o tre mesi); la terza opzione prevede di coprire con una sorta di cupola l'area della perdita per intrappolare il petrolio e pomparlo su una petroliera, una tecnica finora utilizzata solo in acque poco profonde.

Bp ha mobilitato una flotta di cinque aerei e 32 motonavi per spruzzare la macchia di greggio con una sostanza chimica capace di disperdere il petrolio e per gettare immense reti sulla superficie del mare per contenere la macchia nera. Il danno ambientale potrebbe essere colossale soprattutto se il petrolio raggiungesse le isole Chandeleurs, un arcipelago a 45 chilometri dalla trivella nel quale si riproducono tartarughe, pellicani e altre specie di uccelli. Secondo la JP Morgan, il costo dell'incidente nella piattaforma - gestita per conto di Bp dalla svizzera Transoceanic - potrebbe raggiungere 1,6 miliardi di dollari. Senza contare il grave danno di immagine: ieri i titoli Bp hanno perso il due per cento.

La catastrofe della Louisiana potrebbe infine avere ripercussioni sulla politica energetica di Barack Obama, che ha da poco annunciato il progetto di aumentare l'esplorazione e la trivellazione nel Golfo del Messico.

VIDEO / La macchia di greggio in mare

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

L'onda nera nel Golfo del Messico

© RIPRODUZIONE RISERVATA

27 Aprile 2010

 

 

 

 

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

26 aprile 2010

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

"Dai nostri archivi"

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

Marea nera verso New Orleans. Emergenza sottovalutata

L'incendio e il crollo della piattaforma petrolifera della Bp, a 70 chilometri al largo delle coste della Louisiana, nel Golfo del Messico, sta causando un disastro ambientale di assoluta gravità. Ogni giorno fuoriescono circa 1.000 barili di greggio e le operazioni per tentare di bloccare le perdite sono state interrotte dal maltempo. La macchia nera potrebbe raggiungere presto le spiagge e la regione paludosa della Louisiana causando un disastro ecologico senza precedenti.

Le ricerche degli undici operai dispersi dopo l'esplosione della Deep Water Horizon si sono concluse sabato. In tutto erano 126 le persone presenti al momento dell'esplosione. I feriti sono 17 di cui quattro in gravi condizioni. La piattaforma conteneva 2,6 milioni di litri di petrolio ed estraeva 8.000 barili di greggio al giorno, circa 90.000 litri.

La BP sta facendo il possibile per bloccare la fuoriuscita di greggio dalle valvole e dalle tubature, ma il compito si sta rivelando estremamente complicato e potrebbe non riuscire. La compagnia ha inviato 30 imbarcazioni per pulire le acque e diversi velivoli che disperdono sulla macchia uno spray diluente.

Sul caso giovedì scorso era intervenuto anche il presidente Barack Obama che aveva detto che il governo degli Stati Uniti considera "una priorità" la risposta ad un'eventuale catastrofe ecologica.

L'onda nera nel Golfo del Messico

26 aprile 2010

 

 

 

 

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

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26 aprile 2010

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

"Dai nostri archivi"

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

Marea nera verso New Orleans. Emergenza sottovalutata

L'incendio e il crollo della piattaforma petrolifera della Bp, a 70 chilometri al largo delle coste della Louisiana, nel Golfo del Messico, sta causando un disastro ambientale di assoluta gravità. Ogni giorno fuoriescono circa 1.000 barili di greggio e le operazioni per tentare di bloccare le perdite sono state interrotte dal maltempo. La macchia nera potrebbe raggiungere presto le spiagge e la regione paludosa della Louisiana causando un disastro ecologico senza precedenti.

Le ricerche degli undici operai dispersi dopo l'esplosione della Deep Water Horizon si sono concluse sabato. In tutto erano 126 le persone presenti al momento dell'esplosione. I feriti sono 17 di cui quattro in gravi condizioni. La piattaforma conteneva 2,6 milioni di litri di petrolio ed estraeva 8.000 barili di greggio al giorno, circa 90.000 litri.

La BP sta facendo il possibile per bloccare la fuoriuscita di greggio dalle valvole e dalle tubature, ma il compito si sta rivelando estremamente complicato e potrebbe non riuscire. La compagnia ha inviato 30 imbarcazioni per pulire le acque e diversi velivoli che disperdono sulla macchia uno spray diluente.

Sul caso giovedì scorso era intervenuto anche il presidente Barack Obama che aveva detto che il governo degli Stati Uniti considera "una priorità" la risposta ad un'eventuale catastrofe ecologica.

L'onda nera nel Golfo del Messico

26 aprile 2010

 

 

 

 

 

Grave incidente negli Stati Uniti: esplode una piattaforma petrolifera

22 aprile 2010

Grave incidente negli Usa: esplode una piattaforma petrolifera

"Dai nostri archivi"

Dopo l'esplosione della piattaforma Bp è disastro ambientale nel Golfo del Messico

Al rogo la marea nera della piattaforma Bp al largo della Louisiana

Robot "verdi" in azione per fermare la catastrofe

In Norvegia piattaforma petrolifera alla deriva con 75 persone

Marea nera verso New Orleans. Emergenza sottovalutata

Proseguono le ricerche dei dispersi nel Golfo del Messico, dove una piattaforma petrolifera è esplosa ieri sera, circa 50 km al largo delle coste della Louisiana: 11 sono le persone disperse, diciassette i feriti di cui quattro gravi. Al momento dell'esplosione erano presenti 126 impiegati della piattaforma.

Enormi colonne di fuoco si innalzano ancora dalla piattaforma Deepwater Horizon, alta 122 metri, attorno alla quale continuano a circolare elicotteri e navi alla ricerca dei dispersi. L'esplosione si è prodotta verso le 22 di martedì sera ora locale su una piattaforma larga come due campi di calcio della società Transocean, la più grande compagnia del mondo nel settore delle perforazioni off-shore. L'incidente potrebbe rivelarsi il più grave degli ultimi 50 anni negli Stati Uniti.

La speranza è che gli undici che mancano all'appello siamo saliti su un battello di emergenza poi trascinato lontano dalla piattaforma dalle correnti. Alle operazioni di ricerca partecipano elicotteri, aerei e navi della guardia costiera.

Attorno alla piattaforma ancora in fiamme è stata dichiarata una zona di sicurezza per un raggio di cinque miglia nautiche. Le autorità devono valutare anche i danni all'ambiente provocato dall'incidente: quantità di petrolio sono finite in mare e una chiazza ha cominciato a formarsi nei pressi della piattaforma che si è inclinata di alcuni gradi per effetto dell' incendio.

VIDEO / La piattaforma in fiamme

22 aprile 2010

 

 

 

 

2010-04-18

AIRWAIS e VULCANO

L'Italia riapre i cieli dalle 7

L'Ue: metà dei voli operativi

di Cristina Casadei

18 aprile 2010

La nube ha finora lasciato a terra 5 milioni<br/>di persone. Volo di ricognizione sull'Italia

"Dai nostri archivi"

Restano a terra in 3 milioni

La cenere arriva sul nord Italia Aeroporti chiusi

Voli di prova (anche Niki Lauda), le compagnie chiedono di rivedere le restrizioni

La nube ferma il 70% dei voli. Enac, stop fino alle 8 di lunedì. E il vulcano continua a eruttare

In Italia spazio aereo aperto, ma molti voli cancellati

L'Enac riaprirà lo spazio aereo alle 7. Il direttore operativo di Alitalia, Giancarlo Schisano, ha detto che tutti gli aerei e l'equipaggio della compagnia sono pronti a riprendere i voli intercontinentali, tranne quelli diretti a Londra, Parigi, Bruxelles e Amsterdam, i cui scali sono ancora chiusi. L'ultimo bollettino del Met office, l'autorevole centro meteo britannico, spiega che l'eruzione del vulcano continua e la situazione è critica per i cieli della Gran Bretagna. E non solo, tant'è che resta ancora chiuso tutto lo spazio areo del nord della Francia e di molti altri paesi.

 

Mentre si lavora per arrivare a "soluzioni concrete per aprire progressivamente lo spazio aereo – spiega il sottosegretario per gli Affari europei Diego Lopez Garrido parlando a nome della presidenza di turno spagnola della Ue – domani, lunedì, solo metà dei voli sarà operativa in Europa perché la nube si sta muovendo verso Nord-est" e a poco a poco scende verso l'Italia trascinata dalle correnti. I disagi per chi ha in programma dei voli continueranno quindi anche nei prossimi giorni e la nube vulcanica farà lievitare ulteriormente il numero di 6,8 milioni di passeggeri che da giovedì sono rimasti a terra perché il loro volo è stato cancellato a causa dell'eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajkull. E si sono ritrovati imprigionati nella ricerca di percorsi e soluzioni alternative, niente affatto semplici da trovare.

 

Eurocontrol, l'ente europeo di controllo dell'aviazione civile, ha spiegato che domenica sono stati cancellati 20mila voli, mentre sabato sono stati effettuati cinquemila dei 22mila voli previsti e venerdì ne sono stati effettuati 10.400 su 28mila. In totale in tre giorni sono stati quindi cancellati circa 63mila voli. Olivier Jankovec, direttore generale di Aci (Airports council international) Europe, ha osservato che "con 313 aeroporti paralizzati al momento l'impatto della nube islandese è stato peggiore di quello dell'11 settembre. Più di 6,8 milioni di passeggeri sono stati colpiti dal problema e gli aeroporti europei hanno perso circa 136 milioni di euro".

Mentre i test proseguono con esito positivio, questa sera Klm ne farà altri tre, dopo averne già compiuti 10, Ulrich Schulte-Strathaus, segretario generale dell'Aea, ha osservato che i voli di prova compiuti da numerose compagnie aeree non hanno rilevato irregolarità e quindi questo supporta la nostra richiesta che altri strumenti e metodi vengano usati per determinare i reali rischi e individuare le no-fly zones. Le compagnie aeree devono essere in grado di volare dove è sicuro. Questo è quello che i nostri passeggeri ci chiedono".

 

In Italia l'Enac ha sciolto la riserva e lo spazio aereo in tutto il Nord Italia rimarrà chiuso fino alle 7 di domani, lunedì. Questa mattina ha autorizzato l'Enav (Azienda italiana per l'Assistenza al Volo) a effettuare un volo di ricognizione per controllare direttamente lo stato delle aerovie italiane interessate dalla nube vulcanica. Il volo è stato effettuato da Ciampino sulla rotta Bolsena-Ferrara con un Cessna Citation 2 del Reparto Radiomisure dell'Enav, con equipaggio di condotta comandato dallo stesso Dirigente Operazioni Volo dell'azienda. Dopo l'avvicinamento a Venezia Tessera l'aereo Enav ha effettuato un altro avvicinamento a Milano Linate, da dove è rientrato a Ciampino attraversando a varie quote lo spazio aereo italiano lungo la direttrice Pisa-Grosseto. In queste ore sono in corso le ispezioni dei motori per verificare il loro stato di usura e l'eventuale presenza di particelle della nube, anche nell'olio del motore

Da Bolzano fino a Rimini nemmeno oggi si può volare perché "non accennano a diminuire le negative condizioni determinate dalla nube del vulcano islandese", spiega il presidente dell'Enac Vito Riggio. Riggio ha anche chiesto al capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, di poter disporre prima possibile di appositi sensori per rilevar e emisurare la presenza delle ceneri che non sono rilevabili via radar. Se da Rimini in su lo spazio aereo è stato chiuso con molti disagi, da Rimini in giù non è andata molto meglio. Anche oggi infatti sono state cancellate molte centinaia di voli in tutti gli scali: solo a Fiumicino per ora sono stati 360.

Ciò che è accaduto nel nostro paese infatti si è ripetuto in molti altri paesi europei. Infatti sono rimasti totalmente chiusi gli spazi aerei di Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Gran Bretagna, Lituania, Lettonia, Finlandia, Ungheria, Olanda, Norvegia, Polonia, Romania, Serbia, Slovenia, Slovacchia, Svezia, Svizzera, Ucraina. E poi di gran parte della Francia, della Germania, della Spagna. Fino a ieri sera, pur con molti disagi, è rimasto aperto solo lo spazio aereo sull'Europa meridionale in un'area che va dalla Spagna meridionale all'Italia del Sud alla Grecia e alla Turchia.

Di fronte al blocco di merci e persone in un'area così vasta L'Olanda e altri paesi europei hanno deciso di sfidare le ceneri vulcaniche e di fare un test di volo per valutare il reale impatto sugli aeroplani ad uso commerciale. La compagnia olandese Klm proprio ieri sera ha deciso di fare decollare un volo di prova sulla tratta Amsterdam-Duesseldorf, mentre oggi la stessa operazione è stata ripetuta anche da Air France. I risultati delle analisi saranno disponibili nelle prossime ore ma Erick Derivry, portavoce del principale sindacato dei piloti dell'Air France, ha detto che i piloti delle linee aeree "vogliono elementi tangibili e concreti per accertare se le nuvole di cenere provocate dal vulcano islandese Eyafjallajokull costituiscano un pericolo effettivo per la sicurezza dei voli. Il principio di precauzione va benissimo, ma poi occorrono degli elementi tangibili e concreti che lo confermino o smentiscano, e oggi non ce ne sono".

18 aprile 2010

 

 

2010-04-17

La nube ferma il 70% dei voli.

Enac, stop fino alle 8 di lunedì.

E il vulcano continua a eruttare

17 aprile 2010

Nube in Italia, Enac estende lo stop ai voli fino alle 20. Nella foto passeggeri bloccati a terra all'aeroporto di Torino Caselle (Ansa)

La nube di cenere prodotta dal vulcano islandese Eyjafjallajokull è sull'Italia. L'Enac ha disposto l'interdizione al volo strumentale di tutto il Nord Italia fino ai 35 mila piedi (cioè 10.668 metri) fino alle 8 di lunedì. Il presidente Vito Riggio: "I passeggeri hanno diritto al rimborso del biglietto, ma non al risarcimento del danno". Caos negli aeroporti

 

L'Enac ha disposto di estendere l'interdizione al volo in tutto il Nord Italia fino a lunedì

19 alle 8. Questo, informa una nota, in quanto non accennano a diminuire le negative condizioni determinate dalla nube del vulcano islandese Eyjafjallajokull. Attualmente, prosegue l'Enac, non è invece necessario procedere all'allargamento del blocco per ulteriori spazi aerei italiani. L'aeroporto di Fiumicino si conferma quindi aperto al traffico, pur registrando un elevato numero di cancellazioni e ritardi dei voli.

A causa dei disagi creati dalla nube di cenere vulcanica proveniente dall'Islanda, le linee aeree europee hanno cancellato più del 70% dei loro voli sul nord e sul centro Europa, mentre si allunga la lista dei paesi che stanno chiudendo - in parte o del tutto - il loro spazio aereo. Forse, dicono gli esperti dei principali centri meteo, non ci saranno cambiamenti significativi almeno fino a giovedì 22 aprile. Anche perché la direzione dei venti che stanno spingendo la nube verso l'Europa, non cambierà nei prossimi giorni.

Dall'Istituto Meteorologico Islandese arriva un'altra cattiva notizia: l'eruzione del vulcano Eyjafjallajökull sta proseguendo, e le ceneri sono "sparate" a 5-6 km di altitudine nell'atmosfera.

In Italia l'Enac ha disposto l'interdizione al volo strumentale di tutto il Nord Italia fino ai 35 mila piedi, cioè 10.668 metri, fino alle 8 di lunedì 19 aprile.

Negli aeroporti si stanno verificando gravi disagi: a Roma Fiumicino una fila di passeggeri lunga un centinaio di metri sta aspettando di trovare agli sportelli una soluzione alternativa al viaggio in aereo. La Protezione Civile è già pronta a intervenire con brandine, coperte, latte e generi alimentari. Cancellati decine di voli anche a Torino, Bologna, Catania.

A Milano fino a lunedì il personale degli aeroporti di Malpensa e Linate è in cassa integrazione e ferie. Il provvedimento, come si apprende da ambienti sindacali, è stato attuato in virtù della situazione di emergenza e riguarda i lavoratori dell'handling, dei check-in, delle rampe e la

vigilanza ai varchi. In accordo con i sindacati il provvedimento è stato attuato per ottimizzare la cig che è già in vigore, a rotazione, per i dipendenti della Sea.

 

Gli unici voli consentiti dall'Enac sono quelli che raggiungono un'altitudine superiore ai 35 mila piedi e quelli di emergenza. La chiusura degli spazi aerei è inevitabile, dato che le ceneri entrando nelle turbine dei motori dei velivoli ne causano l'incendio.

Fra le principali compagnie aeree europee, la British Airways ha esteso il blocco dei voli da e per la Gran Bretagna a tutta la giornata di domenica. In Francia il governo ha deciso che gli aeroporti di Parigi e quelli a nord dell'asse Nantes-Lione (che taglia più o meno a metà la Francia) rimarranno chiusi fino a lunedì mattina alle 8.

Ryanair, invece, ha cancellato i voli da e per il nord Europa fino a lunedì mattina.

Voli cancellati per tutta la giornata di sabato anche per Lufthansa. Gli aeroporti tedeschi rimarranno chiusi almeno fino alle 2 del mattino di domenica.

I disagi interessano anche altri paesi extra-europei: Air India ha fatto sapere di aver bloccato tutti i voli verso l'Europa, il Canada e gli Stati Uniti per la giornata di domenica. Stessa decisione presa da Etihad Airways, controllata dal governo di Abu Dhabi, e da South African Airways.

L'Enac consiglia ai passeggeri di contattare la compagnia aerea di riferimento per le informazioni sull'operatività del proprio volo. Per informazioni sui propri voli Alitalia ha invece attivato anche il Numero Verde 800 650055. In caso di cancellazione di voli o pacchetti turistici, Federconsumatori e Adusbef invitano tutti i viaggiatori che non l'avessero ancora fatto a rivolgersi presso le loro sedi o presso lo Sportello Nazionale Sos Turista (www.sosvacanze.it) per ottenere la consulenza necessaria alla richiesta dei rimborsi.

Per il fine settimana le Ferrovie dello Stato comunicano di aver potenziato l'offerta tra il Nord e il resto del Paese: sei corse aggiuntive di Frecciarossa sabato 17 tra Roma e Milano e fermata a Bologna. Ancora sabato quattro collegamenti Frecciargento tra Venezia e Roma, con fermata a Bologna. Inoltre domenica 18 una coppia aggiuntiva di Frecciarossa in partenza da Roma per Milano alle 8.00 e, alla stessa ora, da Milano in direzione della Capitale.

La nube di cenere prodotta dal vulcano islandese Eyjafjallajokull è sull'Italia. L'Enac ha disposto l'interdizione al volo strumentale di tutto il Nord Italia fino ai 35 mila piedi (cioè 10.668 metri) fino alle 8 di lunedì. Il presidente Vito Riggio: "I passeggeri hanno diritto al rimborso del biglietto, ma non al risarcimento del danno". Caos negli aeroporti

17 aprile 2010

 

 

 

 

escapemilan, i designer del Salone provano a lasciare Milano con l'aiuto di twitter

di Chiara Beghelli

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17 APRILE 2010

"Dai nostri archivi"

La nube ferma il 70% dei voli. Enac, stop fino alle 8 di lunedì. E il vulcano continua a eruttare

È il Salone bellezza

Che traffico al Salone! Alla mobilità ci pensano il Comune e Atm

I COSTI PER LE AZIENDE / È il Salone bellezza

IL SALONE DEL MOBILE DI MILANO / Un telone sui topi della Darsena

Fino a poche ore fa si scambiavano le foto scattate agli oggetti più interessanti e le dritte per i party del FuoriSalone. Ma la nube vulcanica e il blocco degli aerei hanno trasformato gli entusiasti visitatori britannici del Salone del Mobile - designer, giornalisti, architetti o curiosi - in ansiosi prigionieri che ora digitano tag come #escapemilan (scappare da Milano) e #getmehome (portatemi a casa). Il tam tam della fuga dalla città passa da richieste di passaggi in auto, consigli su dove noleggiare le poche automobili rimaste, che si mescolano a momenti di disperata ironia come quella di chi posta la foto dell'unico mezzo trovato per andarsere: una segway, le due ruote elettriche da guidare in piedi. Sotto il cielo di cenere eruttiva si agitano nomi celebri come Tom Dixon (il magazine Dezeen twitta che sta meditando di raggiungere Londra in moto), ma anche il designer Giles Miller, che nel pomeriggio aveva già raggiunto il confine italiano con una Punto noleggiata fortunosamente, e sperava di trovare un'altra auto per proseguire il suo viaggio. Oltre a suppliche per un passaggio, fra i tweet degli amanti del design in fuga si trovano anche casi di inaspettata generosità: preoccupato per la sorte dei suoi compatrioti, Dan Snow, giovane scrittore e presentatore della Bbc, ha aperto l'account calaisrescue. Domenica, promette, sarà a Calais con una miniflotta di cinque barche e fino al tramonto farà la spola sulla Manica con il porto di Dover. Ma come raggiungere il porto francese sulla Manica resta un problema aperto. Gli organizzatori del London Design Festival, però, sono stati fra i primi a risolverlo. Forse leggendo dell'odissea della cancelliera tedesca Angela Merkel sulle strade di mezza Europa, già dalla mattina di sabato si sono procurati dei biglietti d'autobus per la Francia, decisi a raccogliere il generoso invito di Snow. "Bisognerebbe dare un premio al modo più creativo per andarsene da Milano", scrivevano comodamente diretti verso nord. E nel primo pomeriggio salutavano con sollievo la prima tappa della loro fuga: "I bellissimi monti svizzeri".

17 APRILE 2010

 

 

 

Merkel fa il giro d'Europa per tornare dagli Stati Uniti, ecco le tappe e i mezzi alternativi al volo usati

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17 marzo 2010

"Dai nostri archivi"

La cenere arriva sul nord Italia Aeroporti chiusi

Vertice Nato: la Merkel aspetta Berlusconi impegnato al telefono

Il no più deciso agli aiuti per la Grecia arriva dall'opinione pubblica tedesca

Merkel contro i derivati e ottimista per la Grecia

I PROBLEMI DI EUROLANDIA / La Germania balla da sola

 

Un'ora fermo a Ciampino prima di ottenere l'ok al decollo. La nube di ceneri vulcaniche che ha bloccato i cieli di mezza Europa ha fermato anche Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio ha dovuto aspettare che si chiarisse se i voli di Stato fossero o no esclusi dal divieto di sorvolo imposto dall'Enac sull'Italia settentrionale. Si doveva capire se l'aereo del presidente del Consiglio fosse equiparabile ai voli militari, di emergenza e umanitari: gli unici a cui è ancora consentito di alzarsi in volo. Il premier è così decollato in ritardo ed è arrivato a Linate giusto in tempo per recarsi ai funerali di Raimondo Vianello.

 

Al presidente del Consiglio, comunque, è andata meglio che alla sua collega tedesca, Angela Merkel. La nuvola di cenere infatti sta facendo compiere un inconsueto periplo ad Angela Merkel per riuscire a tornare a Berlino. Di ritorno da una visita negli Stati Uniti, l'aereo governativo "Konrad Adenauer" dopo essere partito da San Francisco, dove il cancelliere aveva visitato prima Hollywood e poi la Stanford University, è atterrato ieri a Lisbona. Dopo il pernottamento nella capitale portoghese, Merkel ha proseguito verso l'Italia, atterrando nel pomeriggio in un aeroporto militare a Roma. L'Ufficio stampa federale ha comunicato che dalla capitale italiana il viaggio proseguirà, probabilmente a bordo di "veicoli", in direzione dell'Alto Adige. Dunque pullman? Chissà.

Il trasferimento della Merkel con i 60 componenti della sua delegazione avrebbe come destinazione Bolzano. Pernottamento e poi? Domani il viaggio potrebbe proseguire verso la Germania, anche se non è ancora noto con quali mezzi di trasporto, se per via stradale o aerea. Secondo la prima rete televisiva Ard, il cancelliere potrebbe domani salire a bordo di un piccolo aereo, che volando a bassa quota, per non danneggiare i motori a causa delle particelle smeriglianti della nuvola vulcanica, riuscirebbe a riportare la Merkel a Berlino.

 

Anche in caso di ritorno nella capitale tedesca, rimane incerta la partecipazione del cancelliere ai funerali di domani a Varsavia del presidente polacco Lech Kaczynski. Una delle eventualità allo studio prevede il possibile trasferimento della Merkel in elicottero da Berlino a Varsavia. Anche il presidente del Consiglio Berlusconi dovrebbe volare, ops, andare a Varsavia. Ma non è ancora chiaro come.

17 marzo 2010

 

 

 

I piani A, B e C di un cronista bloccato in Gran Bretagna dalla nube

di Sergio Nava

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17 APRILE 2010

"Dai nostri archivi"

La nube ferma il 70% dei voli. Enac, stop fino alle 8 di lunedì. E il vulcano continua a eruttare

La cenere islandese mette a terra l'Europa Chiusi i cieli di 11 paesi

La cenere arriva sul nord Italia Aeroporti chiusi

Nel 1700 la nube portò il gelo dal nord fino al Mississippi

Nel 1700 la nube portò il gelo dal nord fino al Mississippi

In quattordici anni di voli aerei una situazione del genere non mi era mai capitata. Normalmente - anche nelle situazioni più disperate - il "piano B" saltava sempre fuori. Poteva essere solo questione di fortuna, o di coincidenze inaspettate. Ma arrivava sempre. Non questa volta, però.

L'avventura da cronista inizia a Liverpool giovedì mattina: nella culla dei Beatles per curare un reportage per Radio 24, vengo informato dalla redazione che un vulcano ha cominciato a vomitare cenere in direzione della Gran Bretagna, provocando la cancellazione di alcuni voli. L'istinto mi dice che è qualcosa di serio, ma - con una tratta Liverpool - Milano in programma per il giorno successivo - tendo a non preoccuparmi eccessivamente. Come unica precauzione, chiedo alla radio di prenotarmi un volo da Londra per il sabato sera, in modo da partire da uno scalo con maggiori opzioni di rientro (a Liverpool i voli per Milano sono infatti solo tre a settimana).

Venerdì mattina comprendo meglio la gravità della situazione: confermo dunque il volo Alitalia per il sabato sera, straccio il volo Ryanair del venerdì (mossa azzeccata, qualche ora dopo il boss della compagnia irlandese Michael O'Leary annuncerà che la sua low-cost chiude fino almeno a lunedì), e mi metto - alle 14.48 - su un treno per Londra - Victoria Station. Poco più di due ore di viaggio su un comodo Pendolino della Virgin Trains, neppure troppo affollato, con tavolino di lavoro annesso. Arrivo alle 17 a Londra. Resto ottimista. Ma la visione dei telegiornali serali cancella subito ogni aspettativa positiva. Bbc e Sky News sono un bollettino di guerra, tra voli cancellati e passeggeri che prendono d'assalto stazioni dei treni e traghetti.

La mattina successiva la situazione degenera. Decido allora di mettere in atto un "piano C", via terra. Ma qui arriva la sorpresa: tutti gli autobus Eurolines da Londra a Milano (oltre 23 ore di viaggio, non esattamente una passeggiata…) sono pieni per giorni, e così quelli da Parigi. I collegamenti tra la capitale francese e l'Italia via treno sono altrettanto stracolmi (almeno secondo il sito di Trenitalia), per cui abbandono l'idea di acquistare uno degli ultimi biglietti disponibili nel pomeriggio sul treno Eurostar da Londra a Parigi. Né Hertz né Avis sembrano essere d'aiuto.

L‘unica soluzione rimasta sembra dunque quella di attaccarsi al telefono, chiamando il call center Alitalia. Il quale, a giudicare dal numero di volte che respinge ogni mio singolo tentativo di connessione, deve assomigliare molto - in queste ore - al centralino dei vigili del fuoco di una città su cui si è appena abbattuta una gigantesca inondazione.

Meglio allora mettersi il cuore in pace. Nell'attesa che il vulcano ci dia tregua.

17 APRILE 2010

 

 

 

 

Perché la cenere vulcanica danneggia gli aerei

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16 aprile 2010

"Dai nostri archivi"

Nel 1700 la nube portò il gelo dal nord fino al Mississippi

Nel 1700 la nube portò il gelo dal nord fino al Mississippi

La cenere islandese mette a terra l'Europa Chiusi i cieli di 11 paesi

La cenere arriva sul nord Italia Aeroporti chiusi

 

La cenere vulcanica è composta da microparticelle di rocce polverizzate immesse nell'atmosfera durante le eruzioni vulcaniche, che, nel caso di eruzioni esplosive, possono essere "sparate" anche a decine di chilometri di altezza. Le particelle più piccole – di dimensione che varia da 1 a 15 micron – possono restare nell'atmosfera per alcuni giorni.

La cenere è principalmente fatta di silicati, che fondono a circa 1100 gradi centigradi. Se questi vegnono a conatto con le turbine di un aereo, che di solito hanno una temperatura di crica 1400 gradi centrigradi, incendiano i motori. Alcuni motori di costruzione più recente hano un migliore sisetma di raffreddamento e quindi, in quetsi casi, il rischio fusione e incendio delle cenerei vulcazniceh non esiste. Ma i pericoli che la cenere eruttiva può provocare a un aereo non si fermano qui: la cenere è altamente abrasiva e può causare danni alla carlinga; riduce la visibilità dei piloti; le microparticelle possono superare i filtri dei sistemi di condizionamento dell'aria e penetrare nei sistemi elettrici. Infine, la cenere vulcanica è spesso accompagnata da gas di acido solforico. Ad altissima capacità corrosiva.

Per saperne di più: il manuale dell'International Airways Volcano Watch

16 aprile 2010

 

 

 

 

 

Nel 1700 la nube portò il gelo

dal nord fino al Mississippi

di Marco Magrini

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16 aprile 2010

"Dai nostri archivi"

Nel 1700 la nube portò il gelo dal nord fino al Mississippi

La cenere islandese mette a terra l'Europa Chiusi i cieli di 11 paesi

La nube ferma il 70% dei voli. Enac, stop fino alle 8 di lunedì. E il vulcano continua a eruttare

Rimborso del biglietto o volo alternativo per i passeggeri

Vulcano in eruzione in Islanda, 1.300 bloccati in aeroporto

Il 24 giugno del 1982, l'industria dell'aviazione scopre che i vulcani sono pericolosi. Il volo British Airways 9, in viaggio da Londra a Auckland, si imbatte nelle ceneri del vulcano indonesiano Galunggung e, di lì a poco, tutti e quattro i motori del 747 si inceppano. Con un sangue freddo entrato nella leggenda, i piloti riescono a far planare l'aereo per 23 lunghi minuti, perdendo 11 chilometri di quota. Dopodiché, uno dopo l'altro, i motori si riaccendono e il volo 9 atterra a Giakarta senza vittime.

Ma le eruzioni – come quella del vulcano islandese Eyjafjallajökull, che ieri ha bloccato il traffico aereo nel nord Europa – hanno altre lezioni da insegnare. Le ultime tre volte che l'Eyjafjallajökull ha eruttato (nel 920, nel 1612 e nel 1823), ha puntualmente messo in moto anche il vulcano Katla, ben più grande e insidioso. L'eruzione del 1755 ad esempio, fece sciogliere il ghiacciaio che lo ricopriva, gettando in mare una quantità impressionante di acqua.

Ma è solo pochi anni più tardi, nel 1783, che la natura vulcanica della gelida e meravigliosa isola sull'Atlantico del nord, ha dato la più spaventosa prova di sé. Il vulcano Laki, di fatto una lunga fessura con 130 crateri a 1.700 metri di altezza, non distante da Katla, vomita 14 chilometri cubici di lava, insieme ad anidride solforosa e acido fluoridrico. In Islanda muoiono animali e esseri umani, il 20% della popolazione. In Inghilterra, quell'estate del 1783, viene ricordata come "l'estate sabbiosa", con una vera e propria pioggia di cenere che oscura il cielo. Sull'intero nord Europa, le temperature precipitano. E l'America sperimenta l'inverno più freddo che la storia ricordi. Si dice che persino a New Orleans, il Mississippi si congelò.

"Il vulcano Katla è tenuto sotto controllo dai nostri sistemi di monitoraggio", assicura Magnus Tumi Gudmundsson, professore di geofisica all'Università di Reykjavik. "Al momento, non ci sono segnali che l'eruzione in corso stia avendo effetti sul vulcano Katla". Secondo le autorità islandesi, nonostante stia crescendo la fuoriuscita di lava, i crateri dell'Eyjafjallajökull non si stanno allargando. "L'anidride solforosa può avere effetti devastanti sul clima – ammette Thor Thordarson, un esperto di vulcani islandesi che lavora all'Università di Edinburgo – ma al momento non pare che si possano avere effetti climatici significativi da questa eruzione. Se il fenomeno si arresterà presto, non avrà impatti rilevanti sull'atmosfera". Resta il fatto che nessuno è in grado di predire con certezza cosa accadrà. L'ultima volta che l'Eyjafjallajökull ha eruttato, è andato avanti per mesi.

Nel 1991, l'eruzione del monte Pinatubo nelle Filippine produsse abbastanza ceneri e gas da abbassare la temperatura media globale di 0,5 gradi per due anni, per il semplice motivo che le particelle di anidride solforosa hanno la proprietà di riflettere la radiazione solare. Non a caso, fra le possibili (e spesso folli) idee per fermare drasticamente il global warming, è circolata anche quella di irrorare l'atmosfera con lo zolfo, che contribuirebbe ad abbassare la temperatura.

Diciannove giorni dopo l'incidente del volo British Airways 9, un 747 della Singapore Airlines, passando dall'Indonesia, ripete la solita, brutta esperienza: tre motori del velivolo, per colpa del silicio contenuto nella cenere vulcanica, si bloccano. Ne segue un altro, miracoloso salvataggio. Ma, a quel punto, le autorità indonesiane decidono finalmente di chiudere il traffico aereo. Almeno sulla carta, il rischio di un global cooling innescato dal ribollente suolo islandese è basso, eppure non ancora scongiurato. Ma quando si parla di aeronautica, il rischio vulcanico non vuole più prenderselo – giustamente – nessuno.

16 aprile 2010

 

 

 

 

 

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La cenere islandese mette a terra l'Europa Chiusi i cieli di 11 paesi

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Venerdí 16 Aprile 2010

"Dai nostri archivi"

La nube ferma il 70% dei voli. Enac, stop fino alle 8 di lunedì. E il vulcano continua a eruttare

Nel 1700 la nube portò il gelo dal nord fino al Mississippi

Ieri, scrutando i cieli del nord Europa, non si vedeva cenere nell'atmosfera. Ma c'era una polvere finissima e invisibile, spinta da un vento di sudest sopra un'area che va dall'Inghilterra alla Russia, carica di silicio, l'elemento dal quale si ricava il vetro. Nei motori degli aeroplani si fonderebbe e li bloccherebbe. Così, per la costernazione di migliaia e migliaia di passeggeri che scrutavano il cielo senza leggerci segnali di pericolo, il traffico aereo fra l'Irlanda e la Scandinavia è stato interrotto, con pesanti ripercussioni su tutti gli aeroporti continentali. Nove i paesi che hanno completamente chiuso lo spazio aereo, in altri due la chiusura è solo parziale. Il blocco continuerà anche oggi.

Quella polvere di silicio viene da migliaia di chilometri lontano, dalla gelida Islanda. Il vulcano Eyjafjallajökull, che dista solo 120 chilometri dalla capitale Reykjavik, aveva cominciato a eruttare il 20 marzo. Ma due giorni fa, l'attività si è sensibilmente intensificata – dieci volte più violenta della precedente – sparando una colonna di cenere fino a circa dieci chilometri di altezza.

Lo stesso vento di sudest che ha messo in ginocchio l'aviazione europea, ha risparmiato gli islandesi proprio mentre si stavano leccando le ferite della crisi: lunedì scorso, è stato pubblicato il report ufficiale di 2mila pagine sul crack bancario del paese. E, alla luce della contesa che oppone l'Islanda a Inghilterra e Olanda sul fallimento della banca online Icesave, non sono mancati i commenti sarcastici su questa fatalità della natura.

In compenso, circa 800 persone che abitano un'area relativamente vicina al vulcano in attività, sono state evacuate. Non tanto per il rischio della lava o della cenere, quanto per le alluvioni e le valanghe di fango provocate dai ghiacci che il calore della terra sta sciogliendo.

"È la prima volta che il traffico aereo viene chiuso per un evento naturale", ha detto una portavoce dell'autorità aeronautica britannica. Ma non è ancora chiaro quando tutto tornerà alla normalità. Gli Stati Uniti hanno già comunicato che oggi circa metà dei voli diretti in Europa saranno cancellati: le rotte intercontinentali fra le due sponde dell'Atlantico passano proprio dall'Islanda.

Ieri a tarda sera anche i due aeroporti di Parigi sono stati chiusi e, poco più tardi, anche Germania e Polonia hanno fermato parzialmente il traffico aereo. Fra sabato e domenica, Varsavia attende l'arrivo di 70 capi di stato, incluso Barack Obama, per i funerali di Lech Kaczynski. Ma tutto dipende da come si comporterà il vulcano Eyjafjallajökull.

M. Mag.

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CAOS ANCHE OGGI, FORTI DISAGI IN ITALIA

 

Traffico aereo paralizzato

Il vulcano islandese Eyjafjallajökull comincia l'eruzione all'alba di mercoledì. Viene scagliata nel cielo una colonna di fumo alta dieci chilometri che nella notte si sposta verso sudest fino a coprire, ad alta quota, i cieli d'Europa, cominciando dalla Norvegia per poi scendere in Scozia

Gran Bretagna e Irlanda nelle prime ore del mattino iniziano a sospendere i voli. A Manchester alle 7 i voli vengono sospesi per qualche ora. Alle 9.30 viene chiuso lo spazio aereo di tutta la Gran Bretagna. Si ferma Heathrow, lo scalo più affollato d'Europa con 1.300 voli giornalieri. Seguono Stansted e Gatewick. A fine giornata saranno oltre 400mila i passeggeri bloccati nel solo Regno Unito (nella foto l'aeroporto di Londra). I viaggiatori assaltano l'Eurostar ma i posti si esauriscono subito e la società ferroviaria lancia un appello: nessuno arrivi in stazione senza il biglietto.

A metà mattina anche Finlandia e Olanda chiudono lo spazio aereo. Più o meno alla stessa ora - le 9.30 - tocca alla Norvegia. Alle 14 il Belgio comunica che il suo spazio aereo verrà chiuso dalle 16.30. Insieme arrivano gli annunci di Stoccolma e Copenhagen

A metà pomeriggio le previsioni sullo spostamento della nube peggiorano e costringono anche la Francia a piegarsi al vulcano: dalla serata di ieri sono chiusi Parigi (Roissy e Orly) e altri 23 scali. In tarda serata chiusura parziale (che oggi potrebbe diventare totale) per Polonia e Germania. In Italia sono cancellati tutti i voli per le destinazioni con aeroporti bloccati ma Alitalia promette di fare il possibile, dopo l'annuncio che alle 12 di oggi potrebbero essere riaperti gli scali di Londra, Amsterdam, Parigi e Bruxelles.

Venerdí 16 Aprile 2010

 

 

La cenere arriva sul nord Italia Aeroporti chiusi

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Sabato 17 Aprile 2010

"Dai nostri archivi"

La cenere islandese mette a terra l'Europa Chiusi i cieli di 11 paesi

La nube ferma il 70% dei voli. Enac, stop fino alle 8 di lunedì. E il vulcano continua a eruttare

Nel 1700 la nube portò il gelo dal nord fino al Mississippi

Nel 1700 la nube portò il gelo dal nord fino al Mississippi

In Italia spazio aereo aperto, ma molti voli cancellati

Gianluca Di Donfrancesco

Si sposta verso sud-est la nube di cenere e polvere di silicio generata dall'eruzione del vulcano Eyjafjallajökull, in Islanda. E si allarga lo spazio aereo interdetto al volo. Per tutto il pomeriggio di ieri l'Enac ha ponderato la decisione di chiudere gli scali del nord Italia. Ha sciolto la riserva alle 22.45: aerei a terra dalle 6 alle 14. In tutti gli aeroporti della regione (come Caselle, Malpensa, Linate, Bergamo, Venezia, Bologna) gli unici voli autorizzati saranno quelli d'emergenza. Sull'Italia la nube arriva oggi: raggiungerà la massima espansione verso le 14. Coprirà tutto il nord, fino all'Emilia Romagna.

Lo stop al traffico aereo è stato deciso in Svizzera, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Danimarca, nei tre paesi baltici, in Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Romania, Polonia. Scali chiusi anche in Inghilterra, mentre alcuni voli sono ripartiti in Irlanda e Scozia. Ryanair ha comunque confermato lo stop a tutti i voli in programma nel nord Europa fino alle 13 di lunedì. Restano aperti gli scali in Spagna e Grecia.

Si tratta di una crisi senza precedenti. Se lo stop ai voli dovesse continuare, potrebbe colpire sei milioni di passeggeri. L'eruzione del vulcano Eyjafjallajökull, a 120 chilometri dalla capitale Reykjavik, è cominciata il 20 marzo, ma martedì la colonna di cenere ha raggiunto i dieci chilometri di altezza e si è rapidamente spostata sul continente. I monitor della sala operativa di Eurocontrol, l'organismo che raccoglie 40 paesi europei e ha il compito di garantirne la sicurezza aerea, ieri ritraevano un continente tagliato in due delle Alpi, con aerei in volo solo a sud della catena.

Dall'Islanda ieri arrivavano notizie di una continuazione sporadica dell'attività del vulcano. La concentrazione di ceneri si sta spostando, liberando alcune zone a nord, tanto che alcuni voli sono potuti riprendere in Svezia e in Norvegia. Ieri, ha fatto sapere Eurocontrol, sono stati effettuati circa 12mila voli sui 28mila normalmente previsti nei 40 paesi affiliati. Lunedì pomeriggio ci sarà una riunione tecnica in teleconferenza dell'autorità per la sicurezza aerea di tutti i paesi membri di Eurocontrol e della Commissione Ue per fare il punto sulla situazione. "È la peggiore emergenza che abbiamo visto. In confronto l'11 settembre non è stato un grosso problema", dice Giovanni Lenti, uno degli operatori impegnati a fronteggiare l'emergenza.

La paralisi del traffico ha costretto milioni di persone a sostare negli aeroporti o a cercare altri mezzi per spostarsi. Tra loro anche il primo ministro norvegese, Jens Stoltenberg, rimasto bloccato a New York. Il premier ha continuato a governare con l'ultimo gioiello della Apple: l'iPad. Lo ha riferito la sua portavoce, Trude Maaseide, precisando che Stoltenberg ha acquistato lo strumento dopo la cancellazione del volo di ritorno "appositamente per mantenersi in contatto con il suo ufficio in Norvegia".

Stoltenberg aveva partecipato a Washington al summit sulla sicurezza nucleare organizzato dal presidente americano Barack Obama all'inizio della settimana. Al vertice era presente anche il cancelliere tedesco Angela Merkel, che per tornare in Germania ha fatto scalo a Lisbona.

Con i voli bloccati è partita la corsa ai treni. Ieri, in Francia, non appena è stata diffusa la notizia della chiusura dell'aeroporto di Parigi, diecimila persone si sono spostate sulle linee ferroviarie, creando un overbooking su tutte le linee Eurostar, in particolare sul collegamento con Londra. Sulla tratta sono stati impiegati tre treni in più. Per oggi le Ferrovie francesi hanno attivato otto treni in più, per 6.500 posti sui collegamenti interni e hanno potenziato quelli con Belgio, Olanda e Germania (in tutto 1.900 posti).

In Italia, su invito del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, le Ferrovie dello stato hanno garantito nel fine settimana collegamenti tra il nord Italia e il resto del paese equivalenti a quelli degli altri giorni.

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Sabato 17 Aprile 2010

 

 

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